Gilad Atzmon
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Il Segretario di Stato Mike Pompeo ha annunciato ieri che gli Stati Uniti stanno ammorbidendo la loro posizione sugli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Il Segretario Pompeo ha ripudiato il parere legale del Dipartimento di Stato del 1978, secondo cui gli insediamenti ebraici nei territori occupati sono “incompatibili con il diritto internazionale.”
È difficile capire se la mossa sia intesa a salvare la carriera politica di Benjamin Netanyahu o a far arrivare il sostegno della lobby ebraica al presidente Trump in un momento a lui critico. È ragionevole supporre che questa politica sia stata messa in atto per favorire entrambi gli obiettivi.
La dichiarazione di Pompeo è stata, prevedibilmente, accolta con favore dal Primo Ministro Netanyahu e denunciata dai funzionari palestinesi e da tutti quelli che ancora credono nella delirante Soluzione dei Due Stati. Proprio come il Segretario Pompeo, il sottoscritto è ben lungi dall’essere un esperto di diritto internazionale, ma sembra che il concetto di diritto internazionale sia abbastanza vago ed elastico da consentire al segretario di (mal)interpretarlo in modo radicale. Tuttavia, a differenza della maggior parte degli attivisti della solidarietà palestinese, considero Trump, la sua amministrazione e questa recente mossa uno sviluppo positivo.
Anche se involontariamente, Trump ha finalmente impegnato gli Stati Uniti alla Soluzione dell’Unico Stato. È difficile negare che il territorio tra il “Fiume e il Mare” sia un unico pezzo di terra. Condivide la stessa rete elettrica, lo stesso prefisso telefonico (+972) e lo stesso sistema fognario. Al momento questo territorio è governato da un’ideologia razzista, tribale e discriminatoria impersonificata da un apparato che si autodefinisce “Stato Ebraico” e che si autodichiara casa di ogni Ebreo del mondo; tuttavia, [questo apparato di governo] è abusivo, letale e alcuni direbbero genocida verso gli abitanti autoctoni della regione.
La mossa di ieri potrebbe regalare un po’ di tempo a Netanyahu ed evitare a Trump di essere sfrattato dalla sua attuale residenza, ma il suo maggior risultato è stato quello di inviare un chiaro messaggio ai Palestinesi: nella battaglia per la vostra liberazione siete soli. L’America non è un negoziatore, non lo è mai stata. Gli Stati Uniti, in questo conflitto, parteggiano per una delle due parti e non siete voi.
La dichiarazione di Pompeo ricalca in maniera disambigua la precedente decisione di Trump di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Il 6 dicembre 2017, il presidente Trump aveva annunciato che gli Stati Uniti riconoscevano Gerusalemme come capitale di Israele e aveva ordinato il trasferimento dell’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme. Senza dubbio, la mossa aveva guadagnato a Trump il sostegno della lobby ebraica in America e a Netanyahu il successo politico nello Stato ebraico; era anche stato un messaggio inequivocabile per i Palestinesi: non c’è nessuna prospettiva di una soluzione concordata e pacifica per la vostra sfortunata situazione.
Per i Palestinesi, la mossa ha anche smascherato la natura fuorviante e pericolosa del loro movimento di “solidarietà.” Le istituzioni ebraiche “anti” sioniste hanno intrapreso uno sforzo incessante per reprimere il Diritto al Ritorno dei Palestinesi e sostituirlo con alternative all’acqua di rose, come la “fine dell’occupazione” o il “diritto al BDS [Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni].” La mossa di Trump ha costretto i Palestinesi ad accettare il fatto di essere soli nella loro battaglia e che, dopotutto, il Diritto al Ritorno è il nucleo e l’essenza della loro triste condizione. Meno di quattro mesi dopo la decisione di Trump su Gerusalemme, il 30 marzo 2018, migliaia di residenti di Gaza si erano radunati al confine israeliano per chiedere il ritorno nella loro terra.
Quella maldestra decisione di Trump, presa per lo scopo politico immediato di ottenere il sostegno ebraico, ha prodotto come risultato il risveglio dei Palestinesi. Settimana dopo settimana, per quasi tre anni, gli abitanti di Gaza si sono recati a migliaia al confine con Israele per affrontare coraggiosamente gli spietati cecchini dell’IDF, i carri armati e gli aerei da caccia. Hamas deve un grosso ringraziamento a Trump, che è riuscito a rinvigorire e a unire i Palestinesi in un rinnovato spirito di indomita resistenza. Gli analisti e i comandanti militari israeliani ammettono che la situazione al confine con Gaza è praticamente fuori controllo. Concordano sul fatto che il potere di deterrenza di Israele è letteralmente un ricordo dei tempi passati. Come conseguenza, le organizzazioni della resistenza palestinese non esitano a lanciare azioni di rappresaglia contro Israele. La scorsa settimana, Israele è stato colpito, in soli due giorni, da una pioggia di 400 missili lanciati in risposta all’assassinio da parte di Israele di un militante palestinese della Jihad islamica.
La dichiarazione di Pompeo è un esplicito e necessario messaggio ai Palestinesi in generale e alla Cisgiordania in particolare: il conflitto non evolverà verso una soluzione pacifica. Quelli tra i Palestinesi che avevano sostenuto la “Soluzione dei Due Stati” ora dovranno nascondersi. Pompeo ha affermato che esiste una sola Terra Santa tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. D’ora in poi, la battaglia per questa terra contesa dovrà decidere se essa dovrà assoggettarsi all’ideologia discriminatoria e razzista implicita nella nozione di “Stato Ebraico” e della sua “Legislazione Nazionale,” o se si trasformerà in uno “Stato dei Suoi Cittadini,” come vuole il concetto di Unica Palestina.
Gilad Atzmon
Fonte: gilad.online
Link: https://gilad.online/writings/2019/11/19/finally-the-usa-supports-the-one-state-solution
19.11.2019