IRAQ: UNA GUERRA PER ISRAELE

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blank DI MARK WEBER – Istituto per la Revisione Storica (maggio 2005)

L’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel marzo-aprile 2003, e l’occupazione del paese da
quel momento, è costato più di 1500 vite americane e molte decine di miliardi di dollari, ed ha portato
morte a molte migliaia di iracheni.

Perché il Presidente Bush ha deciso di andare in guerra?
Nell’interesse di chi è stata iniziata?

Nei mesi che condussero all’attacco, il Presidente Bush ed altri funzionari americani ripetutamente avvertirono che la minaccia posta agli Stati Uniti ed al mondo da parte del regime di Baghdad era così grave ed imminente che gli Stati Uniti dovevano agire in fretta per bombardare, invadere ed occupare l’Iraq.
Il 28 Settembre 2002, per esempio, disse: “Il pericolo per il nostro paese è grave e sta crescendo. Il
regime iracheno è in possesso di armi biologiche e chimiche, sta ricostruendo i mezzi per crearne altre
e, secondo il governo Britannico, potrebbe lanciare un attacco biologico o chimico in poco tempo, come
45 minuti dopo che l’ordine sia partito… Questo regime sta cercando una bomba nucleare, e con del materiale fissile potrebbe costruirne una in un anno.”

Il 6 Marzo 2003, il Presidente Bush dichiarò: “Saddam Hussein e le sue armi sono una minaccia diretta a
questo paese, alla nostra gente, ed a tutti gli uomini liberi…Io credo che Saddam Hussein sia una minaccia
per il popolo americano. Credo che sia una minaccia per il vicinato in cui vive. Ed ho buone prove per
crederlo. Ha armi di distruzione di massa… gli americani sanno che ha armi di distruzione di massa.”

Queste affermazioni erano false. Come il mondo ora sa, l’Iraq non era in possesso di pericolose “armi di
distruzione di massa”, e non costituiva alcuna minaccia per gli Stati Uniti. Inoltre, i suggerimenti
degli allarmisti che il regime di Baghdad stesse lavorando con la “rete terroristica” di al-Quaeda sono
stati ugualmente provati essere senza fondamento.

Così se le ragioni ufficiali fornite per giustificare la guerra erano false, perchè gli Stati Uniti attaccarono?

Qualunque fossero le ragioni secondarie per la guerra in Iraq, il fattore cruciale nella decisione del
Presidente Bush di attaccare fu di aiutare Israele.
Con il supporto di Israele e della lobby ebreo-sionista d’America, e stimolati dai “neo-conservativi” ebrei che ricoprono posti di alto livello nella sua amministrazione, il Presidente Bush – già ferventemente impegnato a favore di Israele – decise di invadere e sottomettere uno dei principali nemici regionali di Israele.

Questo è così ampiamente compreso a Washington che il Senatore degli Stati Uniti Ernest Hollings fu
portato nel Maggio 2004 a riconoscere che gli Stati Uniti invasero l’Iraq “ per mettere Israele al sicuro”, e che “tutti” ne sono a conoscenza. Inoltre identificò tre degli influenti ebrei pro-Israele a
Washington che giocarono un ruolo importante nello stimolare gli Stati Uniti alla guerra: Richard Perle,
presidente della Commissione della Linea di Difesa del Pentagono; Paul Wolfowitz, Vice Segretario alla
Difesa; e Charles Krauthammer, colonnista ed autore. [1]

Hollings si riferì alla codarda riluttanza dei suoi colleghi del Congresso a riconoscere questa verità
apertamente, dicendo che “ nessuno vuole alzarsi in piedi e dire ciò che sta accadendo.” A causa delle “pressioni che abbiamo politicamente,” aggiunse, membri del Congresso appoggiano senza criterio Israele
e le sue politiche.

Alcuni mesi prima dell’invasione, il Generale a Quattro stelle, in pensione, dell’Esercito degli Stati
Uniti ed ex Comandante Alleato Supremo della NATO Wesley Clark disse in un’intervista:
“Coloro a favore di questo attacco [da parte degli Stati Uniti contro l’Iraq] ora vi diranno candidamente, e privatamente, che è probabilmente vero che Saddam Hussein non è una minaccia per gli Stati Uniti. Ma temono che ad un certo punto possa decidere, se avesse un’arma nucleare, di usarla contro Israele.” [2]

Ferventemente Pro-Israele

L’appoggio fervente del presidente Bush ad Israele ed al suo premier dalla linea dura è ben noto. Egli lo
riaffermò, per esempio, nel Giugno 2002 in un discorso importante sul Medio Oriente. Secondo “ noti
commentatori Israeliani”, il London Times riportò, l’indirizzo fu così “pro-Israele che avrebbe potuto
essere stato scritto da Ariel Sharon.” [3]

