No a Anthony Fauci in Italia: Perché vado a Siena sabato prossimo

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Di Guido Cappelli per ComeDonChisciotte,org

Tutti sappiamo chi è Anthony Fauci, il boss della sanità statunitense responsabile operativo di tutte le politiche restrittive e liberticide scatenate durante la cosiddetta emergenza pandemica. Diciamolo subito: emergenza che non è stata altro che un gigantesco grimaldello utile a scardinare quello che restava delle garanzie democratiche in Occidente, a cominciare dall’Europa costituzionale dei diritti e del lavoro che, dopo quarant’anni di smontaggio del suo quasi miracoloso stile di vita, è ormai pronta per essere rottamata via deindustrializzazione forzata e brutale depopolazione.

Sono cose che, dopo tre anni di incubo antropologico e sociale, sappiamo tutti, almeno tutti quelli che erano svegli o si sono risvegliati. E sappiamo anche che il principale esecutore materiale del sinistro progetto, Anthony Fauci, in patria è seriamente messo in discussione e rischia di restare intrappolato nelle vendette incrociate che l’oligarchia di quel paese ormai allo sbando politico, sociale e antropologico, ha scatenato con le modalità, per loro abituali, dei duelli da far west.

Quello che non potevamo (o forse non volevamo) immaginare è che il boss in ritirata venisse a rifarsi una verginità, o semplicemente a svernare, in Italia, pronto magari a impiantare sul nostro territorio ambigui e opacissimi biolaboratori, per fare che cosa non si sa e non sembrano disposti a dircelo.

Non si tratta, allora, di manifestare semplicemente il pur sacrosanto rifiuto per la laurea honoris causa che l’Università di Siena si appresta a concedere a un tale soggetto; non facciamo manifestazioni ad personam – sia pure di una persona così sinistra e pericolosa. Si tratta dell’umiliazione di vedersi trattati come una repubblica delle banane, un parcheggio, una rimessa, una campo di sperimentazione per fare quelle cose, più o meno sporche, che i potenti, i padroni, i nostri padroni a stelle e strisce, non vogliono o non possono fare a casa loro. Un po’ come una discarica, un poligono di tiro, un sito di stoccaggio di rifiuti nucleari – un non-luogo: la patria dell’arte mondiale ridotta a non-luogo. A noi i rischi, in cambio di quattro spiccioli, una pacca sulla spalla, uno strapuntino al tavolo degli adulti, una mancetta in forma di un po’ di finta considerazione sul piano internazionale. Per questo cucchiaio di lenticchie si sta vendendo, ancora una volta, il governo, presunto sovranista, italiano. La beffa diventa tragedia se si aggiunge che, in concomitanza, è in atto un piano semisegreto di installazione di biolaboratori qua e là in Italia, in assenza, si badi bene, di una legge sulla biosicurezza che ne regoli la creazione e li ponga sotto stretto controllo popolare e democratico.

Del resto, siamo una potenza sconfitta e umiliata da settant’anni. Paghiamo il fascismo, e soprattutto quel suo errore fatale, frutto dell’atavico complesso d’inferiorità delle élite italiane: aver seguito la Germania nazista nella cruenta follia bellica e razziale. Anche allora, malgrado i proclami roboanti e marziali del piccolo “duce”, l’Italia chinò la testa e si adattò a fare il cagnolino di uno straniero da cui poter sperare qualche briciola a guerra vinta. Tristezza, umiliazione. Per quella follia paghiamo da settant’anni con l’occupazione militare e la perdita della sovranità. Ora la storia si ripete, anzi si fa, se ancora non più terribile, certo più minacciosa: gli ultimi decenni hanno significato la perdita di quel che restava non dirò di sovranità ma di minima autonomia politica e geopolitica. La gabbia dei trattati europei, da Maastricht in poi, si è rimpicciolita fino a diventare un cappio che sta strozzando prima ancora delle risorse, le energie e l’autostima del Paese.

Quest’ultimo affronto, gli onori accademici a un nemico della nazione, per giunta in disgrazia nel suo paese, sullo sfondo della minaccia alla biosicurezza portata, o quanto meno subìta, dagli scriteriati che stanno al potere, è uno schiaffo intollerabile alla dignità dei cittadini italiani, ai suoi adulti pensanti e ai suoi bambini ancora ignari e innocenti. Ma può essere una nuova opportunità di lotta e di sensibilizzazione, affinché la nostra voce sia così forte, così drammaticamente convincente, da svegliare i fratelli e le sorelle di questo paese che ancora non riescono o non vogliono svegliarsi.

Per questo andiamo a Siena, a far sentire la voce del popolo che anche nella notte mantiene gli occhi aperti e la testa alta.

Di Guido Cappelli per ComeDonChisciotte,org

15.06.2023

Guido Cappelli è docente di Letteratura italiana presso l’ Università degli Studi di Napoli L’Orientale.

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