Parla il professor Emilio Campos, vicepresidente della Società oftalmologica italiana:
“Professori scelti con criteri perversi, accordi tra commissari. La ricerca? pagata dalle aziende e gli articoli scritti dal personale delle case farmaceutiche”
Concorsi pilotati. Trasferimenti di ateneo concordati a tavolino. Assunzioni realizzate con “criteri perversi”, tanto le capacità dei docenti non contano. Specializzandi trascurati e usati come “tappabuchi”. Attività di ricerca “farlocca”: pagata dalle case farmaceutiche, è svolta dal loro personale per brevettare i prodotti, ma firmata dai docenti universitari “che così diventano esperti del glaucoma, delle maculopatie o di altro”. Ecco il j’accuse del vicepresidente della Società oftalmologica italiana (Soi), Emilio Campos, già ordinario di Malattie dell’apparato visivo nell’ateneo di Bologna e presidente della Commissione per la selezione dei candidati all’abilitazione scientifica nazionale (l’organismo che valuta i docenti in fieri di Oculistica).
In realtà, precisa Campos, “la mia analisi interpretativa delle gravissime criticità del reclutamento, della ricerca, della didattica e via dicendo, va oltre i recinti dell’Oculistica italiana e interessa anche il resto delle specializzazioni medico-chirurgiche”. La denuncia di Campos, che è stato anche direttore della Scuola bolognese di specializzazione, si trova nel sito web della Soi (che associa 4.700 dei settemila oculisti italiani). Ed è proposta in forma di sette video-lezioni che l’autore chiama “episodi”. Titolo: “Quale direzione sta prendendo l’Oftalmologia accademica italiana?”.
“Come credete che, nel corso degli anni, siano stati scelti i professori di Oftalmologia?”, chiede Campos. “Con criteri, consentitemi di dire, perversi”, risponde. “Le metodologie adottate per promuovere o bocciare un candidato docente in un concorso – argomenta – sono lasciate agli accordi tra i commissari più che alla valutazione delle capacità dell’esaminando”. “Per intraprendere la carriera universitaria – continua – bisogna, innanzitutto, dimostrare di essere un ottimo e fidato portaborse; in secondo luogo, bisogna essere lievemente meno brillanti del maestro per non oscurarne i meriti e, infine, non guasta essere figli o affini di un oculista o, ancora meglio, di un professore di Oftalmologia”.
“Ci sono docenti di ruolo che hanno fornito casistiche operatorie non veritiere”, accusa Campos. E, una volta scoperto il millantato credito, “sono rimasti al loro posto”. Come si può vincere un concorso? “Anche minacciando i commissari”. “L’intimidazione, purtroppo, funziona: il maestro di un candidato che annuncia un ricorso ha di fatto sempre avuto una sorta di potere di veto”. Comunque, precisa Campos, “non interessa ad alcuno selezionare un bravo oculista, ciò che conta è dimostrare il proprio potere sistemando tante persone fedeli”.
Campos affronta il tema dei concorsi anche dall’angolazione dei perdenti: “Quanti sono diventati specialisti nei ricorsi – argomenta – non si rendono conto che potrebbero essere oggetto di indagini penali con elementi probatori di peso notevole”.
E in quanto a ricerca e innovazione come stanno le cose in Italia? “Siamo contenti se riusciamo a mettere in atto terapie proposte dai nostri colleghi stranieri; da noi, l’Oftalmologia, da decenni, non fa progresso alcuno”. E gli oculisti? “I colleghi liberi professionisti e gli ospedalieri sono molto più propensi degli universitari a introdurre nuove metodologie di diagnosi e cura”.
Campos racconta anche come si decidevano fino a qualche anno fa trasferimenti e rimpiazzi nelle università: “Se un docente andava in pensione, sul posto liberato, al quale aspiravano più persone, si metteva in movimento una giostra, con scambi di sede tra vari professori che, alla fine, lasciavano libero il posto più periferico, quello meno ambito”.
“Questo meccanismo – continua Campos – è rimasto pressoché immutato dalla fine dell’Ottocento a tutti gli anni Settanta; ora le cose sono cambiate ma il criterio alla base delle scelte è rimasto: la qualità del docente è l’ultima cosa che interessa; quel che conta è la maggiore abilità del candidato a entrare in questa logica”. E gli specializzandi? “Sono considerati solo una forza lavoro in più che, gradita ai rettori e al personale affrancato dallo svolgimento di attività tediose, vengono utilizzati come tappabuchi”. E gli universitari? “Si sentono un casta, sono una lobby con grande senso di appartenenza”.
E la ricerca? “La cosiddetta ricerca”, precisa Campos.
“Negli ultimi anni è tutta farlocca: pagata dalle industrie farmaceutiche che hanno bisogno di dati da raccogliere per ottenere la certificazione dei loro prodotti e aprire canali speciali per la pubblicazione dei risultati conseguiti”. “Di questa ricerca, si fanno belli molti oculisti”, assicura Campos. “È un sistema utilizzato da tante aziende per creare degli opinion leader su temi specifici, dalla retina al glaucoma”. “Questa ricerca, però, è inutile: gli articoli pagati dalle ditte farmaceutiche, spesso vengono addirittura scritti dal loro personale anche se gli autori figurano essere gli oculisti che, in questo modo, diventano di volta in volta, esperti delle maculopatie, esperti del glaucoma, etc.”.
Tutto da rifare, insomma? “Qualcosa di buono si intravede”, osserva speranzoso Campos, “in alcune università italiane si comincia a guardare al merito e, allora, si chiamano dall’estero i docenti di chiara fama; è accaduto di recente a Trieste per la Chirurgia plastica e la Dermatologia, per esempio”.
Ci sono tensioni nella Soi? “Sì, come accade nelle migliori famiglie”. E qual è il pomo della discordia? “Sempre l’università: alcuni consiglieri della Soi avrebbero voluto destituire il presidente per utilizzare le stesse pratiche che si consumano nel mondo accademico”. Anche se, nel sito web della Società oftalmologica italiana, non mancano critiche dello stesso tenore rivolte al presidente da parte della componente universitaria.