Condoleeza Rice, Consigliere della Sicurezza Nazionale di Bush, echeggiò le vedute del Presidente in
un’intervista nel Maggio 2003, dicendo che la “sicurezza di Israele è la chiave per la sicurezza
del mondo.” [4]

Nell’indirizzare gli attivisti pro-Israele alla Convention del Comitato Americano per gli Affari
Pubblici di Israele (AIPAC) del 2004, Bush disse: “Gli Stati Uniti sono fortemente impegnati, ed io sono
fortemente impegnato, per la sicurezza di Israele quale vibrante stato Ebreo.” Disse inoltre ai
radunati: “Difendendo la libertà e la prosperità e la sicurezza di Israele, voi state allo stesso tempo
servendo la causa Americana.” [5]

Piani a Lungo Raggio

I piani ebreo-sionisti per la guerra contro l’Iraq sono lì da anni.

A metà 1996, una carta di linea politica preparata dall’allora Primo Ministro Israeliano Benjamin
Netanyahu delineò una grandiosa strategia su Israele nel Medio Oriente. Intitolata “Un Colpo Pulito: Una
Nuova Strategia per Assicurare il Regno,” fu scritta sotto gli auspici di una mente armata Israeliana,
l’Istituto per gli Studi di Strategia e Studi Politici Avanzati. In particolare, si appellava ad uno
“sforzo [che] potesse focalizzarsi nel rimuovere Saddam Hussein dal potere in Iraq, un importante
obiettivo Israeliano strategico in suo diritto…” [6]

Gli autori di “ Un Colpo Pulito” includevano Richard Perle, Douglas Feith, e David Wurmser, tre ebrei
influenti che più tardi ricoprirono posizioni di alto livello nell’amministrazione Bush 2001-2004: Perle come presidente della Commissione della Difesa, Feith come Sottosegretario della Difesa, e Wurmser come assistente speciale del Sottosegretario di Stato per il Controllo delle Armi.

Il ruolo giocato dai funzionari dell’amministrazione Bush associati ai due maggiori centri di ricerca “neoconservativi” pro-sionisti è giunto sotto gli occhi del The Nation, l’influente settimanale di affari
pubblici. [7]

L’autore, Jason Vest, esaminò lo stretto legame tra l’Istituto Ebreo per gli Affari di Sicurezza Nazionale(JINSA) ed il Centro Linea Politica di Sicurezza (CSP), dettagliando le connessioni tra
questi gruppi e vari politici, mercanti d’armi, uomini militari, ricchi ebrei americani pro-Israele, ed
amministrazioni presidenziali repubblicane.

Membri JINSA e CSP, nota Vest, “sono ascesi a posti governativi di potere, dove…hanno fatto in modo di
tessere un numero di argomenti – supporto per la difesa missilistica nazionale, opposizione ai trattati
di controllo sulle armi, campionatura di sistemi di armi ad ampio spreco, aiuto armato alla Turchia ed
unilateralismo americano in generale – in una linea dura, con appoggio alla destra Israeliana al suo vero
centro… Su nessun argomento la linea dura della JINSA/CSP è più evidente che nella sua implacabile
campagna per la guerra – non solo con l’Iraq, ma verso la “guerra totale”, come Michael Ladeen, uno dei più
influenti JINSAziani di Washington, la chiama… Per questo team, “il cambio di regime” con ogni mezzo
necessario in Iraq, Siria, Arabia Saudita e l’Autorità Palestinese è un imperativo urgente.”

Samuel Francis, autore, editore e colonnista, si è anche addentrato nel ruolo dei “neoconservativi” nel
fomentare la guerra. [8]

“La mia stessa risposta,” scrisse, “è che la menzogna [che un’Iraq massivamente armata rappresentasse una grave ed imminente minaccia per gli Stati Uniti] fu fabbricata dai neoconservativi dell’amministrazione
la cui prima lealtà è ad Israele e ai suoi interessi e chi voleva che gli Stati Uniti distruggessero l’Iraq
perchè rappresentava la maggiore potenziale minaccia per Israele, nella regione. È noto che hanno spinto
per la guerra in Iraq almeno fin dal 1996, ma non ne avevano potuto fare un caso effettivo fino all’11
Settembre 2001…

“Ciò che avveniva all’interno dell’amministrazione Bush non era meno di un nido di traditori degli anelli
di spie sovietiche dell’era del Nuovo Accordo, e se la realtà politica non richiede il suo smascheramento,
lo fa la pura lealtà agli Stati Uniti.”

