L’Argentina è un laboratorio di biopolitica

Entra in vigore il mega decreto sulla rivoluzione anarcocapitalista dell'economia. Ma una delle caratteristiche più innovative (nonostante nessuno ne parli) è la creazione di un ministero del capitale umano, il quale può rivelarsi un grande strumento di controllo sociale

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Di Matteo Parigi per ComeDonChisciotte.org

Enjoy capitalism. Questa la scritta che capeggia sovrana sul proiettore durante una delle conferenze TEDx del neoeletto presidente argentino Javier Milei. Tuttavia, avrebbe avuto più senso l’espressione “Enjoy biopolitics”, goditi la biopolitica. In questi giorni, infatti, è stato approvato il mega decreto di necessità ed urgenza (Dnu) attraverso il quale è stata deregolamentata gran parte dell’economia, ma soprattutto sono stati eliminati ben undici ministeri.

Ad una prima impressione potrebbe sembrare l’ennesimo mega taglio ad opera del solito governo ultraliberista. Il solito taglio della spesa imposto dal nuovo favorito di Washington  e Tel Aviv – convertito immediatamente all’ebraismo – per ragioni di risparmio ed “efficienza”. In parte lo è: anche i muri ormai conoscono il “pensiero” di Milei, ossia l’apoteosi dell’anarcocapitalismo più sfrenato, tanto da voler liberalizzare addirittura la vendita degli organi. Smembramento dello stato e iper-deregolamentazione: fin qui nulla di nuovo. Ma si tratta di una ragione parziale, che non tiene conto della ratio immanente alla vera filosofia che si è affermata in Argentina. Non è un caso, infatti, che Milei abbia fortemente voluto fondare il ministero del capitale umano (Ministerio de Capital Humano).

Il capitale umano, infatti, come già il filosofo Michel Foucault osservava, è un concetto pensato ed elaborato all’interno delle dottrine neoliberiste, in particolare quella americana, per cui il lavoro, l’attività lavorativa impiegata nella produzione, non deve più essere pensata in termini di tempo, ossia come un impiego indifferenziato di forza-lavoro. Si tratta, secondo i teorici del neoliberismo quali G.Becker, T.Schultz, J.Mincer, L.Robbins, di una visione classica obsoleta. I neoliberisti hanno iniziato a concepire il lavoro non come un fattore di produzione astratto (insieme al capitale e alla terra), bensì come un’altra forma dell’impresa economica. Più precisamente, ciascun individuo è una impresa in sé che vive secondo logiche di investimento e profitto. Analogamente ad una azienda, ognuno è una impresa produttrice di soddisfazione (utilità), che viene perseguita attraverso l’impiego di investimenti di vario genere: emotivi, lavorativi, energetici, sociali, mentali ecc. L’individuo nell’analisi economica smette di essere un fattore di produzione per diventare capitale umano: per se stesso un nucleo di risorse, innate ed acquisite, che deve investire e allocare razionalmente affinché ne ricavi la maggior utilità possibile; per la collettività o le aziende un contenitore di energie, forze, saperi, meccanismi utili all’economia, ma più strettamente al mercato.

Da una parte si tratta di osservazioni già elaborate da Max Weber, per il quale la razionalità dell’investimento è esattamente il cuore dell’etica capitalistica. Ma dall’altra i neoliberisti se ne differenziano nel momento in cui il ruolo affidato alle innovazini esogene viene spostato sull’individuo come capitale. Una delle novità introdotte dal neoliberismo americano consiste nell’inserimento dell’analisi tecnico-economica in tutti gli aspetti che fino a quel momento erano trascurati: le forze biologiche inerenti al lavoro, le quali non consistono nella forza newtoniana impiegata nell’atto lavorativo. L’essere umano è invece il prodotto di un’educazione, formazione psicologica, sentimentale; cresce o decresce nel tempo, quindi influenza le aspettative di produzione a seconda dell’età, sesso, mentalità, sapere ecc. Inoltre, dipende fortemente dall’ambiente in cui vive o è nato, che sia in termini di bio o antroposfera. Il capitale umano è composto due categorie di elementi:

  • Innati = fattori biologici ereditari
  • Acquisiti = elementi dell’individuo dovuti a fattori esogeni (educazione, istruzione, relazioni sociali ecc.)

In sintesi, la biopolitica neoliberale tratta gli esseri umani come un coacervo di capitali ed è la ragione per cui viviamo nell’epoca delle risorse umane ormai in tutte le grandi aziende. Implementando le tecniche economiche ed econometriche su tali elementi il neoliberismo scopre il vaso di pandora e rende ciascun fattore umano misurabile su scale quantitative; li categorizza, li rende controllabili ed è quindi possibile intervenire sulla genetica. Ecco che si scopre la matrice tacitamente razzista ed eugenetica e ciò in riferimento agli elementi innati degli individui. Per quanto riguarda gli elementi acquisiti, l’apparato neoliberista (e qui ritorna lo stato etico a servizio della società liberale) è un grande demiurgo che deve forgiare un sistema sociale, un’educazione, una formazione professionale idonei alla formazione di risorse umane, adatte al buon andamento del mercato.

