Il diario di Nicky, 15 anni: “Covid, lockdown e mascherine sono la nostra guerra”

Lo studente ripercorre gli eventi e i propri vissuti degli ultimi due anni

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Dopo il grande seguito riscontrato dalla pubblicazione su CDC della lettera del quindicenne Nicky Blasi rivolta al mondo degli adulti, pubblichiamo la seconda parte: una sorta di diario degli eventi e degli accadimenti – che hanno coivolto e sconvolto la vita di tutti noi – visti attraverso gli occhi e le esperienze di un adolescente.

Buona lettura.

Di Nicky Blasi, studente

La guerra è pace
La libertà è schiavitù
L’ignoranza è forza

Scrisse Orwell nel suo romanzo distopico in cui narrava (o ci avvertiva) di come il Potere per soggiogare il popolo impose un nuovo modo di pensiero e di scrittura definita: Neolingua o anche Bipensare.

Al termine della prima lettera ci eravamo salutati con l’arrivo dell’estate 2020 che segnò il termine della prima ondata.

Ricorderete che ci concessero la libertà per i mesi estivi e illusero il popolo che il peggio fosse alle spalle grazie al successo delle misure detentive e liberticide attuate.

Non ho scritto a caso “concessero”, ho usato lo stesso linguaggio che Conte usò con il popolo italiano due anni fa.

Ogni loro azione e parola proclamata davanti alle telecamere non era frutto del caso.

Loro ci concedevano. Più chiaro di così..

Dopo due anni di narrazione dominate sulla paura sono riusciti ad imporre concetti impensabili.

Nel 2021 sulle orme orwelliane divenne preponderante il capovolgimento delle parole e del pensiero dove:

Il sano è malato

La libertà è sottomissione (a un trattamento sanitario)
Si è malati fino a prova contraria
Le bugie sono verità
Si inviano armi per costruire la pace (2022 Ucraina)

 

Prima di continuare a scrivere della mia vita da adolescente al tempo della seconda ondata vorrei ringraziare per l’affetto e le belle parole spese nei miei confronti lette nel web in riferimento alla lettera dalla prima ondata rimbalzata un po’ ovunque.

Riferendomi invece a quella manciata di commenti che hanno giudicato la mia scrittura inadeguata o una lettera dai contenuti banali o il classico giovane lamentoso che vuole la pappa pronta dagli adulti o ancor peggio chi mi definisce una Greta italiana usato per chissà quali scopi.. vorrei dire dopo aver accettato anche le critiche costruttive naturalmente:

Metteteci la faccia! Metteteci nome e cognome! Poi iniziate a scrivere… davanti a voi avete solo un foglio bianco da riempire di storia, sentimenti, emozioni, ricordi..

Per il resto: andrò in terza liceo, non devo vendere nulla, ho quasi 16 anni e l’idea che ambisca a future mire politiche fa ridere… gli amici di ComeDonChisciotte che ho conosciuto nelle piazze (e non dal divano!) mi hanno chiesto di scrivere (senza interferenze) queste lettere che leggete e lo faccio gratis; sono due anni che scendo in piazza e quando mi invitavano a parlare sui palchi ci sono sempre andato gratis.

Ho solo da perderci nell’esporre me stesso come sto facendo ma se le mie azioni possono servire a trascinare altri giovani e motivarli a resistere, se le mie parole possono farli sentire meno isolati, meno mosche bianche, dar loro speranza nella follia che ci circonda, il mio impegno sarà più che ripagato.

Specificato questo, io sono a posto con tutti, le tante persone che mi conoscono sanno chi sono.

A settembre 2020 iniziai la mia nuova avventura al primo anno di liceo classico, vivevo in un mix di sentimenti discordanti tra eccitazione per l’inizio di questo nuovo percorso e preoccupazione all’idea di frequentare una scuola così difficile; ad aumentare i miei pensieri si aggiunsero i problemi relativi alle misure anticovid e alla speranza di trovare altri compagni affini al mio pensiero per spalleggiarci a vicenda.

In quei primi giorni i professori vittime come tanti delle informazioni terroristiche pubblicate dai maledetti giornalisti dialogavano con noi studenti del problema covid, ne parlavano chiaramente come se fosse una malattia incurabile e definitiva, tutta quella convinzione dei fatti era la stessa che sentivo riecheggiare nel mainstream informativo e questo non mi dava certo il coraggio di espormi e scagliarmi contro la massa da solo, mi era già sufficiente venire costantemente rimproverato perché mi toglievo la mascherina e non usavo il gel disinfettante.

