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La Redazione

 

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10 NO AI TERMOVALORIZZATORI

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A cura di Truman
Il 27 Febbraio 2005
191 Views
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NO ai crimini contro l’umanità, smentiamo le tante bugie sui termovalorizzatori!!!

Noi del SavutoAntagonista, a sostegno della popolazione di Campagna, continuiamo ad urlare i nostri

10 no ai termovalorizzatori:

1. nuocciono gravemente alla salute. Nelle complesse e spesso sconosciute reazioni chimiche di combustione, materiali leggermente tossici producono cancerogeni e derivati altamente tossici, come diossine e furani. Numerose pubblicazioni smentiscono la più grossa e pericolosa bugia: quella che i termovalorizzatori sicuramente non fanno male. L’esposizione al cadmio può provocare patologie polmonari ed indurre tumori. Il mercurio, sotto forma di vapore, è dannoso al sistema nervoso centrale ed i suoi composti inorganici agiscono anche a basse concentrazioni. Le sostanze contaminanti emesse da un inceneritore per via diretta o indiretta inquinano l’aria, il suolo e le falde acquifere. Nonostante i moderni sistemi di abbattimento riescano a limitare le dispersioni atmosferiche, gli inquinanti, per le loro caratteristiche di resistenza alla degradazione naturale, bioaccumulabilità e tossicità provocano progressivamente anomalie nell’ambiente e nella catena alimentare, fino a poter determinare la morte degli organismi esposti. Ricordiamo che l’uomo è l’ultimo anello della catena;
2. non sono i più economici sistemi di smaltimento. Sono impianti altamente costosi (almeno 60 milioni di euro) e a bassa efficienza. Il procedimento di inertizzazione prevede altissimi costi accessori. Infine non eliminano il problema delle discariche: nonostante la diminuzione di volume dei rifiuti prodotti, il destino delle ceneri e di altri rifiuti tossici prodotti è comunque lo smaltimento in discariche per rifiuti speciali, più costose e pericolose; inoltre sono i cittadini a pagare l’impianto e le ditte gestrici a beneficiare dei guadagni;

3. non costituiscono una soluzione all’emergenza. La costruzione richiede infatti almeno 4-6 anni di lavoro. Tra l’altro, l’emergenza è stata creata da quanti hanno visto e continuano a vedere nei rifiuti occasione di guadagno o di carriera. Possiamo alleggerire in modo pulito il carico dei rifiuti da smaltire (e con questi il guadagno e la carriera di certa gente), solo diminuendo drasticamente la produzione alla fonte di beni deperibili;

4. disincentivano la raccolta differenziata. Infatti se nella gestione dei rifiuti si preferirà la combustione alla raccolta differenziata, quest’ultimo sistema, che in Italia ha raggiunto percentuali irrisorie (17,4% della produzione totale nel 2001 e in Calabria appena l’1,8%), al di sotto degli obiettivi previsti dalla normativa vigente, sarà fortemente penalizzato;

5. non creano occupazione. La costruzione e l’esercizio di un impianto determina un livello occupazionale inferiore al personale impiegato nelle industrie del riciclaggio dei materiali pubbliche e private che potrebbe offrire dai 200.000 ai 400.000 posti di lavoro nell’Unione Europea;

6. non garantiscono un alto recupero energetico. Il risparmio di energia che si ottiene dal riciclare più volte un materiale o un bene di consumo è molto superiore all’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti. La plastica, che rappresenta circa l’11% in peso dei rifiuti urbani, è l’unica frazione merceologica la cui combustione è più vantaggiosa del riciclaggio: ciò è dovuto al suo elevato potere calorifico (ottimo per il processo di incenerimento) e allo scarso valore commerciale della plastica riciclata (un materiale plastico riciclato, infatti, può essere utilizzato una sola volta ed esclusivamente in applicazioni minori, come l’arredo urbano, fibre tessili e materiali per l’edilizia). Ma gli inquinanti più pericolosi emessi derivano proprio da essa;

7. gli apparecchi di misurazione non sono abbastanza sofisticati e sensibili da rilevare la presenza di sostanze tossiche all’uscita dei camini. Esse infatti sono diluite in enormi quantità di gas. Se invece si installano gli stessi apparecchi nelle vicinanze dei termovalorizzatori, per controllare l’accumulo di sostanze tossiche, è possibile rilevarne la presenza. Ciò è risaputo da quanti dovrebbero tutelare la salute pubblica e che ad oggi si sono sistematicamente opposti alla misura delle sostanze accumulate nei pressi (7 km) dei termovalorizzatori operanti, forse per evitare brutte sorprese;

8. ci preoccupa la possibile gestione non trasparente degli impianti. Infatti i criteri di trasparenza sono solo legati agli atti pubblici, invece studi di fattibilità, finanziati dalle società di raccolta rifiuti, e accordi politici “di scambio”, potrebbero eludere questi criteri. Il controllo dei progetti è effettuato da istituzioni pubbliche che non sono tenute in alcun caso a sottoporlo ai rappresentanti dei comitati ambientalisti. Anche ammesso che gli impianti fossero ritenuti pericolosi dai cittadini durante il funzionamento non esiste alcuno strumento giuridico in grado di fermare un impianto neanche per pochi giorni;

9. costituiscono un ulteriore inutile scempio ambientale. Con i termovalorizzatori la maggior parte dei rifiuti continua ad essere posta, invece che in una discarica di solidi, in una enorme discarica a cielo aperto: i rifiuti vengono immessi in atmosfera sotto forma di gas, le ceneri della combustione continuano ad essere poste in discarica e il percolato viene immesso nei fiumi, spesso senza alcun trattamento;

10. esistono soluzioni alternative sostenibili. Una politica ETICA di gestione che persegua obiettivi progressivi di prevenzione della produzione dei rifiuti, riutilizzo, riciclo e raccolta differenziata, in sintonia con la linea di intervento prevista dalla UE, potrebbe introdurre i rifiuti nel sistema economico come risorsa potenziale. Riciclare e “compostare” i rifiuti è un approccio più sostenibile rispetto a quello dello smaltimento in discarica o nell’inceneritore, può ridurre i costi di gestione e creare posti di lavoro. I programmi di riciclaggio andati a buon fine, seguiti dal trattamento meccanico biologico del rifiuto residuale, in città del Canada e dell’Australia hanno permesso la riduzione fino al 70% dei rifiuti urbani da conferire in discarica.

Fino a quando l’incenerimento sarà considerato come una soluzione alla crisi dei rifiuti, l’industria non sarà spinta verso la progettazione e la produzione di beni di consumo che non contengano sostanze chimiche tossiche o che siano difficilmente deperibili. Né si darà il via ad una politica etica di gestione dei rifiuti secondo cui questi potrebbero essere riutilizzati, riciclati e compostati in condizioni di sicurezza garantendo in tal modo una soluzione sostenibile ad un problema globale, in linea con una visione progressiva di
una società che non lasci in eredità rifiuti e inquinamento
.
ESPRIMIAMO LA NOSTRA CONTRARIETÀ A QUESTO NUOVO
CRIMINE CONTRO L’UMANITÀ E L’AMBIENTE!!!!!!
SavutoAntagonista Rogliano CS

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