di Fabrizio Bertolami per ComeDonChisciotte.org
Durante la giornata del 21 Novembre, Israele ha acconsentito ad un cessate il fuoco nella sua offensiva su Gaza a seguito di un accordo con Hamas, mediato da USA e Qatar.
L’accordo prevede il ritorno di 50 ostaggi, tutti donne e bambini e la contemporanea liberazione di 150 prigionieri dalle carceri israeliane. Anche in questo caso si tratta di donne, adolescenti e bambini, incarcerati negli anni per essersi opposti all’occupazione tanto a Gaza quanto in Cisgiordania (1).
Per evitare che l’esercito israeliano possa tracciare i luoghi di detenzione degli ostaggi, Hamas ha chiesto che i droni israeliani non volino sulla Striscia durante l’operazione di rilascio.
Lo scambio dovrebbe avvenire a partire da oggi giovedì 23 Novembre.
L’accordo è stato raggiunto non senza problemi, non solo per la necessità del governo di Tel Aviv di dover trattare con Hamas, ma anche perchè ciò ha creato forti polemiche tra il governo stesso, Nethanyahu in primis, e i partiti dell’estrema destra ortodossa, in particolare quello del Ministro degli Affari Interni Ben Gvir, uno dei falchi del Governo di Tel Aviv (2).
La strategia di Hamas, fondata sulla presa degli ostaggi e sulla loro gestione sta portando i suoi frutti su più fronti: dal lato israeliano, generando un’ondata di proteste culminate con la marcia organizzata dai parenti degli ostaggi, durante la quale sono state chieste le dimissioni del Primo Ministro, e sul fronte interno portando contemporaneamente al rilascio dei prigionieri in mano agli israeliani e al rallentamento di Tsahal nelle sue operazioni nella Striscia.
Nethanyahu si è affrettato a dire che la tregua durerà solamente per il tempo necessario allo scambio e non fermerà le azioni dell’IDF, ma l’accordo rappresenta comunque una piccola vittoria per Hamas che, disponendo ancora di circa 200 ostaggi (150 circa, dopo lo scambio), avrà modo di continuare a minare l’unità interna del fronte israeliano e guadagnare tempo nella sua azione di resistenza.
Sin da subito si era capito come quella della presa di ostaggi fosse una mossa dirompente, ancor più degli attacchi stessi del 7 ottobre sul territorio israeliano, capace di dare ad Hamas la possibilità di allungare i tempi della guerra, spezzare l’unità politica interna di Israele e mettere in difficoltà il rapporto tra questo e gli USA.
Proprio negli USA si allarga il fronte di quanti, anche all’interno dell’amministrazione americana, chiedono a Biden di premere sul Primo Ministro israeliano per un cessate il fuoco più lungo, affinchè sia possibile intavolare una discussione sulla fine delle ostilità ed il ritorno di tutti gli ostaggi alle loro case.
Nel frattempo il numero dei morti ha superato la cifra di 14000, di cui più di 5500 bambini.
Inutile dire che queste cifre e le immagini dei raid negli ospedali di Gaza (quello di Al Shifa è ormai inutilizzabile, mentre quello gestito dall’Indonesia è ormai al collasso) stanno creando nell’opinione pubblica di tutte le nazioni dell’area una forte reazione emotiva, contribuendo alla creazione di un fronte islamico sempre più compatto che va dall’Egitto al Libano, passando per la Giordania e l’Iran, senza contare altre nazioni come Sudafrica e diverse nazioni sudamericane come Brasile, Colombia, Cile e Bolivia le cui popolazioni hanno forti componenti di emigrati di lunga data dai Paesi del Medio Oriente (i cosiddetti “Turcos”) (3).
Di Fabrizio Bertolami per ComeDonChisciotte.org
22.11.2023
Fonti:
1. https://www.aljazeera.com/news/2023/11/22/reactions-to-israel-hamas-ceasefire-deal
2. https://www.haaretz.com/israel-news/2023-11-22/ty-article-live/israeli-cabinet-okays-deal-for-release-of-50-hostages-held-by-hamas-temporary-cease-fire/0000018b-f52c-d117-abcf-f7ef5d450000
3. https://www.theguardian.com/world/2023/oct/31/bolivia-israel-hamas-gaza-war-crime