Non che volessi giudicare o meno l’esistenza del covid come malattia, ma l’utilità delle misure governative per combatterlo e contrastarlo quello sì.

La cosa che più di tutte mi sconvolse e non mi dava pace era il semplice e banale fatto che difficilmente avevo visto il volto dei miei nuovi compagni

A pensarci è folle, ma tutti i giorni andavo in classe con persone che avevo imparato a riconoscere dai capelli e dagli occhi

Mi viene la pelle d’oca a ripensare a quelle prime settimane e di quanto la situazione era folle, ma ad oggi sappiamo che eravamo solo all’inizio.

A sconvolgermi maggiormente ci pensò la foto di classe, la prima foto di classe con i miei nuovi compagni.

Inutile scrivere che conservo quella foto con volti mascherati ed irriconoscibili

Come potevo descrivere ai miei genitori come erano i miei nuovi compagni?

La scuola durò poco, un paio di mesi, il tempo di conoscere i compagni e i professori e le loro materie che i casi di positività aumentarono come era stato magicamente predetto e venimmo spediti in DAD (Didattica a Distanza, ndr).

Ancora una volta con la falsa prospettiva che sarebbe durata poco. Invece continuò, continuò molto a lungo, per tutto l’inverno: frequentammo in presenza giusto qualche settimana.

Nel ricordo di cos’era la vita in quei giorni, già da settembre 2020 iniziarono le prime folli restrizioni: come ad esempio

l’obbligo delle mascherine dalle 18 alle 6… come se un virus potesse avere orari, come si fa a credere all’utilità di queste idiozie?

Qualche settimana più tardi strinsero maggiormente le libertà instaurando il coprifuoco dalle 22 alle 5

in quella fascia oraria nessuno poteva uscire di casa salvo comprovate necessità di salute o lavorative. Come se un virus mortale potesse avere orari e confini…

Nel mese di novembre il governo inaugurò il sistema delle regioni d’Italia a colori… il criterio partorito dalle menti eccelse del loro CTS (Comitato Tecnico Scientifico, ndr) prevedeva regole più stringenti in base al colore assegnato alla regione secondo i numeri dei contagi, dei posti liberi in ospedale e altri fattori con delle soglie talmente prudenti che sarebbe bastato poco per mettere tutta l’Italia in zona rossa e, infatti, guarda caso andò proprio così.

Nel giro di poche settimane l’intero stivale venne colorato di rosso, eravamo nuovamente in lockdown ma psicologicamente con un nome nuovo e la solita speranza di vedere ogni 15 giorni quel grafico scendere per riavere un briciolo di libertà in più.

Era tutto qui.. le nostre libertà fondamentali dipendevano da dati e grafici che gestivano loro.

Le misure di contenimento e di cura funzionarono così bene che passammo tutto il periodo autunnale, invernale e primaverile in zona rossa! Ma porre questo tipo di considerazioni equivaleva a farsi criticare e appiccicare addosso l’etichetta di negazionista, così come il sistema giornalistico (il ministero della verità orwelliano) insegnò ai cittadini di fare nella loro opera di dividi et impera.

Chiunque criticasse l’operato del governo andava etichettato, deriso, ridicolizzato e isolato

Eravamo solo all’inizio di una saga di restrizioni ridicole che aumentavano ogni mese di più, e anche se alcuni storceranno il naso, sono costretto a scrivere nuovamente “gli adulti”, perché il peso della rivolta, del dissenso, doveva partire dagli adulti e non dagli adolescenti.

La fascia tra 15 e 20 anni cosa mai avrebbero potuto fare? Lottare contro il governo? Anzi, non solo contro il governo ma anche contro la quasi totalità degli adulti convinti che ci fosse una reale emergenza sanitaria?

Per questo penso che il peso del dissenso e della ribellione doveva partire dagli adulti e trascinare con sé i giovani invece di lasciarli soccombere al loro destino di impotenza e lasciarli trascinare sulla china dell’obbedienza e della paura.

Questa cieca obbedienza, della stragrande maggioranza degli adulti, lasciò campo libero al governo di inasprire le sue imposizioni a piacimento. Poi è vero che una piccola percentuale di adulti non si è mai arresa e non ha mai accettato queste follie governative. Ma purtroppo parliamo ancora di minoranze.

Come dicevo, in quei 15 benedetti giorni che poi sarebbero diventati un mese intero, attendevo trepidante ogni scadenza per conoscere se i loro dati dell’andamento dei contagi ci avrebbero fatto cambiare di colore concedendoci di ritrovare la libertà e la scuola in presenza.

