DI GIACOMO SAVER
Comedonchisciotte
Per gentile concessione dell’autore, alcuni estratti del saggio “Entro io e il mercato scende” manuale indirizzato agli investitori, in vendita su Amazon. L’analisi ci appare convincente.
PERCHÉ LE BANCHE VOGLIONO CHE TU PERDA?
La banca è un’azienda particolare che negli ultimi venti anni ha cambiato radicalmente modus operandi, trasformandosi da mediatore del credito a supermercato di prodotti finanziari.
Questa rapida metamorfosi ha fatto sì che l’intero sistema bancario sia formato da aziende fortemente orientate al profitto, per le quali il cliente in perdita rappresenta una risorsa invece di essere un limite. Facciamo un passo indietro per comprendere come siamo arrivati a questa situazione e a cosa devi fare attenzione se vuoi investire in modo consapevole i tuoi capitali.
Fino all’ultima decade del 1900 le banche raccoglievano soldi dai depositanti per prestarli alle imprese, svolgendo un ruolo molto efficace nel supportare la crescita economica. Grazie alla protezione della Banca d’Italia ed al fatto che gli istituti erano pubblici, tutto procedeva per il meglio. Ma dietro la calma apparente un pericolo devastante per i tuoi soldi era in agguato.
L’arrivo della concorrenza estera, resa possibile dall’apertura delle frontiere, cambiava profondamente lo scenario in cui le nostre banche si sarebbero trovate ad operare. Ieri esse galleggiavano pigramente in una confortevole piscina dai bordi definiti; oggi le stesse si sarebbero trovate a competere con colossi esteri.
La soluzione che fu adottata fu quella di privatizzare le banche, ma con l’arrivo dei capitali privati iniziarono i guai.
“Perché continuare a concedere prestiti correndo in prima persona i rischi di default dei debitori, se possiamo guadagnare di più correndo rischi minori grazie alla vendita di prodotti finanziari?”, devono aver pensato i nuovi banchieri. Così, nel giro di pochi anni, il sistema bancario si trasformò in una grande fabbrica di produzione e vendita di strumenti finanziari che avrebbe devastato i patrimoni di intere famiglie. Ma come è stato possibile arrivare a ciò? E perché la regola fondamentale che vale per tutte le altre aziende non trova applicazione in ambito bancario?
I segreti di un’azienda che gode ad avere clienti insoddisfatti
Vendere prodotti finanziari è molto meno rischioso che concedere prestiti. Se la Banca Unifurbit deve finanziare la Fritted Automobiles con fondi propri corre il rischio di subire una perdita qualora il debitore non onori il proprio impegno. La concessione “allegra” di finanziamenti ad imprese e privati poco solidi hanno, infatti, generato buchi di bilancio mostruosi per le banche, che hanno dovuto ricorrere a nuove fonti di finanziamento per tirare i piedi fuori dalla palude.
Immaginiamo ora uno scenario diverso. Invece di raccogliere soldi dai risparmiatori per prestarli alla Fritted Automobiles, Banca Unifurbit apre un fondo di investimento, uno di quei collettori di risparmio gestiti da professionisti. Propone poi la sottoscrizione del prodotto tra i propri clienti, facendo leva sull’immagine di “istituto del quale ci si può fidare”.
Nel giro di pochi giorni il fondo fa il pieno di raccolta, la banca ha le casse sfondate dal peso delle commissioni di ingresso che i clienti hanno pagato, ed il fondo è pronto a comprare, tra gli altri titoli, anche i bond della Fritted, che così ottiene il finanziamento che le serve.
Se le cose non vanno per il verso giusto e la Fritted Automobiles scricchiola a farne le spese saranno i sottoscrittori del fondo, che perderà valore, ma non i banchieri né i bancari. Questi, dopo aver incassato la commissione per la vendita del fondo che ha fatto l’investimento nei bond sciagurati, continueranno a drenare risorse grazie alle commissioni di gestione prelevate ogni tre mesi direttamente dal patrimonio del fondo.
I clienti odiano vendere un investimento in perdita, e ciò finisce con il gonfiare il portafoglio della banca. Se un fondo scende l’unica alternativa percorribile dall’investitore sembra essere quella di tenerlo fino a che recupera.
Non hai idea di quante volte, in passato, ho commesso questo errore; sono sicuro che lo hai commesso anche tu. Entrambi abbiamo fatto il gioco della banca. Scegliendo di tenere un fondo di investimento in perdita la banca continua a guadagnare sulle commissioni-tassametro che girano inarrestabili fino a che, per parafrasare Woody Allen, “non resterà più nulla”.
