Alastair Crooke
strategic-culture.su
L’Occidente sta correndo verso la porta. Ma sfuggire alle conseguenze dell’Ucraina non è possibile – “Rilassati Team Biden”, dice il portiere di notte, ”noi siamo programmati solo per accogliere. Non si può andar via come se niente fosse.” [*]
Mark Feygin, che ospita quotidianamente nel suo programma l’ex consigliere presidenziale ucraino Oleksiy Arestovich, riassume così il consenso generale:
“Biden e la sua amministrazione vorrebbero por fine alla guerra entro dicembre del 2023. Questo è il loro piano per un accordo. Intendo [la fine della] fase militare attiva… e tenere con calma le elezioni, anche a gennaio [2024], a febbraio, ma terminare [il conflitto] prima delle elezioni americane, in modo che Biden abbia qualcosa da vendere, in modo che possa dire: ‘abbiamo salvato l’Ucraina, l’Ucraina è stata preservata come Stato. Uno Stato sovrano.’ Tutto qui. Sì, il 18,6% del territorio è occupato, ma l’occupazione potrebbe anche essere maggiore: questo è ciò di cui Biden ha bisogno, è molto semplice, non c’è nulla di misterioso qui.”
Questo, tuttavia, non rappresenta che uno dei due “schieramenti” degli Stati Uniti: il primo propone di congelare il conflitto e gridare “Missione compiuta” e il secondo di continuare il conflitto, finché la Russia non ceda e cessi di combattere.
Può sembrare molto semplice, ma non lo è. Nessuna delle due ipotesi statunitensi ha basi solide. Una delle prime lezioni che avevo imparato dai “conflitti” è che [con il progredire delle ostilità] la “razionalità”, che sembra così plausibile, così logica per coloro che provengono da nazioni stabili, ordinate e prospere e che viene generalmente espressa con la frase “perché non capiscono che continuare con la violenza non è nel loro interesse?” oppure “non potrebbero semplicemente accettare le rispettive differenze e andare d’accordo?” – diventa sempre più una posizione minoritaria.
Lo strazio, il dolore per la perdita di vite umane, l’angoscia per un conflitto prolungato, contribuiscono alla formazione di una psiche diversa: la psiche di guerra. È una psiche che non accetta facilmente il calcolo umanistico. Vuole che l'”altro” soffra, come ha sofferto lei. La logica del cessate il fuoco, dell’acquiescenza al “realismo” può sembrare psicologicamente inadeguata, anche se politicamente razionale.
Questo aspetto è ben compreso in altre culture, ma meno in Occidente, dove vige una logica più rigida. Nel caso dell’Ucraina, è notevole che, mentre l’Occidente si impegna in bizantine elucubrazioni con i suoi alleati e i suoi think-tank per trovare un consenso su una qualche “via d’uscita” dal fallimentare progetto ucraino, tutta la discussione rimane confinata all’interno della “bolla” occidentale.
I tentativi di scoprire cosa pensino il governo e la popolazione russa o, cosa più importante, cosa preveda Mosca come prossime mosse della Russia (mosse su cui, ovviamente, mantiene un rigoroso riserbo) sono scarsi o inesistenti, .
C’è la silente supposizione che quando l’Occidente deciderà la sua “uscita di scena“, quest’ultima sarà “afferrata con entrambe le mani” dal Presidente Putin. Alla base di tutto ciò c’è l'”articolo di fede” secondo cui la Russia sarebbe bloccata nel conflitto e avrebbe poche opzioni militari, oltre a quella di una continua difesa posizionale. Anche in questo caso, si tratta di una visione completamente unidimensionale.
Inoltre, questa non è una psiche di guerra e l’analisi è quindi errata: Ciò che avrebbe potuto essere possibile qualche tempo fa (ad esempio nel marzo 2023 a Istanbul), potrebbe non esserlo più. Il modo in cui la guerra modifica la psicologia è direttamente proporzionale alle avversità della guerra e alla cattiveria della controparte.
