DI SHERIF EL SEBAIE
Salamelik
Daniel Pipes, membro di vari think tank neoconservatori come il Washington Institute for Near East Policy e il Project for a New American Century (PNAC), è uno dei più rabbiosi agitatori anti-musulmani negli Stati Uniti. Ha fondato il Middle East Forum, il cui scopo è di “promuovere gli interessi americani” attraverso pubblicazioni, attività di ricerca, di consulenza, di coinvolgimento dei media e di istruzione pubblica e in seguito è stato designato da George Bush a far parte del cosiddetto “Consiglio dell’Istituto per la Pace” (sic). Il Forum da lui diretto pubblica due periodici: il Middle East Quarterly e il Middle East Intelligence Bulletin e sponsorizza Campus Watch, un progetto che ha l’obiettivo di “passare in rassegna, recensire e perfezionare gli studi sul Medio Oriente”. Per meglio inquadrare il personaggio, basti notare che nonostante la guerra in Irak, Afghanistan, Libano, ecc, egli osservi che “Tenendo conto del limitato impatto (sic) che nel 2001 sortì la perdita di 3.000 vite e basandomi sulla mia ipotesi di “imparare dagli omicidi”, secondo la quale la gente si rende conto dell’Islam radicale solo quando il sangue scorre nelle strade, prevedo che un efficace profiling (dei passeggeri musulmani sugli aerei, ndr) entrerà in vigore solo quando subiremo la perdita di un ancor più elevato numero – poniamo 100.000 – di vite di cittadini occidentali“.
Sul
suo sito web, vengono riproposti i suoi articoli, spesso tradotti in italiano (forse più delle altre lingue), che cercherò di riassumere in poche citazioni. Nonostante possa apparire riduttivo l’estrapolazione di frasi da un contesto più ampio, le ritengo infatti ampiamente sufficienti per cogliere il pensiero del personaggio:
“Questo è ciò che io chiamo la sindrome da jihad instinct, in base alla quale dei tranquilli musulmani diventano all’improvviso violenti. Il che genera la terribile ma legittima conseguenza di diffidare di tutti i musulmani. Chi può sapere da dove verrà il prossimo jihadista? Come si può avere la certezza che un musulmano rispettoso della legge non esploda di punto in bianco in una furia omicida? Sì, è vero, queste percentuali sono molto basse, ma sono sproporzionatamente molto più alte rispetto ai casi riscontrati tra i non-musulmani“. In un altro articolo egli osserva,
“Innanzitutto, giacché i terroristi islamisti sono tutti musulmani, che occorre focalizzare l’attenzione sui musulmani“. Quindi,
“Il fatto spiacevole, dovuto a una combinazione di inezia, diniego, codardia e correttezza politica, è che i servizi di sicurezza degli aeroporti occidentali – con la sola eccezione di quello israeliano – continuano a cercare sopratutto i mezzi utilizzati dal terrorismo, ignorando in gran parte i passeggeri”.
Per questo motivo, egli cita con entusiasmo che
“il 55 per cento dei britannici è a favore dell’utilizzo di profiling dei passeggeri in cui si tenga conto del “background o dell’aspetto”, mentre solo il 29 per cento è contrario. Lord Stevens, ex capo di Scotland Yard, approva l’idea di focalizzare l’attenzione sui giovani uomini musulmani. Il quotidiano britannico Guardian riporta che “alcuni paesi dell’UE, in particolar modo Francia e Paesi Bassi, desiderano (…) introdurre precisi controlli sui viaggiatori musulmani” aggiungendo che
“Un politico del Wisconsin e altri due dello Stato di New York si sono detti favorevoli all’utilizzo di profiling del genere. Bill O’Reilly, conduttore di Fox News, suggerisce che i passeggeri musulmani di età compresa tra i 16 e i 45 anni “devono tutti rispondere a delle domande” poste dal personale addetto alla sicurezza aeroportuale. Mike Gallagher, uno dei più famosi conduttori di talk-show radiofonici, desidera che vengano istituiti negli aeroporti “appositi posti di controllo per i musulmani“. Un autore propone perfino di imbarcare “su un aereo i musulmani, e far salire tutti gli altri su di un differente aeromobile“. Mi sembra che questo basti per capire di chi stiamo parlando: la versione oltre-oceano, e proprio per questo più pericolosa, del Magdi Allam nostrano che dalle pagine del Corriere
ci informa che
“Tra una legittima emozione calcistica e una sacrosanta vacanza al mare, forse vale la pena soffermarsi sulla realtà dell’inquilino della porta accanto e che potrebbe condizionare il nostro futuro“. Ovviamente parlava di un ipotetico inquilino musulmano.
