Solido apparente, mostra di Andrea Cereda

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Di Claudio Vitagliano per ComeDonChisciotte.org

Siamo stati all’inaugurazione della mostra di Andrea Cereda presso LEOGALLERIES a Monza in via de Gradi 10, mostra che si protrarra’ fino al 30 marzo.

Diciamo subito che ci ha sorpreso il suo cambio di passo. Lo incontrammo infatti l’anno scorso, nell’occasione dell’intervista pubblicata poi sul nostro portale ComeDonChisciotte, e possiamo affermare che la sua produzione ha subito una trasformazione piuttosto evidente.

Intanto, è da rilevare l’alta qualità del livello di esecuzione delle opere in esposizione, una qualità di cui ormai nell’arte contemporanea non si preoccupa quasi più nessuno.

Salta poi all’occhio che le sculture di Andrea sono diventate quadri. Oppure, volendo essere meno precisi ma più aderenti al vero, potremmo definire le opere presenti in questa mostra, dipinti apparenti, oppure apparenti sculture.

Egli gioca su più piani, lasciando all’osservatore un ampio perimetro di senso in cui poter dispiegare la propria immaginazione.

Le strutture in ferro dipinte, pur alludendo ad una forte volontà di ordine e organizzazione, sono per un certo verso “ volatili “, diremmo quasi ; gioiose…ma non troppo.

Formalmente parlando, le sue appliques, sono accostabili a nostro parere, sia a Mondrian che ai bassorilievi del nostro rinascimento. Può sembrare azzardato quest’ultimo parallelo, ma se pensiamo che tutti gli artisti del cinquecento italiano erano un pò teorici, un po’ pittori e un pò costruttori, il paragone perde il suo carattere astruso.

A questo riguardo, alcuni studi sui testi di Zigmunt Bauman, ci fanno venire in mente addirittura quelli di Leonardo Da Vinci.

La sua opera dunque, non è più connotata da quel carattere selvaggio dovuto al grande utilizzo di materiale di riciclo che ha messo in campo con le installazioni, ma si è convertita ad un più “civile” fare da studio.

E’ scomparsa anche quella urgenza gridata di interpretazione della drammaticità della vita nella sua repentinità e crudezza.

Insomma, le sue opere hanno perso il loro alto peso specifico, per acquisire una leggerezza che ci lascia immaginare una nuova e più pacifica visione della realtà.

A ben guardare però, non è proprio così.

In effetti, la sua arte si è fatta più “infida”, e per afferarla ci chiede di infilarci in un labirinto semiotico.

Con le sue ultime opere ci avventuriamo su un terreno scosceso, in cui l’arte si fà linguaggio liquido, sabbie mobili per ogni tentativo di esegesi a buon mercato.

Avvertiamo la razionalità del calcolo che spinge la mano del nostro artista a muoversi con fermezza nell’atto di piegare il metallo grezzo, ma nello stesso tempo, sentiamo anche il suo bisbiglio nel dirci che vuole raccontare altro.

Diciamo pure, che i lavori presenti in questa mostra, provano il fatto che ad un incrementato tasso di concettualità, non debba per forza corrispondere sempre, proporzionalmente, una soffocata fruizione dell’opera a causa di un corto respiro lirico.

Il tema è sempre lo stesso : l’uomo e la sua vita interiore.

“Solido Apparente”, ci apre davanti un mondo in cui il senso dobbiamo andarlo a cercare, in un gioco di specchi tra ciò che vediamo e ciò che percepiamo.

Parliamo, se non ci sfugge il messaggio di Andrea, della fatica di vivere un dualismo sempre difficoltoso da controllare ma con il quale dobbiamo comunque convivere. Tra ciò che siamo e ciò che vogliamo sembrare è un tiro alla corda che quasi sempre ci vede scissi in due.

Nel mondo che ci siamo costruiti, ( e per tale motivo dovremmo eternamente recitare il mea culpa ), ogni fremito di verità che pur ci possiede di tanto in tanto, è uno spiraglio offerto al prossimo per poterci “comprendere” ; cosa assolutamente non auspicabile.

Cereda, ci pone davanti a noi stessi. Le sue opere sono la messa in scena di quella ambivalenza di cui ci siamo dotati per sopravvivere in questo universo esasperatamente mutevole.

 

Il mondo liquido di cui parla Bauman, da cui Andrea prende ispirazione per alcuni lavori, genera il moto perpetuo delle coscienze, perennemente alla ricerca di ancore a cui aggrapparsi, per non lasciarsi trascinare dal vortice della modernità. Una modernità d’altro canto, raccontata soprattutto dai media, come in perenne evoluzione, anche se la ragionata osservazione della realtà ci porta a tutt’altre conclusioni.

Infine, quel che più di ogni altra cosa si evince dalla mostra, ma anche da tutta l’esperienza precedente del nostro protagonista, e che a noi piace infinitamente, è l’onestà con cui porta avanti il mestiere d’artista. Egli pratica l’arte nella sua forma primigenia, nel modo più ingenuo ma anche più genuino. Non cogliamo nessun ammiccamento alle mode estemporanee e nessun desiderio di cedere alle tentazioni di un mercato dell’arte che toglie fiato all’ispirazione e massifica ogni cosa. Ispirazione che evapora proprio per il motivo che tale mercato, chiede sempre di assoggettarsi a paradigmi quasi sempre estranei alle poetiche originali di chi decide di accedervi. Andrea, questo lo sa bene. Di conseguenza, egli mette semplicemente in mostra, con convinzione e perseveranza, la sua visione del mondo, utilizzando l’abecedario a lui più congeniale, senza subire alcun condizionamento di sorta.

 

Volendo citare il filosofo Byung-chun Han, i lavori che realizza, sono cose del cuore, e cioè quelle cose che parlano e ci riempiono gli occhi e la mente e di cui, non potremmo separarci se non con molto dispiacere.

Di Claudio Vitagliano per ComeDonChisciotte.org

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