L’Albero di Cristo Bambino

Si avvicina la ricorrenza più importante dell’anno il 25 dicembre la nascita di Gesù.

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di Patrizia Pisino

 

Si avvicina la ricorrenza più importante dell’anno, il 25 dicembre, la nascita di Gesù.

Il giorno 8 dicembre segna una data importante: inizia il periodo dell’Avvento e del Natale. Giorno scelto non a caso in quanto l’8 dicembre del 1854, con la bolla Ineffabilis Deus, Papa Pio IX sanciva il dogma della Immacolata Concezione della Madre di Gesù, preservata dal peccato originale sin dall’atto del concepimento.

In questa data la tradizione vuole che venga dato avvio agli addobbi, ed in particolare a quello dell’Albero di Natale, sia nelle abitazioni che nelle piazze e nei luoghi pubblici.

Ma da dove deriva questa antica usanza? Simbolicamente l’abete è un albero sempreverde e per questo viene associato alla vita; decorarlo con le luci risale ad una antica usanza che rappresentava la discesa dello Spirito Santo sulla Terra con la nascita del Bambin Gesù.
La leggenda associa il primo Albero di Natale o Albero di Cristo Bambino a San Bonifacio che nel 724, presso le popolazioni germaniche, fece decorare un abete con candele accese.
Si narra infatti che il Santo fermò il sacrificio di alcuni bambini sotto la “Quercia del Tuono di Geismar”, sacra al dio Thor. Alla vista di quella atrocità San Bonifacio gridò:

«Questa è la vostra Quercia del Tuono e questa è la croce di Cristo che spezzerà il martello del falso dio Thor».

Presa un’ascia, iniziò a colpire la quercia. Ecco allora che un forte vento si abbatté sull’albero, che cadde e si spezzò in quattro parti. Al di là della quercia, c’era un giovane abete verde. San Bonifacio, visto l’alberello, di nuovo si rivolse ai pagani:

«Questo piccolo albero, un giovane figlio della foresta, sarà questa notte il vostro sacro albero. È il legno della pace, poiché le vostre case sono costruite di abete. È il segno di una vita senza fine, poiché le sue foglie sono sempre verdi. Osservate come punta diritto verso il cielo. Che questo sia chiamato l’albero di Cristo Bambino; riunitevi intorno ad esso, non nella selva, ma nelle vostre case; là non si compiranno riti di sangue, ma doni d’amore e riti di bontà».

Si diffuse così in Germania il culto di Gesù Bambino, del Natale e dell’albero di Cristo Bambino.

Nel XVII secolo e agli inizi del secolo successivo diventò una pratica comune in tutte le città della Renania di religione protestante, ma solo nel XIX secolo si diffuse nei paesi cattolici:

– nel Regno Unito, per opera della regina Vittoria  e del marito di origine tedesca Alberto di Sassonia-Coburgo, che diedero un notevole impulso a questa usanza;

-in Italia l’albero arrivò nella seconda metà dell’Ottocento e si affermò soprattutto grazie alla regina Margherita, moglie del re Umberto I, che prese l’abitudine di allestirne uno al Quirinale.

Ma per essere riconosciuto ufficialmente dal Vaticano bisogna arrivare al 1982, quando un contadino polacco trasportò a Roma un abete, che Papa Giovanni Paolo II (anch’egli di origine polacca) fece collocare nel centro del colonnato del Bernini, nella piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa:

«Accanto al presepe, come in questa Piazza San Pietro troviamo il tradizionale albero di Natale che “… è un’usanza anch’essa antica, che esalta il valore della vita perché nella stagione invernale, l’abete sempre verde diviene segno della vita che non muore».