V. Van Gogh, La ronda dei carcerati, 1890, Museo Puškin, Mosca

Il grande fenomeno che il capitalismo deve scongiurare è la tendenza naturale alla caduta del saggio di profitto. Vi sono principalmente due strade da percorrere per riattivare la crescita, una ambientale e l’altra umana:

  1. Cercare o suscitare innovazioni (come già anticipato sopra). Seguendo la teoria di Schumpeter vi sono cinque modi:
    • Produzione di un nuovo bene
    • Introduzione di un nuovo metodo di produzione
    • Apertura di un nuovo mercato
    • Nuove fonti di materie prime
    • Nuovo metodo di organizzazione della produzione
  2. Intervenire direttamente sul capitale umano

Ecco che il nuovo mondo neoliberale, non potendo scoprire nuove terre ed essendo diventato più complesso conquistare nuovi mercati, ha avuto l’dea di intervenire direttamente sugli uomini per innovarli, affinché la crescita economica trovi rinnovata spinta e il mercato possa così prosperare incessantemente. Al momento del prestigio, ecco che l’illusionista tira fuori dl cilindro il corvo del totalitarismo. Neoliberismo e biopolitica sono sicuramente fratelli, figli della grande ideologia atea e materialista liberale. Nessun valore sacro ha l’uomo che non possa venire messa sul mercato della tecnica economica in nome del dio “mano invisibile”. Il corpo fisico, l’età, le forze biologiche, i rapporti sociali e soprattutto le condizioni sanitarie e mediche della popolazione sono oggetto di intervento privilegiato di un neoliberismo lasciato a sé stesso affinché sia possibile superare l’umanità troppo umana e ricreare risorse transumane più efficienti per il mercato.

Ed è così che ci troviamo sistemi che tagliano lo stato nella sanità, nelle opere pubbliche, nel sociale; tagliano le ore di istruzione, le scuole; riducono gli ospedali, perché tutto ciò deve essere messo in vendita sul mercato, il quale a sua volta ci induce all’utilizzo di smartwatch che ci monitorano tutti i processi fisiologici, ci vuole smart nel cellulare che detiene tutti i nostri dati, finché non verrà inserito direttamente sotto pelle; nell’intrattenimento elargito da pochi oligarchi dell’indottrinamento e della censura che ci stanno togliendo la libertà di informare, essere informati e usufruire di arte libera, gratuita (ormai è tutto on demand previo abbonamento). La sanità biopolitica ha scatenato tutta sé stessa negli ultimi tre anni, per cui siamo diventati tutti malati salvo prova contraria e risorse da controllare, modificare geneticamente tramite inoculazioni, farmaci e biotecnologie. La mano invisibile ci sta spingendo, col necessario sostegno della politica e dei governi, verso la distopia digitale, dove tutto è panopticamente controllabile dai detentori di Big Data.

Il governo Milei in Argentina ha così deciso di palesare l’intrinseca unione tra biopolitica e neoliberismo, affidando a Sandra Pettovello il mastodontico ministero del capitale umano, il quale ha accorpato in sé ben cinque settori: lavoro, educazione, cultura, sviluppo sociale, questioni di genere. Va notato (ed è rivelatorio) che il piano originario prevedeva l’inclusione del ministero della sanità. Inoltre vi è anche la moglie di un ex ministro di Pinochet nell’equipe di transizione, a conferma del carattere ultradestrorso neoliberale del nuovo governo. Non che le amministrazioni di izquierda precedenti siano state da meno, tutt’altro. Gli argentini sono da molti anni al centro degli esperimenti dell’elìte globalista.

È quindi probabile che vedremo un’Argentina in cui le scuole sopravvivranno alla deregolamentazione non perché luoghi di crescita e sviluppo culturale, ma in base a quanti lavoratori utili per l’industria sforneranno. Gli ospedali seguiranno logiche di profitto, non di cura reale e giusta. L’economia verrà dominata da pochi monopolisti effettivi lasciati liberi di spolpare fino all’ultima piccola impresa “inefficiente”. E gli uomini subiranno sulla loro pelle tutto il totalitarismo che il Dio mercato richiede, soprattutto la vendita di sé stessi e l’ottenimento di quelle poche briciole di sussidi rimasti affinché accettino i programmi totalitari del potere vigente. Insomma, senza voler fare la sfera di cristallo, potrebbe darsi che l’Argentina diventi il primo grande laboratorio biopolitico apertamente dichiarato (e sottolineo dichiarato, perché “tacitamente” ci siamo dentro tutti in varia misura) del nuovo millennio.

Di Matteo Parigi per ComeDonChisciotte.org

31/12/2023

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