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La Redazione

 

“RIVOLUZIONE” – Il film documentario

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Una versione non ufficiale del golpe antisovranista del 2011

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A cura di Davide
Il 17 Settembre 2018
277 Views

IL POLISCRIBA

alcesteilblog.blogspot.com

“Il mercato crede in noi, è già tornato ad investire nei Titoli di Stato italiani”
Mario Monti, annus horribilis 2011

Vi racconto una storia di ordinaria lucida follia finanziaria, una novella che potrebbe essere inserita in un Decameron postkeynesiano, una sceneggiatura dietrologica per un film che non si girerà mai, che di certo, un regista del calibro di Veltroni, non potrà fare a meno di rivoltarsi tra le mani in un azzurro giorno di fine estate, presso il Country Club la Macchia di Capalbio.
Una storia che si avvia quando l’ineletto Mario Monti, che d’ora in poi nominerò lo Psicopompo, planò nella sede di Bloomberg a New York, in quel lontano 2011, per placare l’avidità dei mercati (così inchiostravano i giornaletti nostrani) dichiarando, per i duri d’orecchio e di cervice: “A giudicare dall’andamento del mercato qualcuno deve aver già investito e penso che l’opinione che i mercati, così come le autorità degli altri governi, si stanno formando sulla serietà con cui l’Italia sta affrontando i suoi problemi, non possa che far aumentare l’atteggiamento positivo verso tutto ciò che è italiano, compresi i titoli di Stato”.
E sappiamo tutti come è andata a finire: il popolo ha scelto con regolari elezioni, dopo un settennato di totale blocco della democrazia, ad opera dell’unico partito che ancora si fregia del titolo di democratico (sic!), il duo Salvini-Di Maio.

