DI JACK DAVIES
Nonostante più di mezzo decennio di conflitti abbia lasciato una cifra stimata di 400.000 morti e 11,4 milioni di sfollati, la Siria mantiene un mercato azionario attivo.
Nata come parte di un programma di riforme economiche, la Damasco Securities Exchange ha aperto le sue porte nel 2009, due anni prima della comparsa della crisi.
Non solo il mercato continua a funzionare nonostante il conflitto, ma, se si danno per buoni i dati pubblicati quotidianamente sul sito web della borsa, lo scorso anno è stato il più attivo mai registrato in termini di volume di transazioni, e il 2017 sembra destinato ad essere ancor migliore.
Mentre in normali circostanze tali dati potrebbero essere interpretati come rinnovata fiducia nell’economia, le circostanze in Siria sono tutt’altro che ordinarie e gli analisti dicono che le attività in borsa sono in gran parte frutto di finzione.
“Il numero delle azioni può anche essere aumentato ma il loro valore è sceso in modo significativo, anche se lo si indica in valuta siriana”, dice via mail a TradingFloor il dr. Reinoud Leenders del Lebanon and Syria Research Group. “La capitalizzazione di mercato può sembrare in aumento, ma essa riflette poco i termini economici reali, a causa di un’inflazione molto elevata e della forte diminuzione del valore di cambio della lira siriana”.
Esso è diminuito drasticamente dall’inizio del conflitto. Nel 2010, si aveva bisogno di poco meno di 50£ per acquistare $1; oggi, più di 500£ per mettere le mani su $1.
Attività ridotta
Inoltre, fa notare Leenders, ci sono solo una mezza dozzina circa di titoli che sono attivamente negoziati in borsa. Quasi tutti sono filiali di banche estere.
Rashad al-Kattan è laureato alla Università di Damasco. Ora lavora nel Regno Unito come analista di rischio ed ha una borsa di studio presso il Centro per lo Studio Siriano alla St Andrews University. Avendo già lavorato per banche libanesi in Siria, la maggior parte della sua ricerca accademica si concentra su settore bancario e borsa della sua terra.
“Se si guardano gli indici, i titoli bancari sono i più scambiati”, dice al-Kattan. “Sarei sorpreso se quegli investitori stessero realmente verificando i dati di bilancio, perché le banche – e questo è stato riconosciuto dal direttore generale della borsa – anche se sembrano redditizie, fanno ingegneria finanziaria.”
Al-Kattan racconta di come suoi ex colleghi, una volta impiegati nel dipartimento servizi aziendali delle loro banche, sono ora nel reparto recupero crediti: ciò riflette il fatto che – almeno per il momento – i profitti bancari sono cessati e al loro posto c’è ora l’obiettivo di contenere le perdite.
Identificare i pochi restanti debitori in grado di rimborsare i prestiti è un modo per tentare di ridurre le perdite; ma al-Kattan dice che è stata impiegata un’altra tecnica, più efficiente ed insidiosa.
“Il capitale [bancario] viene pagato in dollari USA. Quello che è stato fatto ogni anno è considerare quei dollari in sterline siriane, e così, poiché la lira si sta deprezzando, ciò fa sembrare i loro profitti in aumento”, dice al-Kattan. “Naturalmente, per far questo bisogna impegnarsi in transazioni; ma la Banca Centrale è stata molto indulgente su questo aspetto, perché non vogliono far sembrare le banche in perdita e generare il panico”.
Le banche in questione sono, ovviamente, tenute a presentare relazioni e dichiarazioni trimestrali, ed esse contengono questi profitti fittizi.
“Le loro dichiarazioni sono approvate da società di revisione internazionali, che non mettono bocca perché sanno le regole del gioco. Non credo che quelle banche siano un buon investimento”.
Ma se la valutazione delle banche è così gonfiata, perché qualcuno dovrebbe investire in loro? Una risposta, secondo il dr. Leenders del Kings College, è che sia banchieri che investitori non hanno trovato soluzioni migliori.
