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La Redazione

 

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Nulla di nuovo (e di buono) sul fronte BCE

Perché è necessario programmare seriamente l’uscita dall’Unione Europea e la liberazione dai vincoli della Banca Centrale Europea.
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A cura di Katia Migliore
Il 16 Settembre 2023
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Nulla di nuovo (e di buono) sul fronte BCE

Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org

Non diciamo nulla di nuovo se enfatizziamo la scelta nefasta della BCE, nella figura di Christine Lagarde, di aumentare i tassi di interesse di 25 punti base. Stiamo parlando del decimo rialzo consecutivo: i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la Banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00% dal 20 settembre 2023.

“Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine. Al fine di progredire ulteriormente verso tale obiettivo, il Consiglio direttivo ha deciso oggi di innalzare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della Bce”[1]

 

Le logiche della BCE, per farla breve, restano basate ancora sulla logica delle lacrime e sangue per i cittadini e imprese che però non esitiamo a definire, visto gli esiti negativi sullo sviluppo dell’economia di tutta l’Eurozona e in particolare d’Italia, del tutto ingiustificabili e azzardate. Le stime di crescita, ovviamente, sono state tagliate: alla BCE hanno analizzato gli effetti delle politiche restrittive messe in atto finora e hanno rivisto in maniera significativa le proiezioni di crescita economica che, per l’Eurozona, sono allo 0,7% nel 2023, all’1,0% nel 2024 e all’1,5% nel 2025. Ma tant’è, poco importa per la dirigenza di Francoforte. Con miopia sospetta (potranno mai essere tutti degli incompetenti o c’è dell’altro?) perseguono con determinazione nel loro proposito spingendo gli Stati dell’area euro verso il baratro.

 

“Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine.”

 

Le proiezioni macroeconomiche di settembre indicano un tasso di inflazione al rialzo per il 2023 e il 2024 e al ribasso per il 2025. La correzione al rialzo riflette principalmente l’evoluzione più sostenuta dei prezzi dell’energia. Le pressioni di fondo sui prezzi restano elevate, sebbene la maggior parte degli indicatori abbia iniziato a ridursi. Gli esperti della BCE hanno lievemente rivisto al ribasso le proiezioni dell’inflazione al netto delle componenti energetica e alimentare, che si collocherebbe in media al 5,1% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. Tuttavia, nel comunicato si prende atto degli effetti delle politiche restrittive messe in atto finora e si rivedono in maniera significativa le proiezioni di crescita economica che, per l’Eurozona, sono allo 0,7% nel 2023, all’1,0% nel 2024 e all’1,5% nel 2025.

 

“Le condizioni di finanziamento si sono inasprite ulteriormente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo”.

 

In sostanza, gli esperti della BCE distruggono la domanda interna scientemente, dal momento che le previsioni sono fatte “alla luce del maggiore impatto di tale inasprimento sulla domanda interna e dell’indebolimento del contesto del commercio internazionale”.[2]

Tradotto in pratica: deindustrializzazione, deflazione salariale, disoccupazione, precariato e recessione.

Gli esperti della BCE sono convinti che questa inflazione sia da domanda, e quindi vada abbattuta alzando i tassi di interesse. Eppure, non ci vuole una scienza per capire che tutta questa crescita dell’inflazione da domanda pare proprio non esserci. Siamo di fronte a un fenomeno preoccupante di aumento delle materie prime[3], dei costi produttivi e dei prezzi dei prodotti di largo consumo, con riduzione della capacità d’acquisto delle famiglie. L’inevitabile contrazione della domanda dovuta allo stallo dei salari implica la crisi delle aziende, la loro chiusura con la drammatica crescita di precariato e disoccupazione. Rallentiamo l’inflazione semplicemente perché gli acquisti si riducono ulteriormente, oltre al fatto che le Banche segnalano una contrazione dei prestiti che non porta sul piano manifatturiero nulla di buono.[4]

A fronte di questo sfacelo, perché di sfacelo dell’eurozona si tratta, a conclusione delle nostre considerazioni diventa obbligatorio chiedersi quando finalmente quale nostra classe politica sarà capace di pensare, dire, realizzare l’uscita da questa Unione Europea nell’interesse dell’Italia. Il vincolo a tutti i livelli è diventato ormai insostenibile, la mancanza di possibilità di agire sulle proprie politiche economiche dovuto alla cessione della propria sovranità monetaria ci mette tutti davanti a un bivio urgente: restare nello status quo, e morire lentamente sotto i colpi della Commissione Europea e della Lagarde, o uscire da questa gabbia burocratica e ideologizzata per lavorare, finalmente, a vantaggio del nostro Paese.

Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org

15.09.2023

NOTE

[1] https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2023/html/ecb.mp230914~aab39f8c21.it.html#:~:text=Il%20Consiglio%20direttivo%20%C3%A8%20pronto,di%20trasmissione%20della%20politica%20monetaria.

[2] https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2023/html/ecb.mp230914~aab39f8c21.it.html

[3] https://www.youtube.com/watch?time_continue=29&v=U2QC2ofrPZI&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fwww.google.com%2Fsearch%3Fq%3Darabia%2Bsaudita%2Be%2Brussia%26rlz%3D1C1VDKB_itIT1044IT1044%26oq%3Darabia%2Bsaudita%2Be%2Brussia%26aqs%3Dchrome..69i57j&source_ve_path=Mjg2NjY&feature=emb_logo

[4] https://www.bancaditalia.it/media/notizia/la-domanda-e-l-offerta-di-credito-a-livello-territoriale-luglio-2023/?dotcache=refresh

 

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