Prove tecniche di Eurafrica

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Di Marcello Veneziani

Il sogno della sinistra umanitaria, radicale e cattolico-progressista è l’Eurafrica. Ossia un continente unificato dai flussi migratori e da una parola-chiave: accoglienza. Non esistono clandestini ma ogni essere umano ha diritto di vivere dove vuole, senza limitazioni. Il progetto è una società inclusiva dove quel che conta è la volontà assoluta dei singoli; non i popoli, non gli stati, non le società, non le civiltà.

Facciamo allora una simulazione di scenario, ipotizzando che siano davvero adottate su larga scala queste politiche d’accoglienza, e che siano raccolti da masse sempre più cospicue di africani e del mondo intero, gli inviti a venire da noi, previo cocktail di benvenuto con festa e ballo a Lampedusa. Non ragioniamo in termini di flussi giornalieri, e nemmeno solo a livello nazionale. Ragioniamo su ciò che accadrebbe, seguendo queste premesse, nell’arco di pochi anni a livello europeo. Per indicare un traguardo simbolico, i 450milioni di europei sarebbero circondati, invasi e sostituiti da 450 milioni di africani, arabi, asiatici e sudamericani.

Cosa accadrebbe? L’Europa sparirebbe, gli europei sarebbero una minoranza in casa loro, franerebbero tutti i sistemi sociali, previdenziali, sanitari, fiscali che già se la passano abbastanza male. Esploderebbero guerre civili, conflitti interni, violenze di piazza, assalti alle residue popolazioni benestanti; discriminazioni, persecuzioni e barriere. Vivremmo in un mondo decomposto, incattivito, impaurito e alienato, che completerebbe con una radicale accelerazione la distruzione della civiltà e delle sue strutture sociali e vitali. In più avremmo peggiorato i destini dell’Africa e non avremmo risolto i problemi del mondo: perché se all’Africa togli un terzo della sua popolazione, la parte più dinamica e vitale, la fai sprofondare di più nella miseria e nell’oppressione. E se ciascun abitante del pianeta ha diritto di vivere dove desidera, accogliendo “solo” mezzo miliardo di migranti su sei miliardi di potenziali aspiranti hai lasciato nella miseria più dei nove decimi del pianeta. Cioè hai sfasciato molto a livello locale e non hai risolto nulla a livello planetario. Perché sono leggi fisiche: il piccolo non può contenere il grande, il nano non può caricarsi sulle spalle il gigante, se spartisci ricchezza dividi solo la povertà. A questo punto è più realistico adoperarsi perché, come dice perfino il dem Biden (dem sta per democratico, non per demente), si possano davvero aiutare a casa loro, anziché pretendere di sventrare la loro casa, invadere la nostra e rendere un inferno la vita di tutti. Aiutare a casa loro vuol dire adoperarsi perché si creino sul posto le condizioni per migliorare la vita, le possibilità di lavoro, le strutture e le abitazioni.

La logica che muove la sinistra radicale, ma anche i pretini sfegatati dell’inclusione, presidenti inclusi, è la stessa del comunismo: colpire la ricchezza col fine di allargarla ma col risultato di estendere la povertà. Ogni spartizione egualitaria non allarga il benessere ma estende la miseria (salvo nicchie di privilegiati nascosti). E disincentiva ogni molla a produrre benessere, perché meriti e fatiche non contano in una logica solo distributiva, da reddito di cittadinanza. E se non possono esserci differenze tra cittadini e stranieri, perché dovremmo negare redditi di cittadinanza e assistenza sanitaria a coloro che hanno il solo torto di non essere italiani o europei? Se lo scenario non è ancora questo, è perché stiamo ancora nell’ordine delle migliaia di arrivi; ma se passiamo ai milioni di arrivi, e l’incoraggiamento a venire li fa aumentare, la situazione precipita.

Allora facciamo una previsione: se non intervengono fattori ora imprevisti, e se nessun governo – destri inclusi – adotterà nessuna vera politica di contenimento e di respingimento, il risultato sarà che alla fine saranno costretti a farla sotto emergenza, in modo tardivo e cattivo, perché la cruda realtà si mangerà i dolci propositi. E le possibilità di riuscire nell’impresa saranno via via più difficili, man mano che passa il tempo. Così si sfascia del tutto il sistema Europa, oltre che la civiltà europea, gli Stati europei, l’unione europea.

Che vuol dire prendere le misure? Vuol dire che gli unici flussi migratori consentiti devono essere individuali e regolari, non attraverso mezzi e ingressi clandestini, ma previo domanda dai luoghi di partenza e accettazione nei luoghi d’arrivo e di smistamento. Gli altri afflussi vanno impediti, possibilmente sul nascere, comunque nelle più immediate vicinanze dei punti di partenza, con uno spiegamento europeo di posti di blocco e guerra agli scafisti.

Visti i numeri e le proporzioni, non si possono adottare logiche d’accoglienza, usare alibi umanitari, accettare altri flussi massicci nel nome dei ricongiungimenti. E vanno subito rimpatriati tutti coloro che hanno commesso reati sul nostro territorio; e poi a scaglioni coloro che non hanno nel frattempo trovato un lavoro. L’ospite è sacro, dicevano gli antichi, ma se ti arrivano in mille a casa, salta tutto. Soluzioni di semplice buon senso, animate da un sentimento reale di comprensione; ma è in gioco il diritto preliminare di difesa della vita dei popoli, degli stati, delle civiltà. E’ un principio elementare di autoconservazione, un istinto, un’istanza primaria e sacrosanta; è semplicemente volontà di vivere. Bandire ogni traccia di odio, capire che nei loro panni magari avremmo fatto le stesse cose; mai ridurre la questione a livelli di persone, gruppi, etnie. Anche perché, viceversa, la retorica dell’accoglienza mostra sempre casi personali drammatici e contingenti, singoli bambini, donne incinte, disabili e perseguitati, per far passare sanatorie generali, norme universali d’accoglienza. Abbagliati dal caso del momento dimentichiamo il contesto e l’avvenire.

La questione è chiara: o saranno gli stati a decidere e praticare una politica di blocco dei flussi, o saranno i popoli a insorgere, e infine gli stessi stati saranno costretti a farla quando avranno l’acqua alla gola, con la probabilità che sarà troppo tardi.

Di Marcello Veneziani

20.09.2023

Marcello Veneziani, filosofo, giornalista e scrittore.

 

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