di Marco Bazzato
Il governo ha varato il discusso taglio delle tasse, tutta questa operazione appare l’opera di un maquillage estetico con tanto di lifting e plastica facciale.
La risposta della società è stato lo sciopero generale che ha visto milioni di persone scendere in piazza per l’ennesima volta contro una politica fiscale ed economica che scontenta tutti, operai, imprenditori, industria, perché dimostra che se teoricamente l’influenza dello stato nella vita dei cittadini e delle imprese si riduce formalmente, a livello pratico l’influenza esce dalla porta entrando dalla finestra tramite l’aumento dei tributi locali e le imposte indirette.
Con un’operazione d’alta contabilità si è riusciti a fare un ottimo gioco delle tre carte, il banco vince, il cittadino perde.
Anziché agire sulla riduzione delle imposte dirette per i cittadini e le imprese, si sarebbe potuto concentrare il risparmio fiscale sull’abbassamento delle accise dei carburanti e sull’eliminazione totale delle tasse sulla prima casa.
I cittadini italiani aspettano ancora la restituzione delle una tantum sui carburanti, dove senza andare troppo indietro nel tempo partono dalla Somalia del 1982 e poi via, con le varie catastrofi che hanno funestato l’Italia e le operazioni di pace nel mondo, ogni volta hanno inciso nelle tasche dei cittadini passando da “una tantum provvisoria”, ad “una sempre” senza ritorno. L’abbassamento delle accise potrebbe portare ad un abbassamento del costo del carburante di circa 0,12 Euro che si riverserebbero nel mercato, andando ad incidere in maniera minima nella casse statali, anzi liberando risorse immediate subito disponibili nelle tasche dei contribuenti.
Senza contare che, sempre riguardo alle forniture petrolifere, è stata spacciata l’operazione in Iraq come un’operazione di pace che avrebbe contribuito a rallentare la corsa verso l’alto del petrolio, cosa che puntualmente non si è avverata, visto che la maggior domanda proviene in questo momento dai mercati asiatici, ormai presenti nell’economia mondiale in modo sempre più concorrenziale e di riflesso spingono verso l’alto la domanda ed il relativo prezzo, ma come contropartita è diminuito il valore del dollaro rispetto all’Euro (ormai sarebbe giunto il momento di pagare le forniture petrolifere in Euro anziché dollari, liberando risorse economiche a favore dei cittadini Europei) non andando a riflettersi nei prezzi al consumo dei carburanti, anzi generando ricchezza anche alle compagnie petrolifere italiane impegnate nella difesa dei loro interessi economici in Iraq nella zona di Nassiriya dove sono concentrate le truppe del nostro paese.
L’altro capitolo di spesa riguarda la tassazione sulla casa, dove tra oneri d’acquisto e tasse annuali, è quasi impossibile accedere all’acquisto di un bene di prima necessità, sia al mantenimento delle medesime, con la conseguente fuoriuscita sempre più posticipata dei giovani dal nucleo famigliare, creando così l’impossibilità d’avere l’indipendenza personale e negando di fatto la possibilità di creare nuovi nuclei famigliari autonomi, che legati ad una politica sociale che non favorisce la natalità, ed il diritto alla vita, spinge il paese verso l’abisso demografico, che vede l’Italia tra i primi posti per la denatalità e l’invecchiamento della popolazione, consegnandolo di fatto all’agonia sociale per mancanza di ricambio generazionale.
Uno stato che non aiuta i cittadini a rendersi autonomi dalle generazioni passate, dalla famiglia, e che trasferisce oneri alle generazioni future, senza creare i presupposti politici e sociali, affinché la realizzazione dei cittadini siano propensi alla crescita personale e sociale, è uno Stato che di fatto diviene stato del “Dovere del cittadino” e del diritto delle Istituzioni sui cittadini stessi.
Troppo spesso troviamo rigurgiti di “spesa proletaria” l’ultimo in ordine di tempo è avvenuto a Treviso pochi giorni fa, questi atti non si condannano solo con la repressione dei reati commessi, ma andando alla fonte del malessere sociale che li fa scaturire, intervenendo in modo radicale sulle motivazioni che li generano.
Anche le opposizioni hanno fatto pura demagogia strumentale degli atti del governo, perché non hanno ancora prodotto innanzi all’opinione pubblica proposte concrete per ridurre gli squilibri sociali ed incentivare lo sviluppo dell’innovazione e la crescita economica personale, ed industriale del paese.
Non si sa se questa legislatura è destinata a giungere a fine mandato, o cadere rovinosamente sulle proprie promesse mantenute con artifizi contabili e richieste di sforamento dei patti di stabilità internazionali, certo è che la tensione sociale sta raggiungendo livelli di guardia, dove l’arma repressiva è l’extrema ratio di una politica inefficiente che cerca di galleggiare tagliando indiscriminatamente spesa sociale, scuola, sanità, passando le competenze ai privati, spogliando di fatto lo Stato anche delle risorse intellettuali migliori.
Troppo spesso le Istituzioni si rifanno al dovere della Patria e all’amore che i cittadini dovrebbero avere per la propria terra, ma troppo poco si fa, affinché questo amore sia coltivato non solo dalla retorica delle parole, ma dalla politica dei fatti, che dovrebbero tener conto delle necessità degli strati sociali meno abbienti, con politiche mirate alla famiglia, alla scuola, alla cultura, al diritto al lavoro e all’abitazione, parole scritte nella carta costituzionale italiana, ma che si traducono in manifestazioni strumentali di piazza, dimostrando che troppi principi sono stati disattesi, e che i cittadini attendono risposte concrete ai bisogni dichiarati come irrinunciabili nella Costituzione che alle scuole dell’obbligo viene insegnata come legge suprema su cui si basa lo Stato di Diritto Italiano.
Marco Bazzato
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Sofia 01.12.2004
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