Autopsia della Rivoluzione Colorata – Mosca e Hong Kong

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DMITRY ORLOV
lesakerfrancophone.fr

Nelle ultime settimane, due tentativi di rivoluzione colorata si sono svolti in parallelo, uno a Mosca e l’altro ad Hong Kong. Mentre un osservatore occasionale potrebbe pensare che il legame tra i due sia, nella migliore delle ipotesi, tenue, uno sguardo più attento fa capire che la metodologia è esattamente la stessa, utilizzata con successo in passato in vari esercizi di cambio di regime (più di una volta nel caso dell’Ucraina) anche se, recentemente, molti di essi hanno poi avuto vita breve.

In particolare, una di queste rivoluzioni, in Russia, aveva già nettamente fallito. Come avevo scritto nel mio libro Shrinking the Technosphere, “La rivoluzione dei Nastri Bianchi di Piazza Bolótnaya (“Palude”) a Mosca, il 6 maggio 2012, poco prima della rielezione di Putin a presidente, non aveva prodotto alcun risultato; in questo caso, il tentativo di cambio di regime era stato controproducente, l’osso era troppo grande perchè la gente potesse ingoiarlo e i loro agenti locali nelle file dell'”opposizione” ora sono tra le persone più disprezzate di tutta la Russia.” E [questa metodica] aveva nettamente fallito anche ad Hong Kong, durante la “Rivoluzione degli ombrelli” del 2014; dopo 75 giorni di proteste, la rivolta si era spenta e l’ordine pubblico era stato ripristinato.

Nel 2016, quando era uscito il mio libro, ero già pronto a dichiarare il Sindacato della Rivoluzione Colorata quasi defunto, ora sono pronto a confermare che è veramente morto stecchito. Allora, perché i suoi membri si agitano ancora? Forse non sanno che è morto? Sembra che le organizzazioni defunte, in particolare quelle ben finanziate, non siano poi tanto diverse dai millepiedi parzialmente schiacciati o dai polli senza testa, possono infatti escludere volontariamente qualsiasi auto-riconoscimento della loro prematura scomparsa e continuare ad esistere allo stato di zombi. Ad esempio, la CIA, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, l’USAID, varie ONG occidentali e i media occidentali si affidano tutti a movimenti altamente coordinati, che tentano di fomentare rivolte, minare l’autorità legittima e installare governi fantoccio, seguendo la guida ufficiale della Rivoluzione Colorata, accuratamente pianificata in tutti i suoi dettagli. Peccato che la loro metodologia non funzioni più!

La soluzione di riserva è semplicemente fingere che la suddetta metodologia sia ancora valida. Invece di cercare di produrre “fatti sul terreno” (questa espressione è terribilmente logora, come se i fatti rilevanti potessero anche levitare da soli o scavare un tunnel attraverso una montagna), il presunto movimento di protesta diventa la messa in scena per un servizio fotografico. La giornalista canadese Eva Bartlett (che in precedenza aveva riferito della situazione reale in Siria e a Gaza, aggirando l’embargo dei media occidentali) ha partecipato la settimana scorsa alla “manifestazione/concerto-pubblico/finalmente qualcosa” sulla Prospettiva Sakharov a Mosca e ha riferito che la folla, circa 20.000 persone (piccola per gli standard di Mosca) era letargica e apatica. Alcuni sparuti gruppi di persone erano rimasti per alcuni minuti sugli spalti intonando generici slogan di protesta, uno dietro l’altro, a beneficio delle telecamere, poi erano tornati a mescolarsi con la folla.

Questa volta, la protesta, la manifestazione, il raduno o il concerto, indipendentemente dal nome che gli era stato dato, era stato approvato dalle autorità cittadine, quindi nessuno è stato arrestato e non c’è stata violenza. Ma le due volte precedenti, due o tre fine settimana fa, la folla si era raduna dove non era consentito e, in quel caso, erano state arrestate circa 1.000 persone. Molti di loro erano stati multati (la loro trasgressione era amministrativa e non penale) e rilasciati, mentre quelli che avevano tirato pezzi di asfalto o immondizia contro la polizia erano stati arrestati e processati come criminali. Secondo gli standard moscoviti, la folla era persino più piccola di quella dello scorso fine settimana e si era dimezzata da un fine settimana all’altro.

