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La Redazione

 

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'DI TUTTE LE RICCHEZZE': INTERVISTA A STEFANO BENNI

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A cura di Truman
Il 8 Dicembre 2012
364 Views
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Di Luca Pakarov
rollingstonemagazine.it

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Stefano Benni, Foto Stampa

Quando ero ragazzino mi ricordo di periodi tediosi in cui giravo per le strade come un sonnambulo e, senza nessuno stimolo, approdavo a una biblioteca, non tanto per cercare risposte quanto per conquistarmi un po’ di serena e pregiata pigrizia.

Ecco, Stefano Benni, mi rimanda precisamente a quei momenti. E chissenefrega. Beh, è per dire che nei suoi lavori trovavo sempre un’atmosfera epica in grado di rianimare anche la quotidianità più pallida, che poteva essere la trita realtà del mio paesino o quella delle sonnacchiose giornate trascorse nel bar.

Benni è stato uno dei primi a farmi capire che esistevano dei congegni spettacolari grazie ai quali potevo vedere le cose in un altro modo: prima di tutto l’ironia.
Con gli anni Benni è tornato sul mio comodino senza averlo mai cercato veramente, appariva e sapevi di avere una buona storia da leggere, niente d’impegnativo, giusto quanto bastava per quelle ore beate e costruttive. Così è stato anche per il suo ultimo lavoro, Di tutte le ricchezze (Feltrinelli, euro 16), da qualche settimana nei primi dieci nella classifica dei libri italiani più venduti (già che ad RS siamo appassionati di classifiche).

È un libro sospeso fra il magico e il reale, in un continuo confronto fra il mondo che dovrebbe essere e quello che invece ci ritroviamo. Finemente polemico e ricco di messaggi, come da tradizione, in cui gli esseri che popolano il bosco sono amichevoli ed intelligenti, mentre quelli del paese hanno tutti i difetti e vizi dei bipedi. Benni usa un dizionario a parte, con parole inventate e tagliate con estrema efficacia al contesto in cui si svolge la vicenda.

Detto questo, Benni ha il suo bel caratterino, per non dire altro, e dopo averci provato un paio di volte ad intervistarlo “live” ai suoi spettacoli, ci si accorda per un’intervista via e-mail.

 

Comincio con la domanda più banale, come nasce l’idea per un romanzo? Per esempio in quest’ultimo libro mi è sembrato ci fossero molti riferimenti legati ad Alcatraz che so frequenti…
“No, solo alcuni riferimenti al paesaggio, per il resto Alcatraz non c’entra per nulla”.

Nel tuo libro si combinano con maestria elementi di tanti generi letterari come la commedia, il fantasy, il noir a volte, la poesia, l’epistole, la favola, e si passa dalla prima alla terza persona, si può dire che sia la summa di trent’anni di letteratura?
“Detto così sembra che io sia già morto, ma è vero che in trent’anni la mia scrittura è cambiata, ho lavorato molto in tante direzioni, spero che sia più ricca che all’inizio”.

In Di tutte le ricchezze, personalmente vedo un’ironia più amara e un approccio più intimistico alla storia in confronto ai tuoi lavori passati, è cambiato qualcosa negli ultimi anni in Stefano Benni o è solo un tono nuovo della sua scrittura?
“No, credo che in altri libri come Blues in sedici, Achille piè veloce, o nei racconti questo tono fosse già presente, ma ogni volta è il lettore che sceglie la sua musica”.

Il tuo libro più conosciuto Bar Sport… non ti imbufalire, scherzo… so che non ti fa piacere che ti domandino sempre su quel libro ma il fatto è che ho provato a vedere il film e, con tutta onestà, ho resistito mezzora, cosa ti è sembrato?
Bar Sport non è il mio libro preferito, è il primo e lo amo, ma non è certo il migliore. In quanto al film tu hai resistito mezz’ora, io sarei scappato dalla sala dopo dieci minuti. È andata male, speriamo in un’altra occasione”.

Il clima culturale italiano ha influito nel raccontare un anziano poeta che si ritira nel bosco e parla con gli animali?
“Se dovessi dare retta al clima culturale italiano non scriverei nemmeno”.

Molti dei personaggi, soprattutto quelli più meschini (per esempio l’insegnante universitario, il gallerista, il tronfio politico paesano), sembrano ritratti peculiari di un tipo d’italiano, oggi molto spesso sotto i riflettori, se non al potere. Cosa non ti piace dell’Italia del 2012 e cosa invece salvi?
“Quello che mi piace o non mi piace lo metto nei libri, ogni volta. Ultimamente mi piace chi fa e non si lamenta e detesto chi si lamenta e non fa nulla”.

Tra poco ci sarà la fiera dell’editoria di Roma, leggi libri in formato digitale? Che te ne pare di questa trasformazione che sembra irreversibile?
“Penso che il giorno che vedrò migliaia di persone girare per strada leggendo libri con tablet e altri supporti digitali sarà un gran giorno, vorrà dire che i lettori sono aumentati, per adesso sono aumentati solo gli incassi della Apple”.

Come si distingue oggi un buono scrittore da un cattivo scrittore? Te lo domando perché  ultimamente nelle librerie in prima fila sono esposti autori, come dire, discutibili…
“L’unico criterio è la durata. I buoni scrittori vengono letti anche venti, trenta, cento anni dopo, altri spariscono dopo pochi mesi, anche se hanno la fascetta pubblicitaria ‘questo è un grande scrittore'”.

Che rapporti hai con gli altri scrittori? Dal di fuori uno tende sempre a vagheggiare cene, grandi chiacchierate, donne, una specie di bella vita di chi ce l’ha fatta… ma forse è solo il mio immaginario fallace…
“Sì è proprio il tuo immaginario. Quelle sono le rockstar. Però è un bel mestiere, sono contento di farlo. Tra gli scrittori ho molti amici e molti altri non li frequenterei neanche se mi pagassero. Come qualsiasi altro ambiente”.

Quest’ultima cosa te la devo chiedere: la tua ritrosia alle interviste ha origine da un fatto specifico o semplicemente non ne puoi più dei giornalisti? Non mi mandare a quel paese…
“Non sono affatto ritroso, solo che preferisco fare interviste via mail perché sono più precise e hai più tempo per curarle, ho fatto il giornalista e so quanto la fretta può deformare, intenzionalmente o casualmente, un’intervista. È vero che sono apparso in televisione due volte in venticinque anni, ma adesso sono anche andato da Fazio, quindi per altri venticinque nessuno potrà più dirmi perché non vai mai in televisione?“.


Insomma, l’intervista è andata così, senza infamia e zero lode, con l’entusiasmo di un capitello romano e il ritmo serrato di una radio spenta. Sì, sì, va bene, buona parte delle domande erano da dementi. Io non sono Fazio, pure se ho provato a fare il simpaticone. Benni ha risposto mentre sistemava i fili dell’abatjour. Siamo sotto l’influenza malefica del Sagittario. Studio Aperto è un telegiornale. Cressida Bonas perdona il principino Harry e Alonso non ha vinto il mondiale. Tutte forze pericolosamente sciagurate e molto negative. Impossibile fare di meglio.
Aloha.

Luca Pakarov
26.11.2012

Link: http://www.rollingstonemagazine.it/cultura/notizie/di-tutte-le-ricchezze-intervista-a-stefano-benni/60917

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