DI DEBORA BILLI
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A differenza dei nostri nonni, e di tutti i nostri avi nei secoli, non abbiamo mai vissuto situazioni di drammatica emergenza: guerre, pestilenze, carestie. Lo sappiamo benissimo e, qualora ci sfuggisse, in questi giorni ci viene continuamente ripetuto. C’è anche un’altra enorme differenza con il passato, però: neppure ai governi dei nostri Paesi viene ormai più richiesto di prendere decisioni drammatiche di vita o di morte. Noi siamo da tempo abituati ad eleggere leaderini che fanno bella figura in tv, e che al massimo dovranno fronteggiare un’alluvione locale; i brillanti candidati, per quel che loro concerne, sanno di non avere praticamente altra responsabilità che spostare qualche soldino qua e là e al massimo inviare letterine di supplica al preside di Bruxelles. E’ così in tutto il mondo occidentale, nessun Renzi o Macron ha mai dovuto fare scelte da far tremare i polsi come ad esempio è toccato di recente al leader siriano Bashar Al Assad (che infatti era tacciato da “dittatore”: scommetto ora che molti dei nostri capetti cominciano a capire la situazione che si è trovato a fronteggiare).
Il coronavirus ha dato un brusco risveglio a Presidenti abituati all’acqua di rose dei dibattiti tv. Avete voluto la bicicletta? Ora vi ritrovate al posto di re, Papi e imperatori che nei secoli hanno dovuto decidere su vita e morte delle loro Nazioni, dei loro popoli e del loro regno. Molti di voi non sono all’altezza, qualcuno rivelerà doti insospettate fino al giorno prima. Altri ancora, sentendosi novelli Churchill, manderanno milioni di persone a sbattere contro un muro.
Speriamo che tra questi non ci sia Boris Johnson. Il leader inglese ha scelto di lasciare che il virus faccia il suo corso senza prendere provvedimenti drastici, tra lo sbalordimento del mondo e accuse di cinismo malthusiano che gli piovono da ogni parte. In un drammatico discorso alla Nazione ha detto che occorre rassegnarsi alla perdita di persone care, in attesa che la maggior parte della popolazione diventi, col trascorrere dei mesi, immune al contagio. Nel 2020, nell’era del consenso televisivo e delle frottole media raccontate per mantenere gli elettori in un perenne ottimismo, Boris ha suonato per tutti una campana a morto di sapore medioevale.
Eppure, guardando le fredde cifre, Johnson ha fatto forse l’unica scelta possibile per il suo Paese. La letalità del coronavirus, ormai lo sappiamo, è modulata quasi unicamente dalla disponibilità di posti in terapia intensiva: e la Gran Bretagna, semplicemente, non li ha. Un Paese come il nostro può provare a rallentare il contagio mentre compie lo sforzo immane -e incerto- di portare i propri posti in intensiva da 5 mila a, ad esempio, 10 mila: ma un Paese che di posti ne ha la metà, non ha speranza alcuna di riuscire in tale sforzo. E’ una strada che non può percorrere. Avrei voluto vedere il volto di Boris Johnson nel momento in cui ha preso coscienza di questo dato e tratto le inevitabili conclusioni: uno di quei “momenti storici” che nessuno racconterà.
(Grazie a Ugo Bardi per il grafico)
Debora Billi
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14.03.2020