ALLONS ENFANTS A LA GUERRE

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Ritorniamo sul tema dei bambini, impiegati e reclutati, in svariati luoghi del mondo, per compiere azioni di guerra: sono circa 300mila i minori, di cui 120.000 in Africa, attualmente impegnati in conflitti del mondo, a quanto risulta dal Rapporto globale 2004 che esamina le tendenze e gli sviluppi a partire dal 2001 in 196 Paesi, presentato a Londra dalla Coalizione “Stop all’uso dei bambini soldato” (il fenomeno è dilagante e solo parzialmente valutabile viste le molte variabili legate alla tipologia di reclutamento, all’impiego effettivo dei piccoli eccetera) e il fenomeno non è affatto in diminuzione ed anzi in alcuni casi sia aumentato il reclutamento dei bambini, in modo massiccio, ad esempio, in Repubblica Democratica del Congo, Liberia, Costa d’Avorio e Colombia.

Si citano informazioni tratte da

Avvenire

e da
war news
Bambini e bambine mandati a combattere perché più “facili” da reclutare, da indottrinare, da “spedire” a morire.
Le rilevazioni più significative riguardano l’Afghanistan, l’Angola e la Sierra Leone: la fine della guerra, negli anni recenti, in questi tre Stati, ha portato alla smobilitazione di 40mila bambini. Un buon dato, non fosse che altri 25mila sono stati coinvolti nelle guerre in Costa d’Avorio e Sudan.
I veri colpevoli, secondo la Coalizione, restano i gruppi armati: sia i paramilitari filo-governativi che le forze di opposizione. Differenti, però gli “utilizzi” che le diverse formazioni fanno di questi piccoli. Ci sono bambini-soldato che vengono rapiti alle famiglie e mandati in prima linea. Succede in Sudan, per esempio, o in Congo, in Colombia. Nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo, gruppi armati hanno compiuto stupri e abusi particolarmente feroci contro i piccoli. Ci sono poi bambini che vengono addestrati in accademie militari legittimate, o arruolati legalmente, anche se non spediti in campo a combattere. La Coalizione denuncia 60 governi, tra cui quelli di Regno Unito, Australia, Austria, Germania, Olanda, che continuano su questa strada. Recentemente, il presidente Putin ha reintrodotto in Russia scuole militari in disuso da tempo.
Ci sono infine bambini che vengono addestrati alla guerra e che partecipano “legalmente” a operazioni militari perché così è stabilito dalle legislazioni dei loro Paesi.
Gli Usa in particolare, si legge nel rapporto, recluterebbero ogni anno circa 10mila ragazzi di 17 anni che entrano a far parte delle forze armate a pieno titolo.

LE BAMBINE

Per quel che riguarda il versante femminile, si fa riferimento allo studio “Where are the girls?” condotto dall’organizzazione canadese Rights & democracy sul ruolo delle bambine soldato in molti Paesi del mondo, concentrando l’attenzione sulle guerre di Mozambico, Uganda e Sierra Leone.

Il rapporto si basa su estese ricerche durate tre anni che concludono come spesso le giovani vengano coercite non solo come schiave sessuali, ma vengano anche addestrate ai combattimenti e partecipino attivamente ai conflitti.
Le bambine soldato sono presenti nelle milizie in almeno 55 Paesi del mondo ed in 38 Paesi partecipano attivamente ai conflitti.
In massima parte il reclutamento avviene con il rapimento, ma sono molte le giovani che finiscono per unirsi agli eserciti per reazione a violenze subite o spinte dalla ricerca di protezione, di cibo ed il necessario per sopravvivere.
La difficoltà a reperire informazioni sui numeri e sul dislocamento delle minori coinvolte pone un altro ordine di problemi: non essendo riconosciute come parte lesa dalla guerra non sono coinvolte nei successivi programmi di assistenza e recupero. Quindi i problemi per il recupero fisico e psicologico delle sopravvissute diventano molto difficili: malattie a trasmissione sessuale, una percentuale altissima ha contratto l’AIDS, forti traumi fisici e psicologici, difficoltà e spesso impossibilità di reintegrarsi nel tessuto sociale al quale sono state strappate.
Dyan Mazurana, ricercatrice, fornisce cifre drammatiche riguardo al destino delle giovani che hanno partecipato ai conflitti nei tre Paesi esaminati (Sierra Leone, Mozambico, Uganda): almeno il 30% durante il periodo di guerra è rimasta incinta, continuando a combattere anche durante la gravidanza e dopo. E la maternità costituisce un impedimento ulteriore al reinserimento: la comunità dalla quale la ragazzina proveniva rifiuta di accoglierla ed assisterla a causa del figlio illegittimo, a prescindere dal fatto che sia stato concepito con uno stupro.

La Coalizione “Stop all’uso dei bambini soldato” chiede ai governi di bandire ogni forma di reclutamento di persone al di sotto di 18 anni e di dare piena attuazione al trattato delle Nazioni Unite sui bambini soldato.

E noi non possiamo che sostenere quest’appello!!

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