Riuscite a ricordare di che razza di idiozia illogica e oppressiva siamo stati vittime?

Per amplificare la presa per il culo con cui gli abusivi al governo ci deridevano da dentro i loro palazzi crearono il nuovo slogan autunnale: “chiudiamo adesso per salvare il Natale” ma poi il Natale lo passammo blindati in casa.

E ancora: resistete un’altra settimana per salvare la Befana, ma anche Capodanno e Befana non si salvarono; saltò anche la Pasqua, il 25 aprile ecc.. A furia di aspettare arrivammo all’estate e passammo quindi un altro inverno blindati in casa senza salvare niente e nessuno.

Ma torniamo un attimo indietro, perché tra settembre e maggio ne accaddero di cose.

Mio padre e qualche suo amico irriducibile iniziarono sin dai primi di settembre a scendere su ogni piazza dove si organizzasse una manifestazione contro le misure liberticide che nulla avevano a che fare con la salute pubblica, anzi sembrava sempre più chiaro come quelle misure fossero studiate per creare l’emergenza.

Tra settembre e primi di ottobre le manifestazioni di dissenso nelle piazze erano presenti un po’ ovunque in Romagna, ma poi tra chi si arrese quasi subito poiché il governo sfornava regole sempre più stringenti fregandosene di quella piccola percentuale ininfluente che manifestava; chi stufo di scontrarsi con altri cittadini impauriti che inveivano contro i manifestanti e poi altri timorosi delle sanzioni tra obblighi di mascherina, divieti di assembramento e di manifestazione, diedero il risultato che le piazze si svuotarono.

All’alba della zona rossa, il contenitore del dissenso era vuoto. Una pacchia per gli abusivi al governo.

Fu in quel preciso momento che un gruppo di cittadini, professionisti e intellettuali nella provincia di Cesena diedero vita al No Paura Day.

Era un sabato mattina del 21 novembre 2020, quando andò in scena il primo capitolo di una serie ininterrotta che sarebbe andata in scena ogni sabato fino all’estate e che avrebbe fatto presto scuola in tutta la penisola.

Il clima sociale  era piuttosto rovente, la stampa aveva compiuto un ottimo lavoro nel dividi et impera tra la popolazione: da una parte i pochi consapevoli e dall’altra la stragrande maggioranza ingannata e manipolata che inveiva e attribuiva ai manifestanti le colpe di quella situazione restrittiva, dei contagi e ricoveri.

Insomma, l’Italia era in zona rossa a causa di 4 sfigati sani senza alcun sintomo, gente che scendeva in piazza e non credeva a quanto propagandato dal ministero della verità.

A quelle prime timide manifestazioni si contavano poche decine di cittadini. Aprì le danze l’ospite più libertario in circolazione, il leone dei diritti e delle libertà: Leonardo Facco, che diede esempio a tutti scendendo dalla sua Bergamo in un’Italia in quarantena in cui non si poteva uscire dal proprio comune!

Le manifestazioni proseguirono ogni sabato nonostante le critiche comunali e cittadine pompate attraverso i giornali, non importava se ad ogni edizione scendessero in piazza un susseguirsi di importanti relatori che portavano testimonianze e informazioni tra medici, avvocati, giornalisti liberi, storici ed altri… la dissidenza che criticava il governo e spargeva vera informazione andava stroncata sul nascere.

Ma non ci riuscirono. Gli stoici organizzatori Paolo Sensini e Riccardo Luzi assieme a tutti coloro che lavoravano nell’ombra del No Paura Day tennero duro.

Ma l’unica categoria che mancava in quella piazza era la presenza degli studenti, bisognava coinvolgere i giovani e fu così che mio padre su richiesta dell’avvocato Luzi mi domandò se avessi voglia di fare un piccolo intervento.

Mi piaceva rendermi utile, anche se mi domandavo: “Ma a chi cavolo potrà mai interessare quello che dirò?”

Il pensiero si trasformò in panico quando riflettevo su quale argomento avrei portato di fronte alla folla, ma alla fine decisi di espormi e mettermi in gioco: volevo ripagare in qualche modo la fortuna avuta nel trovare nel No Paura Day la via di fuga dall’isolamento forzato del nuovo lockdown.

Desideravo essere d’aiuto in qualche maniera; se ci fosse stato qualche giovane titubante a cui serviva una piccola spinta per uscire dall’ombra e semplicemente prendere coraggio… avrei voluto essere quella spinta!

