di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
Nel mondo attuale e globalizzato costruito sulla perenne frode in materia economica e monetaria, capita che nel nostro paese un gruppetto di avventurieri, composto da un economista bocconiano, un trader e un figlio di un noto economista, abbiano coniato il termine “moneta fiscale” per intestarsi l’invenzione di un qualcosa che nel mondo esiste già da almeno cinquemila anni.
Sto parlando della moneta fiat, quella resa desiderabile e quindi anche necessaria a chi non la emette, attraverso il meccanismo dell’imposizione fiscale.
La banconota da 50 euro che tutti noi abbiamo nei nostri portafogli (come del resto anche tutti gli altri tagli), non è altro che un credito fiscale (tax-credit in lingua inglese) che lo Stato ci concede.
Niente di più!
Del resto il destino già segnato dalla sua nascita del denaro cartaceo, come quello di ogni numero elettronico di cui entriamo in possesso sui nostri conti bancari – proveniente dalla spesa pubblica dei governi – è quello di circolare dentro il settore privato fino al giorno che non verrà utilizzato per il pagamento delle tasse.
Non esiste percorso alternativo!
Stessa identica cosa avviene con gli ormai famosi crediti fiscali: il Tesoro emette dal nulla un pezzo di carta o un numero elettronico (esattamente come avverrebbe con la creazione monetaria, qualora la emettesse direttamente anziché demandarla alla Banca Centrale), lo distribuisce attraverso le viarie misure di spesa pubblica (come avvenuto con i bonus edilizi) ed infine lo riceve indietro nel momento che il possessore decide con questo tipo di crediti di pagarci le tasse.
Se vogliamo essere ancora più terra terra nella spiegazione, per rendere ancora più chiaro il concetto, possiamo analizzare il tutto dal lato di chi li riceve: è palese che non esiste la ben che minima differenza, fra ricevere dal Tesoro mille euro sul proprio conto per acquistare la nuova caldaia ed allo stesso tempo, ricevere i soliti mille euro in crediti fiscali, i quali possono essere facilmente ceduti a saldo del pagamento a chi ci fornisce quella stessa caldaia.
La differenza, in termini di appetibilità, potrebbe esistere solo e soltanto, se il governo per decreto, rendesse questi crediti fiscali non trasferibili. Facendo perdere alla valuta la caratteristica di mezzo di pagamento e togliendo di conseguenza tutta la capacità di moltiplicare il suo effetto dentro il sistema economico.
Ed è quello che è avvenuto con il governo attuale presieduto da Giorgia Meloni, su impulso e decisione del precedente, a guida Mario Draghi.
In poche parole, il provvedimento di bloccare la trasferibilità dei crediti fiscali derivanti dalla spesa del governo per i vari bonus, produce lo stesso effetto come se si rendessero non trasferibili tutte le banconote presenti nelle nostre tasche ed i numeri elettronici dentro i nostri conti bancari.
Se quel governo malauguratamente adottasse questo tipo di provvedimento, il risultato sarebbe quello di bloccare di colpo tutto il sistema economico, compromettendo in modo definitivo crescita e benessere per quel paese.
Compreso ciò, mi viene da sorridere quando, in tema di crediti fiscali, sento ancora molti esperti del settore definirli “moneta parallela”. Persino il già citato gruppo della “moneta fiscale” (dimostrando così di non conoscere nemmeno quello che propongono) continua a definirli tali; per non parlare dei vari economisti mainstream, con la professoressa Veronica de Romanis in testa.
Qui non solo si mostrano deficienze in materia monetaria, ma si denota anche una mancanza di conoscenza del significato stretto dei termini in quella che dovrebbe essere la loro lingua: l’italiano.
Una moneta che circola in “parallelo” ad un altra, si presuppone che non sia la stessa moneta in quanto a denominazione. Ma i certificati di credito fiscale denominati in euro, proprio per il ragionamento fatto sopra, sono moneta euro!
E quindi due strumenti di pagamento entrambi denominati in euro non circolano parallelamente, ma bensì sulla stessa linea.
Sono la stessa cosa!
Dopo aver spiegato, credo in maniera esauriente, cosa è un credito fiscale, torniamo sull’attuale e l’ennesima diatriba politica, amplificata dal mainstream, nata sull’ormai famoso Superbonus ed il relativo “fantomatico” buco che da mesi produce notti insonni al ministro Giorgetti.
Chiariamo subito che il “buco” non esiste, sia per principio dottrinale dettato dalla caratteristica del monopolio di Stato che riveste appunto la moneta, sia per principio logico e giuridico, stante il fatto che nessuno ci ha prestato i soldi per finanziare la ristrutturazione delle case degli italiani, ma bensì sono frutto di una creazione dal nulla da parte del nostro Tesoro.
Compreso che nessuno verrà a richiederci indietro questi soldi, il fantomatico buco, è una mera identità contabile, derivante dal fatto che i nostri governi, per decisione prettamente politica, devono sottostare a delle regole totalmente inventate, le quali sono prive di qualsiasi base scientifica che le renda minimamente credibili.
Il buco in termine di contabilità degli Stati consiste in quelli che vengono definiti deficit-governativi, ovvero in quell’operazione contabile anticiclica, essenziale per fare stare in piedi ogni sistema economico presente sul pianeta che si basa appunto sull’uso della moneta fiat.
In poche parole, senza la spesa in deficit dello Stato e le sue leggi che ne stabiliscono il corso forzoso, la valuta che tutti noi usiamo nella nostra quotidianità non esisterebbe e saremmo costretti a ricorrere ad altri mezzi per scambiarci beni e servizi.