Sherif el Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/
Link: http://salamelik.blogspot.com/2007/04/daniel-pipes-e-lopzione-spiacevole-i.html
24.04.2007
DANIEL PIPES E L’OPZIONE SPIACEVOLE (II)
Daniel Pipes respinge ogni accusa di razzismo, giacché “Il razzismo riguarda esclusivamente le questioni razziali e non i punti di vista in merito all’immigrazione, alla cultura, alla religione, all’ideologia, all’applicazione della legge o alla strategia militare”. Questa è una variante particolarmente elaborata della tipica argomentazione usata da tutti i razzisti – il famigerato “Non sono razzista ma…” – secondo la quale il razzismo riguarda solo le questioni di “superiorità e inferiorità” legate all’ascendenza “biologica” e non i riferimenti equivalenti alle culture, religioni ecc. E dal momento che i musulmani appartengono a razze diverse, ecco che il problema “Razzismo” non sussiste.
In realtà, basterebbe controllare un qualsiasi
dizionario per dissipare i dubbi. Sebbene il termine
“Razzismo” indichi
“l’insieme degli orientamenti e degli atteggiamenti che distinguono razze superiori da razze inferiori”, esso è, per estensione,
“ogni atteggiamento discriminatorio variamente motivato nei confronti di persone diverse per categoria, estrazione sociale, sesso, opinioni religiose o provenienza geografica“. E quindi, anche se i musulmani appartengono a razze diverse, il solo fatto di prendersela con loro in quanto musulmani, e cioè
per la fede che essi professano, è nient’altro che razzismo. Lo stesso vale, ovviamente, nel caso qualcuno focalizzasse le proprie attenzioni sugli arabi, e cioè su una
particolare provenienza geografica del più ampio mondo islamico. Come
discendente di una famiglia ebraica polacca, scappata negli Stati Uniti nel 1939, Pipes dovrebbe essere il primo a rendersene conto. Ma ovviamente non lo fa.
Durante il periodo buio del Nazismo, il Reich applicava una “politica razziale” basata su una discriminazione religiosa e culturale. Il concetto di “Razza inferiore” coincideva, di fatto, con “l’essere ebrei”. E anche se gli ebrei appartengono a razze diverse (basta pensare che ci sono ebrei russi come ebrei etiopi e che il Reich se la prendeva con gli ebrei francesi, italiani e polacchi senza fare distinzioni), nessuno – ancora oggi – si è sognato di dire che il “razzismo non c’entrava”. Quindi non è affatto vero, come dice Pipes che “Il razzismo riguarda esclusivamente le questioni razziali e non i punti di vista in merito (…) alla cultura, alla religione”. E questo Pipes lo sa benissimo: in effetti basterebbe sostituire la parola “Ebrei” a “Musulmani” nei suoi articoli per ottenere pezzi degni di Hitler, Goering e Goebbels messi assieme.
Immaginate se qualcuno avesse scritto, dopo
l’attentato fallito a Hitler – per addossare la colpa agli ebrei e non agli ufficiali della Wehrmacht – che tale evento
“genera la terribile ma legittima conseguenza di diffidare di tutti gli Ebrei. Chi può sapere da dove verrà il prossimo attentatore? Come si può avere la certezza che un ebreo rispettoso della legge non esploda di punto in bianco in una furia omicida? Sì, è vero, queste percentuali sono molto basse, ma sono sproporzionatamente molto più alte rispetto ai casi riscontrati tra i non-Ebrei“.
Immaginate se qualcuno avesse scritto, all’epoca o persino oggi, che
“il 55 per cento dei tedeschi è a favore dell’utilizzo della schedatura dei viaggiatori in cui si tenga conto del “background o dell’aspetto”, o che Herr Franz, ex capo della Gestapo,
“approva l’idea di focalizzare l’attenzione sui giovani uomini ebrei” o che
“Il quotidiano tedesco Spiegel riporta che “alcuni paesi del Reich, in particolar modo Francia e Paesi Bassi, desiderano (…) introdurre precisi controlli sui viaggiatori ebrei“. Non si sarebbe parlato, ancora oggi, di razzismo nazista e di antisemitismo?