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La dieta vegana del macellaio
Ora che hai appurato che l’obiettivo principale delle banche è quello di vendere i prodotti del risparmio gestito, è tempo di fare un altro passo avanti e comprendere perché un macellaio non ti darà mai consigli per una dieta a base di verdure.
In fondo il macellaio vende carne, per cui ti dirà sempre e comunque che le proteine animali sono più efficaci di quelle vegetali per nutrirti. Questa logica, nota come “conflitto di interesse”, è particolarmente vivida nel panorama bancario.
La banca ha un catalogo prodotti, ciascuno dei quali ha un diverso grado di rendimento: ai primi posti svettano le polizze vita ed i certificates di investimento, seguono i fondi comuni con in testa i prodotti azionari e quelli flessibili.
Se la tua banca fosse un vero consulente ti consiglierebbe in modo indipendente i migliori prodotti di investimento da inserire in portafoglio. Essendo, al contrario, un venditore pagato in base alla produzione, saranno sempre i tuoi “capricci” di investitore a guidare l’offerta dei prodotti. In passato questa politica ha permesso alle banche di realizzare grossissimi profitti riducendo lo sforzo. E pazienza se il mercato ha iniziato a scendere poco dopo che avevi investito.
Nei primi mesi del 2000 appariva chiaro, agli addetti ai lavori, che il mercato azionario ad alta tecnologia era decisamente sopravvalutato. La speranza di ricevere alti utili in futuro grazie allo sviluppo di internet si traduceva in prezzi assurdi dei titoli quotati. Ricordi il caso di Finmatica, fondata da Pierluigi Crudele? E che dire delle Tiscali? La follia finanziaria si era impossessata delle menti degli investitori.
In quel contesto sarebbe stato opportuno iniziare ad allertare gli investitori, dicendo loro che le quotazioni erano troppo alte e che sarebbe stato meglio per loro posizionarsi in difesa, più che in attacco. Ma era più facile cavalcare l’avidità che arginarla.
Nel marzo del 2000 furono collocati nuovi fondi azionari specializzati nei titoli High Tech. Prodotti destinati a scendere dopo poco, ma che avrebbero tenuto i clienti legati al proprio istituto per oltre quindici anni, il tempo necessario affinché le quotazioni ritornassero sui livelli iniziali.
Chi cadde nella trappola, invece, non avrebbe più rivisto i soldi versati. A colpi del 2% l’anno le commissioni di gestione hanno affossato la quotazione dei fondi tecnologici, anche se l’indice di mercato in cui gli stessi investono è tornato sui livelli precedenti la crisi.
Nel 2003 il mercato azionario si era sgonfiato. Un buon sistema per investire ti avrebbe detto di passare dalle obbligazioni alle azioni, ma la paura rendeva più semplice vendere prodotti “sicuri” che investimenti redditizi. Gli stessi investitori, che tre anni prima volevano guadagnare, ora cercavano di “non perdere”.
Di nuovo la mancanza di un sistema penalizzò questi poveri investitori, la cui unica colpa fu di seguire i consigli interessati dell’intermediario di cui si fidavano.
Alle banche interessa venderti prodotti finanziari ad alto tasso di commissioni, e sa che per farlo è meglio assecondare la tua paura o alimentare la tua avidità a seconda dei casi. Invece di fornire un servizio di educazione finanziaria, gli istituti ti trattano come il macellaio che conduce il vitello verso il macello, dove sarà prima ucciso e poi squartato.
Prima di imparare come costruire il tuo portafoglio, con metodo e disciplina, dobbiamo prendere consapevolezza di quello che c’è già nel tuo conto titoli.
Nel prossimo capitolo vedremo come scoprire e quantificare i costi che stai pagando alla tua banca e che tengono zavorrato a terra il tuo portafoglio, anche se in un certo momento i mercati stanno volando.
I mercati sono imprevedibili per tutti, e questo vale sia che tu scelga di investire in obbligazioni, sia che tu scelga le azioni. Le performance di un investimento sono intrinsecamente imprevedibili, ma i costi che paghi sono certi.
Gli oneri che gravano sui tuoi investimenti rappresentano un’asticella che chi si occupa dei tuoi risparmi deve superare affinché tu guadagni. In un mercato molto competitivo, in cui gli operatori non dispongono di un sistema collaudato per generare performance, è probabile che i rendimenti al lordo dei costi convergano verso la media. Ma, una volta sottratti i costi, i guadagni che otterrai saranno tanto più bassi quanto più elevate sono le commissioni che paghi.
Questo è ciò che ha scoperto il premio Nobel per l’economia William Sharpe, ma che la tua banca si guarda bene da dirti. E ciò che stai per scoprire è ancora più scioccante e rappresenta un vero pericolo cui il tuo portafoglio è esposto.
Giacomo Saver
Fonte: Comedonchisciotte.org
11.03.2017