Di Eliseo Bertolasi per ComeDonChisciotte.org
Il 9 maggio in tutta la Russia come in gran parte dello spazio ex-sovietico si celebra il “Den’ Pobedy”, (il Giorno della Vittoria), per commemorare la Vittoria sul nazi-fascismo nella Grande Guerra Patriottica (1941-1945). Una festa maestosa, profondamente sentita da tutti.
Il “Giorno della Vittoria” non è solo la celebrazione della fine di una delle peggiori guerre della storia. Il Giorno della Vittoria è, prima di tutto, una festa del coraggio, dell’onore, un monito di quanto sia importante l’unità del popolo, perché è stato unendosi e alzandosi tutti insieme in difesa della Patria che l’URSS riuscì a conseguire la Vittoria.
Come osservato dalla presidente della Fondazione di Prospettiva Storica, la politologa, dottoressa in scienze storiche Natalia Narochnitskaya, per la Vittoria nella Grande Guerra Patriottica: “Lo spirito venne rianimato, non internazionalista, basato sul calpestio di tutto ciò che era russo, come negli anni ‘20 nella scuola rossa, ma al popolo fu restituito Suvorov, Kutuzov, Aleksandr Nevskij. Questo spirito di continuazione della storia, orgoglioso di ciò, risvegliò di nuovo il sentimento nazionale tra il popolo, distrutto dalla lotta di classe, e il filo spezzato della storia russa e sovietica fu riannodato, e questo portò alla Vittoria”.
Il ricordo di quella guerra terribile è ben vivo nella memoria individuale e collettiva della Russia e di gran parte dello spazio sovietico. In quegli anni il popolo sovietico pagò un tributo altissimo di vite umane per respingere l’invasione tedesca, stime approssimative parlano di ben oltre venti milioni di morti. Nessuno saprà mai quanti militari e civili morirono in quella guerra. Non c’è famiglia che in quegli anni drammatici non perse qualcuno dei propri cari. Dimenticare non si può e non si deve! Svilire o rimuovere tale ricorrenza sarebbe uno sfregio intollerabile all’identità individuale e collettiva.
Commemorare questa Vittoria, pertanto, è una questione non solo di onore e di coraggio, ma anche di rispetto, di gratitudine sia verso i propri cari caduti, sia in generale verso tutti coloro che diedero la loro vita per liberare la propria Patria.
La Grande Guerra Patriottica
La Grande Guerra Patriottica, che fa parte della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), iniziò all’alba del 22 giugno 1941, quando la Germania nazista, violando i trattati sovietico-tedeschi del 1939, attaccò l’Unione Sovietica. L’Italia e la Romania si schierarono con la Germania, la Slovacchia si aggiunse il 23 giugno, la Finlandia il 25 giugno, l’Ungheria il 27 giugno e la Norvegia il 16 agosto.
La guerra durò quasi quattro anni e divenne il conflitto armato più grande e sanguinoso della storia. Sul fronte, che si estendeva dal Mare di Barents al Mar Nero, su entrambi i lati in diversi periodi della guerra, combatterono contemporaneamente da 8 milioni a 13 milioni di persone, da 6mila a 20mila unità di veicoli corazzati, da 85mila a 165mila cannoni e mortai, da 7mila a 19mila aerei.
Nei loro piani aggressivi, i nazisti puntavano principalmente ad una “guerra lampo”: sconfiggere l’Armata Rossa nel giro di un mese e mezzo o due, conquistare Mosca e Leningrado (oggi San Pietroburgo), conquistare le aree industriali della parte europea dell’URSS, raggiungere la linea Arkangel’-Volga e con potenti colpi d’aviazione sulle regioni industriali degli Urali porre fine vittoriosamente alla guerra contro l’Unione Sovietica. I loro piani prevedevano poi lo smembramento dell’URSS, distaccando da essa l’Ucraina, la Bielorussia, gli Stati baltici, la Crimea, la Moldavia e il Caucaso.
