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La Redazione

 

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PERCH LA STAGNAZIONE POTREBBE RIVELARSI LA NUOVA NORMA

A cura di
Il 24 Marzo 2014
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LARRY SUMMERS
Financial Times

Nello scorso decennio, prima della crisi, le bolle e il credito facile sono stati solo sufficienti per provocare una la crescita moderata

È possibile che gli Stati Uniti e le altre principali economie mondiali possano non tornare alla piena occupazione e a una forte crescita senza l’aiuto della politica di un sostegno politico non convenzionale? Ho sollevato recentemente questo concetto – la vecchia idea di “stagnazione secolare” – in una conferenza ospitata dal Fondo Monetario Internazionale.

La mia preoccupazione si basa su una serie di considerazioni. In primo luogo, anche se il riassetto finanziario è in gran parte avvenuto quattro anni fa, il recupero ha solamente tenuto il passo con la crescita della popolazione e con la normale crescita della produttività negli Stati Uniti, ed è andato peggio ovunque nel mondo industriale.

In secondo luogo, le bolle palesemente insostenibili e l’allentamento degli standard creditizi nella metà del passato decennio, assieme al denaro facile, sono stati sufficienti a stimolare una moderata crescita economica. Terzo punto, i tassi di interesse a breve termine si sono fortemente ridotti arrivando vicino al limite minimo, lo zero: i tassi reali potrebbero non essere in grado di scendere abbastanza velocemente da stimolare investimenti sufficienti a portare la piena occupazione.

In quarto luogo, in tali situazioni il calo degli stipendi e dei prezzi può peggiorare la situazione, incoraggiando i consumatori e gli investitori a ritardare le spese, redistribuendo così redditi e capitali dai debitori ad alto tasso di spesa verso i creditori a basso tasso di spesa.

L’implicazione di questi concetti è che non si può presumere il ritorno delle normali condizioni economiche e politiche. Guardate il Giappone, dove il prodotto interno lordo è oggi inferiore ai due terzi di quello che la maggior parte degli osservatori prevedevano una generazione fa, anche se i tassi di interesse sono stati a zero per molti anni. Vale la pena sottolineare che il PIL giapponese fece meglio nei cinque anni dopo lo scoppio delle bolle alla fine degli anni ’80 di quanto hanno fatto gli Stati Uniti dal 2008. Ancora oggi in America il PIL è più del 10 per cento inferiore a quanto previsto prima della crisi finanziaria.

Se le preoccupazioni per la stagnazione secolare sono rilevanti per la nostra situazione economica attuale, ci sono ovviamente implicazioni politiche profonde (e le affrontarò in un secondo articolo). Ma prima di tornare passare alla politica, ci sono due questioni fondamentali riguardo la tesi della stagnazione secolare che vanno affrontate.

In primo luogo, non abbiamo un’accelerazione della crescita dei posti di lavoro negli Stati Uniti e altrove? Ci sono sicuramente motivi di ottimismo, se si osservano le statistiche più recenti, la forza dei mercati azionari e la fine della brusca contrazione delle entrate fiscali. Si dovrebbe anche ricordare che i timori di stagnazione secolare erano comuni alla fine della seconda guerra mondiale e sono stati smentiti. Oggi la stagnazione secolare dovrebbe essere considerata come una contingenza contro cui assicurarsi, non un destino a cui doversi rassegnare. Tuttavia, va ricordato che per diversi anni il raggiungimento della velocità di fuga era dietro l’angolo secondo la maggioranza delle previsioni e abbiamo assistito a varie false partenze, proprio come ha fatto il Giappone negli anni ’90. Fondamentalmente, anche se l’economia accelera l’anno prossimo, questo non ci fornisce alcuna garanzia che sia capace di sostenere una crescita ai normali tassi di interesse reali. Si prevede che Europa e Giappone abbiano una crescita ben al di sotto degli Stati Uniti. In tutto il mondo industriale, l’inflazione è al di sotto dei livelli obiettivo e non mostra segni di ripresa, suggerendo un deficit cronico della domanda.

In secondo luogo, perché l’economia non dovrebbe tornare alla normalità dopo che sono terminati gli effetti della crisi finanziaria? Si può ritenere che i tassi di interesse reale di equilibrio siano diminuiti? Ci sono molte ragioni a priori per cui il livello di spesa, dato un determinato insieme di tassi di interesse, è probabile che sia diminuito. La domanda di investimenti si è ridotta a causa della crescita più bassa della forza lavoro e forse per il rallentamento dell’aumento della produttività. I consumi possono essere più bassi a causa di un forte aumento della quota di reddito detenuta dai molto ricchi e la quota crescente di redditi percepiti dal capitale. E’ salita l’avversione al rischio in conseguenza della crisi e dell’aumento dei risparmi, sia dello stato che dei consumatori. La crisi ha aumentato i costi di intermediazione finanziaria e ha lasciato grandi livelli di debito. La diminuzione dei prezzi dei beni durevoli, in particolare quelli legate alle tecnologie dell’informazione, fa sì che con lo stesso livello di risparmio si può acquistare di più ogni anno che passa. Una minore inflazione significa che un qualsiasi tasso di interesse si traduce in un più alto tasso al netto delle imposte rispetto a quanto avveniva fatto quando i tassi di inflazione erano più alti; la logica è supportata dai fatti. Da molti anni i rendimenti delle obbligazioni indicizzate sono su un trend di discesa. Infatti, i tassi reali degli Stati Uniti sono sostanzialmente negativi in un lasso di cinque anni.

Alcuni hanno suggerito che credere nella stagnazione secolare implica la desirabilità di bolle per sostenere la domanda. Questa idea confonde le previsioni con le raccomandazioni. È ovviamente preferibile sostenere la domanda con il sostegno agli investimenti produttivi o ai consumi ad alto valore invece di gonfiare artificialmente le bolle. D’altra parte, è semplice riconoscere che i bassi tassi di interesse alzano il valore degli asset e portano gli investitori ad assumere maggiori rischi, rendendo le bolle più probabili. Così il rischio di instabilità finanziaria fornisce ancora un altra ragione del perché il prevenire una stagnazione strutturale sia così profondamente importante.

LARRY SUMMERS
Financial Times

Link: Why stagnation might prove to be the new normal

15.12.2013

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