DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero
Che cosa vuol dire con precisione “ruolo della cittadinanza attiva”?
E ancora più in dettaglio, qual è il senso di questa affermazione in una società post-moderna basata sull’egemonia mediatica dei significati, e soprattutto dei significanti?
L’estate scorsa, alla fine di un convegno estivo, incontrai una mia vecchia cara amica che non vedevo da parecchi anni. Stava insieme alla sua figlioletta, di 8 anni, che non conoscevo. Dopo i consueti salamelecchi affettuosi, la bambina si rivolse a me e mi chiese: “Signor Sergio, ma come si fa a essere una cittadina attiva? Ci sono degli esercizi speciali che bisogna fare fin da quando si è piccoli?”. Se è per questo ci sono degli esercizi speciali che bisogna fare anche da grandi.
E la cronaca della giornata di ieri ci offre uno spunto di riflessione, utile per tutti noi.
Esercizio n.1.
Ieri si commemorava la data del 12 novembre 2003, quando un commando suicida iracheno si fece saltare all’ingresso della base italiana dislocata a Nassyria, provocando la morte di 19 soldati italiani e di 9 iracheni. Così i fatti oggettivi vengono riportati ufficialmente su wikipedia:
Il 12 novembre 2003 (1) avviene il primo grave attentato di Nasiriyya. Alle ore 10:40 ora locale (UTC +03:00) (2), le 08:40 in Italia (3) , un camion cisterna pieno di esplosivo ( 4) scoppiò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit ) (5) italiana dei Carabinieri, provocando l’esplosione del deposito munizioni della base e la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Il Carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base “Maestrale”, riesce ad uccidere i due attentatori suicidi, tant’è che il camion non esplode all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, evitando così una strage di più ampie proporzioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo. Nell’esplosione rimase coinvolta anche la troupe del regista Stefano Rolla che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nasiriyya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica.
L’intera classe politica dirigente, ieri, si è spesa nel ricordare l’episodio attribuendogli una valenza ad alto impatto retorico, definendo l’evento (parole del Presidente Napolitano) “un atto di grande viltà”.
Non è così.
Non ci fu assolutamente niente di vile, secondo me.
L’uso del termine “vile” è fuorviante e come significante ha l’obiettivo di far pensare alle persone che i nostri carabinieri sono stati colpiti a tradimento. Il fine di questa manipolazione consiste nel far credere che la partecipazione degli italiani alla guerra in Iraq -così come quella di tutti gli altri- non aveva niente a che fare con il concetto di guerra, ma che era una missione di pace.
Era, invece, una guerra o lo è diventata, da subito.
In guerra, i codici vengono alterati e sono diversi da quelli civili.
La caratteristica della guerra consiste nel fatto che o uccidi uno sconosciuto oppure quello sconosciuto ucciderà te (un ricordo a Fabrizio De Andrè). Per salvare se stessi e i propri compagni, tutto è consentito, sia nella difesa che nell’attacco. E ci sono anche vittime civili, inevitabilmente. Ma ne restiamo sorpresi. Non esistono mezze misure nè compromessi, queste sono caratteristiche dei tempi e dei teatri di pace, dove vige il rispetto dei codici diplomatici, che rispondono a logiche, invece, civili, il cui compito consiste -per l’appunto- nell’evitare lo scoppio di una guerra. Per fortuna di tutti noi, due mesi fa ha prevalso a Washington, Mosca, Teheran, Gerusalemme, Londra, Pechino, Ryad, la logica diplomatica. E non siamo andati a bombardare i siriani.
Il governo americano, allora, siglò un patto di alleanza militare con diverse nazioni europee, tra cui l’Italia. Aveva consegnato per iscritto (quattro paginette) a Tariq Aziz, ministro degli esteri dell’Iraq, un ultimatum della durata di 48 ore, alla fine del quale si leggeva….”nel caso non ottemperiate alle richieste di cui al punto a, b, c e d, l’amministrazione Usa si considererà formalmente in stato di guerra nei confronti della vostra repubblica”.