Per tutto l’inverno, ogni sabato, mentre la gente stava rinchiusa in casa, i negozi ed i centri commerciali serrati, noi facevamo le macchinate attraversando più comuni per raggiungere la piazza di Cesena e il leit-motiv che accompagnava il viaggio era sempre lo stesso: chissà quanta gente ci sarà oggi, speriamo di trovare più persone del solito per dare un segnale di scossa e di riscossa..

Ma in piazza si contavano sempre le solite poche centinaia di persone, pochi ma buoni!

In quel pazzo secondo inverno di restrizioni ebbi la fortuna di conoscere alcuni nuovi giovani affini al mio pensiero, con i quali ho condiviso uno dei momenti più duri mai affrontati prima.

Conobbi tanti adulti coi quali dialogavo apertamente e strinsi amicizia con tutti. Persone che volevano stare assieme senza mascherine, distanziamenti, disinfettante, terrore del virus e, per misteri cosmici, nonostante per tutto il pomeriggio fossimo al freddo e senza alcun dispositivo di protezione per le vie respiratorie (essenziale per la sopravvivenza) nessuno riuscì ad ammalarsi: lo so perché, ogni sabato, erano tutti presenti.

Tutto il No Paura Day ormai era una sorta di grande famiglia, dove ogni sabato ci incontravamo, ci abbracciavamo a viso scoperto e dialogavamo in quella che abbiamo scoperto essere la dannata piazza più fredda di Cesena

Senza questa valvola di sfogo di normalità sarei certamente rimasto ad esaurirmi in casa plagiato a coltivare il culto della paura e della malattia, sarei stato un’anima solitaria davanti al cellulare come sicuramente è successo a tantissimi ragazzi

Se dovessi definire l’essenza del No Paura Day direi questo: ha unito persone sconosciute, ha permesso loro di stare assieme quando assieme ci veniva PROIBITO stare

Nonostante fossimo in zona rossa e la scuola fosse chiusa, in rare occasioni capitava che uscissi qualche ora con gli amici del mio paese, io, da sempre restio ad obbedire all’inutilità delle regole imposte, ero arrivato al limite della sopportazione.

Per stare assieme ai miei amici dovevo indossare la mascherina e per mantenere lo status quo la tenevo sotto al naso, ma ad un certo punto con l’aumentare del terrorismo televisivo non andava più bene, dovevo portarla sopra il naso perché altrimenti sarei stato pericoloso.

Questo perché quei giornalisti prezzolati che parlano dalla tv avevano convinto il popolo che il sano era un malato inconsapevole e che, senza mascherina, poteva trasmettere chissà quale carica virale immaginaria.

Avvisai i ragazzi via chat che all’incontro successivo avrei partecipato senza chirurgica o FFP2. Venni immediatamente additato delle peggio cose, che non scriverò; nonostante provai a mostrare le prove scientifiche dell’inutilità delle mascherine e delle incongruenze dei fatti in generale, ebbi il risultato di essere cacciato da quel luogo virtuale in modo definitivo. Fu un colpo durissimo: all’improvviso gli amici di sempre, coi quali ero cresciuto, mi avevano fatto capire chiaramente che potevo anche “sparire”.

Li avevo persi. Passarono mesi senza alcun contatto, ero isolato

Ma questa storia che mi spezzò terribilmente il cuore e mi lasciò abbandonato nella seconda ondata, sarà la stessa storia, le stesse amiche e amici che mi riempiranno il cuore durante la terza ondata del green pass; quelle belle sorprese che non ti aspetti ma che ti riempiono il cuore e ti scaldano di emozioni e di affetto. Se quella frattura è servita a consolidare il legame che abbiamo oggi, beh accetto quei mesi di profonda tristezza, solitudine e amarezza che passai. Ma ne parlerò più avanti.

Oggi, 24 giugno 2022, nel momento in cui scrivo, ritengo doveroso aprire una parentesi temporale che dalla seconda ondata ci porta in avanti allo scorso 7 giugno: assieme a mio padre e ad amici andammo a Bologna a portare supporto al medico sospeso Fabio Milani.

In questa parentesi voglio portare in risalto il messaggio sarcastico dell’amico avvocato Giorgio Contratti, anch’egli si è speso come pochi verso la causa di aiuto e sostegno sociale.

Giorgio ci offre una visione di come sarebbe dovuta andare, in un mondo normale, la questione del DOTT. Milani:

Grandi festeggiamenti, ieri sera, sotto l’Ordine dei medici di Bologna, per il conferimento della medaglia d’oro al valor civile al dottor Fabio Milani, che si è speso come nessun altro, sin dai tempi del lockdown, per curare tutti i malati, anche non suoi pazienti.