In parole povere, un conflitto prolungato funziona come un cricchetto che, pian piano, restringe il margine di compromesso (per entrambe le parti).
Nel caso dell’Ucraina, gli Stati Uniti sembrano orientarsi verso una guerra più permanente (ma meno intensa). La cosiddetta “formula israeliana”. Nuovi armamenti e molti soldi per l’Ucraina riottosa – [una guerra] bloccata fino alle elezioni americane del 2024 e oltre, per evitare un’evidente ritirata. Per contro, la necessità di un check-out politico anticipato, in vista di un elettorato sempre più polarizzato, sembra ora più urgente che mai.
Circa due settimane fa, c’era stato un faccia a faccia tra tre alti generali occidentali e l’alto comando ucraino. Insolitamente, l’incontro si era tenuto in presenza (da qualche parte nelle vicinanze di Lvov). Non c’è un resoconto pubblico, ma, secondo quanto riferito, gli ucraini avrebbero ricevuto l’ordine di smettere immediatamente di dividere le truppe tra Rabotino, Bakhmut (Artymovsk) e Kupiansk (nel nord). Sarebbero stati invece invitati a concentrare tutte le loro forze nell’offensiva diretta a sud, verso Melitopol e il Mar d’Azov.
Il generale Zaluzhny, comandante ucraino, avrebbe ribadito la sua opposizione a puntare tutto su una “spinta” verso sud, a causa delle pesanti perdite di uomini e di mezzi corazzati che avrebbe comportato. Tuttavia, i generali occidentali non avrebbero accettato ritardi. Gli ucraini, a quanto pare, avevano tratto la conclusione che stavano per essere “gettati sotto l’autobus” (incolpati del “fallimento” dell’offensiva finale): “La vostra ultima possibilità: avanzare verso il Mar d’Azov”, era stato il messaggio, oppure noi, Occidente, dei vostri sforzi bellici ce ne laveremo le mani e voi sarete costretti a negoziare con i russi. Bluff o realtà?
L’ultimatum pone Zelensky tra i proverbiali mostri di Scilla e Cariddi: dalla parte di Scilla c’è un’offensiva palesemente fallimentare e un esercito decimato da pesanti perdite. Dall’altra, i colleghi ultranazionalisti e neofascisti di Zelensky sono sempre più arrabbiati e radicalizzati e impediscono qualsiasi tipo di negoziato con la Russia.
Zelensky è legato a queste forze russofobe e anti-occidentali, che insisteranno per continuare la guerra contro Putin – se non con mezzi convenzionali, con qualsiasi attentato false-flag con cui si possa sperare di costringere la NATO ad entrare in guerra.
Zelensky non ha quindi quasi più spazio di manovra. Il Team Biden potrebbe chiedere un negoziato anticipato con la Russia, ma questo rischia di far apparire Zelensky come un traditore agli occhi della destra oltranzista o, in alternativa, di farlo rovesciare da un esercito che ne ha abbastanza di piani NATO “semi-improvvisati” e buoni solo a devastare le forze armate ucraine; allo stesso tempo Zelensky potrebbe essere criticato come un pupazzo dell’Occidente dai moderati, come Oleksei Arestovich.
Queste insopportabili dicotomie potrebbero portare al crollo completo del regime e all’esplosione di una guerra civile in Ucraina.
Se queste dinamiche dovessero accentuarsi, gli Stati Uniti potrebbero optare per un negoziato con la Russia: Ma cosa direbbero? Come risponderebbero se la Russia rifiutasse categoricamente un cessate il fuoco e un conflitto congelato lungo l’attuale linea di contatto?
Washington ammetterà con Mosca che, nonostante un cessate il fuoco, continuerebbe a sperare di far entrare nella NATO il moncone dell’Ucraina? E che intende riarmare e finanziare l’Ucraina con il pretesto di “garanzie di sicurezza”?