Va sottolineato che la manifestazione di Mosca era inutile. Una donna di nome Lyubov Sobol, largamente detestata e piuttosto spiacevole, associata ad Alexei Navalny, un elemento chiave di una ONG occidentale (che, secondo i media occidentali, sarebbe una figura importante dell’opposizione russa) e, in più, altri personaggi altrettanto sconosciuti, avevano chiesto che [la Sobol] potesse candidarsi alle prossime elezioni del Consiglio Comunale di Mosca. Non erano riusciti a raccogliere abbastanza firme e quindi le avevano falsificate. La cosa era venuta alla luce e la  petizione era stata respinta. Questa decisione non era stata di loro gradimento e quindi avevano organizzato le dimostrazioni. Ma, invece di radunarsi a protestare dove erano stati autorizzati a farlo (ancora nella Prospettiva Sakharov), avevano iniziato a bloccare il traffico e ad attaccare la polizia.

Va anche notato che metà degli arrestati, apparentemente per aver protestato contro le elezioni municipali di Mosca, non proveniva da Mosca e molti di loro non erano nemmeno Russi. Resta da stabilire quanti erano stati pagati per essere lì e il prezzo della loro presenza. È interessante notare che Alexei Navalny è attualmente sotto inchiesta per riciclaggio di un miliardo di rubli di fondi ottenuti illegalmente. Apparentemente, i suoi volontari (molti dei quali erano minorenni e troppo giovani per essere ritenuti penalmente responsabili e di un’età in cui ragazzi e ragazze potevano essere sedotti dalla semplice offerta di fare qualcosa di vagamente illegale, turbolento e ribelle) depositavano piccole quantità di denaro nei distributori automatici per far apparire il suo tesoretto come il risultato di molte donazioni individuali. Era anche curioso vedere come la Sobol, ogni volta che veniva arrestata, improvvisamente si ricordasse di avere una bambina a casa e volesse essere rilasciata. È stato anche notato, fotografato e monitorato dalle autorità l’utilizzo come scudi umani da parte di altri organizzatori, di bambini in passeggini e di persone anziane e disabili.

Si può quindi affermare senza paura di sbagliare che le proteste moscovite si sono affievolite. Le “importanti figure dell’opposizione russa,” secondo l’Occidente, che vengono coccolate e godono di ricchi appoggi, si sono dimostrate allo stesso tempo impotenti e piuttosto sgradevoli. Anche gli sforzi per far apparire brutale e violenta la polizia di Mosca sono falliti: la polizia è stata scrupolosa nel rispettare la legge, educata e anche abbastanza gentile, soprattutto se confrontata con le spietate tattiche della polizia in paesi come Francia e Stati Uniti. Non sono stati utilizzati cannoni ad acqua o gas lacrimogeni, non ci sono state vittime e non è stato riportato alcun traumatismo significativo.

A differenza di Mosca, le manifestazioni ad Hong Kong sembrano continuare e molti rapporti indicano che stanno diventando sempre più violente. Come a Mosca, la loro motivazione logica è assurda: erano iniziate come una protesta contro una nuova legge sull’estradizione, in base alla quale Hong Kong avrebbe cessato di essere un santuario per coloro che avevano commesso crimini nel continente. La legge era stata rapidamente rinviata e poi ritirata, ma i moti di piazza sono continuati e si sono intensificati.

Si può dire che Hong Kong è molto più vulnerabile di Mosca. Mosca è un monolite superetnico russo: dei suoi 12 milioni di abitanti, il 91,6% sono Russi, l’1,4% Ucraini (la maggior parte di loro parla russo e quindi sono praticamente Russi), l’1,4% Tartari (un gruppo etnico distinto ma molto ben integrato) e l’1% Armeni (anche loro per lo più di madrelingua russa). Tra questi, i “leader dell’opposizione,” così apprezzati dai governi e dai media occidentali, non hanno mai superato l’1% dei consensi, ma alcuni dei più famosi hanno sviluppato un’immagine negativa molto forte. Qualche migliaio di ragazzini che cercano di farsi arrestare per potersi fare un selfie durante la detenzione per poi essere rilasciati quando i genitori avranno pagano la multa non cambieranno questa situazione.