E seguiva l’elenco delle nazioni alleate.
In Europa, la Francia si sottrasse rifiutandosi di essere coinvolta.
In quel periodo abitavo in Usa e quindi vissi l’evento dal loro punto di vista.
Si scatenò in America una campagna contro la Francia che coinvolse l’intera nazione. Non si parlava d’altro, 24 ore al giorno. Alla televisione parlavano vecchi soldati di 80 anni che avevano partecipato allo sbarco in Normandia il 5 giugno del 1944, i quali bruciavano davanti alle telecamere le bandiere tricolori francesi definendo il popolo dei Galli “ingrato e traditore”. Ci furono 19 interpellanze parlamentari nel corso delle quali si chiese (senza ottenerla) la rottura diplomatica con la Francia. In California (dove io abitavo) sulle vetrine di molti ristoranti e bar apparvero dei cartelli con su scritto “non serviamo ai tavoli cittadini francesi perchè il proprietario non ama i traditori della libertà” e accanto compariva il faccione di Jacques Chirac insieme a quello di Adolf Hitler. L’isteria dilagò, finchè non esplose a New York.
In Usa, il piatto più diffuso in assoluto è quello delle patatine fritte. In Inghilterra si chiamano “chips”. In America, invece, si chiamano “French fries” (frittura alla francese) perchè i coloni americani mangiavano le patate soltanto se erano cotte al forno finchè nello Stato della Louisiana, a metà del’700, i francesi introdussero le cosiddette patatine fritte. Da allora, è rimasto il nome, dovunque. A Manhattan, l’associazione commercianti dichiarò pubblicamente che “da oggi cancelliamo per infamia l’uso di questo termine, chi lo userà verrà considerato anti-patriottico; non esistono più le patatine fritte alla francese: la Storia le ha abolite”. Per settimane si dibattè, si litigò, ci si scontrò sulla definizione delle patatine fritte. Finchè un giorno, a Manhattan, il regista americano Woody Allen indisse una conferenza stampa (alla quale partecipai) nel corso della quale dichiarò, vado a memoria,”Amo le patatine fritte alla francese che per me sono il simbolo di Manhattan e della mia cultura. Mi vergogno di essere americano e di appartenere ad un paese così stupido e isterico come questo, che non mi merita. Da oggi ho deciso di trasferirmi con la mia famiglia a Parigi. Non girerò mai più un film in Usa fintantochè durerà questa immonda pagliacciata criminale. Farò film soltanto in Europa. Lascio Manhattan con la morte nel cuore ma con la vita pulsante nella mia coscienza intellettuale di libero artista”. E se ne andò via fino al 2009.
La Francia crollò in Usa anche e soprattutto in termini economici.
Mentre, invece, trionfò l’Italia.
Scomparve il vecchio stereotipo dell’italiano pizzettaro o mafioso, sostituito da quello di validissimi combattenti, perfettamente addestrati, coraggiosi, valorosi in battaglia. In televisione si susseguivano le interviste ai soldati italiani che ritornavano in caserma reduci da una impresa fortunata e gli italiani parlavano “normalmente” della guerra. Quando si verificò l’attentato a Nassyria, in tutti i quartieri italiani vennero issate bandiere a lutto. A San Francisco, Chicago, New York venne dichiarato un giorno di lutto nazionale e il carabiniere Andrea Filippa venne descritto come un eroe. Nessuno parlò di “atto vile”, ma si descrisse l’evento come un normale atto di guerra nel corso del quale gli italiani si erano distinti riducendo le perdite umane al minimo consentito in un teatro di guerra.
Così andavano le cose nel 2003.
Ma in Italia, gli italiani non lo sapevano.
Perchè agli italiani era stato detto che un gruppetto di carabinieri trallallero alla Don Matteo erano andati a svolgere una missione di pace.
