Banche italiane: utili record nel 2023 grazie alla Bce….. “ce lo chiede l’Europa”

L'anno prima ha festeggiato la lobby dell'energia ed ora a brindare è quella bancaria: profitti da record mentre il paese sprofonda nella povertà più assoluta.

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di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Dall’entrata nell’euro ad oggi, tutti i sacrifici richiesti, ogni lacrima versata, fino ad arrivare all’ultima goccia di sangue succhiataci da chi ci comanda per tenere in vita questa maledetta moneta elitaria, sono sempre stati giustificati al popolo con la solita scusa del: “ce lo chiede l’Europa”. Il tutto all’interno della solita novella che soldi non ce ne sono più e che urge risanare i conti pubblici di una nazione, sfortunatamente abitata da un popolo spendaccione che “ha vissuto sopra i propri mezzi”.

Ed invece la realtà dei fatti ci dice che i soldi ci sono ed addirittura tanti, ma solo per pochi e soliti noti!

Nel 2022 sono stati i lobbisti dell’energia (ENI in primis), a beneficiare dell’inerzia del nostro governo di fronte ad una delle operazioni di speculazione su gas e petrolio più imponenti della storia. Oggi, a godere nel veder affluire fiumi di denaro nelle proprie casse è invece il turno della più che potente lobby dei banchieri che da sempre fa e disfà in tutta la penisola.

Unicredit, Intesa, MPS & Co. annunciano utili da sogno per il 2023, una cifra che a livello di sistema bancario potrebbe superare addirittura i 40 miliardi. Una cuccagna per manager ed azionisti, visto che gran parte di questo denaro pare debba finire in dividendi e programmi di buy back (il riacquisto delle proprie azioni che ne spinge verso l’alto il valore e migliora l’utile per azione, parametro a cui spesso sono ancorati i bonus dei manager).

Chi invece non parteciperà alla festa è lo Stato italiano e di conseguenza la maggioranza del paese che non fa parte di questo ristretto circolo di prescelti, stante il fatto che la tassa sugli extraprofitti bancari, presentata a sorpresa lo scorso luglio dal nostro governo, è stata via via depotenziata sino ad annichilirsi.

Giorgia Meloni, per recuperare un po’ di consenso e non certamente per onorare la carica istituzionale che ricopre, ci aveva provato a portar via un po’ di acqua dal pozzo sempre pieno delle banche, così da far bere un popolo, quello italiano, da tempo schiavo ed ormai morente. Non lo avesse mai fatto! la nostra premier tanto devota all’Aspen Institute è stata richiamata subito all’ordine. Tutto il gota pidduista che da sempre controlla moneta e credito nel nostro paese ed oggi anche padrone delle sue istituzione più alte, è saltato in piedi azzannandola, come un leone azzanna la sua preda. E lei da perfetta appartenente ingranando immediatamente la retromarcia si è rimangiata tutti i buoni propositi trasformando quella che era una tassa più che giusta nell’ennesima presa in giro per il popolo italiano

In pratica alle banche viene concessa la scelta se versare la tassa all’erario o destinare i soldi al rafforzamento del proprio capitale, ossia versarli a se stesse. Non era difficile prevedere come sarebbe andata a finire: zero incassi per lo stato, a fronte dei 4 miliardi preventivati con la prima versione.

Di farsa in farsa, con lo spettro di un consenso che si riduce sempre più, la Giorgia nazionale ha persino provato a far passare come benefica la soluzione minimale, prefigurando uno scenario favorevole per una aumento delle erogazioni di credito a famiglie ed imprese. Purtroppo per lei, i bilanci diffusi in questi giorni fotografano una tendenza che va decisamente in senso opposto.

L’ammontare complessivo dei prestiti in essere delle prime 5 banche italiane è oggi 50 miliardi di euro più basso di un anno fa. Venerdì la Banca d’Italia ha rilevato come a dicembre 2023 i prestiti al settore privato sono diminuiti del 2,8% sui dodici mesi. I prestiti alle famiglie si sono ridotti dell’1,3% sui dodici mesi mentre quelli alle società non finanziarie si sono ridotti del 3,7%.

Del resto che i prestiti calino non è certo una novità ed è del tutto normale visto che, nello scenario di un’economia stagnante e con il costo per farsi prestare soldi salito significativamente, sono sempre meno le aziende e le persone che si avventurano a chiedere denaro. Le banche commerciali sappiamo bene che operano in modo ciclico rispetto all’andamento dell’economia di un paese e pertanto sono disposte a prestare solo quando sono certe di riavere indietro il loro denaro.