Negli eventi che seguirono gli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001, gli ardenti pro-sionisti
“neoconservativi” dell’amministrazione Bush – che per anni avevano rincorso una guerra nel Medio Oriente per affermare la sicurezza di Israele nella regione – sfruttarono la tragedia per portare avanti i loro
piani. In questo furono appoggiati dal governo israeliano, che fece anch’esso pressione sulla Casa
Bianca affinchè si colpisse l’Iraq.

Il corrispondente a Gerusalemmedel Guardian, il rispettato quotidiano Britannico, riportò nell’Agosto
2002: “ Israele ha segnalato ieri la sua decisione di fare pubblica pressione sul Presidente George Bush
affinchè vada avanti con un attacco militare sull’Iraq, anche se ritiene che Saddam Hussein possa
vendicarsi attaccando Israele.” [9]

Tre mesi prima dell’invasione degli Stati Uniti, il giornalista ben informato di Washington, Robert Novak,
riportò che il primo ministro Israeliano Sharon diceva ai leader politici Americani che “ l’assistenza
più grande che gli Stati Uniti potessero dare ad Israele sarebbe stato di rovesciare il regime di
Saddam Hussein in Iraq.” Inoltre, aggiunse Novak, “quell’idea è ampiamente condivisa all’interno
dell’amministrazione Bush, ed è una delle ragioni maggiori perchè le forze statunitensi oggi si stanno
preparando alla guerra.” [10]

Un ex senior funzionario dello spionaggio militare Israeliano ha riconosciuto che le agenzie di
spionaggio Israeliane furono partner totali degli Stati Uniti e del Regno Unito nel produrre analisi
pre-guerra ampiamente esagerate sull’abilità dell’Iraq di fare guerra. Shlomo Bron, generale di
brigata nelle riserve militari di Israele, e senior ricercatore in uno dei maggiori centri di analisi
militari Israeliane, disse che le informazioni provviste da Israele giocarono un ruolo significativo
nell’appoggiare il caso statunitense e britannico per cominciare la guerra. Le agenzie di spionaggio
Israeliane, disse, “di gran lunga sopravvalutarono la minaccia irachena ad Israele e rinforzarono la
convinzione americana e britannica che le armi [di distruzione di massa] esistessero.” [11]

Per alcuni leader ebrei, la guerra in Iraq è parte di uno sforzo a lungo raggio per installare regimi
amichevoli con Israele per tutto il Medio Oriente.

Norman Podhoretz, scrittore ebreo prominente ed ardente supportatore di Israele, è stato per anni
editore del Commentario, l’influente mensile sionista.

Nel numero di Settembre 2002 scrisse: “I regimi che meritano riccamente di essere soverchiati e
sostituiti non sono confinati ai membri scelti dell’asse del male [Iraq, Iran, Nord Corea]. Come
minimo, gli assi dovrebbero estendersi a Siria, Libano e Libia, così come ad “amici” dell’America come la
famiglia reale saudita e l’Hosni Mubarak egiziano, insieme alle Autorità Palestinesi, sia capeggiate da
Arafat sia da uno dei suo uomini.”

Patrick J. Buchanan, il ben noto scrittore e commentatore ed ex direttore delle Comunicazioni della
Casa Bianca, è stato franco nell’identificare coloro che fecero pressioni per la guerra: [12]

“Noi accusiamo una cabala di polemicisti e pubblici funzionari di cercare di intrappolare il nostro paese
in una serie di guerre che non sono nell’interesse dell’America. Li accusiamo di collusione con Israele
al fine di fomentare quelle guerre e distruggere gli Accordi di Oslo. Li accusiamo di danno deliberato alle
relazioni statunitensi con ogni stato del mondo arabo che provochi Israele o appoggi il diritto della gente
palestinese ad una terra che appartenga a loro. Li accusiamo di aver alienato amici ed alleati del mondo
islamico ed occidentale con la loro arroganza, superbia e bellicosità…”

“Cui Bono? A beneficio di chi queste infinite guerre in una regione che detiene niente di vitale per
l’America tranne il petrolio, che gli arabi devono venderci per sopravvivere? Chi beneficerebbe da una
guerra di civiltà tra l’Occidente e l’Islam?

“Risposta: una nazione, un leader, un partito. Israele, Sharon, Likud.”

Uri Avnery – giornalista e scrittore israeliano, tre volte membro del parlamento israeliano – vede la guerra in Iraq come un’espressione di immensa influenza e potere ebreo. In un saggio scritto alcune settimane dopo l’invasione degli Stati Uniti, scrisse: [13]

“Chi sono i vincitori? Sono I cosiddetto neo-cons, o neoconservatori. Un gruppo compatto, di cui quasi
tutti I membri sono ebrei. Essi detengono le posizioni chiave nell’amministrazione di Bush così come nei
centri di analisi militari che giocano un ruolo importante nel formulare la linea politica americana e
le pagine di manipolazione mentale dei giornali influenti… L’immensa influenza di questo gruppo largamente ebreo sboccia dalla sua stretta alleanza con i fondamentalisti cristiani di estrema destra, che oggigiorno
controllano il partito repubblicano di Bush.