Oppure
immaginate che Herr Markus, conduttore di Radio Berlino, suggerisce che i
passeggeri ebrei di età compresa tra i 16 e i 45 anni “devono tutti rispondere a delle domande” poste dal personale addetto alla sicurezza”. O che Klaus, uno dei più famosi conduttori di talk-show radiofonici, desidera che vengano istituiti nelle stazioni
“appositi posti di controllo per gli ebrei”. O che un autore propone perfino di imbarcare
“su un treno gli ebrei, e far salire tutti gli altri su di un differente mezzo”. Non vi si rizzerebbero i capelli sulla testa? Eppure tutte le dichiarazioni sopra elencate sono tratte da articoli o da citazioni riportate con tutto l’entusiasmo possibile dallo stesso Pipes. Ai nomi inglesi sono stati sostituiti nomi tedeschi, agli aeroporti sono stati sostituiti i treni, e la parola
“Ebrei” ha preso il posto della parola “Musulmani”. Sfido chiunque a dire che quelle citazioni, lette sotto questa luce, non ricordassero il periodo nazista. Sorge quindi spontanea una domanda e legittimo un dubbio: l’Occidente sta tornando indietro? Pipes sta facendo apologia del Nazismo, cambiando solamente bersaglio?
Sherif el Sebaie
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25.04.2007
DANIEL PIPES E L’OPZIONE SPIACEVOLE (III)
Come ogni promotore del razzismo anti-musulmano che si rispetti, Daniel Pipes si è dotato di un parco di pappagalli islamici. Si tratta di una moda recente: il promotore del razzismo si porta dietro uno di questi pappagalli, il quale ovviamente impara a memoria i discorsi del suo proprietario. Se un ascoltatore dovesse alzarsi e contestare i contenuti razzisti del discorso, un rumore proviene dal fondo della sala: una voce che ripete lo stesso, identico, discorso, con un tono adeguatamente petulante. A questo punto il proprietario indica il pappagallo – che viene illuminato dall’alto come una star – e esclama, soddisfatto: “Lo vede il pappagallo? Lo sa che è musulmano? Se il pappagallo, che è – lo sottolineo ancora una volta – musulmano, ripete le stesse cose che dico io, è ovvio che non sono un razzista anti-musulmano! O no?”. A questo punto, l’ascoltatore, sconvolto dalla rivelazione – un pappagallo musulmano! – si dimentica che esso è e rimane un pappagallo, che avrebbe comunque ripetuto qualunque cosa insegnatagli dal proprietario. In Italia, abbiamo un pregiato esemplare di questa rara specie: Magdi Allamatriciana Islamicus.
Magdi Allam, Vice Direttore onorario del Corriere della Sera, è un personaggio che si è distinto – in questi ultimi quattro anni – nel ripetere le stesse identiche cose che scrive e dice Daniel Pipes. Un esempio vale per tutti: Magdi Allam
dice “individuiamo i musulmani moderati come quelle persone che condividono i valori compatibili con ciò che definisco la comune civiltà dell’uomo. Questa realtà esiste e opera”. Daniel Pipes invece
sostiene che
“i musulmani moderati esistono. Ma naturalmente essi costituiscono un esiguo movimento se comparato all’attacco furibondo islamista. Il che significa – arguisco io – che il governo statunitense ed altre potenti istituzioni dovrebbero dare la priorità all’individuare, incontrare, finanziare, appoggiare, conferire più potere e rendere onore a questi coraggiosi musulmani che, a loro rischio e pericolo, si alzano in piedi e affrontano i totalitaristi”. Non vi tedierò oltre: basta leggere
gli articoli di Pipes e
quelli di Allam per accorgersi di
una miracolosa identità di vedute su tutto: sugli Stati Uniti, sull’Iraq, sull’Iran, sull’Afghanistan, sui Musulmani integralisti e i musulmani moderati, sulle
patatine fritte e il
pollo al curry.
