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La Redazione

 

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La svolta orwelliana nell’economia contemporanea

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A cura di Davide
Il 23 Dicembre 2016
210 Views

FONTE: REALNEWS.COM

L’economista Michael Hudson incontra Sharmini Peries e parla delle ultime elezioni americane e del suo nuovo libro “’J is for Junk Economics” (ndt: “E” come Economia-spazzatura)

SHARMINI PERIES:  Da Baltimore vi parla Sharmini Peries – di Real News Network. Il 20 gennaio prossimo Donald Trump assumerà i poteri presidenziali a Washington D.C.  

C’è una cosa che tutti si domandano: quali saranno le nuove politiche economiche di cui dovremmo preoccuparci seriamente. C’è un economista, Michael Hudson, che ha dedicato tempo e riflessioni sulla natura della professione di economista e sul modo in cui può indurre in errore l’opinione generale a vantaggio del famoso 1%.     Abbiamo oggi con noi Michael Hudson che ci parlerà del suo ultimo libro “J is for Junk Economics”, una guida di sopravvivenza al vocabolario economico nell’Era del Grande Inganno. Michael è un distinto professore di ricerche economiche dell’Università del Missouri di Kansas City. Grazie Michael per essere qui con noi.

MICHAEL HUDSON: Lieto di essere di nuovo qui a Baltimora.

PERIES: Allora Michael, il tuo nuovo libro ‘J is for Junk Economics’ sembra il sequel, se così posso dire, di ‘Killing the Host: financial parasites and debt bondage destroy the global economy’ (ndt: ‘Uccidi l’Ospite: parassiti finanziari e indebitamento distruggono l’economia mondiale’). Cosa lo ha ispirato?

HUDSON: Dunque, “Uccidi l’Ospite” è stato fondamentalmente una narrazione storica di come il settore finanziario abbia assunto il potere, sopraffatto il governo e contrastato le tendenze democratiche, ripristinando una vera e propria oligarchia finanziaria e facendo tornare l’Europa indietro nel tempo fino all’epoca dei moti del 1848, quei moti rivoluzionari tesi all’instaurazione di un’economia libera da proprietari, da monopoli e dalle banche padrone. Alla fine del 19° secolo si affermò una controtendenza economica che ridefinì l’idea del libero mercato. Adam Smith, John Stewart Mill e persino Marx scrissero sul concetto di libero mercato.

Intendevano un mercato libero da ricchi proprietari oziosi che percepivano, per diritto ereditario, rendite terriere senza mai lavorare; finanzieri e banchieri poi premevano per la creazione dei monopoli, che avrebbero dato vita a un reale capitalismo industriale, libero da tutti quei costi non necessari. Non c’era bisogno di una classe padrona che percepisse delle rendite. Intorno alla fine del 19° secolo i proprietari reagirono e affermarono che non esistevano ricchezze non guadagnate.

L’intera essenza dell’economia classica era l’affermazione della differenza tra il valore e il prezzo. Il valore è quello che costa, quanto costa realmente produrre un bene o un servizio. Tutto quello che costa può essere espresso in termini assunzione e di mantenimento dei lavoratori. Tutto quello che non rappresenta un costo reale è solo un privilegio. E’ solo un diritto acquisito di poter mettere su un casello e percepire un pedaggio.

Con “Uccidi l’Ospite” ho parlato di come questa ‘lotta’ sia stata condotta politicamente, ed essenzialmente di quello che è avvenuto da quando Margaret Thatcher e Reagan hanno introdotto il neoliberismo, adottato e perpetuato poi dai Clinton, dalla Gran Bretagna di Tony Blair e dall’Europa di oggi. “J is for Junk Economics” ha invece un diverso intendimento. Descrive il modo in cui il vocabolario economico sia stato modificato in modo Orwelliano fino a significare l’esatto opposto del senso delle parole indicate. Un libero mercato, oggi, equivale a un mercato in cui i proprietari sono liberi di far pagare quello che vogliono, in cui i monopolisti possono guadagnare quello che vogliono, senza alcuna regolamentazione.

