Altri sette, lunghissimi anni… è stata l’elezione della massima carica dello stato più grottesca della storia italiana. Don Sergio, che tutto voleva tranne che passare altri sette anni a eseguire gli ordini del Bilderberg, alla fine è stato costretto a concedere il bis. Draghi, dobbiamo dirlo, ci ha provato, aveva dato il suo diktat: o me al Colle e un mio uomo a palazzo Chigi, o cade il governo. Ma stavolta, per un rigurgito di libertà o forse perché far colonizzare ai “tecnici” tutte le massime istituzioni italiane sarebbe stato davvero troppo, il parlamento non c’è stato. Herr Mario dovrà accontentarsi della botte piena, ma la moglie ben lucida, a ricordargli che al drago si obbedisce fin quando le vecchie caste hanno la garanzia di pappatoria: e anche Don Sergio si è dovuto decidere, dopo ben sette fumate nere.
Come al solito, lo spettacolo più triste lo stanno dando i media: immediatamente obliterata tutta la cagnara che ha preceduto la ripiegatissima fumata bianca, adesso è tripudio. Cinque minuti di applausi, giovani all’esterno che gridavano “Viva Mattarella!”. “Parole che si scolpiranno nella storia e nel nostro ricordo”, ha definito la conduttrice del TG1 Monica Maggioni il lapidario (neanche tre minuti) e visibilmente affannato discorso tenuto da Don Sergio “è stato un privilegio ascoltare le sue parole”. Non c’è che dire, questa elezione conferma lo stato della democrazia italiana: ai minimi termini, se non fosse per la lunghezza delle lingue dei giornalisti di regime.
MDM 29/01/2022