Tuttavia, le speranze dei tedeschi in una rapida vittoria sul popolo sovietico con una campagna a breve termine presto fallirono. Le truppe sovietiche esaurirono il nemico in sanguinose battaglie, costringendolo a mettersi sulla difensiva lungo l’intero fronte tedesco-sovietico. L’Armata Rossa sconfisse le truppe del Terzo Reich in grandi battaglie: vicino a Mosca, Stalingrado (ora Volgograd), Leningrado, Kursk, sul Dnepr, in Bielorussia e negli Stati baltici. Dopo aver liberato il territorio dell’URSS e i paesi dell’Est-Europa dall’occupazione nazista, interagendo con gli eserciti alleati nella coalizione anti-Hitler, l’Armata Rossa completò la sconfitta della Germania nazista arrivando fino a Berlino nel 1945.
Le azioni offensive decisive delle truppe sovietiche furono eseguite su un fronte di mille chilometri e dispiegate fino a centinaia di chilometri in profondità.
Sul fronte sovietico-tedesco la Germania nazista subì le perdite maggiori rispetto al fronte in Europa Occidentale. Le truppe sovietiche catturarono e sconfissero 607 divisioni nemiche. Le perdite irreparabili della Germania e dei suoi alleati sul fronte sovietico-tedesco ammontarono a oltre 8,5 milioni di persone. Più del 75% di tutte le armi e l’equipaggiamento militare nemico furono catturati e distrutti. Ma l’Unione Sovietica dovette pagare un prezzo enorme per la vittoria. Le perdite umane totali (direttamente durante l’intera guerra) del popolo sovietico ammontarono a circa 27 milioni di persone. Gli occupanti distrussero completamente o parzialmente 1.710 città e paesi, oltre 70mila villaggi.
Den’ Pobedy
Era la notte del 9 maggio 1945, quando 79 anni fa vicino a Berlino veniva firmato l’Atto di resa incondizionata della Germania nazista. L’Atto fu firmato dal maresciallo sovietico Georgij Zhukov e dal feldmaresciallo tedesco Wilhelm Keitel, sul documento posero le loro firme anche i rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti.
La cattura di Berlino fu il risultato dell’operazione offensiva strategica, durante la quale fu necessario sconfiggere le principali forze dei gruppi militari tedeschi della Vistola e del Centro, prendere la capitale del Terzo Reich, raggiungere l’Elba e unirsi agli alleati dell’URSS nella coalizione anti-Hitler che avanzava da Ovest.
L’attacco iniziò il 20 aprile, il 30 aprile, la battaglia per il Reichstag.
Alle 15:00 del 2 maggio la resistenza a Berlino era completamente cessata: 135mila soldati, guidati dal generale Helmuth Weidling, si arresero.
L’Atto di resa incondizionata della Germania fu firmato per la prima volta il 7 maggio alle 02:41, secondo l’ora dell’Europa centrale, a Reims in Francia, dai rappresentanti degli alti comandi della Wehrmacht, degli alleati occidentali e dell’URSS. Ma, su richiesta di Stalin, una seconda firma della resa ebbe luogo nella notte tra l’8 e il 9 maggio a Berlino Karlshorst.
Va precisato che quando il documento venne firmato a Berlino, erano le 22:43, ora dell’Europa centrale, dell’8 maggio, mentre a Mosca in quel momento erano già le 00:43 quindi del 9 maggio. La discrepanza nelle date, 8 o 9, si è verificata proprio a causa di questa differenza oraria.
La sera del 9 maggio i fuochi d’artificio illuminarono e riecheggiarono su Mosca per festeggiare la vittoria. Era vero! La guerra era finita!
Il ritornello della canzone patriottica “Den’ Pobedy” esprime esattamente quanto fosse attesa questa Vittoria:
Questo Giorno della Vittoria odora di polvere da sparo
Questa è festa coi capelli grigi sulle tempie
Questa è gioia con le lacrime agli occhi
Giorno della Vittoria!
Giorno della Vittoria!
Giorno della Vittoria!
Parata della Vittoria
Il primo Giorno della Vittoria trascorse senza parata militare; per la prima volta questa solenne sfilata ebbe luogo sulla Piazza Rossa solo il 24 giugno.
Si prepararono con cura e per molto tempo, le immagini e i filmati di quella parata fanno parte della storia. La parata fu comandata dal maresciallo dell’Unione Sovietica Konstantin Rokossovskij e dal maresciallo dell’Unione Sovietica, tre volte eroe dell’Unione Sovietica Georgij Zhukov. I soldati vittoriosi gettano ai piedi del mausoleo di Lenin duecento stendardi nazisti.
