DI CARLO BERTANI
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Il colonnello Aureliano Buendia dev’essersi sentito stanco, stufo: ha ripiegato la sdraio e l’ha appoggiata al maestoso fusto della quercia dalla quale, per decenni, aveva osservato Macondo, che fa rima con Mondo.
Oh, quali meraviglie erano capitate da quando stava seduto sotto la quercia!
Quando era ancora giovane – ma si fa per dire, perché un colonnello non è mai giovane – era capitato lì e il posto gli era piaciuto: sotto la quercia scorreva quel mondo sempre uguale, le haciende prosperavano, ed i campesinos erano sempre stanchi, sempre affamati, spesso denutriti.
Poi era arrivata a Macondo una coppia: lui altero, lei conturbante, lui gentile, lei sfuggente, lui pronto per la sfida dell’Eros. Che lei aveva accettato prontamente.
Nessuno l’ha più visto, e nessuno mai più lo rivedrà: a meno che – è questo è il grande vantaggio degli scrittori – fra cinquanta o cent’anni un ragazzino svogliato riprenda in mano “Cent’anni di solitudine”, e lo faccia rivivere.
In Italia la notizia è arrivata scontata, come se ci fosse da qualche parte un file (e v’assicuro, c’è), nelle grandi redazioni per la gente famosa “over 70”, per i quali il “coccodrillo” deve essere sempre pronto: guai a farsi cogliere impreparati…la notizia si nota diversa – per come è comunicata – se era una morte “attesa” oppure una sciagura improvvisa che ha colto un giovane ereditiere.
Così, sul Fatto Quotidiano – non me lo sarei mai aspettato, mi ha colto di sorpresa – la notizia della morte di Gabriel Garcia Marquez era già pronta e confezionata, pronta al consumo immediato – che può durare anche una settimana – per poi precipitare nel limbo delle retrospettive, dei convegni, delle tavole rotonde.
Fin qui tutto normale, anche per il Fatto.
Poi, il giornalista cita il commento di Obama: “Era un visionario”.
Lì per lì sono rimasto basito: possibile che Obama, nell’occasione della morte, si prenda la briga di dare a Marquez del “visionario”?
Come quando l’insegnante di Latino non s’accontentava della traduzione letterale, ma la voleva in italiano, anzi: “in buon italiano”. Perché la traduzione da qualsiasi lingua non può essere tecnicamente perfetta e, dal punto di vista di chi deve fruirla, diventare un inganno.
Mi sono allora preso la briga di buttare giù due sinonimi, per la lingua inglese e per quella italiana:
Visionary, prophet, creative thinker, futurist…
Visionario, mistico, idealista, utopista, allucinato, vaneggiatore e, addirittura, paranoico.
Il Vecchio ed il Nuovo Mondo (anche se di filiazione inglese) a confronto: in parte anche il mondo latino e quello sassone a confronto…eppure, eppure…seppur nelle lingue sassoni ci sia più un’accezione positiva nel termine – e in quella d’origine latina prevalgano, invece, quelle negative – l’Europa mostra tutto il suo carico di secoli, come un peso sulle spalle.
Si possono cercare nelle varie lingue più significati, però appare evidente che nel Nuovo Mondo un “visionario” è una persona che ha un’idea, un credo, una visione che porta avanti ostinatamente: mi salta alla mente Elon Musk (il creatore di Paypal) e la sua Tesla Motors il quale – testardamente – continua la sua lotta per vendere un’auto elettrica senza passare per la “tagliola” dei concessionari.
Nel Vecchio Mondo, invece – e particolarmente nei Paesi latini – avere una visione è considerato troppo pericoloso, inquietante per gli equilibri consolidati del potere. Anche la Cina e l’India – per differenti ragioni – scontano il medesimo problema: società controllate dal partito, oppure dall’ideologia religiosa.
Ma i Paesi latini del Sudamerica hanno solo la lingua in comune con la penisola-madre: il resto è nuovo, il melting-pot è accaduto anche là, tralasciando il doloroso destino degli indigeni. Ma la Storia è così: mentre piangi per i bambini trafitti dalle lame dei conquistadores (o dalle malattie) ecco che, le stesse lacrime, bagnano una nuova piantina. Che cresce.
Qualcosa sta cambiando a Sud del Rio Grande? Marquez ci credeva poco – lo sperava, certo – ma non riusciva a farsi convincere: forse le delusioni della generazione precedente – quella dei Bolivar e di Pancho Villa, tanto per capirci – lo invitavano alla prudenza.
Per questa ragione il colonnello Aureliano Buendia stava ad osservare, attento ad ogni segno, ma disincantato dal capatz di turno: non abbiamo risposte da dare, solo il tempo ci darà un vaticinio.
E la vecchia Europa?
Chi uccide le idee assassina il proprio futuro – verrebbe da dire – e forse mai titolo fu più azzeccato di “Ammazziamo il Gattopardo” (che non ho letto), ma nessuno ce la farà ad uccidere il Gattopardo perché mutevole, poliedrico, complesso. Non è come per il Minotauro e, d’altro canto, non s’intravede un Teseo all’orizzonte.
Ne abbiamo lasciati passare troppi senza curarcene – Pasolini, Sciascia, De André…solo per citarne alcuni – e ci sono rimasti, come affermava Tullio de Piscopo in una vecchia canzone, “i trentatrè canali” della televisione.
Che bastano ed avanzano per uccidere qualsiasi Mito: accesso obbligato al sogno, madre delle idee.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it
Link: http://carlobertani.blogspot.it/2014/04/hasta-siempre-colonnello.html
19.04.2014