Tra l’altro è abbastanza interessante notare come molti degli articoli di Pipes, redatti in inglese,
vengano tradotti in altre lingue: 1 articolo in urdu, 4 in serbo, 13 in persiano, 48 in cinese, 168 in arabo, 184 in russo, 188 in hindi, 349 in francese e
ben 427 in italiano – tradotti da tale Angelita La Spada –
il numero più alto in assoluto. Magdi Allam però, sostiene che
“Ogni riferimento a cose e persone è puramente casuale” e si arrabbia molto se lo si accusa di “copiare Daniel Pipes”. L’accusa gli è stata mossa da
Tariq Ramadan, consulente della Task Force Anti-terrorismo del governo di Tony Blair,
in un’intervista rilasciata al sottoscritto per il portale Aljazira.it e ribadita in un’intervista concessa a La Stampa di Torino il 23 settembre 2005:
“Magdi Allam è un bugiardo. Copia le cose che scrive Daniel Pipes in America”. La risposta di Allam è arrivata nel suo ultimo capolavoro, “
Io amo l’Italia, ma gli italiani la amano?”, in un capitoletto intitolato proprio come la dichiarazione di Ramadan (P.145).
Nel capitoletto, non c’è
nessuna risposta precisa e chiara all’accusa di copiare Daniel Pipes. C’è invece una domanda esistenziale di Magdi:
“Qual’è dunque il significato coranico dell’accusa di essere un “bugiardo” e quale la sanzione? Cito alcuni versetti”. E giù una pagina e mezza di versetti del Corano che condannano le bugie e chi le proferisce. In effetti, bisogna stare molto attenti a come ci si rivolge a Magdi, che è molto “americano” anche in questo:
“Qualunque cosa dirai, sarà usata contro di te in tribunale…”. Un tribunale islamico, ovviamente, poiché Magdi
dorme sempre con un Corano sotto il cuscino. Basta che tu dica che Magdi Allam è un
fannullone, che scrive un articolo ogni 15 giorni, pur essendo questo teoricamente il suo unico lavoro, e lui – per capire cosa significa questa grave accusa – non tira fuori
un dizionario,
ma il Corano, dal quale attinge decine di versi e di detti di Maometto che condannano chi non lavora abbastanza, interpretando il tutto come
una fatwa islamica, o una
condanna a morte nei suoi confronti. Ad ogni modo, fatwe e altre diavolerie a parte, la realtà è proprio questa: Magdi Allam copia Daniel Pipes. O Daniel Pipes copia Magdi Allam. In ogni caso,
sono intercambiabili: probabilmente non è un caso se proprio il 5 marzo scorso, Daniel Pipes ha difeso proprio Magdi Allam, con un
interessante articolo, che analizzeremo domani.
Sherif el Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/
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26.04.2007
DANIEL PIPES E L’OPZIONE SPIACEVOLE (IV)
Nell’articolo pubblicato il 5 marzo 2007 su un sito neoconservatore e poi tradotto sul suo sito, Daniel Pipes si chiede: “Tariq Ramadan mente [riguardo a Magdi Allam]?”. Pipes racconta che nel corso di un dibattito a cui ha partecipato lo scorso 20 gennaio insieme a Ken Livingstone, Sindaco di Londra, egli affermò che sarà possibile favorire la comparsa di un Islam moderato “con individui come (…) Magdi Allam, un egiziano che è diventato un autorevole giornalista in Italia“. Nel corso di una tavola rotonda che si tenne quello stesso giorno alla fine del dibattito, dal titolo “Esiste una minaccia islamica?”, Tariq Ramadan – che era presente anche al dibattito – attaccò Pipes per la menzione di Allam. Un articolo pubblicato su una rivista islamica ha riportato le parole di Ramadan, e Pipes le ha – a sua volta – copiate: “Il prof. Daniel Pipes ha parlato di musulmani moderati e tra l’altro stamattina ha menzionato nel corso del dibattito un copto egiziano, come esempio di musulmano moderato. Il professor Ramadan ha detto che “ha sbagliato a menzionarlo. Egli ha mentito. Tra l’altro, Allam è un copto. È un cristiano egiziano. Ma ha un nome arabo.”
Effettivamente, per molto tempo e ancora oggi,
gira la voce – falsa – che Allam sia copto e non musulmano. Chi sosteneva o sostiene questa voce, lo faceva dicendo che
“se Magdi Allam lo dicesse in giro, perderebbe il ruolo acquisito con tanta fatica di “musulmano che svela da dentro i misteri dell’Islam”. Insomma, sarebbe un po’ come se un valdese facesse il vaticanista negli Stati Uniti, sfruttando come unica carta il proprio cognome da italiano”. In effetti, su Panorama del 4 gennaio 2005,
Pietrangelo Buttafuoco ha ritratto Allam in questo modo:
“Volto presentabile dell’Islam. Purtroppo non è musulmano, e l’Islam è presentabile a prescindere. Forse cristiano copto, sicuramente laico, Allam un po’ ci marcia nell’equivoco“. Per questa affermazione – tra l’altro molto cauta e con ampi margini di dubbio – Buttafuoco è stato denunciato da Allam.