L’anno successivo la sfilata divenne parte integrante della celebrazione.
Tuttavia, la magnifica celebrazione del Giorno della Vittoria durò solo tre anni. A partire dal 1948, in un paese distrutto dalla guerra, le autorità ritennero necessario dare priorità alla ricostruzione delle città, delle fabbriche, delle strade, degli istituti scolastici e al ripristino delle risorse del Paese. Smisero perciò di stanziare ingenti fondi dal bilancio per la celebrazione di questo evento storico e non concessero alla ricorrenza il previsto giorno festivo, di assenza dal lavoro.
Fu Leonid Brezhnev che contribuì a celebrare nuovamente il Giorno della Vittoria: nel 1965, nel ventesimo anniversario della Grande Vittoria, il 9 maggio fu nuovamente festeggiato.
In epoca sovietica, le parate militari si tennero nella capitale solo durante gli anniversari: 1965, 1985 e 1990.
Dopo il crollo dell’URSS, nella Federazione Russa, solo il 9 maggio 1995 si svolse la parata militare per commemorare il cinquantesimo anniversario del Giorno della Vittoria.
Sempre nel 1995 fu approvata una legge, secondo la quale il 9 maggio veniva dichiarato giorno festivo, inoltre il Giorno della Vittoria doveva essere celebrato ogni anno con una parata militare e salve di artiglieria.
Nella Russia attuale, il Giorno della Vittoria continua a rimanere una festa grandiosa. In questo giorno, i cittadini di tutte le età, si recano in massa verso monumenti e memoriali, deponendo fiori e ghirlande. I veterani escono indossando le loro divise ricolme di onorificenze. In molte piazze si svolgono concerti e spettacoli, si cantano le canzoni patriottiche. Le celebrazioni durano dalla mattina fino a tarda notte. La sera infine il cielo s’illumina di fuochi d’artificio.
Dal 2012 nel Giorno della Vittoria si svolge anche la sfilata del “Reggimento Immortale”. In quell’anno la sfilata si tenne per la prima volta a Tomsk. Da allora, l’azione è diventata parte integrante delle celebrazioni del 9 maggio, alla quale ogni anno partecipano sempre più persone non solo in molte città della Russia, ma anche all’estero dove ci sia una cospicua presenza di cittadini russi.
Azioni come il “Reggimento Immortale” aiutano a non dimenticare coloro che presero parte alla Grande Guerra Patriottica. Queste sfilate si trasformano letteralmente in un fiume di persone che reggono foto fiori e bandiere. L’iniziativa dà l’opportunità di portare in parata un ritratto dei propri nonni e bisnonni, in tal modo onorandoli e ricordandoli. Sempre più spesso vengono alzate foto di propri cari morti di recente soprattutto nel conflitto che insanguina il Donbass da 10 anni.
Un nuovo attributo del 9 maggio è il nastro di San Giorgio, un simbolo di eroismo, e coraggio. La denominazione è in onore dell’Ordine di San Giorgio, fondato dall’imperatrice Caterina II nel 1769, il suo aspetto con i colori alternati nero e arancione simboleggia, secondo una versione, fumo (o polvere da sparo) e fuoco.
Nel dicembre 2022, il presidente Vladimir Putin ha firmato una legge secondo la quale il nastro di San Giorgio è equiparato ai simboli della gloria militare e la sua profanazione pubblica è punibile con una multa o la reclusione.
I nastri sono stati distribuiti per la prima volta nel 2005. Da allora, alla vigilia delle festività, vengono distribuiti gratuitamente nei luoghi pubblici, nei negozi e negli istituti scolastici. Ogni partecipante indossa con orgoglio questo nastro sul petto, rendendo omaggio a coloro che sono morti per la Vittoria e la pace.
Di Eliseo Bertolasi per ComeDonChisciotte.org
09.05.2024
Eliseo Bertolasi, PhD in antropologia, russista, interprete e traduttore di lingua russa, analista geopolitico.
NOTE
https://www.stoletie.ru/tekuschiiy_moment/vozvrashhenije_k_istokam_647.htm