…Apparentemente tutto questo è bene per Israele. L’America controlla il mondo, noi controlliamo
l’America. Mai prima d’ora gli ebrei hanno esercitato una tale immense influenza sul centro del potere
mondiale.”

In Gran Bretagna, un membro veterano della Casa dei Comuni Britannica, nel Maggio 2003, apertamente
dichiarò che gli ebrei avevano preso controllo della politica estera americana, ed erano riusciti a
spingere gli Stati Uniti alla guerra. “Una cabala ebrea ha preso possesso del governo degli Stati Uniti
ed ha formato un’alleanza maledetta con i fondamentalisti cristiani,” disse Tam Dalyell, deputato del partito Labour ed il membro che più a lungo ha servito la Casa. “ C’è troppa influenza ebrea negli Stati Uniti,” aggiunse. [14]

Sommario

Per molti anni ad oggi, I presidenti americani di entrambi i partiti sono stati fedelmente asserviti ad
Israele e alla sua sicurezza. Questa politica rafforzata è un’espressione della presa ebreo-sionista sulla
vita politica e culturale americana. Fu il fervente supporto ad Israele — condiviso dal Presidente Bush,
funzionari d’amministrazione di alto rango e quasi l’intero Congresso degli Stati Uniti – che si provò
cruciale nella decisione di invadere e sottomettere uno dei più grandi nemici regionali di Israele.

Mentre l’invasione non provocata dell’Iraq da parte degli Stati Uniti può aver aiutato Israele, così
come coloro che vollero e pianificarono la guerra avevano sperato, è stata una calamità per l’America
ed il mondo. È costata decine di migliaia di vite e molte decine di miliardi di dollari. Nel mondo, ha
generato una diffidenza ed una ostilità senza pari verso gli Stati Uniti, ed ha generato molti più
adepti ai ranghi dei “terroristi” anti-americani.

Gli americani hanno già pagato un alto prezzo per il loro impegno nazionale a favore d’Israele. Pagheremo
un prezzo ancora più alto – non solo in dollari o prestigio internazionale, ma in vite di giovani uomini
scialacquate per gli interessi di una stato straniero – finchè la presa ebreo-sionista sulla vita politica
degli Stati Uniti verrà finalmente spezzata.

Mark Weber
Fonte: www.thetruthseeker.co.uk
Link:http://www.thetruthseeker.co.uk/article.asp?ID=3221
maggio 2005

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura
di SIMONA DEL NEGRO

Note
1. Remarks by Ernest F. Hollings, May 20, 2004. Congressional Record — Senate, May 20, 2004, pages S5921-S5925.
2. The Guardian (London), August 20, 2002.
3. R. Dunn, “Sharon Could Have Written Speech,” The Times (London), June 26, 2002.
4. A. S. Lewin, “Israel’s Security is Key to Security of Rest of World,” Jewish Press (Brooklyn, NY), May 14, 2003. Ricès interview with the Israeli daily Yediot Aharnonot is quoted.
5. Bush address to AIPAC convention, Washington, DC, May 18, 2004.
6. Text posted at: www.israeleconomy.org/strat1.htm See also: J. Bamford, A Pretext for War (Doubleday, 2004), pages 261-269; B. Whitaker, “Playing Skittles with Saddam,” The Guardian (Britain), Sept. 3, 2002.
7. 7. J. Vest, “The Men From JINSA and CSP,” The Nation, Sept. 2, 2002.
8. S. Francis, “Weapons of Mass Deception: Somebody Lied,” column of Feb. 6, 2004.
9. Jonathan Steele, “Israel Puts Pressure on US to Strike Iraq,” The Guardian (London), August 17, 2002.
10. Robert Novak, “Sharon’s War?,” column of Dec. 26, 2002.
11. L. King, “Ex-General Says Israel Inflated Iraqi Threat,” Los Angeles Times, Dec. 5, 2003.
12. P. J. Buchanan, “Whose War?,” The American Conservative, March 24, 2003.
13. Uri Avnery, “The Night After,” CounterPunch, April 10, 2003.
14. F. Nelson, “Anger Over Dalyell’s ‘Jewish Cabal’ Slur,” The Scotsman (Edinburgh), May 5, 2003; M.
White, “Dalyell Steps Up Attack On Levy,” The Guardian (London), May 6, 2003.

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