D’altra parte, la popolazione di lingua cantonese di Hong Kong è meno di ¾, ed è stato osservato in molte parti del mondo che le società tendono a diventare instabili quando la percentuale dei superetnici scende al di sotto del 75%. In modo molto significativo, i superetnici di tutta la Cina, quelli che parlano il mandarino, sono a malapena rappresentati ad Hong Kong, cosa che allontana ulteriormente questo territorio dalla Cina continentale. Infine, la sua lunga storia come colonia britannica ha reso Hong Kong una chimera sino-britannica, come la mitica capra con la testa di leone e la coda di serpente, e le società chimeriche tendono a distruggersi spontaneamente quando le loro contraddizioni interne diventano insostenibili.

Hong Kong ha anche un problema di lealtà condivisa. La guerra commerciale autodistruttiva di Donald Trump contro la Cina (e contro il resto del mondo) ha rafforzato nell’immaginario collettivo cinese l’impressione che gli Stati Uniti siano il nemico numero uno. In questo contesto, le immagini dei manifestanti di Hong Kong che sventolano le bandiere coloniali britanniche e quelle americane inviano veramente il messaggio sbagliato, che Hong Kong è sleale e che il problema dovrebbe essere affrontato. La Cina ha una metodologia ben sperimentata per affrontare la slealtà. Chiamatelo metodo del referendum  Tian’anmen. Se il tuo pensiero è sbagliato, ti viene detto cosa pensare. Se rifiuti, ti richiameremo all’ordine e ti insegneremo pazientemente cosa pensare. Se rifiuti ancora, ti spariamo.

Mi chiedo quanti di questi giovani manifestanti di Hong Kong si rendano conto di come sarà il loro futuro. (I giovani hanno spesso uno scarso controllo dei loro impulsi, sono facilmente influenzabili e, non avendo una buona comprensione del rapporto causa-effetto, spesso non sono in grado di immaginare le conseguenze delle loro azioni). Sembra che il governo cinese stia lasciando che gli eventi facciano il loro corso, per ora. Questa è chiamata la fase “mark” di un algoritmo “mark and sweep“. Una volta che tutti i manifestanti saranno stati debitamente identificati (ora ci sono telecamere ovunque, specialmente in una città sovraffollata come Hong Kong, e il software di riconoscimento facciale è abbastanza efficace), il loro punteggio sociale sarà ridotto a zero, il che significa che non saliranno mai più a bordo di un aereo o di un treno, non occuperanno mai più una posizione di responsabilità o di autorità e potranno solo sperare in una vita di ozio (se ricchi) o di lavorare in fondo alla scala sociale (se poveri).

Come altre tecniche americane di cambio di regime, siano esse militari o finanziarie, la metodologia della Rivoluzione Colorata non è più in grado di produrre i risultati previsti, vale a dire il rovesciamento dell’autorità legittima e l’installazione di un governo fantoccio. Ma, proprio come le altre tecniche, è ancora in grado di fare vittime. A tutt’oggi, l’establishment di Washington ha perso completamente l’iniziativa, sia a livello nazionale che internazionale. Le guerre commerciali sono state perse, le guerre delle sanzioni sono cadute nel ridicolo, le minacce di escalation militare si sono rivelate vuote. L’intero sistema finanziario americano è un morto che ancora cammina. Cosa possono sperare i Washingtoniani? Beh, possono ancora usare la metodologia della Rivoluzione Colorata per fomentare rivolte futili ed inutili e, nel farlo, rovinare molte giovani vite.

Dmitri Orlov

Fonte: lesakerfrancophone.fr
Link: https://lesakerfrancophone.fr/lautopsie-de-la-revolution-de-couleurs
15.08.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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