In quei tempi, erano soprattutto i Titoli di Stato e di concerto il debito pubblico, l’oggetto delle contrattazioni borsistiche che fu messo nelle mani spietate dello Psicopompo, non era la nostra storia imprenditoriale, o il nostro saperci arrangiare tra i disastri economici indotti dall’asse europoide Parigi-Berlino, ad essere appetibile. Era un piatto gustoso, certo, per un lauto pasto di avvoltoi, perché del made in Italy, in quei nefasti giorni del 2011, non fotteva niente a nessuno, o meglio, si cercò di farlo affondare sotto cumuli di euroburocrazia come ancora accade e accadrà se non si tornerà a una sana politica protettiva.
Il Nostro Dracula consigliò mellifluamente all’amico Soros di continuare a farne incetta, di Titoli di Stato – come già fece presso la City, dalla sala macchine della Kpmg Llp, l’amministratore che gestì la bancarotta di MF Global in UK – lucrandoci sopra, da biscazziere consumato quale è sempre stato, cosa che Orban ha compreso benissimo e, per tale semplicissimo motivo, ha legiferato contro il suo “connazionale”, giudicandolo pericoloso e persona non gradita in Ungheria.
Memorizzate bene quella banca che oggi non esiste più, la MF Global, il cui fallimento fu subito riposto negli sgabuzzini dell’informazione corretta e neutrale di chi impose e impone tuttora il bavaglio ai sedicenti gombloddisti.
Lo Psicopompo, all’epoca del crack della suddetta, era perfettamente a conoscenza che le banche italiane, dopo aver ricevuto euro a palate dalla BCE, stavano compiendo uno sciacallaggio autorizzato dallo Stato… dai mercati, chiedendo in garanzia contro prestiti, ai nostri imprenditori, Titoli di Stato.
Soprattutto le banche sinistre, Etruria e MPS in testa, che si giocavano, attraverso brokeraggio scellerato, il sali e scendi dello spread che, se vi ricordate, sembrava destinato a sfiorare quote himalayane.
Giostra borsistica pericolosa sulla quale Soros e un personaggio minore, ma non marginale della storia che vi sto per raccontare, tale Corzine, volevano montare e non più scendere, amici che il Nostro fu ben lieto di incontrare a WallStreet in camera caritatis, uscito dalla quale si lasciò andare alle rivelazioni di cui sopra.
Probabilmente, il giochino assassino dello spread serviva allo Psicopompo per ripianare qualche personale linea di debito aperta con IntesaSanPaolo che gli affiancò volentieri quella sensibile donna che l’ironia popolare chiamava “femmina di coccodrillo” e che si divorò gli ultimi tranci di welfare-state, per poi inscenare, a reti unificate, un falso pianto che non pochi sciroccati di cerebro, un po’ a ragione, ne convengo, imputavano a una donna serpente, una rettiliana di altri mondi venuta per dominarci insieme alla sua casta squamata. Può essere una spiegazione.
Di sicuro lo psicopompo, un economista del suo calibro, cresciuto da “mamma santissima” Goldman Sachs, certe cose non poteva non conoscerle.
Ma veniamo alla strana storia del crack finanziario dell’istituto di brokeraggio MF Global, fallito in data 01-11-2011, giorno in cui, qui in Italia, del Nostro non si sapeva quasi nulla, forse perché più famoso altrove, l’ integerrimo patriota.
Chi è Jon Corzine?
Sicuramente un personaggio che il Monti conosceva benissimo.
Infatti, fu ex co-ceo di Goldman Sachs dalla quale si dimise dopo una cruenta battaglia interna, al momento giusto… ma forse era una farsa, incassando una fortuna nel 2001, denaro che gli permise di darsi alla politica.
Fu prima senatore e poi, nel 2006, governatore del New Jersey, sfruttando il sistema di porte girevoli che, dalle potenti istituzioni finanziarie, conduce direttamente al Congresso degli Stati Uniti e qui in Italia a Palazzo Madama o a Palazzo Koch.
Nel 2010 Chris Christie lo sconfisse duramente, nonostante Barack Obama avesse investito su di lui un gran capitale politico, per poi perdere prima il New Jersey e poi la faccia.
Qualcuno si vendicò? Lo Psicopompo non ne sapeva proprio nulla?
O c’è da sospettare che il Corzine sia stato usato come Cavallo di Troia per stampare la faccia di Monti sulla copertina del Time?
Al momento del fallimento, nella cassaforte di MF Global c’erano 6 miliardi e 300 milioni di carta: la metà in BTP italiani e 1 miliardo in bond spagnoli.
Nella notte del 31 ottobre 2011, la notte prima del Golpe italiano, Jon Corzine, casualmente, fece richiesta di ammissione alla procedura del Chapter One: si trattava di bancarotta, di un buco di oltre un miliardo di euro spariti nel nulla.
Sempre “casualmente”, la mattina del 1 novembre 2011, super Mario Draghi – co-autore con Trichet della “lettera segreta” spedita da Bruxelles con corriere espresso, a Roma, pubblicata in Italia il 29 settembre 2011; ex vicepresidente e membro del Management Committee Worldwide della Goldman Sachs – prendeva possesso della poltrona maxima della BCE, in mezzo alla bufera finanziaria che tutti i media allineati si affrettarono a definire, con grandi titoloni: “Un momento di estrema emergenza per i mercati europei”.
Chissà cosa voleva insinuare Cossiga su Draghi, quando si fece sfuggire in un’ intervista a UnoMattina: “Non si può nominare primo ministro chi è stato socio o lavora per la Goldman Sachs” … insinuazione derubricata come delirio senile.
Memorie video a parte, in quel lunedì nero di novembre 2011, le borse risposero all’ottavo enorme crack bancario americano – dopo l’evaporazione di Lehman Brothers nel 2008 – annegando in un profondo rosso, e lo spread dei BTP italiani sui bund tedeschi, schizzava a quota 410, per iniziare un’apparente, inarrestabile salita fino alle dimissioni di Berlusconi avvenute il 12 novembre, in seguito a due ore di colloquio con lo Psicopompo, promettendo, con un sussurro all’orecchio di Napolitano, dopo essere stato disarcionato in mezzo a via del Plebiscito, sotto lo scroscio tintinnante di alcuni centesimi di euro: “Non voglio costituire ostacolo”. (Bettino, da un metafisico Paradiso Fiscale, s’immedesimava nel poveretto …)
Oppure il motivo delle vere dimissioni del Cavaliere, erano da ricercarsi in MediolanumBank troppo esposta con Dublino, la ribelle di Lisbona, tanto che a -12% del valore azionario di Mediaset, il 10 novembre 2011, in un grigio pomeriggio tratto da un romanzo di Joyce, Ennio Doris gettava la spugna contro il suo amico fraterno, sociale e socio Silvio, dichiarando, con grande abilità pubblicitaria: “È evidente che quello che chiedono il mercato e l’Europa è un governo di transizione, guidato da un Presidente del Consiglio che abbia un grande prestigio sul mercato e che non sia né di centrodestra né di centrosinistra. Secondo me, e me lo auguro, questo dovrebbe essere lo sbocco di questa crisi”.
Sicuramente, il ridente Ennio pensava a Basilea3 e avrebbe voluto allegramente affermare: “Caro Monti, il Parlamento gira tutto intorno a te”, ma sarebbe apparso un tantino zelante e opportunista, visto che Silvio, probabilmente, gli aveva chiesto la cortesia di far credere che il numero uno fosse ancora l’invincibile uomo di Arcore, quando risultava chiaro, o almeno plausibile, che era stato il presidente della quinta banca nazionale con l’intero valore cassa depositato in Irlanda, per non pagare il fìsco, ad averlo scaricato, e senza una banca che conta e lo protegga, un Presidente del Consiglio può solo dimettersi. Può essere una spiegazione…
In conclusione di questa strana vicenda, che non troverete da nessun’altra parte se non in questo misantropo avamposto della controinformazione, il Nostro, ovviamente, non era al corrente di nulla, anche quando si decideva di decollare 3Monti l’antieuropeista, per averne solo uno, non certo per un’ improvvisa vocazione politica al risparmio, ma solo perché il senadur Bossi tuonava, dalla sua verde Salò: “Voglio le banche del nord, lo statuto speciale, la secessione fiscale e l’annessione della Padania alla Svizzera come cantone”. Sbruffonate che oggi non prende sul serio nessuno, tanto meno Salvini.
E poi Giulio, alla fine, era solo un commercialista, un umile contabile che non meritava una morte per caffè alla stricnina, mentre lo Psicopompo, si vociferava in Svezia, era già in odore di Nobel per l’Economia.

Fonte: http://alcesteilblog.blogspot.com

Link: http://alcesteilblog.blogspot.com/2018/09/una-versione-non-ufficiale-del-golpe.html

15.09.2018

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