Future Shock: Immaginando l’India

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counterpunch.org

Come sarà l’India? Se continueranno le attuali politiche, avrà mega-città  da 40 milioni di abitanti e solo due-trecento milioni (circa il 15-20% della popolazione) lasciati in campagne svuotate. Il che significa centinaia di milioni di contadini privi di lavoro e quindi dignità in queste città.

E che dire della campagna? Vista la situazione, non è difficile immaginare vasti terreni coltivati chimicamente, con piante geneticamente modificate.

Grazie al modello d’agricoltura propagandato dai neoliberisti sotto la bandiera della “crescita”, è probabile che ci sarà uno stato di siccità quasi permanente, crescenti malattie in tutta il paese dovuto a cattiva dieta, cibo senza nutrienti ed avvelenamento agrochimico.

La Monsanto-Bayer ed altre multinazionali decideranno cosa si dovrà mangiare e come dovrà essere prodotto e trasformato. Dal seme al campo al piatto, il sopravvento delle corporation sulla catena agricola sarà completo. Dimenticate la sovranità alimentare. L’attuale sistema produttivo, basato sulle piccole dimensioni e su cibi non processati, non sarà altro che un lontano ricordo, e quelli rimasti saranno schiavi dei fornitori e distributori globali delle sementi. I produttori indipendenti saranno forzati ad uscire dal mercato.

L’agricoltura industriale sarà la norma (con tutte le devastazioni ambientali e sanitarie conseguenti).

Fin dagli anni ’90, l’India è salita sul treno della globalizzazione neoliberista. Un sistema insostenibile, che alimenta il debito nazionale e si basa su sussidi (demonetizzazione) per banche e corporations. Un’economia basata sul credito/debito, speculazione finanziaria, derivati e bolle, con le nazioni che non sono più in grado di attuare le proprie politiche, legate da accordi commerciali non democratici, attenti alle rigide regole del WTO e costretti a seguire i percorsi prescritti dalla Banca Mondiale. Un sistema per cui i governi non possono agire perché badano sempre alla “fiducia dei mercati”, temendo di spaventare via le aziende.

Le multinazionali avranno distrutto il “made in India”. Alla fine ci si chiederà: “come abbiamo fatto a permetterlo?”.

Non dobbiamo andare 50 anni nel futuro. Abbiamo già la risposta al perché il mondo ha preso una svolta sbagliata.

L’economista Dani Rodrik osserva come sotto il regime di Bretton Woods le nazioni abbiano messo restrizioni sui flussi di capitali sia in entrata che in uscita, in modo che banche ed imprese nazionali non potessero prendere a prestito da istituti esteri o mercati internazionali di capitali (o mettere i propri soldi in altri paesi). I governi potevano gestire la propria politica macroeconomica senza l’intralcio delle politiche monetarie o fiscali altrui.

Potevano anche avere le proprie politiche fiscali ed industriali senza dover preoccuparsi della fuga di capitali. Significava che non c’era bisogno di cercare la fiducia dei mercati. C’erano anche limiti alle negoziazioni in valuta estera dei residenti domestici.

Tuttavia, lo smantellamento di Bretton Woods e la deregolamentazione del movimento dei capitali internazionali hanno portato alla maggior incidenza delle crisi finanziarie (comprese quelle sui debiti sovrani) e della loro gravità.

In tutto il mondo ci si sta ribellando al neoliberismo. Dalla Grecia agli Stati Uniti, la gente scende in piazza a protestare. In UK, Corbyn ha sfruttato il malcontento popolare. In India, gli agricoltori stanno protestando per le strade.

Cosa si può fare per prevenire un futuro distopico e neoliberalista per l’India?

Gli autori di questo pezzo in India’s Economic & Political Weekly dicono che misure in campo agricolo potrebbero includere riforme territoriali e la correzione di truffe commerciali a danno della classe coltivatrice. Aggiungono:

“Sono necessarie politiche lungimiranti per dare agli agricoltori condizioni di vita dignitose. In un’economia guidata da una crescita senza lavoro, la migrazione compulsiva verso le città diventa transumanza. Questi migranti si trasformano poi nei nuovi “servi” dei settori dei servizi e delle costruzioni, mentre i problemi rurali esistenti rimangono irrisolti”.

Se non si prendono iniziative di questo tipo, l’India diverrà come il  Messico. Oltre a distruggere la salute della nazione e la catena di approvvigionamento alimentare, il “libero” commercio NAFTA ha permesso che il granturco statunitense entrasse nel paese, con conseguente aumento della disoccupazione.

Per evitare situazioni simili, l’India  deve sganciarsi dalla globalizzazione capitalista, controllando i capitali, adattando il commercio estero ai propri interessi ed ampliando la produzione nazionale, cosa fattibile proteggendo ed incoraggiando i piccoli produttori locali. Incentivando la localizzazione, l’autosufficienza e l’investimento in questo tipo di produttori, possono crearsi molti posti di lavoro. L’esatto opposto dell’agenda dei globalisti ((decine di milioni di vite sono in pericolo quando entrano corporation straniere).

Nonostante lo stato di degrado dell’agricoltura, centinaia di milioni di indiani ne traggono ancora sostegno. Invece di spostare gli agricoltori nelle città, bisogna analizzare la situazione. Non si può chieder loro di ipotecare la propria vita aspettando per decenni posti di lavoro che non arriveranno mai. Non bisogna ascoltare i fautori del neoliberismos, il cui unico scopo è cercare di giustificare i saccheggi che compiono.

Fonte: www.counterpunch.org

Link: https://www.counterpunch.org/2017/06/26/future-shock-imagining-india/

26.06.2017

 

Traduzione  per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG

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