Se da una parte, come detto,  festeggiano i percettori della rendita, dall’altra piange chi lavora. Crolla la produzione industriale nel nostro paese, siamo 18 punti sotto il livello del 2000, questa volta in compagnia anche della Germania, anch’essa in caduta più che libera, come si può vedere dal grafico sotto.

Seguendo la perfetta logica contabile che guida il funzionano dei bilanci settoriali dei soggetti che intervengono in ogni sistema economico, dal momento che siamo costretti ad agire (per via delle regole europee) all’interno della follia del pareggio di bilancio – o peggio ancora del surplus, come avviene da noi da tre decadi – se si bloccano le esportazioni, per fornire denaro fresco al paese, non rimane che vivere di bar, musei, ristoranti ed affitti brevi, con la speranza che i turisti non si stanchino di visitare il belpaese.

Il rialzo dei tassi ordinato a Bruxelles dal deep-state europeista e da tutto il main-stream – formalmente per combattere l’inflazione, nella realtà invece per far incamerare una giacchiata di miliardi alle banche – è manna piovuta dal cielo per la banca da tempo più discussa e sotto pressione nel paese. Parlo del Monte dei Paschi di Siena, ovvero quel metaforico pozzo senza fine, zeppo di massoni pidduisti, che da decenni elargisce a pioggia soldi agli amici degli amici, salvo poi correre a piangere dai governi affinché mettano le mani in tasca ai cittadini per ripianare tutti i buchi derivanti appunto dall’immane quantità di denaro che gli stessi fratelli si sono pappati e mai hanno restituito.

E’ sufficiente dare una scorsa al copioso elenco delle perdite su crediti che il Monte ha dovuto affrontare nell’ultimo ventennio per ritrovare nomi noti appartenenti al sistema di potere che opera indisturbato nel nostro paese. Dai più in vista nel panorama nazionale fino a quelli non meno-potentati a livello locale, sono tutti legati tra loro da fratellanze più o meno diaboliche.

Tutti i governi più recenti, da Monti a Renzi per finire a quello attuale, non si sono tirati indietro nel riversare soldi pubblici dentro la banca senese in asservimento ai loro fratelli. Il Tesoro, divenuto gioco-forza, azionista di maggioranza di MPS, oggi si consola con 121 milioni di euro di dividendi, dopo che, dentro l’Istituto, affidato al salviniano Nicola Maione, ha cacciato più di 8 miliardi. Il leader leghista ha spinto fino quasi alla rottura con Giorgia Meloni per tenere in mano la banca toscana, terra dove oggi si è accasato. Ed è difficile non credere che dietro a questa sua forte presa di posizione non ci sia stato il sussurro nell’orecchio del futuro suocero, Denis Verdini, che al Monte è sempre stato di casa.

Quindi dopo l’ottimo lavoro fatto da Mussari (si fa per dire, ndr), un altro calabrese torna alla guida del Monte dei Paschi e ci torna proprio con la spinta di un toscano ormai adottato; andando così a ricomporre quel mix di cromosomi di potere che tanto ha contribuito al fallimento tecnico della banca, salvata appunto con un montagna di soldi pubblici. Toscana e Calabria, due terre bellissime dall’illustre passato che, riguardo al presente, pare invece dovranno essere ricordate nelle pagine dei libri di storia ancora da scrivere, per il perfetto connubio tra massoni e mafiosi (definiti angelicamente colletti bianchi), i quali ormai si muovono con estrema disinvoltura da padroni dentro ogni nostra istituzione, avendo relegato la democrazia nelle loro menti ad un concetto filosofico ormai passato di moda.

Insomma, si danno soldi agli amici che non li riportano, si mettono in piedi scellerate operazioni di acquisti di asset a prezzi folli per mascherare l’uscita di denaro che certamente finisce nelle tasche di qualcuno e se come non bastasse, poi si cerca di ripianare le perdite scommettendo con i derivati per far defluire altro denaro verso le mete desiderate.

Dulcis in fundo, si ordina alla Banca Centrale Europea (Bce), di alzare i tassi per far affluire 40 miliardi dentro le banche italiane, pronti per essere destinati sempre verso gli stessi lidi. Tutto questo facendo crollare ancora di più l’economia reale, alle prese con un costo dell’energia e del denaro ormai non più sostenibile per un sistema economico che ha ridotto al minimo la marginalità ed azzerato i consumi per via delle ormai note politiche fiscali austere imposte da chi sta colonizzando il paese.

Tanto per usare un termini molto caro si nostri padroni, quello che tutti noi dovremmo chiederci, è: quanto ancora resiliente sarà il paese Italia ed il suo popolo!?

di Megas Alexandros

Fonte: Banche italiane: utili record nel 2023 grazie alla Bce….. “ce lo chiede l’Europa” – Megas Alexandros

 

 

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