AARON GLANTZ
Foreign Policy In Focus
In media, ben diciotto veterani si suicidano in America ogni giorno, e circa un migliaio tentano il suicidio ogni mese tra gli ex-soldati che ricevono assistenza dal “Department of Veterans Affaires” (VA). Sono piu’ i veterani che muoiono suicidi che i soldati che muoiono in combattimento.
Si tratta di statistiche che la maggior parte degli americani non conosce poiché l’amministrazione Bush si rifiuta di diffonderle. Dall’inizio della guerra Iraq, il governo ha cercato di presentarla come una “guerra senza vittime”.
Di fatto, non sarebbero mai venute alla luce se non fosse per la class action avviata congiuntamente dall’Associazione “Veterans for Common Sense” e “Veterans United for Truth” per conto di 1,7 milioni di Americani i quali hanno combattuto in Iraq e Afghanistan. I due gruppi accusano il VA di aver sistematicamente negato l’assistenza psicologica e gli indennizzi per l’invalidità ai veterani rientrati dalle aree di conflitto.
La causa, nota ufficialmente sotto il nome di Veterans for Common Sense vs. Peake, è stata rinviata in giudizio il mese scorso alla Corte federale di San Francisco. In attesa di sentenza prevista il 19 maggio p.v. da parte del Giudice, Samuel Conti, la causa sembra già avere un fortissimo impatto [ad oggi, 21 maggio, ne’ il sito ufficiale della class action Veterans for Common Sense vs. Peake ne’ quelli degli organizzatori Veterans for Common Sense e Veterans United for Truth riportavano aggiornamenti. N.d.r.]. “Shh!”
Ecco perché durante le due settimane del processo, il VA è stato obbligato a produrre una serie di documenti i quali mostrano l’entità della crisi che colpisce i soldati rimasti feriti.
“Shh!” è l’espressione con cui inizia una e-mail di monito da parte del Dr. Ira Katz – Direttore della VA Mental Health Division – nella quale suggeriva ad un portavoce di non dire alla CBS News che ogni mese circa 1000 veterani in cura presso il VA tentano il suicidio.
“I coordinatori che si occupano della prevenzione al suicidio identificano circa 1.000 tentativi al mese tra i veterani che visitano la struttura. Forse è ora di affrontare la questione con attenzione, prima che qualcuno ci si imbatti”, concludeva nella sua mail.
Sono state immediatamente richieste le dimissioni di Katz. Il 6 maggio scorso il Presidente del Comitato Nazionale VA, Bob Filner (D-CA), ha convocato un’udienza dal titolo “The Truth About Veteran’s Suicides” ed ha richiesto il confronto tra Katz e James Peake (Segretario VA).
“Quella mail, povera nei toni, è parte di un dialogo sul tipo di informazione che da oggi in poi siamo chiamati a dare” ha asserito Katz in risposta ad alcuni membri dello staff sul momento più opportuno ed appropriato per diffondere e rendere pubbliche le informazioni.”
Filner era piuttosto sbalordito ed ha accusato Katz and Peake di “occultamento”.
“Un simile accaduto dovrebbe suscitare rabbia in ognuno di noi” ha dichiarato Filner “Si tratta di una questione di vita o di morte per i veterani dei quali siamo responsabili e, a mio parere, c’è stata una negligenza criminale nell’affrontare la questione. Se non lo si ammette, per ipotesi o reale consapevolezza, allora il problema continuerà a sussistere e le persone moriranno. Se questa non è negligenza criminale, allora non so davvero come chiamarla”.
Un modello.
Fa parte anche di un modello. L’elevato numero di veterani suicidi non è l’unica statistica che L’Amministrazione Bush è stata obbligata a rivelare in virtù di una causa legale.
Una serie di documenti presentati alla corte ha dimostrato che in sei mesi (fino al 31 marzo), un totale di 1.647 veterani sono deceduti in attesa che il governo approvasse la loro domanda di invalidità. Secondo altri documenti ancora, i veterani che si appellano alle sentenze del VA sull’approvazione o meno della loro domanda di invalidità attendono in media 1.608 giorni prima di avere una risposta.
Ci sono inoltre altre statistiche non nascoste ma nemmeno rivelate come quelle effettuate dal Pentagono su base mensile circa il numero dei soldati americani “feriti” in Iraq (attualmente pari a 10.180) e di quelli “malati” (28.451). Tutte e tre le categorie rappresentano i soldati che hanno pertanto subito danni fisici e che devono essere trasportati in Germania per una adeguata assistenza.
Altra cifra della quale non sentiamo parlare tanto spesso: 287.790. Vale a dire i veterani della guerra in Iraq ed Afganistan che al 25 Marzo 2008, hanno fatto richiesta per il riconoscimento dell’invalidità. Questo dato non è di pubblico dominio, ma rivelato dall’Associazione Veterans for Common Sense rifacendosi a quanto predisposto dal Freedom of Information Act.