Da questo momento ogni anno si ripete questa tradizione a ricordo della Natività di Gesù: un presepe viene allestito ai piedi dell’obelisco e alla sua destra viene eretto l’albero di Natale, donato ogni anno da una regione montana diversa dell’Europa. Quest’anno proviene dal comune piemontese di Macra, in provincia di Cuneo.
Da quando l’albero di Natale è entrato nella nostra cultura è stato oggetto di rappresentazioni pittoriche e letterarie. Molti artisti, soprattutto dell’Europa del nord, si sono cimentati nella sua rappresentazione, come il danese Viggo Johansen (1851-1935, appartenuto al gruppo dei Pittori di Skagen, una corrente pittorica che si ispirava agli impressionisti), con uno dei quadri più famosi: “Girotondo intorno all’albero di Natale”.

La scena rappresenta un salotto di una qualunque casa dove è collocato un albero di Natale che, con le sue luci, rischiara la penombra della stanza in cui sono immersi i personaggi: i bambini e una donna, forse la madre, allegramente tenendosi per mano fanno un girotondo intorno all’albero. La sensazione che si prova è di pace e tranquillità, tanto che vorremo anche noi giocare con loro al fantastico gioco del Natale ed ascoltare le loro voci festanti. Ma chissà cosa cantano?

Forse solamente nel silenzio dell’anima è possibile scoprirlo. È qualcosa che oggi stiamo inesorabilmente perdendo nella triste commercializzazione di un evento sacro che dovrebbe invece farci riflettere per aprire il nostro cuore all’amore e alla gioia del dono, che non è un obbligo commerciale ma il piacere della condivisione e del rispetto. Ricordiamo che i doni assumono significati diversi sia per chi li offre che per chi li riceve.

I tre Sapienti Re Magi donarono al Bambino Gesù l’oro, che simboleggia la regalità, l’incenso che simboleggia la divinità e la mirra che esprime il sacrificio e l’umanità di Gesù. Sono doni di amore e rispetto, non è importante il valore commerciale ma l’atto d’amore, quando anche un semplice abbraccio diventa una dono importante se viene dato a chi ne ha bisogno.
I figli di Babbo Natale” è una novella dalla raccolta “Marcovaldo ovvero Le stagioni in città“, scritta da Italo Calvino e pubblicata per la prima volta nel novembre 1963 che consiglio di leggere o rileggere, dove la genialità dell’autore racchiude l’essenza del Natale. Un padre povero che si veste da Babbo Natale, per cercare di guadagnare qualche soldino, consegnando dei pacchi regalo alle famiglie ricche, ma che non riesce a portare nessun dono ai propri figli.

È emblematico il bambino ricco che riceve regali costosi ma per lui inutili, con cui non riesce a giocare e finisce per restare triste ed imbronciato davanti all’albero di Natale sommerso dai pacchi regalo. Solo grazie alla generosità dei bambini poveri, che gli donano tre oggetti semplici come un martello, un tirasassi e dei fiammiferi, riesce a giocare, divertendosi un mondo a distruggere la casa dei suoi genitori. Il racconto si chiude con una bella immagine del lupo e del leprotto che corrono nella neve e
questo mi richiama alla memoria un quadro del pittore tedesco Franz Kruger (1797-1857) “Taglio dell’albero di Natale”.

La scena è ambientata in un bosco innevato dove un uomo taglia un abete; con lui ci sono un bambino e un cane, si percepisce il silenzio, l’aria fredda, la candida neve che rende tutto soffuso e magico tanto da sentirci pieni di pace ed armonia, facendoci entrare nella fiaba di Natale, ispirandoci la sacralità della notte.
Così, se scegliete di farvi accompagnare da un abete per tutte le feste natalizie, assaporate il suo profumo illuminiamolo di luci splendenti, appendiamo palle colorate che richiamano il frutto dell’Eden, posiamo intorno i doni che provengono dal nostro cuore e forse la Magia del Natale ci farà viaggiare verso dolci pensieri.

 

Patrizia Pisino per ComeDonChisciotte

Revisione editoriale di CptHook in accordo con l’Autrice.

 

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