Come se l’essere cristiani copti fosse un’accusa grave o una diffamazione da cui difendersi ricorrendo alle vie legali. In ogni caso, Allam stesso ha chiarito – più volte – “l’equivoco”: egli è musulmano, nato da genitori entrambi musulmani. Ha solo studiato –
come il sottoscritto d’altronde – dai Salesiani. Quindi il problema della sua fede –
ammesso che ci interessi – non si pone nemmeno.
Una frase riportata nell’articolo di Pipes merita però
una riflessione:
“Allam ammette di aver vagliato la possibilità di convertirsi al cristianesimo, per adattarsi meglio una volta trasferito in Italia, ma non lo ha mai fatto. Egli non ha alcun legame con i copti”. Credo che questa sia un’affermazione molto grave. Molto più grave di quanto ha sostenuto Buttafuoco. Daniel Pipes ci sta infatti dicendo che Allam avrebbe
“vagliato la possibilità di convertirsi al Cristianesimo” non per autentica convinzione ma come
pura operazione di marketing commerciale: per
“adattarsi meglio una volta trasferito in Italia”. Quindi per puro tornaconto personale, per risultare accettabile agli occhi degli italiani di fede cattolica e
non per aver creduto veramente in Gesù Cristo e nel suo messaggio di redenzione. Se ciò fosse vero, verrebbe spontaneo chiedersi che tipo di persona è uno che cambia addirittura fede solo per “adattarsi”:
un dissimulatore, non c’è alcun dubbio. Ecco perché va in giro a accusare gli islamici di “
Taqqiya“, dissimulazione. Ed ecco da dove è spuntata, forse, la voce falsa relativa alla sua fede, il famoso “
equivoco“. Verrebbe altrettanto spontaneo chiedersi che tipo di integrazione sta promuovendo Allam, Vicedirettore del Corriere, presso gli immigrati: quello di fingere ciò che non si è solo per risultare “assimilati” alla società italiana, ed essere magari eletti o nominati per qualche incarico di rilievo?
In questo blog capita ogni tanto un tale
Andrea Sartori, detto O’sguattero. Un bigotto, fan sfegatato e grande frequentatore del forum di Magdi Allam sul Corriere, che
mi accusa di invidiare il suo idolo. A questo bigotto chiedo di avere il coraggio di andare a chiedere al suo eroe se è vero che ha “
vagliato la possibilità di convertirsi al cristianesimo, per adattarsi meglio una volta trasferito in Italia”, e
non per autentica fede. Anzi, visto che ci siamo gli chiedo di rendere conto anche di un’altra cosa. In
un’intervista concessa al settimanale Grazia, Allam ha affermato – quasi a confermare la frase di Pipes:
“Un giorno molti anni fa, sono entrato in una chiesa e ho fatto la comunione. Non era un gesto di fede. Ma un bisogno, profondo e confuso, di appartenenza a una cultura che volevo diventasse mia”. Ma che roba è? Uno che va a fare la comunione non per fede, ma per un
“bisogno profondo e confuso” di
“appartenere ad una cultura”? Di quando in qua la comunione –
un atto sacro di adesione profonda ad una fede,
in cui i fedeli trovano il fondamento, la fonte ed il vincolo dell’unione fra loro e con Cristo – viene data per trasformare gli immigrati in cittadini italiani? A chi si esalta per questo gesto sconsiderato da parte di Allam, ricordo che la comunione è un
pegno d’immortalità, e sacramento di comunione con il Cristo. La chiesa
la nega persino ai divorziati, poiché
“essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio” e Allam si fionda in chiesa a prenderla solo per aderire alla “cultura italiana”? Come ex-allievo salesiano, egli di sicuro sa che prendere l’Eucaristia, senza essere battezzato, senza confessarsi e senza crederci, è
un sacrilegio. Nel caso qualcuno non se ne sia accorto, il gesto di Allam non era un gesto di adesione alla cultura italiana, ma
un gesto di profondo disprezzo e di mancato rispetto nei confronti della religione cattolica. E ora, dica pure che da questo blog è partita una fatwa islamica.