L’unico intento è quello di creare una ‘metodologia’, un termine tecnico, lo so; intendo dire creare un modo perché dalle statistiche economiche appaia che, ad esempio, Goldman Sachs è un soggetto produttivo, che Donald Trump sia produttivo e che lo sono tutti quelli che attingono alle ricchezze del paese senza lavorare o rendere alcun servizio, senza contribuire al reddito e alla crescita nazionale. Voglio cioè dimostrare che quella che la gente considera un’ conomia scientifica – che fa apparire la povertà come un fatto naturale e Goldman Sachs e Trump come grandi creatori di posti di lavoro, invece che distruttori di lavoro – sia una cosa del tutto illogica.

Il vocabolario: si tratta di un A-Z di tutti i concetti necessari per penetrare questa retorica orwelliana che oggi viene spacciata per ‘economia tradizionale’. L’economia tradizionale è in realtà un’ economia spazzatura, fondata sull’idea che percepire una rendita senza lavorare sia perfettamente naturale, che un’economia solida non abbia bisogno di alcun governo e che tutte le decisioni possano essere prese a Wall Street, a Londra o a Parigi e in altre grandi piazze finanziarie.  “Lasciate che i finanzieri pianifichino tutto, perché sono le persone più produttive al mondo, i governi non sono altro che burocrazia!”

Ora, questo è esattamente l’opposto di quello che si pensava cento anni fa. Credo di aver citato prima in questo programma che il primo professore di economia di una scuola di studi imprenditoriali – la Horton School of Economics dell’università della Pennsylvania nel 19° secolo – è stato il prof. Simon Patton. Patton definì la realizzazione di infrastrutture e di strade pubbliche come il 4° fattore di produzione. Il più grande investimento di capitale di ogni paese è quello che il suo governo spende per strade, risorse idriche, sistemi fognari, infrastrutture di base, comunicazioni, reti telefoniche, utilizzo di risorse naturali e del territorio. Tutte queste cose oggi sono state privatizzate; e i costi di quei lavori che dipendono direttamente dal governo – ad esempio la sanità – vengono sempre più ridotti: l’idea fissa è quella di abbassare il costo della vita, ridurre i costi di business in modo da rendere l’economia più competitiva.

Bene, sotto il Thatcherismo o Clintonismo, come lo volete chiamare, l’idea è stata quella di lasciare tutto in mano ai monopolisti finanziati da Wall Street, che iniziano a percepire le loro ‘rendite’. Il risultato è stato trasformare l’America in un’economia ad alto costo. Quindi, quando arriva uno come Donald Trump e inizia a dire “Rendiamo di nuovo grande l’America”, quello che intendeva dire è in realtà: “Rendiamola di nuovo competitiva”. Ma come si fa a renderla più competitiva se gli americani devono sostenere costi sempre maggiori per la sanità, ad esempio, tanto quanto un asiatico guadagna in un anno intero? Anche se agli americani si dessero gratis cibo, abbigliamento ed altri generi di prima necessità, L’America non sarebbe ancora competitiva, a causa di tutti quei costi sostenuti dai cittadini americani che in altri paesi sono sostenuti dallo Stato: sanità, spesa pubblica, strade, ecc.

Questo era il sogno dell’America del 19° secolo. E’ quello che ha reso l’America il paese più competitivo del mondo e che gli ha consentito di far svendere gli altri. E’ quello che ha reso competitivi Germania e Giappone.

E ora tutto questo viene vanificato, annullato, come se tutto quello che è accaduto prima del 1980, prima della Thatcher, di Reagan e di Clinton, non fosse mai successo.  C’è stato un processo di annullamento di tutti gli strumenti di pensiero e del vocabolario che si utilizzava per distinguere tra profitti effettivamente attivi sugli investimenti di capitale e creazione di veri posti di lavoro, e quelle rendite finanziarie che altro non sono che caselli autostradali che estorcono denaro a prescindere dai reali costi di produzione.

PERIES: Hai detto una cosa molto importante, e cioè che la gente, almeno in quest’ ultima tornata elettorale, ha iniziato a credere che Donald Trump sia un creatore e non un distruttore di posti di lavoro. Cosa intendi precisamente e in che modo sono stati indotti in errore?

