DAVID MCWILLIAMS SULL’USCITA DALL'EURO DA PARTE DELL'IRLANDA (E DELL'ITALIA)

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DI EDWARD HARRISON
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Durante la stesura di Scenari per un

default italiano, ponevo

una domanda che ho lasciato in sospeso: “L’Italia potrebbe uscire

unilateralmente dall’Eurozona e ridefinire i suoi debiti, ora quantificati

in euro, nominalmente in una nuova valuta, la lira, per prevenire il

default? Forse. Questo è un fatto da considerare in un secondo momento.”
Bene, ora è il momento di farlo.

Ho contattato David McWilliams [David

McWilliams un popolare economista, presidente o ospite in occasione

di eventi sia in Irlanda che all’estero] per una sua riflessione

scritta sul perché consideri prossima

la fine dell’euro. Nella

sua argomentazione, egli sottolinea come, con l’uscita dell’Irlanda

(e dell’Italia) dall’Eurozona, l’Europa potrebbe funzionare

a “due velocità”. Immagino che lo stesso potrebbe funzionare anche

con l’uscita dell’Italia. La parte sottolineata ha catturato la

mia attenzione.

Cerchiamo di capire

come potrebbe essere un’Europa a due velocità.

La prima cosa di cui

ci rendiamo conto è che i paesi periferici non possono tenere il passo

con la Germania. Prendiamo ad esempio l’Irlanda.

Quando abbiamo avuto

la sterlina irlandese (Punt) vincolata al marco tedesco, abbiamo svalutato

sei volte in tredici anni, solo per cercare di tenere il passo competitivo

con i tedeschi. Al contrario, quando ci siamo uniti all’euro e non

potevamo svalutare, abbiamo perso il 30% della competitività

rispetto alla Germania. Non si potrebbe essere più

chiari!

Per gli altri paesi

periferici la situazione è peggiore.

Allora, abbiamo tutti

bisogno di un tasso di cambio diversificato negli scambi commerciali

in modo da rendere le nostre aziende più

competitive e, quindi, avere maggiori probabilità

di esportazione. Parallelamente, abbiamo bisogno di rendere le importazioni

più costose, in modo da non comprare troppo dall’estero. Il tasso

di cambio più debole favorisce tutto questo. Le svalutazioni fanno

lavorare. E per chi mette in dubbio questa affermazione, basta puntare

lo sguardo sui guadagni duraturi derivanti dalla maggiore competitività

ottenuta da Finlandia e Svezia dopo le svalutazioni del 1992.

Senza un cambio

di valuta, non possiamo tenere il passo con i tedeschi,

e questo rende la promessa di convergenza economica da parte dell’Unione

Europea difficile da raggiungere senza un indebitamento finanziario

enorme. Fino ad ora, ci siamo indebitati per raggiungere e conservare

uno stile di vita ottimale e un livello competitivo di attività

economiche. Ora nessuno di noi può

restituire questi soldi. Quindi abbiamo bisogno di una remissione del

debito, o di una riforma economica e sociale per far fronte al debito.

Accompagnare il nuovo euro comporterebbe

anche la svalutazione della massa del debito, perché

se si riduce il valore della moneta con

cui la gente deve pagare, ma non si riduce in proporzione il valore

dei loro debiti, la gente semplicemente non sarà

in grado di pagare e il Paese andrà

in default dopo la svalutazione. Questo non sarebbe intelligente. Tutto

deve essere fatto contemporaneamente.

Quindi cerchiamo di

pensare al nuovo euro.

Il nuovo euro

“soft” potrebbero essere scambiato al 70% di quello attuale

(questo valore mi è venuto di getto, senza tanto pensarci). Ciò

significherebbe che, rispetto ai tedeschi, il nostro tenore di vita

verrebbe tagliato di un terzo da un giorno all’altro.

Verrebbe realizzato in un momento quello che l’attuale politica

vorrebbe fare nell’arco di cinque anni.

Diventeremmo una zona

estremamente attraente per gli investimenti in quanto il nostro costo

del lavoro sarebbe molto più conveniente.

Ma non bisogna dimenticare che questo va a ridurre il nostro reddito

dello stesso ammontare.

Tutti i nostri debiti

si ridurrebbero del 30%, poiché

verrebbero quantificati nella nuova moneta. Ovviamente, le banche che

hanno prestato in euro “hard” e che ora verrebbero rimborsate in

euro “soft” subirebbero un’enorme perdita dal rapporto di cambio.

Questo

è un problema che dovrebbe essere affrontato.

Le banche di ciascun

paese potrebbero emettere obbligazioni garantite dall’Unione Europea

e redimibili per nuovi euro presso la Banca Centrale Europea. Queste

obbligazioni potrebbero essere considerate capitale, in modo da evitare

il fallimento delle banche.

E cosa succederebbe

ai risparmiatori, che sul loro stock di risparmio in vecchi euro vedrebbero

una svalutazione del 30%, se convertito nei nuovi euro? Si potrebbe

assegnare loro obbligazioni indicizzate ai nuovi euro, emesse dallo

Stato e riscattabili dalla BCE, ma non subito. I risparmiatori sarebbero

incentivati a mantenerle nelle banche come risparmio. Questo

è normale, perché a ben pensarci, alla maggior parte delle persone

basta non le si tocchi i risparmi. Lo Stato dovrebbe assicurare ai nuovi

titoli un grande credibilità, in modo che la gente non li esiga subito

in contanti.

Non esiste un modo

facile per uscire da questo pasticcio. Non siamo in grado di agitare

una bacchetta magica e promettere che nessuno verrà

colpito, ma è chiaro che l’euro ha fatto il suo tempo e, nella migliore

delle ipotesi, dovrà mutare in qualcosa d’altro.

L’idea dell’euro

a due velocità almeno eviterebbe il caos di una implosione

disordinata e la reintroduzione affrettata di molte valute. Ne conseguirebbe

una svalutazione competitiva, che per noi in Irlanda – con la maggior

parte delle attività commerciali e degli investimenti orientati verso

Stati Uniti e Gran Bretagna – costituirebbe una boccata di ossigeno.

Inoltre, la componente della cancellazione del debito potrebbe fornire

un’occasione alla generazione dei precari fortemente indebitati

– ai… Pope’s Children, ai Ragazzi del Papa, la meglio gioventù.

In una crisi, non esiste

mai il modo migliore di affrontare le cose, semplicemente il meno peggio.

Forse è proprio così che si deve fare. Una cosa che sappiamo

per certo è che “quando le cose

non possono continuare così per sempre, le si devono bloccare.”

Ecco la questione cruciale: “Tutti

i nostri debiti si ridurrebbero del 30%, perché

verrebbero valutati in una nuova moneta.” Questo mi risuona

come se McWilliams stesse pensando per l’Irlanda quello che stavo

considerando per l’Italia. Se funziona per loro, perché non dovrebbe

funzionare anche per la Grecia, la Spagna e il Portogallo?

**********************************************

Fonte: David McWilliams on Irish (and Italian) euro exit

15.11.2011

Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova

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