Sherif el Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/
Link: http://salamelik.blogspot.com/2007/04/daniel-pipes-e-lopzione-spiacevole-iv.html
27.04.2007
DANIEL PIPES E L’OPZIONE SPIACEVOLE (V)
Il motivo per cui scrivo di Daniel Pipes non è ovviamente Magdi Allam. Era però impossibile parlare del personaggio senza menzionare il suo pappagallo musulmano in Italia, specie se consideriamo come Pipes in persona sia sceso in campo per difenderlo. Ritengo infatti che Pipes sia molto più pericoloso e influente: Bush l’ha nominato nel Consiglio direttivo dello “United States Institute of Peace”, un’istituzione creata dal Congresso americano per promuovere “la risoluzione pacifica dei conflitti” (cioè alla maniera americana, ndr), è consulente della Casa Bianca sul Medio Oriente (adesso sappiamo di chi è la colpa, ndr), fa parte della “Speciale Task Force in materia di Terrorismo e Tecnologia” del Dipartimento della Difesa americano, ha testimoniato dinanzi a parecchie commissioni del Congresso e ha partecipato all’organizzazione di quattro campagne presidenziali. Magdi Allam, invece – nonostante i suoi stretti rapporti con anonime “fonti dei servizi” (leggere qui, qui e qui)- sta ancora cercando di diventare Ministro dell’Immigrazione per far espellere i suoi critici, e i suoi accorati appelli sul Corriere spesso rimangono lettera morta. Per fortuna.
Il motivo per cui scrivo di Pipes è
un altro suo articolo – ampiamente ripreso e commentato dalla
stampa italiana – addirittura con una
pagina intera sul Corriere. In realtà, Pipes viene spesso intervistato e ospitato con generosità dai quotidiani italiani, in particolare
La Stampa. Un atteggiamento che conferma la
nefasta influenza che certuni ideologhi neoconservatori riescono a esercitare sul Bel Paese e sull’Europa
persino dall’Oltre-Oceano: evidentemente i loro pappagalli islamici locali non sono all’altezza del compito loro assegnato, e ogni tanto si trovano costretti ad
intervenire in prima persona. Oppure è
il fascino dell’ “esperto americano”, che da diecimila chilometri di distanza e dall’alto dei quei pochi secoli di storia degli Stati Uniti, pontifica su ciò che l’Europa dovrebbe o non dovrebbe fare.
L’articolo di Pipes è intitolato:
“Le spiacevoli opzioni dell’Europa”. Quali sarebbero, dunque, queste opzioni “spiacevoli”? Nell’ordine: una presa di potere islamica (sic), l’espulsione in massa dei musulmani oppure la loro integrazione.
Per quale motivo, però, l’ “esperto americano” è tanto interessato al
“truce destino” della povera Europa?
“Il futuro dell’Europa riveste una enorme importanza non solo per i suoi abitanti. (…) La regione (…) continua ad essere estremamente importante in termini economici, politici e intellettuali. Perciò, a prescindere da quale direzione l’Europa prenderà, ciò avrà grosse implicazioni per il resto dell’umanità, e specie per i suoi paesi figli, come gli Stati Uniti, che storicamente guardano all’Europa come serbatoio di idee, persone e beni“. Tradotto in altri termini:
“Perché l’Europa è una vacca da mungere per il bene degli Usa e non possiamo permetterci che diventi una potenza politica ed economia indipendente, che operi scelte autonome o che guardi al bacino Mediterraneo in cerca di alleanze alternative“. In queste affermazioni, c’è l’eco dei documenti che il PNAC (Project for the New American Century –
Progetto per il nuovo secolo americano) –
un influente organizzazione dell’estrema Destra americana – elaborava ancor prima dell’11 settembre e le conseguenti guerre in Iraq e in Afghanistan:
“la leadership americana è un bene sia per l’America che per il resto del mondo”. Anche se
non credo che siano preoccupati di chiedere al “resto del mondo” se andava bene anche per loro.
Nel rapporto elaborato dal PNAC e intitolato “Ricostruire le difese dell’America: strategie, forze, e risorse per un nuovo secolo” si affermava la “convinzione che l’America dovrebbe cercare di preservare ed estendere la sua posizione di leadership globale mantenendo la superiorità delle forze armate USA” mentre nella “Dichiarazione di principi” del PNAC viene ricordato che: “Mentre il 20° secolo volge al termine, gli Stati Uniti restano la prima potenza mondiale. Avendo condotto l’Occidente alla vittoria nella guerra fredda, l’America si trova ora di fronte un’opportunità e una sfida: Gli Stati Uniti avranno la capacità di farsi forti delle conquiste dei decenni trascorsi? Gli Stati Uniti avranno la determinazione per formare un nuovo secolo favorevole ai principi e agli interessi americani?”. Gli interessi americani. In questo, almeno, Daniel Pipes è coerente. L’uomo ha speso una vita, ha scritto innumerevoli articoli, tenuto centinaia conferenze e scritto decine di libri per un un’unico scopo: “promuovere gli interessi americani”, e – visto che ci siamo – anche quelli israeliani.