HUDSON: Non intendevo dire che credevano realmente che Trump fosse un creatore di posti di lavoro. Intendevo che lui li ha convinti di esserlo. E in effetti lui ha creato un sacco di nuovi posti di lavoro. Probabilmente non tanti quanti quelli che si sono persi nelle sue sale da gioco.

Io insegno a Kansas City e ho appena condotto uno studio sui motivi per cui la gente di lì va in rovina o in bancarotta. Ebbene, a Kansas City c’è una nave sul fiume dove la gente va, gioca e scommette. La maggior parte della gente che gioca finisce con il non poter più permettersi di pagare l’affitto di casa. Perdono anche il lavoro e pensano che ci sia un solo modo per poter pagare l’affitto e non finire per strada: devo scommettere 100 a 1: o quello o niente.

Quindi per loro questo è razionale: probabilmente perderò tutto, ma l’unico modo per sperare di restare a galla è quello di vincere la lotteria. E poi finiscono per perderci tutto alla lotteria. Così, l’idea di Donald Trump è che si possa convincere tutta la classe operaia che chiunque può diventare milionario, che chiunque può vincere a una lotteria. A chi non piacerebbe essere milionario e vincere al gioco?

E’ il gioco. Se ti va bene, vinci. Credo che sia un mito che la gente ama, che la gente vuole, un mito che quelli di Wall Street, le élite e le società immobiliari vogliono promuovere, nella speranza che la gente si senta così, come uno che da un momento all’altro può diventare un grande capitalista. Tutti si sentono dei potenziali Trump, e pensano “Ce la potrei anche fare”, ma in realtà non possono, poiché le probabilità a loro favore sono minime. Una solida teoria economica dimostrerebbe quanto siano minime le probabilità a favore della gente comune: dal 2008 ad oggi le persone sono diventate sempre più povere. Negli ultimi otto anni, durante l’intera amministrazione Obama, c’è stata una decisa flessione per il 95% della popolazione. Tutta la crescita è avvenuta solo in alto. E questo glielo dobbiamo far capire.

PERIES: Eppure, quando abbiamo sentito il presidente Obama parlare ai vari raduni per sostenere la candidatura della Clinton, in termini dell’eredità che lascia, tutto quello che ha detto è stato quanto oggi la situazione sia migliorata rispetto a quella che lui aveva trovato nel 2008. Cosa che è vera.

HUDSON: No, quello era il bacio della morte. E’ proprio questo che ha fatto perdere le elezioni alla Clinton. Immaginatevi la Clinton che dice al paese: “Ma vi ricordate come stavate otto anni fa?” La gente a quel punto ci pensa su e poi dice: “ Perché, stavamo peggio? Ma no! Stiamo peggio oggi! I salari sono scesi. Per il 95% di noi cittadini il salario reale si è ridotto. Siamo stati spremuti come limoni per l’assistenza sanitaria. Le spese immobiliari sono aumentate. Tutti i costi salgono, l’unica cosa che non sale sono i nostri stipendi e le condizioni di lavoro peggiorano ogni giorno.”. Credo che tutti gli elettori penserebbero: “Ma scherziamo? Stiamo peggio oggi!”

Il loro è stato un sentimento di ribellione. Hanno detto “Non ci fregate più. Qualunque siano gli oppositori, che vengano! Quelli là li dobbiamo cacciare. E anche se non possiamo eleggere uno buono, almeno riusciamo a cacciare i cattivi; e poi chissà, come nel gioco della roulette, magari esce un numero vincente e abbiamo risolto”. Sfortunatamente, non è andata così.

PERIES: Parliamo dunque di questi falsi miti spacciati alla gente, come quello appena citato di Obama e dei suoi discorsi durante la campagna elettorale del tipo “Ieri stavamo peggio di oggi”. In che modo sono riusciti a inculcare nell’opinione pubblica questi falsi miti e quali sono le terminologie – che citi nel tuo libro – che portano la gente a credere in quello che gli si dice?