Perché tanta segretezza? Perché è così difficile fornire dei dati precisi sulle vittime? Perché l’Amministrazione Bush sa che se gli Americani all’improvviso si svegliassero, il prezzo pagato per questa guerra sarebbe estremamente difficile da mandare giù.
Una “passeggiata”…
Torniamo indietro al 2002, prima dell’invasione dell’Iraq, quando i neo-conservatori Ken Adelman e Donald Rumsfeld predicevano che la guerra sarebbe stata una “passeggiata”.
Oppure prendiamo in esame l’affermazione del Vice-Presidente Dick Cheney. Due giorni prima dell’invasione, Cheney aveva detto a Tim Russert della NBC che la guerra sarebbe stata “piuttosto rapida… una fine prevista nel giro di settimane…piuttosto che mesi”
Oggi, simili commenti vanno a farsi friggere ma la soggiacente motivazione resta e si consolida. Ecco perché il portavoce del VA ammonisce con un “Shh!” un portavoce che sta rispondendo ad un giornalista che sta facendo l’inchiesta.
Eppure, tutti gli “shhh” del mondo non riusciranno ad attenuare il terribile dolore che aumenta dopo cinque anni di conflitto in Iraq e quasi sette in Afghanistan.
Fatti spiacevoli
Secondo uno studio condotto dalla Rand Corporation il mese di aprile scorso, circa 300.000 veterani di Iraq e Afghanistan soffrono di disturbi mentali o stati di grave depressione. Altri 320.000 riportano danni cerebrali e fisici molto seri. La maggioranza non riceve sostegno di alcun tipo da parte del Pentagono e dal sistema VA, i quali sembrano ben più preoccupati a celare i fatti spiacevoli piuttosto che a prestare la dovuta assistenza.
La RAND Corporation, nel suo studio, sostiene che il governo federale non presta assistenza ai veterani, a suo rischio e pericolo – sottolineando il fatto che i disturbi e i danni post-traumatici “potrebbero avere effetti e conseguenze ben lungi da ogni immaginazione”.
“I soggetti affetti da simili condizioni affrontano rischi più elevati rispetto ad eventuali problematiche psicologiche e tentativi di suicidio. La percentuale di comportamenti malsani (quali per es. fumo, obesità, promiscuità sessuale) per loro raggiunge dei livelli molto alti”. “Simili condizioni compromettono naturalmente i rapporti con gli altri, distruggono i matrimoni, aggravano ulteriormente eventuali difficoltà con le famiglie e causano problemi nei figli i quali si portano dietro le conseguenze per generazioni e generazioni”.
“Il che, in termini economici, si traduce in costi molto alti,” spiega RAND. “Tuttavia la maggior parte dei tentativi atti a misurare l’entità di tali costi si focalizza soltanto sui costi medici affrontati dal governo. Ed i costi diretti delle cure prestate costituiscono soltanto una frazione dei costi totali collegati alla salute mentale e alle condizioni cognitive. Ancora più alti sono i costi individuali e sociali a lungo termine derivanti dalla bassa produttività, da una minore qualità di vita, un aumento dei senzatetto, degli episodi di violenza domestica e dei suicidi. Una efficiente ed efficace assistenza ai veterani significherebbe una drastica riduzione di tali costi nel più lungo termine”.
Bush e il Congresso hanno la facoltà ed il potere di far sì che la situazione non peggiori. Non è tardi per aiutare i nostri veterani che tornano dalle guerre in Iraq e Afghanistan. Non è tardi per iniziare un monitoraggio adeguato al fine di assistere tutti quegli uomini e donne che hanno subito dei danni di tipo traumatico. Così come non è tardi per snellire un iter burocratico troppo complicato per l’ottenimento dell’indennizzo di invalidità. Come dimostra lo studio condotto dalla Rand, tutto questo non è soltanto nel migliore interesse dei veterani ma piuttosto, nel lungo termine, è nel migliore interesse di tutto il paese.
E per cominciare, basterebbe che l’Amministrazione Bush fornisse informazioni oneste e veritiere circa i costi in termini umani della guerra in Iraq.
Aaron Glantz, collaboratore di Foreign Policy In Focus, e’ autore di due libri sull’Iraq di prossima uscita: “The War Comes Home: Washington’s Battle Against America’s Veterans” (UC Press) e “Winter Soldier Iraq and Afghanistan: Eyewitness Accounts of the Occupations” (Haymarket). Cura il sito web WarComesHome.org.
Titolo originale: “The Truth About Veteran Suicides
“
Fonte: http://www.fpif.org/
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11.05.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA POMPEI
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