Pensate che
Pipes sostiene, in qualità di membro del “Consiglio dell’Istituto per la Pace” che dovrebbe promuovere “
la risoluzione pacifica dei conflitti“, che la pace averrà in Medio Oriente
solo attraverso
una totale e incondizionata vittoria militare israeliana: “
I palestinesi hanno bisogno di essere sconfitti più di quanto Israele abbia bisogno di sconfiggere loro”. E meno male che è nominato in un Istituto che promuove la risoluzione pacifica dei conflitti. Ma torniamo all’articolo: Pipes ha valutato ognuno dei tre scenari da lui inventati. Il primo contempla
“l’islamizzazione dell’Europa, e una sua silente sottomissione allo status di dhimmi o una conversione all’Islam, poiché lo yin dell’Europa e lo yang dei musulmani ben si accordano: un basso e un alto grado di religiosità, un basso e un alto tasso di fertilità, un basso e un alto grado di fiducia culturale. L’Europa è una porta attraverso cui passano i musulmani”. Il secondo è uno scenario di guerra civile grazie all’ “
arrivo al potere di partiti nazionalisti che ricuseranno il multiculturalismo e tenteranno di ristabilire i tradizionali valori e molte altre cose. Non si può far altro che fare delle supposizioni in merito ai loro mezzi e alle reazioni da parte dei musulmani”, il terzo – decisamente meno apocalittico – ossia
“La possibilità che i musulmani accettino i confini dell’Europa storica e che si integrino senza difficoltà in seno ad essa” ebbene, signore e signori, Daniel Pipes ci dice che
“può essere praticamente ritenuta inconsistente“. Accontentiamoci, quindi, dei primi due.
Sherif el Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/
Link: http://salamelik.blogspot.com/2007/04/daniel-pipes-e-lopzione-spiacevole-v.html
28.04.2007
DANIEL PIPES E L’OPZIONE SPIACEVOLE (ULTIMA PUNTATA)
Daniel Pipes sostiene che “La possibilità che i musulmani accettino i confini dell’Europa storica e che si integrino senza difficoltà in seno ad essa” sia praticamente “inconsistente“. In questo modo, egli azzera del tutto lo “scenario più roseo”, dove “gli autoctoni europei e gli immigrati musulmani riescono a trovare un modus vivendi e un modo di vivere insieme in armonia“. In cambio, egli ci propone come prima alternativa “l’islamizzazione dell’Europa, e una sua silente sottomissione allo status di dhimmi o una conversione all’Islam”. Ovviamente, in questa asserzione, egli ha due alleati italiani, che menziona in due occasioni diverse: “La scomparsa Oriana Fallaci” che “osservò che col passare del tempo “l’Europa diventa sempre più una provincia dell’Islam, una colonia islamica” e il suo pappagallo musulmano, Magdi Allam, che ha intitolato uno dei capitoli del suo ultimo libro (Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano?, ndr): “L’Italia, terra di conquista islamica”. La seconda alternativa, invece, è ovviamente leggermente più ottimista: La guerra civile. Secondo Pipes, infatti, “i partiti nazionalisti ricuseranno il multiculturalismo e tenteranno di ristabilire i tradizionali valori e molte altre cose. Non si può far altro che fare delle supposizioni in merito ai loro mezzi e alle reazioni da parte dei musulmani”. E, ancora una volta, egli cita un esempio italiano: “In Italia, la Lega Nord ha fatto parte per anni della coalizione di governo. Questi partiti probabilmente si rafforzeranno poiché i loro messaggi anti-islamisti e spesso anti-islamici echeggeranno, e i principali partiti approveranno in parte i loro messaggi”
Anche se Pipes afferma che si possono fare solo
“delle supposizioni in merito ai loro mezzi“, egli ne dà comunque un assaggio, citando il columnist americano Ralph Peters:
“Lungi dal godere della prospettiva di assumere il controllo dell’Europa facendo figli, i musulmani europei hanno i giorni contati (…) le previsioni di una presa di potere dell’Europa da parte musulmana (…) ignorano la storia e una inestirpabile malvagità dell’Europa“. Invece, descrivendo l’Europa come il luogo