HUDSON: Beh, un modo con cui li si convince che oggi stanno meglio che in passato è dicendo che il PIL, il prodotto interno lordo, è in costante aumento. È vero. Per l’economia, il prodotto interno lordo in realtà è salito dal 2008. Il problema è che lo ha fatto solo per il 5% della popolazione. E’ salito sì, tanto per Wall Street quanto per il 5% della popolazione, ma è diminuito per il restante 95%.

Ora non ricordo se ne ho già parlato prima in questa trasmissione, comunque: ero in Germania, a una conferenza archeologica e si parlava del passaggio dall’impero romano al feudalesimo. Molti dicevano che quello era un nuovo approccio economico, una nuova archeologia economica, che quella non era poi un’epoca così oscura come viene spesso definita, poiché si sono trovate tracce di molta ricchezza e lusso tra i ricchi proprietari terrieri; oh, sì, ai ricchi andava molto bene in quell’epoca, ma la maggior parte della popolazione è stata trasformata in servitù. Si facevano splendide ceramiche a quell’epoca, sì, ma solo per chi stava in alto nella scala sociale. C’era così tanto denaro in circolazione che, sì, c’era effettivamente una crescita economica. E così un’epoca di transizione all’asservimento della maggior parte della popolazione viene considerata un’epoca d’oro solo per il fatto che c’erano tante ricchezze accatastate solo in cima.

Dunque, è vera crescita o no? Se il Presidente Obama e Hillary Clinton hanno convinto gli elettori che il PIL è cresciuto, ma che non è stato condiviso tra tutti, allora c’e’ qualcosa che non va negli elettori. E’ come voler infierire sulle vittime. La Clinton ha praticamente mortificato gli elettori, li ha rimproverati di non essere stati in grado di beneficiare delle ricchezze di cui hanno invece largamente goduto Goldman Sachs, Wall Street, Chase Manhattan e tutti quegli altri grandi banchieri che non sono mai finiti in galera. Ma a molti non è andata giù, a molti non è piaciuto sentirsi vittime e hanno pensato che Donald Trump, invece, non li avrebbe fatti sentire come vittime, che avrebbe fatto qualcosa per loro, oltre a continuare ad arricchire se stesso.

PERIES: Ok, ma perché dare la colpa ad Obama? Non è forse vero che ha ereditato un’economia disastrata e depressa?

HUDSON: Sì, sono convinto che il motivo per cui Obama sia stato anche peggio di Bush e Clinton è che questo poteva il momento di una svolta importante. Quando uno pensa ai grandi presidenti del passato, di solito li collega a una guerra o a un importante svolta storica del paese. Obama ha promesso speranza e cambiamento, ma era solo demagogia: non ha portato né speranza e né cambiamento. L’unica speranza era per Wall Street. Ha lasciato tutto nelle mani dei suoi sostenitori di Wall Street, e invece di realizzare un cambiamento, ha consegnato l’economia del paese a Wall Street. Ha consegnato il Tesoro a Robert Rubin e a quella sua gang di Wall Street che appoggiò Bill Clinton, una delle banche più corrotte del paese, Citigroup, che Sheila Bair voleva far chiudere e trasformare in un ente pubblico. Ha consegnato il Dipartimento di Giustizia a factotum di Wall Street come Eric Holder, che non ha voluto mandare in galera neanche uno dei banchieri corrotti.

In sostanza, sembrava che volesse rappresentare la gente comune, e invece picchiava duro su di essa. Proprio come ha picchiato duro a Chicago.

PERIES: Grazie Michael. Passiamo ora alla prossima parte del nostro programma e parliamo del tuo nuovo libro.

Michael Hudson è professore emerito di Ricerche Economiche presso l’Università del Missouri di Kansas City. E’ autore di: “Oltre La Bolla” (The Bubble and Beyond) e “Capitalismo Finanziario e suoi Disagi” (Financial Capitalism and its Discontents). Il suo ultimo libro è “Uccidi l’Ospite: parassiti finanziari e indebitamento stanno uccidono l’economia globale” (Kill the Host: financial parasites and debt bondage destroy the Global Economy)

Fonte: www.informationclearinghouse.info

Link: http://www.informationclearinghouse.info/46015.htm

11.12.2016

 

Traduzione per www.comedonchisciotre.org a cura di SKONCERTATA63

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