Questo è un pio desiderio, e l’Occidentale ancora non lo capisce: la Russia non permetterà, in nessuna circostanza, che l’esercito ucraino continui ad esistere, o che la NATO scenda in campo, mentre gli ultranazionalisti e i neofascisti esercitano un’influenza predominante a Kiev. Punto e basta.
Mosca ha altre opzioni per concludere il conflitto. La Russia sta aspettando di organizzare la propria offensiva (quando quella di Kiev sarà esaurita). E possiede i mezzi tecnici per mettere l’Ucraina con le spalle al muro. Cosa accadrà a quel punto? Probabilmente un nuovo governo, pronto a sostenere la neutralità ucraina. Non sarà un processo semplice.
E, proprio mentre le tensioni a Kiev sono destinate a crescere, anche a Washington la situazione si fa sempre più tesa. A chi dare la colpa del fallimento dell’offensiva? Agli ucraini, al Pentagono per la sua lentezza nell’invio delle armi o ai britannici per la loro propaganda esagerata su una vittoria inevitabile e anticipata?
Ma c’è una dinamica interna agli Stati Uniti destinata a rimescolare le “carte” dell’Ucraina: con il moltiplicarsi delle accuse penali nei confronti dell’ex presidente Trump – e con l’accelerazione degli sforzi partigiani per estrometterlo dalle elezioni del 2024 (anche se con il risultato di aumentare la sua popolarità) – sta prendendo piede l’idea che il Congresso non abbia alternative all’avvio di un’inchiesta sull’impeachment del presidente Biden, da tempo discussa.
Visti i bastoni messi dal Dipartimento di Giustizia tra le ruote dell’indagine su Hunter Biden e il “rifiuto del Dipartimento di estendere espressamente l’obbligo di indagine del consulente speciale alle accuse di influenza della famiglia Biden, non c’è alternativa se non quella di avviare un’inchiesta per impeachment. L’autorità del parlamento è al suo apice quando svolge i suoi compiti in base alla clausola di impeachment“, scrive il professor Jonathan Turley.
Se ciò dovesse accadere, l’Ucraina e le deposizioni dei testimoni, come quelle dell’ex procuratore ucraino Viktor Shokin e degli informatori di Burisma, avranno sicuramente un ruolo di primo piano. Qualunque sia l’esito di un processo così intricato, l’interesse dei responsabili della campagna elettorale dei Democratici sarà probabilmente quello di impedire con tutte le loro forze che il fallimento dell’offensiva ucraina e le accuse di corruzione o riciclaggio di denaro influenzino l’esito delle elezioni. Vorranno “andare avanti”.
Il testo della canzone Hotel California doveva essere un’allegoria incentrata sull’uso dell’eroina, da cui il ritornello “puoi correre e cercare di andartene, ma non potrai mai andartene davvero”.
Quando Victoria Nuland e altri avevano promosso la “rivoluzione” di Maidan, era stato come se avessero fatto fumare crack all’estrema destra ucraina. Senza dubbio, lei e i suoi colleghi speravano che l’Ucraina sarebbe servita alla totale distruzione della Russia. Non è successo. Al contrario, ha messo il mondo sottosopra. “Possono scappare”, ma ciò che hanno inavvertitamente innescato – la riorganizzazione di un nuovo ordine mondiale – “non potranno mai lasciarlo”.
Alastair Crooke
[*] Il riferimento è al testo della canzone degli Eagles “Hotel California”
“Welcome to the Hotel California
Such a lovely place …
They livin’ it up at the Hotel California
What a nice surprise
Bring your alibis”
And she said, “We are all just prisoners here
Of our own device”
And in the master’s chambers
They gathered for the feast
They stab it with their steely knives
But they just can’t kill the beast
… Last thing I remember, I was
Running for the door.
“Relax”, said the night man
“We are programmed to receive
You can check-out any time you like
But you can never leave!”
Fonte: strategic-culture.su
Link: https://strategic-culture.su/news/2023/09/04/hotel-ukraine-sure-check-out-any-time-but-you-can-never-leave/
04.09.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.