“che perfezionò il genocidio e la pulizia etnica“, egli preconizza che i musulmani che vivono lì
“saranno fortunati ad essere deportati“ e non
uccisi. Anche Claire Berlinsky ricorda
“i vecchi conflitti e i modelli (…) che procedono con andatura rapida e noncurante dalle nebbie della storia europea“. Pipes ricorda che
“I partiti che si oppongono all’immigrazione e all’Islam hanno in genere un background fascista, ma col tempo stanno acquisendo una maggior rispettabilità, sbarazzandosi delle loro origini antisemite e delle ambigue teorie economiche, focalizzandosi piuttosto sulle questioni attinenti la fede religiosa, la demografia e l’identità culturale, e apprendendo nozioni sull’Islam e sui musulmani”. In altre parole, i partiti in questione smettono – seppur temporaneamente, almeno secondo me – di essere antiebraici per diventare anti-musulmani, mascherando il tutto con fumose questioni attinenti alla “fede religiosa, demografia e identità culturale”. Proprio per questo motivo, essi diventano – almeno agli occhi di Pipes
di cui abbiamo già analizzato il pensiero sul razzismo – meno “razzisti” e soprattutto “più rispettabili”, anche se dovessero ricorrere a metodi leggermente “fascisti” su cui si possono fare solo delle “supposizioni”.
Pipes però aggiunge un’ultima affermazione:
“è ancor più probabile che i tentativi di rivendicazione da parte degli europei verranno avviati in modo pacifico e lecito, e saranno i musulmani – in linea con i recenti modelli di intimidazione e terrorismo – a ricorrere alla violenza“. Sembra
la metafora del lupo e dell’agnello: l’agnello si abbevera a valle di un corso d’acqua, il lupo a monte. Eppure il lupo riesce ad accusare l’agnello di inquinargli l’acqua che beve e perciò se lo sbrana. Dopo aver paventato – citando altri – scenari di campi di concentramento, espulsioni di massa e genocidi, ricordando la gloriosa eredità dell’Europa in materia, Pipes ci ricorda che se mai i musulmani dovessero reagire, sarà – ovviamente e ci mancherebbe altro – colpa loro. In realtà Pipes sa bene
dove vuol arrivare: paventare scenari di
“Dominio musulmano”, di
“Conquista islamica” e di
“Sottomissione alla Sharia”, aumenta la rabbia e l’odio della masse popolari europee. Pipes dimostra di esserne ben consapevole quando dice che
“un sentimento di stizza tra gli europei, meno tra le élite che tra le masse, contesta con veemenza i cambiamenti (multietnici, ndr)
già in corso”. A forza di ripetere la cantilena dell’ “islamizzazione”, e negando una possibilità di “integrazione armoniosa”, di fatti si spinge la massa a
affidarsi ai partiti ultra-nazionalisti sui cui metodi si possono fare “solo delle supposizioni”. In questo modo, Pipes assicura il
totale isolamento dell’Europa dai territori ad essa più vicini e affini (Bacino Mediterraneo),
un impoverimento in termini economici e intellettuali (Tutte le statistiche e ricerche affermano che l’Europa ha bisogno dell’immigrazione e della multietnicità, e non scordiamoci che entrambi rappresentano la base del successo statunitense) e il conseguente
sfruttamento dell’Europa da parte degli Stati Uniti come
“serbatoio di beni, persone e idee”. Ma Pipes è perfettamente coerente nel suo piano: come consulente statunitense, di ispirazione neoconservatrice, egli promuove
“gli interessi americani”. E se gli interessi americani consistono nel distruggere l’Europa promuovendo una guerra civile, o politiche restrittive delle libertà individuali o dell’immigrazione, Pipes non si tirerà indietro.
La domanda che dobbiamo porci quindi è un’altra: se Pipes è coerente con gli interessi del suo paese, chi sostiene le sue stesse idee in Europa e soprattutto in Italia, sta promuovendo
gli interessi di chi? Fine
Sherif el Sebaie
Fonte: http://salamelik.blogspot.com/
Link: http://salamelik.blogspot.com/2007/04/daniel-pipes-e-lopzione-spiacevole.html
30.04.2007