Da cui la falsa attribuzione di “atto vile” a un normale atto di guerra.
Veniamo alla giornata di ieri, davvero interessante.
In parlamento, alla Camera dei Deputati, è stato ricordato l’evento.
Una eletta nelle fila del movimento a cinque stelle, circoscrizione Sardegna, l’onorevole Emanuela Corda, si è alzata e ha fatto un intervento.
Le sue parole hanno provocato reazioni diverse e contrastanti.
Non entro nel merito (dopotutto si tratta di un esercizio).
Sui social networks il suo intervento è stato presentato con ottiche diversissime.
Qui di seguito quattro esempi dei link più diffusi in assoluto:
Nassirya, Emanuele Corda (M5s) commemora il kamikaze, vittima anche lui
e poi
L’On.Emanuela Corda (M5S) giustifica l’attentatore kamikaze che uccise gli italiani a Nassirya (6)
e poi
M5s: Emanuela Corda sui kamikaze: ferma condanna al fondamentalismo (7)
e poi ancora
M5s: Emanuela Corda difende i terroristi a nome di Grillo.
In alcuni casi veniva presentato il video del suo intervento nel quale mancavano alcune frasi. In altri casi erano state aggiunte altre frasi.
Sui social networks, soprattutto su facebook che è la piattaforma più importante nel diffondere la chiacchiera del giorno di cui tutti parlano, quando si presenta un video con una scritta sopra, il più delle volte nessuno guarda il video ma si attiene alla didascalia che lo presenta.
Quindi, come si fa a sapere che cosa ha detto o non ha detto la Corda?
Ecco in che cosa consiste l’esercizio di cittadinanza attiva: si va a vedere su youtube la ripresa video del suo intervento, quella autentica, senza aggiunte e senza tagli. Si compie, quindi, un’azione (da cui l’aggettivazione “attiva”) senza far caso alla didascalia, nè a quella che la esalta nè a quella che la contesta. Dopo averlo visto ci si pensa su. Magari, se è il caso, lo si rivede un’altra volta, lo si studia e si ottiene una idea, un giudizio, una opinione, che è frutto della riflessione della propria mente, quindi è originale. Quando si partecipa, poi, al dibattito, si porta avanti la propria argomentazione magari citando la frase al minuto 1,23 o 2,41 inserita nel suo contesto generale.
Questo presuppone un meccanismo attivo.
Chi non lo vuole fare che stia zitto.
Qui di seguito, il link del suo intervento alla camera:
http://www.youtube.com/watch?v=dhvJhgW9MQM
in modo tale da poter avere una propria idea.
Il vantaggio, nell’essere “cittadini attivi”, consiste nel fatto che non si usano idee degli altri, oppure l’opinione di un passante che magari ha pigiato tre volte mi piace su dei nostri post e quindi abbiamo deciso, per puro narcisismo, di fidarci di lui o di lei.
Si usano le proprie idee, il proprio ragionamento.
Un cittadino attivo è una persona che cerca i dati oggettivi e si arroga il diritto di avere una opinione personale su quel fatto specifico.
Tutto qui.
Poi, sul forum, possiamo scambiarci le nostre opinioni al riguardo: se il suo intervento è stato bello o brutto, in linea con il progetto M5s oppure no, a favore della verità o a favore della menzogna, ecc.
Dedicato alla piccola Simonetta che ha 6 anni.
Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/11/una-riflessione-sullintervento-in-aula.html
13.11.2013
1) http://it.wikipedia.org/wiki/200
2) http://it.wikipedia.org/wiki/Tempo_coordinato_universale
3) http://it.wikipedia.org/wiki/Italia
4) http://it.wikipedia.org/wiki/Esplosivo
5) http://it.wikipedia.org/wiki/Multinational_Specialized_Unit
6) http://www.youtube.com/watch?v=c2iYqSMYpd4
7) http://www.youtube.com/watch?v=dhvJhgW9MQM>