DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
Fu Gola Profonda (Mark Felt) a pronunciare la famosa frase «follow the money», divenuta la chiave di volta di tutte le inchieste giornalistico giudiziarie … e Gola Profonda era per precisione l’informatore segreto di Bob Woodward e Carl Bernstein, i due reporter del Washington Post che scrissero «All the President’s Men», sullo scandalo Watergate.
Lo stesso slogan si adatta perfettamente anche alla Lega del nuovo Salvini, il partito parallelo nato per seppellire il vecchio Carroccio, su cui pendono sequestri e confische.
Infatti il nuovo soggetto politico sembra nato ad hoc per evitare casini giudiziari, non solo per la Procura di Genova, che ancora sta dando la caccia agli oltre 40 milioni di rimborsi elettorali che la Lega Nord è costretta a restituire (condannati per truffa allo Stato Umberto Bossi e Francesco Belsito), ma anche per i compagni di merende leghisti.
Salvini infatti, nei panni di segretario della «Lega Nord per l’indipendenza della Padania» ha cambiato la denominazione del simbolo in «Lega per Salvini premier», con cui ha presentato le liste elettorali di marzo per le Politiche. Nel frattempo, in gran segreto, ha fondato un nuovo partito proprio con il nome «Lega per Salvini premier» con il quale darà poi vita ai gruppi parlamentari nella prossima legislatura.
Lo Statuto del nuovo partito è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale a dicembre ed è stato già depositato al Senato grazie all’amico Roberto Calderoli, quello della legge elettorale una «Porcata pazzesca».
L’autore del Porcellum, esperto maneggione di leggi incostituzionali, ha lasciato il gruppo di Palazzo Madama della Lega Nord, con la quale era stato eletto nel 1994, per iscriversi al Gruppo Misto, in attesa di approdare al nuovo gruppo parlamentare.
Un primo immediato vantaggio, i soldi raccolti attraverso il «due per mille», unica forma di finanziamento riconosciuta ai partiti dopo l’eliminazione dei rimborsi elettorali, finiranno così nelle casse del nuovo soggetto.
Però il tribunale di Genova, non avendo alcuna intenzione di rinunciare al malloppo milionario estorto allo stato, ha già disposto la confisca di 48 milioni dai fondi del partito e bloccato tutti i conti, anche quelli delle segreterie territoriali riconducibili alla Lega Nord. Lo stesso Salvini aveva tuonato al tempo «Per la prima volta nella storia della Repubblica, i giudici stanno bloccando l’attività di un partito politico, è un attacco alla democrazia».
La Lega quindi, secondo la sentenza di primo grado del tribunale di Genova, avrebbe truffato lo Stato italiano e danneggiato i contribuenti, perciò il tribunale ha autorizzato il sequestro cautelativo prima della sentenza definitiva di ben 48 milioni e 900mila euro. La cifra così ingente deriva da un calcolo legato al finanziamento pubblico dei partiti.
Salvini leader però ha espresso subito il sospetto di una manovra orchestra per colpire il suo partito quando «E’ in crescita nei sondaggi», perché «C’è una scheggia della magistratura che fa politica e vuole mettere fuori legge la Lega, vogliono farci fuori, metterci nelle condizioni di non esistere».
Non è più il tempo delle ampolle del fiume Po illuminato dal Sole delle Alpi, la Lega ora preferisce l’oblio, così nessuno si ricorda più della storiaccia legata al nome dell’ex tesoriere Francesco Belsito, accusato di frequentazioni poco raccomandabili e soprattutto di aver trasformato i soldi dei rimborsi elettorali in investimenti a Cipro e in diamanti della Tanzania.
Inoltre il segretario felpato aveva revocato la possibile costituzione di parte civile nel processo, forse per non «intasare i tribunali andando a chiedere quattrini che certa gente neppure li ha, in ogni caso noi non possiamo spendere soldi e perdere tempo in cause che durano anni». Dunque gli avvocati del Carroccio erano usciti da tutti i dibattimenti, non avevano fatto più domande, non hanno fatto valere la voce del partito e soprattutto non hanno tentato di recuperare il maltolto, ai danni del partito. Lo stesso Roberto Maroni era caduto dalle nuvole. Nuvole padane naturalmente.
Eppure Salvini stesso aveva detto in precedenza «Noi vogliamo soprattutto pulizia e trasparenza e chi non è in grado di garantirli esce dalla Lega», e aveva ulteriormente rassicurato «Tutti in Lega vogliono trasparenza e pretendono chiarimenti su qualsiasi centesimo di euro usato. Ci fidiamo uno dell’altro ma se qualcuno abusa di questa fiducia si butta giù dalla finestra». Un anno dopo Belsito veniva arrestato, ma Salvini imperterrito «Per fortuna è soltanto una pagina, una brutta pagina, di un passato che non ritornerà» giurava quel giorno su Facebook.
Immediatamente dopo il fattaccio si tenne a Bergamo la Serata dell’Orgoglio Leghista, dove le immagini di un Popolo ferito ma pronto a reagire subito con coraggio e orgoglio, cercavano di sedare la rabbia per l’onta ricevuta, di essere considerato un partito di corrotti.
Finora però dei 48 milioni i giudici ne hanno recuperati solo due, il Carroccio ha presentato ricorso e si è visto riconoscere quella che tecnicamente viene definita una «confisca diretta», ma poi la procura di Genova si è opposta e al momento si attende la pronuncia della Cassazione che potrebbe invece stabilire una sorta di confisca perpetua dei fondi fino al raggiungimento della cifra effettivamente dovuta. L’ultima entrata garantita sarà quella del 2 per mille assegnato alla Lega nell’ultimo anno: 1,9 milioni di euro. Poi ogni trasferimento finirà nelle casse del nuovo partito.
Ma l’equilibrismo di Salvini potrebbe crollare miseramente, perché oltre al fatto di essere contemporaneamente segretario di due partiti (vietato dall’articolo 3 della legge 13 sui partiti del 2014), sta utilizzando il simbolo in un altro partito, senza averne mai ottenuto espresso consenso.
Come spiega Gianni Fava, attuale assessore regionale del Carroccio e membro del consiglio federale di via Bellerio «Io cado dalle nuvole, ricordo bene perché ero presente e ho votato contro, che ci ha chiesto esclusivamente di modificare il simbolo, certo non di poterlo usare con un altro movimento. Ancora aspetto la ratifica del verbale di quella seduta e scopro che c’è un nuovo partito, non ne sapevo nulla».
Però anche Roberto Maroni ne era all’oscuro, così come molti parlamentari. Ora nel consiglio federale del nuovo partito siedono tutti vertici sia della vecchia sia della nuova Lega, e insieme al doppio segretario Salvini, anche Centemero, Calderoli, Giancarlo Giorgetti e l’eurodeputato Lorenzo Fontana. Ma a far saltare il banco, basterebbe anche solo un ricorso di qualche vecchio leghista.
Dieci giorni fa, infatti, un candidato in lista alle primarie dello scorso maggio ha denunciato il leader di non aver rispettato lo statuto. L’esposto è stato ritenuto fondato dalla Procura di Milano e l’udienza è stata fissata per i prossimi giorni. Nel caso Salvini dovesse perdere, le primarie sarebbero annullate e segretario diverrebbe lo sfidante Gianni Fava. Tutto ciò a pochi giorni dalla scadenza per la presentazione delle liste.
Comunque eventualmente le cose si complicassero potranno sempre ricorrere ad un grande avvocato, quella Giulia Bongiorno, anche lei novella candidata, che nel famoso processo a difesa di Giulio Andreotti continuò a sbandierare ai 4 venti la totale assoluzione del suo assistito, con urla raggianti di felicità … in verità le sue affermazioni non combaciavano certo con la verità della sentenza che il presidente della Corte di Appello di Palermo aveva letto in aula, otto semplici righe che testualmente dichiaravano commesso il reato fino alla primavera del 1980, ma estinto per prescrizione.
Così come hanno sostenuto con dovizia di particolari anche Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte nel loro libro «La verità sul processo Andreotti». Il primo è stato giudice istruttore a Torino prima e poi a capo della procura di Palermo, mentre Guido Lo Forte fu pubblico ministero a Palermo, e procuratore capo a Messina.
Oppure quando da perfetta paladina della verità giudiziaria, fece assolvere Amanda Knox e Raffaele Sollecito, nel processo sull’omicidio Meredith, mentre l’unico condannato rimase Rudy Guede, forse perché squattrinato, nero e privo di tutele milionarie.
Matteo Salvini infatti sembra rivestire i panni del perfetto populista, quando dice «la Lega si schiera con tutta l’Italia» e poi candida proprio Giulia Bongiorno, l’avvocato dei ricchi e dei potenti. Per non palare della Flat Tax, la tassa del Robin Hood ciecato, orbo e guercio, che ruba ai poveri per dare ai ricchi.
Cosa ne dice il prof Alberto Bagnai, che ha appena reso nota la sua candidatura nelle file del nuovo partito leghista? Soddisfatto del curriculum vitae del suo segretario? Fiducioso della specchiata lealtà del suo leader felpato?
Del resto nulla di nuovo sotto il sole, lo aveva detto anche Machiavelli, nel cap.XVIII del Principe:
«Essendo adunque un Principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quella pigliare la volpe e il lione; perchè il lione non si defende da’ lacci, la volpe non si defende da’ lupi. Bisogna adunque essere volpe a cognoscere i lacci, e lione a sbigottire i lupi. (…) Di questo se ne potriano dare infiniti esempi moderni, e mostrare quante paci, quante promesse siano state fatte irrite e vane per la infedeltà de’ Principi; e a quello che ha saputo meglio usare la volpe, è meglio successo. Ma è necessario questa natura saperla bene colorire, ed essere gran simulatore e dissimulatore; e sono tanto semplici gli uomini, e tanto ubbidiscono alle necessità presenti, che colui che inganna, troverà sempre chi si lascerà ingannare».
Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org
25.01.2018