Le motivazioni, lette dalle Autorità durante la cerimonia, fanno riferimento alla “eroica sopportazione della fatica e sprezzo del pericolo di venire a contatto con una malattia non conosciuta“.

Viene così tributato il giusto riconoscimento ad un Medico che ha contribuito ad alleviare il peso della professione per alcuni suoi colleghi che – per vero, soltanto nelle primissime fasi dell’epidemia – sono stati comprensibilmente intimoriti dalle notizie provenienti dalla Cina.

Tanti di questi suoi colleghi hanno voluto essere presenti, sotto la sede dell’Ordine di appartenenza, per riconoscere i grandi meriti del dott. Milani ed attestare così l’affetto e la riconoscenza nei suoi confronti, assieme a tanti pazienti da lui curati in tutta la Regione ed anche oltre i confini.

Una serata stupenda, con cielo sereno dopo un temporale pomeridiano, coronata da un magnifico spettacolo pirotecnico offerto dall’amministrazione comunale bolognese al proprio illustre cittadino, ormai conosciuto ed apprezzato su tutto il territorio nazionale.

Così la Patria si stringe intorno ai propri eroi.

Per Fabio Milani quella del dottore è una missione, una vocazione, non una professione!

Un dottore che ha certamente salvato centinaia e centinaia di vite semplicemente visitando e curando come ci si aspetta da un qualunque medico.

Lui prendeva la sua auto e andava a visitare i malati quando la stragrande maggioranza dei colleghi medici si negava e non visitava liquidando i propri assistiti malati con il protocollo di tachipirina e vigile suicidio.

Se tutti i medici avessero avuto il coraggio di Fabio non ci sarebbero state tante vittime, né l’emergenza sanitaria e quindi non avrebbero potuto usare questo pretesto per limitare i diritti e le libertà di ognuno di noi.

Il medico, che nelle prime due ondate visitava e curava i pazienti, oggi viene messo sotto processo a Bologna per non aver consigliato lo sciagurato metodo di cura standard di cui sopra; accusato da un manipolo di vergognosi pseudo-dottori politicizzati aguzzini di un Ordine dei medici degno delle narrazioni orwelliane.

Una cosa è vera, migliaia di persone erano presenti a difendere Milani, e si sono strette attorno al proprio eroe.

Ti vogliamo bene Dottorino!

17 aprile 2021, torniamo sulla coda della seconda ondata in cui la nostra penisola era ancora in zona rossa ma con la concessione di tornare a scuola in presenza una settimana al mese circa.

In quel 17 aprile feci un intervento sul palco del No Paura Day, l’intervento che porto più nel cuore, non ero nemmeno in scaletta, la bozza l’avevo scritta superficialmente ma l’esperto di geopolitica Paolo Sensini mi fece andare su per chiudere quella splendida giornata primaverile ricca di interventi.

I relatori che mi avevano preceduto erano di alto spessore: gli avvocati Luzi e Fusillo, l’indomabile e focoso Giornalista libertario Leonardo Facco e altri che mi sfuggono.

Tutti avevano portato contenuti di livello, come sempre.

Ero emozionato e intimidito: salire dopo di loro! Ma forse è vero che è proprio quando non si è pronti che si dà quel qualcosa in più che rende le cose speciali. Ricordo come l’unica speranza fosse quella di non dire castronerie e non far scappare la gente facendola ridere di me.

Ne uscì un intervento di cuore e appassionato, un ennesimo richiamo al patriottismo, al pensiero critico, senza mancare il ringraziamento a quanto Luzi e Sensini avevano fatto, usai le profonde e ferree parole di Calamandrei come un inno ad una nuova resistenza italiana.

Ad oggi l’unica testimonianza di quella giornata si trova su Rumble poiché il canale YouTube di Albert, che riprendeva ogni edizione,  venne soppresso dai censori della multinazionale .

Per chi avesse voglia di spendere 12 minuti del proprio tempo e ascoltare cosa dissi quel giorno questo è il video:

 

In questo interminabile flusso di ricordi e di emozioni, dove spesso ho divagato dall’argomentazione principale (problema che mi costa dei voti nella materia scolastica di italiano…), ho superato abbondantemente lo spazio concessomi e quindi per non risultare troppo tedioso nella lettura proseguirò il racconto della parte finale della “seconda ondata” nella prossima lettera, ancora racconti di guerra. Ciò che rappresentano per noi Covid, lockdown e mascherine.

Grazie a tutti dell’attenzione.

       Nicky Blasi, studente

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