Un bagno di sangue: Gaza il giorno dopo i cecchini

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DI ENNIO REMONDINO

remocontro.it

I soldati israeliani sparano su chi protesta nel Giorno della Terra che ha visto 20 mila palestinesi in marcia a Gaza «per il ritorno», verso il confine con Israele.
– Una strage annunciata da Tel Aviv.
– Convocata riunione d’urgenza del Consiglio sicurezza dell’Onu.
– L’Europa balbetta.

Di fronte a un atto simbolico che evoca l’idea del ritorno, l’uso della forza da parte israeliana è un messaggio ben chiaro: chi vuole attraversare la frontiera può essere solo un uomo morto’

Sedici morti e più di mille feriti nella Striscia, secondo il ministero della sanità. Bilancio, ancora provvisorio secondo fonti mediche di Gaza della protesta palestinese e della reazione delle forze della sicurezza israeliane al confine tra il sud della Striscia e Israele. La ‘Grande marcia del ritorno’ convocata da Hamas nell’anniversario dell’esproprio delle terre arabe per creare lo Stato di Israele nel 1948.
E la Grande Marcia si è aperta nella ‘Giornata della Terra’ che ricorda l’esproprio da parte del governo israeliano delle terre di proprietà araba in Galilea, il 30 marzo 1976. Le proteste dureranno fino al 15 maggio, anniversario della fondazione di Israele, per i palestinesi “Nakba”, la “catastrofe”, come la chiamano, perché molti furono costretti ad abbandonare per sempre case e villaggi.

Gaza, cronaca di guerra

L’esercito ha aperto il fuoco in più occasioni con colpi di artiglieria, munizioni vere e proiettili di gomma vicino alla barriera di sicurezza davanti a cui hanno manifestato 17 mila palestinesi. Dalla folla sono stati lanciati sassi e bottiglie molotov verso i militari.
Il contadino e il carro armato. Di primo mattino il colpo di artiglieria di un carro armato aveva ucciso Omar Samour, un agricoltore palestinese di 27 anni che era entrato nella fascia di sicurezza istituita dalle forze armate israeliane. Testimoni hanno raccontato che si trovava su terreni vicini alla frontiera e un portavoce dell’esercito ha spiegato l’episodio parlando di “due sospetti che si sono avvicinati alla barriera di sicurezza nel sud della Striscia di Gaza e hanno cominciato a comportarsi in maniera strana”, e i carri armati hanno sparato contro di loro.

Tra ‘tiratore scelto’ e cecchino

Nel resto delle giornata, una sorta di tiro a segno, di cento ‘tiratori scelti. L’esercito israeliano ha precisato di aver preso di mira “i principali istigatori” delle proteste violente e ha ribadito che non verrà permesso a nessuno di violare la sovranità di Israele superando la barriera di sicurezza e per questo ha anche schierato un centinaio di tiratori scelti. Secondo il generale israeliano Eyal Zamir, l’esercito è intervenuto perché ha “identificato alcuni terroristi che cercano di condurre attacchi, camuffandosi da manifestanti”. Zamir ha chiesto ai residenti palestinesi di stare lontano dal confine e ha accusato Hamas di essere responsabile degli scontri in corso.
Le manifestazioni sono partite da sei punti dell’arido confine tra Gaza e Israele, lungo una cinquantina di chilometri, una zona militare chiusa attorno alla Striscia di Gaza dove ogni attività anche agricola deve essere preavvertita e autorizzata.

‘Marcia del ritorno’ letta da un ebreo

Zvi Schuldiner, intellettuale ebreo dissidente sul Manifesto scrive (articolo QUI) di un tensione palpabile già da settimane a Gaza. Inaccettabile «la marcia del ritorno». Con un forzatura biblico politica da parte del sionismo -rileva Zvi- che proponeva «il ritorno alla terra dopo l’espulsione» quasi duemila anni prima. Il ritorno buono e quello cattivo, contro sui sparare. Il ritorno non ammesso in Israele, di quegli arabi che furono espulsi dalle loro case o decisero di fuggire nel 1948. Dalla storia alla cronaca, anche se nella contesa Terra santa il distinguo non è sempre facile.
I 343 chilometri quadrati della Striscia di Gaza nella quale due milioni di palestinesi vivono in miseria e sulla soglia di un’enorme crisi umanitaria, sono circondati da una zona militare chiusa che però non è ermetica, tanto che frequentemente alcuni palestinesi riescono ad attraversarla.

Monito
Dopo un lungo periodo di «quasi silenzio» del mondo intero, durante il quale solo proteste sporadiche hanno fatto ricordare agli israeliani che non possono continuare a dominare milioni di palestinesi senza diritti, ora la frontiera esplode.
È un nuovo giorno della terra e il sangue versato è un’avvisaglia di conseguenze più gravi se non si prenderà una nuova strada.

 

 

Ennio Remondino

Fonte: www.remocontro.it

Link: https://www.remocontro.it/2018/03/31/gaza-strage-il-giorno-dopo-i-cecchini/

31.03.2018

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