“Entrambi sono aggrappati alla sopravvivenza del regime e/o sono limitati nelle loro decisioni dalle sanzioni internazionali”, dice in un osservazione inviata via mail. “In questo contesto, mettere i loro soldi in beni immobili o banche sembra una strategia sensata, proprio perché il resto dell’economia non riesce (per ora) a fornire alternative”.
Spazio per l’ottimismo
E mentre sia Leenders che al-Kattan concordano sul fatto che l’economia siriana è a brandelli, ci sono alcuni motivi di ottimismo per chi ha scommesso denaro sul suo recupero.
La risalita delle negoziazioni sul Damasco Securities Exchange coincide con l’arrivo di una grande quantità di forze aeree e terrestri russe in Siria; inoltre, la ri-acquisizione di Aleppo a dicembre da parte delle forze alleate al regime ha coinciso con un massiccio aumento negli scambi di borsa dell’ultimo trimestre del 2016
“Ma supponendo che le banche stiano effettivamente contando su di una vittoria del regime (e, data la situazione, sperando da qui in poi in un probabile afflusso di aiuti per la ricostruzione), questo non significa che il conflitto finirà”, dice Leenders. “Per un banchiere, ciò che conta è che il regime prenda e consolidi il controllo nei settori chiave dell’economia; il resto del paese può anche essere lasciato ai ribelli”.
Tuttavia, le speranze di un aumento degli aiuti potrebbero non realizzarsi presto come le banche sperano. Il ministro dell’economia siriano ha recentemente annunciato che tutti i contratti di ricostruzione assegnati alle compagnie straniere saranno subordinati a dichiarazioni di scuse da parte di Europa e Stati Uniti per il loro ruolo nel conflitto, come battuto da Syria Report questa settimana.
Altro motivo di ottimismo per gli investitori siriani è l’imminente completamento di una centrale elettrica da 701 megawatt a sud di Damasco da parte della società di ingegneria internazionale Metka (con base ad Atene).
Mercoledì scorso, Syriatel – uno dei due fornitori di servizi di telefonia mobile del paese, guidato da Rami Makhlouf, cugino materno del presidente Bashar al-Assad – ha firmato un accordo con la borsa per quotare pubblicamente le proprie azioni.
Anche al-Kattan non crede che la situazione economica peggiorerà: “In generale, non credo che la lira siriana soffrirà ulteriormente. Credo che nei prossimi mesi migliorerà e potrebbe anche tornare a quota 400 [per dollaro] con iniezioni straniere di liquidità”, dice.
Ma in termini di redditività della borsa, non è così ottimista. Con il 90% della popolazione dipendente per la sopravvivenza da aiuti stranieri o governativi e meno di un quinto della popolazione in possesso di conti bancari, la borsa continuerà a trovarsi con una base limitata di investitori, dice.
“Come si svilupperà? Non molto meglio di quanto visto finora”, dice. “In termini di raccolta di capitali, siamo ancora molto lontani da un miglioramento”.
Al-Kattan dice che uno dei motivi per cui ha scelto di concentrarsi sull’economia siriana ed in particolare sul settore bancario è che “tutti sono ossessionati da ISIS e guerre, nessuno invece si concentra sull’economia”.
“Credo sia importante. Mentre stiamo parlando di trattare col regime, la gente crede che le banche con cui hanno trattato prima del conflitto siano le stesse, ma io dico che ora presentano rischi molto consistenti”.
I rappresentanti del Damascus Securities Exchange hanno accolto ma non risposto a numerose richieste di commento.
Fonte: www.zerohedge.com
Link: http://www.zerohedge.com/news/2017-02-23/how-does-stock-market-operate-war-syria-case-study
23.02.2017
Submitted by Saxo Group’s Jack Davies, via TradingFloor.com,
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG