Quando i soldi puzzano

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DMITRY ORLOV
cluborlov.blogspot.com

La frase “pecunia non olet” (i soldi non puzzano) sembra sia stata coniata (scusate il gioco di parole) dall’Imperatore Romano Vespasiano, che aveva regnato dal 69 al 79. Generalmente, significa che il valore del denaro rimane sempre lo stesso, indipendentemente da come è stato ottenuto. (Questo andatelo a dire ad una unità anti-riciclaggio!). Vespasiano non aveva tutti i torti: il denaro che circolava a Roma era per lo più sotto forma di monete d’argento, il cui valore era determinato, più di ogni altra cosa, dal loro contenuto di metallo prezioso.

Ma, già da allora, la moneta romana stava iniziando un pochino a puzzare: nell’anno 64, l’Imperatore Nerone, aveva deprezzato il denario del 25% aggiungendovi del rame. Questo procedimento era continuato nel terzo secolo DC, epoca in cui un tipico denario era costituito per oltre il 50% da rame. Poi l’Imperatore Caracalla aveva introdotto una moneta da due denari, che però aveva solo il 75% del peso complessivo di due monete da un denario, un’ulteriore svalutazione del 25%. Non c’è dubbio che i legionari romani, che avevano il compito di proteggere le frontiere dell’Impero Romano dai  barbari sempre più numerosi e che venivano pagati con una moneta che perdeva costantenete valore, la considerassero veramente puzzolente, e agissero di conseguenza, come del resto facevano i barbari.

Arriviamo rapidamente ai nostri giorni e la moneta del regno è il dollaro americano. A differenza dalla moneta romana, che aveva perso il 75% del suo valore in poco più di tre secoli, il dollaro USA ne ha perso il 96% in uno appena. E’ stato, per un certo periodo di tempo, agganciato al valore dell’oro, ma la cosa era terminata nel 1970, dopo una massiccia corsa all’oro della riserva federale. Da allora non è stato agganciato a nulla, ma è stato sostenuto da diverse forze. La prima e più importante è la semplice inerzia (la maggior parte delle transazioni internazionali sono prezzate in dollati), seguita dalla minaccia di azioni violente contro chiunque decidesse di sottrarsi al sistema del dollaro americano (ne sono esempi l’Iraq e la Libia). Ma queste forze sono destinate ad indebolirsi con il passare del tempo. Dal momento che gli Stati Uniti costituiscono una porzione sempre più ridotta dell’economia mondiale e che altri partners iniziano a rivendicare quote sempre maggiori del commercio internazionale, l’inerzia si sta dissipando. E lo spauracchio della violenza contro la Russia, la Cina o anche l’Iran, non è particolarmente efficace, dal momento che tutti questi paesi sono perfettamente in grado di minacciare direttamente gli Stati Uniti.

Il dollaro americano puzza in diversi altri modi. Il più importante di questi è la condizione finanziaria terminale degli Stati Uniti in generale, che sono, secondo le stime più attendibili, una nazione in bancarotta, che riesce a sostenersi solo creando debito ad un ritmo sempre più accelerato. Non si fa neanche più finta di pensare che potrà mai essere ripagato, gli unici modi per uscirne passano attraverso la svalutazione o il default (o una combinazione dei due). Anche solo rinnovare il debito diventerà impossibile se i tassi di interesse ritorneranno nella loro media storica. Come ha detto Putin nella recente conferenza internazionale di Vladivostok, davanti ai capi di stato delle più grandi nazioni asiatiche, “questo è un problema senza soluzione.

Subito dopo vengono le sempre più onerose, dal punto di vista legale e normativo, regolamentazioni che riguardano le transazioni in dollari americani. Ogni scambio commerciale, di qualunque entità, dove vengano utilizzati dollari USA rientra automaticamente sotto la giurisdizione degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti ha, a sua volta, tratto vantaggio da questa mostruosità giuridica punendo i suoi rivali economici e geopolitici. La scandalo più recente riguarda le sanzioni che gli Stati Uniti hanno ritenuto opportuno imporre alla Cina per i suoi acquisti di sistemi d’arma da quelle aziende russe che, a loro volta, erano già state colpite da sanzioni. Alla Cina è proibito comprare armi fabbricate negli Stati Uniti, quindi non è neanche questione di danneggiare dei concorrenti, è solo la volontà di colpire senza guardare in faccia a nessuno, nel tentativo di impedire alla Russia di prendere il primo posto fra i venditori di armi (attualmente è la n° 2 dopo gli Stati Uniti). Aggiungeteci l’eterna minaccia di vedere congelati i propri fondi in dollari americani, in qualsiasi momento e con qualunque pretesto, e si capisce il perché ci siano tutte le ragioni per smettere di utilizzare il dollaro americano. Ma come?

La “dedollarizzazione” è un tema molto scottante nelle discussioni a livello mondiale. Un certo numero di paesi, in particolare Russia, Cina, Turchia e diversi altri sono decisi a dare inizio a transazioni commerciali in valuta locale, aggirando così il dollaro americano. Ma nel mondo sono in circolazione 180 valute diverse, tutte riconosciute dalle Nazioni Unite, e questo crea qualche problema. Fintanto che tutti intrattengono rapporti commerciali usando il dollaro americano, la risultante è un sistema hub-and-spoke (a raggiera), con il dollaro americano al centro. Per poter commerciare, tutti devono convertire in dollari le proprie valute e poi riconvertirle nuovamente. Dal momento che, di solito, è molto più costoso comprare dollari piuttosto che rivenderli, questo costituisce una sorta di “tassa sul dollaro” incorporata, che tutti devono pagare, mentre gli Stati Uniti si arricchiscono semplicemente rendendo disponibili i loro dollari. Questo non sembra poi così tanto giusto.

D’altro canto, utilizzare il dollaro americano comporta anche qualche vantaggio. Prima di tutto è denaro molto liquido: se avete bisogno di raccogliere in fretta una grossa somma in dollari, generalmente basta una telefonata, mentre con le valute minori può occorrere un notevole periodo di tempo e parecchi sforzi per raccoglire la cifra desiderata. Secondo, è abbastanza stabile, con una volatilità relativamente bassa in confronto ad altre valute, rendendo meno rischioso detenere dollari piuttosto che altre valute più ballerine. Infine, per un’azienda che operi sul mercato internazionale, mantenere un solo listini prezzi in dollari richiede molto meno lavoro che tenere aggiornati listini diversi per le varie valute nazionali.

In ogni caso, è logico pensare che, mentre i vantaggi che si avrebbero continuando ad usare il dollaro americano nelle transazioni internazionali sono in numero finito, i potenziali svantaggi sono incalcolabili: se gli Stati Uniti e il sistema del dollaro dovessero crollare in maniera catastrofica, il danno inferto a tutte le transazioni commerciali sarebbe anch’esso catastrofico. Sempre più nazioni si rendono conto di questo fatto e utilizzano i currency swaps (contratti finanziari derivati) ed altri mezzi per facilitare il commercio internazionale in valuta locale. Il problema qui è l’enorme complessità di un simile sistema. Se escludiamo il dollaro americano, il diagramma di rete delle valute mondiali diventa più o meno così, solo che, invece di pochi, di nodi ne sarebbero 180.

Un’alternativa sarebbe semplicemente quella di permettere alla Cina di gestire la situazione. E’ già la seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti, e la prima economia mondiale a parità di potere d’acquisto (i Cinesi guadagnano meno, ma possono permettersi di più degli Americani). La posizione finanziaria della Cina è quasi speculare a quella degli Stati Uniti: è l’esatto contrario della bancarotta, con ampi surplus e riserve valutarie e auree in costante aumento. Ma la Cina è tendenzialmente un attore cauto e preferisce un approccio graduale, rendendo poco probabile una sostituzione rapida del dollaro USA con lo yuan (renminbi) cinese.

Quando si trattano questioni che potrebbero alterare la stabilità dell’intero sistema finanziario globale, essere cauti e prudenti potrebbe sembrare una bella cosa. D’altro canto, potreste chiedervi, ma di che stabilità stiamo parlando? All’attuale, diversamente intelligente inquilino della Casa Bianca piace svegliarsi al mattino e iniziare un’altra guerra commerciale. Ha dato a diverse altre persone nell’ambito del governo americano l’autorità di imporre, da sole, sanzioni finanziarie a nazioni, società e individui, ovunque nel mondo. Il deficit federale degli Stati Uniti sta schizzando verso il trilione di dollari l’anno, e questo mentre si suppone che l’economia stia andando bene. Ma, naturalmente, non è così: ci sono quasi 100 milioni di disoccupati a lungo termine, l’inflazione (includendo il settore immobiliare, la scuola e la sanità) galoppa, la nazione è piena di stati e comuni in bancarotta, ecc. La disuguaglianza sociale negli Stati Uniti sta raggiungendo il livello in cui le nazioni tendono a deflagrare politicamente. La cosa forse più importante di tutte, la qualità delle elites al governo degli Stati Uniti, che era più che decente fino a qualche generazione fa, è diventata ora assolutamente disastrosa. Non è solo Trump ad essere intellettualmente sotto la media, lo sono tutti quanti. Faranno tutto quello che potranno per continuare a far credere che gli Stati Uniti sono ancora ricchi e potenti, fino a che non si spegneranno le luci.

Comunque, non sarebbe saggio lasciarsi prendere dal panico, perché, in una situazione di panico, chiunque viene spazzato via in fretta. Il giusto approccio alla dedollarizzazione è quello di lavorarci su, diligentemente, tutti i giorni, seguendo una strategia che minimizzi le perdite. Il collasso del sistema del dollaro americano non sarà, per la maggior parte delle persone al mondo, un’opportunità per far soldi. Sarà invece una scelta fra il perdere qualcosa e il perdere tutto, e io consiglierei la prima delle due. E così eccovi il pratico diagramma di flusso per la dedollarizzazione che ho realizzato. Se lo seguirete coscienziosamente, vi troverete, a tempo debito, completamente dedollarizzati. Lascio a voi decidere il grado di aggressività delle vostre azioni, in base alla vostra sensazione soggettiva sull’imminenza dell’evento.

Dmitry Orlov

Fonte: cluborlov.blogspot.com
Link: http://cluborlov.blogspot.com/2018/09/when-money-stinks.html#more
24.09.2018
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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