E proprio mentre da noi il ministro Giorgetti, con l’ennesimo emendamento restrittivo, conferisce l’estrema unzione allo strumento dei crediti fiscali, si apprende da un tweet del Presidente Joe Biden, che invece il governo Usa, sarebbe in procinto di ricorrere proprio ai tax-credit per finanziare – all’interno di quella che ormai è una politica ultra espansiva del suo governo nota come la Bidenomics – l’acquisto della casa per gli americani.
Siamo alla farsa più che totale! che la spesa venga finanziata attraverso l’emissione di Btp o crediti fiscali, è la stessa identica cosa. Quello che conta per il sistema economico di un paese, a maggior ragione in presenza di una economia in stato recessivo come lo è la nostra ormai da decadi, è se tale spesa viene fatta in deficit ed in particolare dove la stessa viene indirizzata.
E’ chiaro quindi come tutto questo accanimento del governo verso i bonus edilizi, non miri direttamente a colpire il Superbonus inteso come misura di spesa, ma bensì l’avversione dei nostri politici in massa è diretta verso lo strumento (i crediti fiscali, ndr) con cui è stata effettuata tale spesa.
I crediti fiscali, sono moneta creata direttamente dal Tesoro e questo porta ad interrompere la narrativa, dai più ormai digerita, che gli Stati per spendere debbano farsi prestare la propria moneta.
La colpa grave dei crediti fiscali è anche quella di aver fatto vedere agli italiani che non è vero che lo Stato ha perso la sua sovranità monetaria cedendola alla Banca Centrale Europea (Bce), ma come dimostrato attraverso l’uso dello strumento dei tax-credit (moneta a tutti gli effetti), è ancora in grado di esercitarla per il benessere comune. Questa è l’ennesima conferma che a tenerci dentro la gabbia dell’euro sono i poteri di casa nostra e non Germania e Francia.
Il meccanismo dei crediti fiscali ha fatto comprendere ai più svegli, che la moneta non è scarsa e che i governi possono in qualsiasi momento spendere a piacimento per i loro cittadini. Del resto potrebbero farlo anche attraverso deficit immediati; è solo una questione di scelta politica, la stessa scelta che prendono quando decidono di inviare armi in Ucraina o fornire un reddito da interessi ad una ristrettissima parte di italiani ed al mondo finanziario. Misure di spesa esattamente identiche nel modo di essere finanziate come quella appunto di consentire agli italiani di rendere più efficienti a livello energetico le loro abitazioni.
Dicevamo che sull’ultimo emendamento con cui il governo ha messo in atto l’ennesima stretta sui crediti fiscali si è consumato un acceso scontro nella maggioranza, tanto che nella votazione al Senato si è dovuto ricorrere prima ad un gioco delle tre carte per spostare pedine da una commissione all’altra e poi al solito Matteo Renzi, sempre pronto a correre in soccorso di tutti quei governi graditi al nostro deep state.
E’ stato decisivo proprio il voto della senatrice Dafne Musolino, donna fidata del senatore di Rignano, per salvare il governo da una rovinosa caduta. Staccandosi dal fronte delle opposizioni, la militante di Italia Viva, si è unita sul voto all’emendamento del governo al decreto Superbonus, ai colleghi di Fratelli d’Italia e della Lega. [1]
Questa volta, per ragioni di opportunità elettorale e consenso, il ruolo di difensore di imprese e banche italiane, dentro quello che è il Teatro della politica italiana, è toccato a Forza Italia ed al suo leader Antonio Tajani, che ha dichiarato di votare contro, se non fossero state accettate le sue richieste: gli azzurri chiedevano di cancellare la mini retroattività, al primo gennaio, dello “Spalma detrazioni” in dieci anni e di abolire o comunque posticipare il divieto per le banche di compensare i crediti legati ai bonus edilizi con i debiti previdenziali.
Dopo averla spuntata sulla tassa sugli extraprofitti, a questo giro la potente lobby bancaria del belpaese ha dovuto chinare la testa.
Non far capire alla gente che i soldi ci sono, è decisivo per il disegno globale del Grande Reset che mira alla cristallizzazione del denaro esistente in poche mani. E per ottenere questo obiettivo, chi ci comanda realmente, non ha intenzione di risparmiare nemmeno il mondo delle banche, da sempre ben protetto dalle potenti fratellanze ben libere di operare nel nostro paese con il favore delle tenebre. Sarebbe bene che i “colletti bianchi” che ci operano dentro – i quali fino ad oggi sono stati risparmiati dalla devastazione economica del paese, contribuendone persino in buona parte alla sua distruzione – ne prendessero immediata coscienza.
Ora toccherà a loro!
La restrizione del credito per le imprese edili, conseguente con lo stop alla possibilità per gli istituti di usare i crediti fiscali generati dai bonus edilizi per compensare contributi Inps e premi Inail, è perfettamente in linea con il desiderio di togliere alle banche la possibilità di creare denaro attraverso l’espansione del credito.
Mario Draghi, sempre più lanciato verso la presidenza della Commissione Europea – fermo e principale oppositore alla circolazione dei crediti fiscali (strumento che di fatto avrebbe riportato il monopolio della moneta nelle mani dello Stato) e sempre più in linea con le idee del movimento Positive Money in tema di credito bancario – ha una idea ben precisa di quella che dovrà essere l’Europa del futuro in tema di moneta: vuole farci sopravvivere dentro uno stock predefinito di moneta-merce non più espandibile.
Wellcome, nell’era del Medioevo digitale.
di Megas Alexandros
Fonte: Il “fantastico” mondo della Moneta Fiscale – Megas Alexandros
Note: