Big Serge
bigserge.substack.com
Dov’è la grande offensiva russa? Questa è, al momento, la domanda da un milione di dollari che inevitabilmente si intromette in qualsiasi discussione sull’attuale corso della guerra. Forse non è sorprendente (almeno per coloro che conoscono la natura umana) che questa domanda diventi un test di Rorschach in cui ognuno riconosce le proprie ipotesi sull’esercito russo.
Le risposte a questa domanda sono in effetti molto diverse. Da un lato, c’è chi crede che centinaia di migliaia di truppe russe siano pronte a lanciare un’enorme offensiva “da grande freccia” in qualsiasi momento. Lo dicono commentatori come il colonnello statunitense in pensione Douglas MacGregor ma anche alcune fonti ucraine, che probabilmente cercano di fomentare un senso di urgenza per ottenere maggiori aiuti dall’Occidente. All’estremo opposto, c’è chi sostiene che le forze armate russe sono talmente esaurite che non ci sarà alcuna offensiva. Ci sono anche alcuni esponenti dell’intellighenzia occidentale del Ministero per l’Istruzione Pubblica e la Propaganda del Reich, come l’Istituto Nuland per lo Studio della Guerra o Michael Koffman, che sostengono che l’offensiva è già iniziata, ma è così debole e zoppicante che nessuno se n’è accorto.
Ok. Quindi, o una gigantesca offensiva avrà luogo da un momento all’altro (potrebbe essere appena iniziata mentre scrivo), o non avrà mai luogo, o è già avvenuta, o forse è in uno stato di sovrapposizione quantistica in cui è sia riuscita che fallita, almeno finché non avremo aperto la scatola.
Una questione davvero spinosa. Al momento, in diversi settori del fronte si stanno svolgendo combattimenti importanti e intensi – ma che relazione hanno queste operazioni con una grande offensiva russa? Si tratta di un’antipasto o di un’entrée poco soddisfacente?
Vorrei suggerire un’alternativa a tutte queste teorie, perché ciò di cui il mondo ha più bisogno in questo momento sono più opinioni.
Al momento, la Russia ha l’iniziativa su tutto il fronte. Le riserve dell’Ucraina sono in uno stato precario (soprattutto alla luce dell’obbligo, imposto politicamente, di cercare di accumulare forze per un’offensiva contro il ponte di terra verso la Crimea) e la Russia sta attualmente impegnandosi in combattimenti ad alta intensità in settori importanti.
Queste operazioni, a mio avviso, servono contemporaneamente a tre scopi diversi. In primo luogo, sono preziose operazioni di modellamento con importanti implicazioni per il lancio di operazioni future. In secondo luogo, funzionano essenzialmente come attacchi di disturbo, in quanto mantengono alto il tasso di impegno al fronte e degradano la capacità dell’Ucraina di formare riserve. Come una sorta di metafora, già si vocifera che alcuni dei nuovi carri armati Leopard appena arrivati in Ucraina saranno schierati in combattimento intorno a Bakhmut piuttosto che tenuti in riserva per una futura offensiva. Che la voce sui Leopard sia vera o meno, in termini di uomini l’Ucraina continua a pompare unità a Bakhmut con uno spreco di risorse inconcepibile. In terzo e ultimo luogo, tutti i combattimenti a est si svolgono sotto un ombrello in cui le linee di rifornimento e l’ISR della Russia sono solide, e questo crea le condizioni che portano l’Ucraina ad operare con rapporti di perdite abissali.
La sintesi di tutti questi punti è che la Russia sta attualmente logorando l’esercito ucraino e nega all’Ucraina qualsiasi possibilità di riguadagnare l’iniziativa operativa, perseguendo allo stesso tempo importanti obiettivi di formazione. Ritengo che ciò avvenga sullo sfondo di un moderato, ma non catastrofico, disordine organizzativo e di una ristrutturazione delle forze armate russe, ristrutturazione che sta ritardando la loro disponibilità a lanciare un’offensiva su larga scala. In altre parole, l’attuale ritmo delle operazioni russe è più che sufficiente ad assicurare il logoramento delle truppe ucraina e implica che non è necessario affrettare un’operazione ambiziosa, almeno fino a quando i problemi organizzativi non saranno risolti.
Nel resto di questo spazio, vorrei fare alcune considerazioni riguardanti l’organizzazione militare ed esaminare nei dettagli due delle operazioni russe in corso (gli assi Ugledar e Kreminna). Accenneremo brevemente anche alle bizzarre voci di un imminente allargamento della guerra verso la Moldavia.
Organizzare un esercito
Per i giovani, il fascino della guerra attraversa fasi distinte. Nella maggior parte dei casi inizia con l’analisi dell’equipaggiamento e la visione delle battaglie con grandi frecce. Le dimensioni dei cannoni dei carri armati pesanti della Seconda Guerra Mondiale, ad esempio, sono probabilmente fin troppo note tra i ragazzi di 8-16 anni. Loro vogliono soprattutto sapere delle grandi battaglie, dei grandi schemi di movimento e dei grandi cannoni.
Col tempo, però, si arriva alla conclusione ineluttabile che gli eserciti hanno una spina dorsale intensamente burocratica e che fattori apparentemente banali come la composizione delle unità, la logistica delle retrovie e gli organigrammi hanno enormi implicazioni sul campo di battaglia. È qui che entrano in gioco le temute tabelle dell’ordine di battaglia e i diagrammi delle unità e dove, inevitabilmente, si deve iniziare a memorizzare il significato di quella miriade di piccoli simboli. Alla fine ci si rende conto che la costruzione delle unità e altri fattori organizzativi sono, entro i limiti del ragionevole, molto più importanti delle minuzie dell’equipaggiamento e degli armamenti, e che avreste fin dall’inizio dovuto contemplare gli aspetti burocratici e che (tragicamente) la dimensione del cannone del carro armato Sherman Firefly non era stata, in realtà, un fattore particolarmente decisivo nella storia del mondo.
Per la cronaca, è ancora bello.
La Russia sta attualmente risolvendo i problemi organizzativi creati dal suo tipico modello di servizio misto (che mescola soldati a contratto con truppe di leva), e in particolare dal fin troppo noto Gruppo Tattico di Battaglione (BTG).
Ho parlato a lungo del Gruppo tattico di battaglione in un precedente articolo, ma ricapitoliamo brevemente. L’esercito russo utilizza un modello misto di soldati professionisti a contratto e di leva, e questi due tipi di personale hanno un’importante differenziazione legale. I soldati di leva non possono essere impiegati in combattimento al di fuori della Russia senza una dichiarazione di guerra. Ciò significa che una data unità russa (usiamo una brigata come esempio standard) ha una forza completa (“sulla carta”) composta da personale misto ma solo un nucleo di soldati a contratto che può essere schierato all’estero. La questione per la leadership russa era quindi come progettare queste unità in modo che fossero in grado combattere anche senza i loro soldati di leva. La risposta a questo problema era stato il Gruppo Tattico di Battaglione, una formazione derivata che si stacca (se vogliamo) dalla brigata. La progettazione di queste unità era stata fatta, naturalmente, in base anche altre considerazioni, ma la spinta primaria alla creazione del BTG era stata la necessità di creare una forza che potesse combattere senza i suoi coscritti.
Il BTG, come è stato notato, è pesante in termini di potenza di fuoco, con un forte complemento organico di pezzi d’artiglieria e veicoli corazzati, ma eccezionalmente leggero in termini di fanteria. Questo ha implicazioni sia per le operazioni offensive che per quelle difensive, come abbiamo visto chiaramente nei primi nove mesi di guerra in Ucraina.
In difesa, il BTG (essendo povero di fanteria) deve combattere da dietro un sottile schermo di truppe e cercare di far danni al nemico con il suo fuoco a distanza. Non si tratta di un’unità in grado di combattere con tenacia per mantenere le posizioni avanzate, ma di un’unità costruita per fare a pezzi un ‘attaccante. In generale, tuttavia, i BTG sono unità fragili, nel senso che perdite relativamente basse di fanteria o carri armati li rendono inadatti ad ulteriori compiti di combattimento. Ciò rende l’unità una specie di cannone di vetro, capace di erogare un’enorme potenza di fuoco ma non in grado di sostenere le operazioni anche dopo perdite moderate. Essendo un’unità fondamentalmente “smagrita,” fatica a sostenere e recuperare la capacità di combattimento senza ruotare nelle retrovie per ricevere rimpiazzi o cannibalizzare altre unità.
In un certo senso, questo è ciò che ci si aspetterebbe, dati i vincoli del modello di coscrizione a contratto, che per la sua stessa natura aveva costretto i Russi a progettare un’unità ridotta e leggera dal punto di vista degli effettivi rispetto alle loro brigate a piena forza. Questo è il motivo per cui [all’inizio delle operazioni in Ucraina] la Russia aveva una generale scarsità di risorse umane, cosa che aveva iniziato a compromettere la sua efficacia operativa complessiva nell’estate del 2022, quando la mobilitazione ucraina e gli aiuti occidentali avevano portato l’esercito ucraino ad un enorme vantaggio numerico. All’apice, la prima fase della guerra aveva visto in Ucraina probabilmente non più di 80.000 effettivi russi regolari e, anche con la DNR, la LNR e il gruppo Wagner che fornivano un cuscinetto di fanteria, la forza russa totale era in inferiorità numerica di almeno 3 a 1. Il BTG poteva ancora infliggere danni enormi, ma la costruzione delle forze in Ucraina non era semplicemente sufficiente per la portata del teatro, cosa che aveva costretto la Russia a svuotare un’enorme sezione del fronte a Kharkov. Da qui la mobilitazione.
È qui che cominciano ad apparire i segni di problemi organizzativi. Era giunto il momento, con la mobilitazione che finalmente forniva alla Russia gli effettivi schierabili di cui aveva bisogno, di abbandonare i BTG poveri di fanteria e iniziare a condurre operazioni di grandi unità, ma è chiaro che il processo organizzativo per incorporare il personale mobilitato nell’esercito e assemblare grandi unità (brigate e superiori) non è stato efficiente. Le nuove reclute sembrano essere state inizialmente utilizzate in vari modi. Alcune sono stati inviate alle unità esistenti nella zona di operazioni come rimpiazzi, altre sono state inserite in nuove unità composte interamente da personale mobilitato. Il risultato è un insieme di unità variegate che devono ancora essere organizzate in grandi unità per le operazioni offensive.
Probabilmente c’era da aspettarsi un po’ di caos, dato che nessuno (ancora in vita) aveva esperienza nel condurre una mobilitazione generale per una guerra continentale, e l’intero processo per la Russia è un po’ oscuro a causa delle molte classi diverse di personale e della barriera legale all’utilizzo dei coscritti. In generale, tuttavia, sembra chiaro che il processo di ritorno da un esercito ridotto per operazioni all’estero basato sui BTG a formazioni più grandi è stato inefficiente e che la Russia è ancora nella fase di formazione di grandi unità. Inoltre, permane un certo ritardo nella consegna di veicoli da combattimento di fanteria aggiornati (soprattutto BMP) alle unità di fucilieri motorizzati attualmente in formazione.
In questo contesto, il Ministro della Difesa russo Sergei Shoygu ha annunciato un nuovo programma di riorganizzazione militare. Forse il punto più significativo dei cambiamenti annunciati è la decisione di iniziare a convertire in divisioni le brigate esistenti. Può sembrare una minuzia burocratica, ma non è così. Discutiamone.
Alla fine della Guerra Fredda, l’Unione Sovietica disponeva dell’esercito più grande e potente del mondo, in grado di schierare milioni di uomini, armati fino ai denti e con scorte ineguagliabili di ogni tipo di equipaggiamento pesante. Il fatto che, fino alla fine, questo potente apparato militare non abbia visto praticamente nessun ammutinamento o scissino e che non sia stato impiegato per preservare il sistema comunista è una delle grandi curiosità della storia moderna, ma questa è una storia per un’altra volta.
In ogni caso, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia aveva ereditato la maggior parte dell’eredità militare sovietica, ma tra le turbolenze economiche e il disagio generale della società, non poteva permettersi di mantenere attiva questa forza massiccia (né aveva gli uomini, avendo perso l’accesso a gran parte del bacino sovietico di reclutamento). Questo aveva portato Mosca a convertire gran parte dell’esercito sovietico in quelle che erano diventate note come “formazioni di quadri.” In sostanza, una particolare divisione sarebbe stata ridotta ad uno scheletro di personale (poche centinaia di persone, per lo più ufficiali e sottufficiali) che avrebbe costituito il nucleo attorno al quale la divisione sarebbe stata riportata alla forza di combattimento. In questo modo, le enormi divisioni sovietiche potevano essere ridotte a magazzini pieni di equipaggiamento e ad un piccolo gruppo di quadri, mettendo più o meno in ibernazione la divisione per un uso futuro.
Nel 2008, la Russia aveva intrapreso un’importante ristrutturazione militare sotto la guida dell’ex ministro della Difesa Anatoly Serdyukov. Le riforme del 2008 erano state un tentativo tardivo di abbandonare lo schema dell’esercito sovietico. Gli elementi della riorganizzazione comprendevano l’eliminazione delle divisioni di soli ufficiali e la conversione in brigate di tutte le divisioni esistenti. In questo modo la Russia si allontanava dalla struttura delle divisioni sovietiche per passare ad un modello di brigata più occidentale.
Il duplice effetto dell’eliminazione delle formazioni di quadri e del ridimensionamento delle divisioni a brigate era stato quello di snellire un ipertrofico corpo ufficiali e di creare una forza più snella. Anche se erano state mantenute alcune divisioni, queste erano l’eccezione piuttosto che la regola. In generale, una brigata russa è grande forse il 40-50% di una divisione di tipo equivalente: ad esempio, una divisione di fucilieri motorizzati può essere forte di 8.500 uomini e una brigata di fucilieri motorizzati può avere circa 3.500-4.000 uomini.
Il ridimensionamento delle divisioni in brigate era stato vantaggioso in tempo di pace, in quanto aveva ridotto i costi di un corpo ufficiali gonfio e sovraccarico e, in generale, era in linea con il regime di austerità della Russia. Gli eserciti, tuttavia, sono costruiti per la guerra.
La leadership russa ha chiaramente concluso che l’esercito ridotto, con pochi uomini, non è adeguato per una guerra ad alta intensità. Ciò corrisponde alla lezione generale appresa da tutte le parti coinvolte: la guerra è ancora un’impresa industriale e il successo richiede la massa – grandi unità che sparano molti proiettili. Pertanto, l’ammissione da parte della NATO che il consumo delle munizioni supera di gran lunga la loro capacità produttiva e la decisione della Russia di espandere l’esercito sono due facce della stessa medaglia.
Questo ci riporta all’annuncio di Shoigu che le brigate esistenti saranno riconvertite in divisioni, annullando di fatto un elemento chiave delle riforme del 2008. L’esperienza russa in Ucraina ha dimostrato che le unità ridotte non sono abbastanza robuste (soprattutto in termini di uomini) per sostenersi adeguatamente in combattimento.
Il quadro che emerge è quello di un esercito russo che contemporaneamente cerca di gestire tre diverse transizioni. Vale a dire: (1) l’ingresso di un gran numero di personale mobilitato che deve essere organizzato in grandi unità capaci di operazioni offensive, (2) un’espansione complessiva e la riorganizzazione dell’esercito in una struttura divisionale, e (3) una massiccia espansione della produzione di armamenti, con il complesso militare-industriale russo che si sta riattrezzando per produrre un mix di sistemi basati sull’esperienza di combattimento in Ucraina.
Sembra che, al momento, queste sfide organizzative non siano state completamente risolte, e questo limita l’immediata attività russa alle operazioni di modellamento e al mantenimento sul fronte est di mattatoi/centri di logoramento (come Bakhmut) sotto la sicurezza dell’ombrello ISR e la copertura dell’artiglieria. Questo continuerà fino a quando le unità regolari di fucilieri e carri armati non saranno pronte per le operazioni di attacco.
Per questo motivo, al momento, gran parte dei compiti offensivi della Russia sono gestiti da unità che si trovano all’estremità alta e bassa dello spettro delle unità, ovvero unità d’élite come i VDV (aviotrasportati) e i Marines, o unità irregolari come i Wagner e le milizie della DNR/LNR. Nel gradino intermedio della scala, le normali unità di fucilieri motorizzati sono perlopiù visibili in posizioni difensive.
Questo non vuol dire che la mobilitazione non abbia già avuto un effetto importante sul campo di battaglia. Le condizioni che lo scorso autunno avevano permesso l’offensiva ucraina nell’oblast di Kharkov sono state corrette. Non ci sono più sezioni di fronte assottigliate e le posizioni della Russia sono ora adeguatamente presidiate. A tutt’oggi l’Ucraina non è ancora riuscita a sfondare una posizione russa fortemente difesa, e la mobilitazione ha finalmente permesso alla Russia di controllare in modo adeguato l’enorme fronte. Tuttavia, non ha portato ad un aumento visibile della generazione di forze offensive, e sembra che ciò sia dovuto in larga misura al caos organizzativo associato alla ritrasformazione dei BTG in brigate e divisioni.
Dal punto di vista russo, questa è la cattiva notizia. La buona notizia è che, anche se gran parte dell’esercito mobilitato è ancora in uno stato organizzativo, la forza di combattimento russa è più che sufficiente per sostenere i combattimenti sugli assi esistenti, interrompere i tentativi dell’Ucraina di accumulare riserve e di perseguire importanti obiettivi di formazione.
Persi nei boschi
Mentre il mondo discute all’infinito sull’offensiva di Schrodinger, si sta perdendo qualcosa di importante. A prescindere dall’assenza, ora o in futuro, di “grandi frecce” che facciano bella mostra di sé su una mappa, i combattimenti in corso nel Donbass sono molto importanti dal punto di vista operativo. Restringiamo il campo d’azione e guardiamo ad un piccolo tratto di fronte poco conosciuto e pensiamo a ciò che sta accadendo in questo momento. In particolare, vorrei esaminare l’asse di Kreminna.
Kreminna è una piccola città di non più di 20.000 abitanti (prima della guerra) in una posizione alquanto fortuita. Si trova vicino al confine tra gli oblast di Lugansk e Donetsk e, in particolare, occupa il punto in cui una importante linea ferroviaria si avvicina all’elemento geografico dominante della zona, il fiume Donets (alternativamente chiamato fiume Severodonetsk).
I fiumi sono sempre importanti, ma il Donets lo è in modo particolare, perché le sue sponde – in particolare quella settentrionale – sono caratterizzate da una fitta cintura forestale (in parte naturale, ma in gran parte da rimboschimento). Questa foresta è diventata un elemento critico dei combattimenti in questo settore.
Nell’estate del 2022, le zone boschive come questa erano diventate uno dei primi segnali della necessità per la Russia di aumentare il proprio dispiegamento di forze in Ucraina. Sia in questa fascia lungo il Donets che in una zona forestale simile intorno a Izyum, le forze russe avevano incontrato difficoltà a sigillare completamente il fronte e a mettere in sicurezza le foreste. Ciò era dovuto in gran parte a due fattori. In primo luogo, le foreste fitte indeboliscono necessariamente l’ISR (Intelligence, Surveillance, & Reconnaissance) russa per mancanza di visibilità. Il secondo fattore (strettamente correlato) era la scarsità di fanteria della Russia. Poiché le forze russe iniziali erano decisamente sotto organico come fanteria, l’esercito russo preferiva combattere con uno schermo leggero di fanteria, dietro il quale si poteva dirigere il fuoco a distanza – uno schema generale che non funziona nei boschi, dove l’ISR è debole e soprattutto se non c’è fanteria a sufficienza per presidiare linee continue.
Tutto questo per dire che, nell’estate del 2022, queste fasce boschive costituivano un ambiente problematico per le forze russe. Ora, però, i Russi hanno posto rimedio alle loro carenze di uomini e si trovano in una posizione in cui la sicurezza della cintura forestale del Donets è un’alta priorità operativa. Questo perché la fascia corre orizzontalmente (cioè in direzione est-ovest) sotto l’asse di avanzata della Russia verso Lyman.
Negli ultimi mesi, quello di Kreminna è diventato un settore di combattimenti ad alta intensità, essendo forse l’unico asse in cui l’Ucraina aveva qualche possibilità realistica di ottenere un risultato decisivo dal punto di vista operativo, con la linea ferroviaria per Lysychansk apparentemente a portata di mano. Questo aveva concentrato una serie di attacchi ucraini sulla stessa Kreminna, attacchi tutti falliti con pesanti perdite di vite umane, prima che la Russia iniziasse a spingersi verso ovest sull’asse di ritorno verso Lyman.
La foresta, tuttavia, complica le cose. L’Ucraina può attraversare liberamente la foresta perché controlla la riva meridionale del fiume Donets. Potendo rinforzare e sostenere i gruppi di combattimento nella fascia della foresta, l’Ucraina è in grado di fare pressione sul fianco di qualsiasi attacco russo verso ovest, in direzione di Lyman. È per questo che nelle ultime settimane gli sforzi russi verso ovest si sono affievoliti a favore di attacchi verso sud, nei boschi stessi.
È chiaro che sigillare questa foresta è un compito critico che deve essere raggiunto prima di poter continuare l’offensiva verso Lyman (di per sé un obiettivo operativo importante ma provvisorio prima dell’assalto alla linea di Slavyansk). Fortunatamente, Russia ha un modo per raggiungere questo obiettivo, molto più facile di una lotta prolungata nei boschi. Il sostegno ucraino nella cintura forestale si basa sul controllo della riva meridionale del fiume Donets, ma le linee russe sono attualmente a soli cinque chilometri di distanza, a Zolotarivka.
L’intero fronte diventa una lezione istruttiva sull’interconnessione di tali operazioni e sulla natura cruciale di queste battaglie, che spesso vengono liquidate come semplici “operazioni di formazione,” combattute per obiettivi [apparentemente] piccoli e insignificanti.
Un attacco russo verso nord-ovest, diretto contro la riva meridionale del fiume Donets punterebbe a piccoli insediamenti, dai nomi dimenticabili come Serebryanka e Grygorivka. Di certo, la cattura di tali villaggi difficilmente farebbe tremare di paura i Jake Sullivan e le Victoria Nuland del mondo – temo che nulla di terreno possa farlo. Tuttavia, una spinta russa verso la sponda meridionale del fiume interromperebbe le vie di collegamento utilizzate per rifornire le forze ucraine nella fascia forestale sulla sponda *nord* del fiume. Questo, a sua volta, permetterebbe alle forze russe uscite da Kreminna di mettere in sicurezza la fascia forestale e di neutralizzare la minaccia sul loro fianco sinistro, mentre riprendono le azioni di attacco a ovest verso Lyman. Nel breve termine non avrebbero nemmeno bisogno di catturare la stessa Lyman, perché raggiungere il villaggio di Yampil sarebbe sufficiente a tagliare l’ultima arteria di rifornimento rimasta a Siversk (le vie meridionali sono state interrotte dalle forze russe intorno a Bakhmut) e a creare le condizioni per la Russia di liquidare l’intero saliente di Siversk.
In breve, questa zona forestale e il corridoio da Kreminna a Lyman fungono da cerniera tra i fronti di Lugansk e Donetsk e, ancora più specificamente, questa fascia forestale direttamente lungo il fiume Donets funge da cerniera tra Kreminna e Siversk. Nel 2022, questo era il tipo di terreno che l’Ucraina riusciva a sfruttare grazie alla scarsità della fanteria leggera russa. Ora che questo problema è stato risolto, la Russia ha le forze necessarie per proteggere adeguatamente queste foreste e può accelerare questo processo interrompendo i passaggi fluviali su cui l’Ucraina fa affidamento per sostenere le sue unità nella fascia forestale.
Ugledar: anatomia di una battaglia
Al momento, il fronte in Ucraina è attivo in molti punti, con piccoli avanzamenti russi sulla linea fluviale del fiume Oskil, una costante serie di pesanti combattimenti nella zona forestale tra Lyman e Kreminna e, naturalmente, il pozzo della morte wagneriano a Bakhmut. Si tratta di aree di combattimento importanti e ad alta intensità, ma, al momento, non si sta sviluppando nulla che possa essere razionalmente definito una “grande freccia.”
Alla luce di questa situazione generale, ho pensato che questa potesse essere una buona occasione per esaminare una particolare sezione del fronte e analizzare nei particolari la battaglia in corso. Più specificamente, voglio esaminare da vicino quella nel settore di Ugledar – vedremo non solo perché è importante, ma anche i dettagli più fini dell’assalto russo, le contromisure ucraine e i potenziali progressi futuri.
Ugledar (alcune mappe potrebbero usare la formulazione ucraina “Vuhledar”) è una cittadina piuttosto curiosa, con una popolazione che prima della guerra probabilmente non aveva mai superato i 15.000 abitanti. La città stessa è un denso agglomerato di condomini in cemento che si affacciano su una distesa di steppa incredibilmente piatta – piatta anche per gli standard ucraini.
Ugledar ha un’importanza operativa spropositata per l’Ucraina, sia per scopi offensivi che difensivi. L’attuale linea del fronte vede le forze ucraine occupare un rigonfiamento, o saliente, a sud-ovest della città di Donetsk. Questo saliente è caratteristico in quanto è la posizione ucraina più vicina alla linea ferroviaria principale che collega Donetsk a Mariupol e al ponte terrestre per la Crimea (e quindi rappresenta la minaccia ucraina più immediata per la logistica russa a sud). Le spalle di questo rigonfiamento appoggiano a Ugledar e Marinka – e dietro Ugledar in particolare non ci sono buoni posti dove l’Ucraina possa ancorare la difesa del saliente.
Finché gli Ucraini controlleranno Ugledar, saranno in grado di tenere questo saliente e avranno una posizione da cui minacciare il traffico ferroviario russo. Se perdono Ugledar, l’arretramento dell’intero saliente sarà una conclusione scontata. È quindi banalmente ovvio perché questa posizione è una priorità sia per la Russia che per l’Ucraina.
Questo ci porta a Ugledar stessa e alla battaglia in corso per il suo controllo. È subito evidente perché la città è così difficile da conquistare. È caratterizzata da condomini residenziali in cemento, ravvicinati ed estremamente robusti, e la piattezza del terreno circostante offre ai difensori ucraini un campo visivo senza ostacoli. Si tratta di una posizione fisicamente resistente, con una vista dominante sull’area circostante.
Lo spazio di battaglia qui è piccolo e facile da parametrizzare. Ugledar è a circa un miglio di distanza dalle città di Pavlivka e Mykils’ke, controllate dai Russi. Il terreno circostante è estremamente pianeggiante, il che rende l’attraversamento allo scoperto un pericolo estremo. La linea di avvicinamento più praticabile è invece nota colloquialmente come la linea delle “dacie” – un gruppo di case sul bordo sud-orientale di Ugledar vera e propria.
Le dacie sono un elemento importante per due motivi. In primo luogo, offrono l’unico vero riparo alla periferia di Ugledar, costituendo in pratica l’unico vero punto di sosta o di appoggio al di fuori della città. In secondo luogo, sono la destinazione naturale per chiunque cerchi di avanzare in modo intelligente, cioè attraverso le linee degli alberi. I campi di questa zona sono separati l’uno dall’altro da zone boschive molto sottili e assolutamente dritte. Queste costituiscono l’unica copertura all’avvicinamento e sono quindi un terreno conteso. Le forze ucraine scavano abitualmente le loro trincee direttamente sotto queste linee di alberi, che rappresentano le vie di avanzata anche per le forze russe. Nel caso di Ugledar, seguire le linee di alberi porta direttamente alle dacie, che diventano quindi il punto focale naturale di qualsiasi tentativo di avanzata su Ugledar stessa.
L’altra caratteristica assai rilevante è una grande miniera di carbone situata a circa un miglio e mezzo a nord-est di Ugledar, lungo la strada. Questa miniera di carbone (anche se non il pozzo della miniera in sé, quanto il complesso di edifici industriali che la circondano) è una posizione ucraina sussidiaria con una propria guarnigione ed elementi logistici.
Così, otteniamo uno spazio di battaglia che assomiglia a questo:
Con questa comprensione degli aspetti spaziali e geografici, possiamo esaminare la battaglia in corso per Ugledar. Il 25 gennaio, le forze russe erano uscite da Pavlivka e Mykils’ke e avevano preso d’assalto Ugledar, raggiungendo rapidamente le dacie e sgomberandole in gran parte. A questo punto erano stati confermati anche combattimenti all’interno di Ugledar stessa, anche se è probabile che l’intenzione russa non fosse quella di assaltare la città edificio per edificio, ma piuttosto di tagliarla fuori (ci sono in realtà solo due strade che portano a Ugledar sotto il controllo ucraino) e costringere gli Ucraini a ritirarsi attraverso una rapida manovra avvolgente.
Questo primo assalto russo era sembrato aver colto di sorpresa gli Ucraini, vista la velocità con cui erano riusciti a liberare le dacie e ad avanzare fino alla periferia orientale di Ugledar. Un ufficiale del 105° Reggimento DNR, che aveva partecipato a questo primo assalto, aveva detto ai corrispondenti russi che, secondo lui, il contingente ucraino a Ugledar avrebbe potuto essere distrutto con una forte spinta durante la notte e che sarebbe stato lanciato un ultimatum per la resa (facendo capire che prevedevano di circondare la città).
A questo punto gli Ucraini avevano risposto rapidamente e in forze. Qui erano entrati in gioco alcuni fattori. In primo luogo il comando ucraino, per cui Ugledar è una posizione prior05itaria, aveva inviato quasi immediatamente delle riserve nella città (fonti ucraine sostengono che vi erano state reindirizzate le riserve destinate all’asse di Kreminna).
In secondo luogo, l’Ucraina ha schierate alcune batterie di artiglieria a Kurakhove, una quindicina di chilometri a nord. Si tratta della massima distanza di tiro per alcuni sistemi, ma Kurakhove è una posizione di fuoco ottimale perché permette all’Ucraina di coprire sia il settore di Ugledar che quello di Marinka. Se ricordate il saliente della linea di cui abbiamo parlato in precedenza, Kurakhove è una sorta di punto di fuoco a 180° che consente all’artiglieria ucraina di raggiungere il perimetro del rigonfiamento.
Infine, e forse la cosa più importante, la forza d’assalto russa aveva trascurato di attaccare o almeno neutralizzare la guarnigione nella miniera di carbone a nord-est di Ugledar. Le forze ucraine erano state perciò in grado di organizzare un rapido contrattacco, avanzando obliquamente verso le dacie. Una volta arrivate a Ugledar anche le riserve ucraine avevano partecipato al contrattacco e le truppe russe erano state costrette a combattere per mantenere la loro posizione nelle dacie.
Il rapido contrattacco dell’Ucraina, la copertura dell’artiglieria da Kurakhove e l’arrivo delle riserve avevano messo fine alla possibilità della Russia di sopraffare Ugledar al primo attacco e la battaglia si è ora trasformata in un affare molto più grande, con più forze impegnate da entrambe le parti. La lotta si è concentrata in gran parte sulle dacie e, naturalmente, sulle linee alberate che costituiscono le vie di avanzata per entrambe le parti. Le immagini satellitari mostrano che i bombardamenti si sono concentrati lungo queste linee di alberi.
Ancora più incisivi, forse, sono stati gli sforzi intensivi degli Ucraini per minare le vie di avvicinamento, anche con mine posate a distanza (in sostanza, si tratta di proiettili d’artiglieria vuoti riempiti di piccole mine antiuomo che vengono sparse dappertutto). Data la difficoltà di avvicinarsi a Ugledar in campo aperto, anche in assenza di mine, e la natura limitata e lineare dei percorsi di avvicinamento, un assalto diretto a Ugledar è, a questo punto, una follia e sembra che la Russia non ci stia più provando.
La battaglia sembra subire un netto cambiamento. Due elementi in particolare saltano all’occhio: in primo luogo, le forze ucraine non solo sono avanzate attraverso le dacie, ma sono persino riuscite ad attraversare il campo verso Pavilvka e Mykils’ke, tenute dai russi. In secondo luogo, però, le forze russe stanno mantenendo le posizioni e si stanno spingendo verso il margine orientale delle dacie e hanno portato rinforzi attraverso Mykils’ke.
Ciò suggerisce il seguente schema, a grandi linee. Gli sforzi russi sembrano ora spostarsi da Ugledar verso la miniera di carbone. Questo isolerebbe ulteriormente la guarnigione di Ugledar e metterebbe le forze russe in grado di circondarla da est. Contemporaneamente, però, le forze russe sembrano aver rinunciato all’avvicinamento a Ugledar, permettendo agli Ucraini di farsi avanti.
Qualche giorno fa, alcune fonti ucraine avevano trionfalmente affermato di aver raggiunto il fiume Kashlahach. Questo mi aveva veramente sorpreso: avanzare così in profondità sarebbe una pessima idea per gli Ucraini. È estremamente improbabile che l’Ucraina possa attaccare con successo in questa direzione: Pavlivka e Mykils’ke sono entrambe sotto il controllo consolidato dei Russi e, cosa forse più importante, l’autostrada principale che rifornisce queste città è dietro il fiume. Se l’Ucraina scegliesse di attaccare, tutte le difficoltà del terreno sopra menzionate giocherebbero a favore dei Russi, e saranno gli Ucraini a dover tentare di proiettare una forza lungo quelle strette linee di alberi, senza alcun modo per nascondersi o utilizzare scorciatoie.
Inoltre, la via d’accesso per gli Ucraini si trova tra le due città in mano ai Russi. Qualsiasi attacco ucraino di successo richiederebbe quindi l’attraversamento di un fiume con la minaccia di essere circondati. In definitiva, la decisione migliore per gli Ucraini sarebbe quella di non andare oltre le dacie e di rimanere al sicuro all’ombra di Ugledar. Ma se vogliono uscire attraverso i campi in una zona di morte, ha il sospetto che i Russi saranno felici di lasciarli fare mentre si preparano a lavorare sulla miniera di carbone.
Finora, Ugledar si è presentata come una battaglia affascinante e ferocemente combattuta. L’iniziale attacco russo verso la città non era affatto caratteristico di un esercito russo che ha dimostrato di preferire un movimento metodico e lento. Allo stesso tempo, non si può negare che l’Ucraina abbia contestato l’attacco russo in modo deciso e intelligente. I media e la propaganda hanno cercato di dipingere la battaglia come la scena di orribili perdite russe. È stato affermato, ad esempio, che l’intera 155a Brigata dei Marines sarebbe stata distrutta. Questo, inutile dirlo, è un po’ difficile da credere, dato che la 155a Brigata dei Marines sta ancora combattendo attivamente in questo settore e continuano a emergere filmati di combattimento. Curiosamente, questa stessa brigata sarebbe stata distrutta già a novembre in un presunto tentativo fallito di catturare Pavlivka, ma, alla fine, né la distruzione della brigata né il fallimento dell’attacco si sono rivelati veri. Oh, beh…
Detto questo, le perdite russe sono reali – probabilmente dell’ordine di 300-400 uomini e qualche dozzina di veicoli assortiti, ma questa è semplicemente la realtà di un combattimento ad alta intensità. Le perdite ucraine in questo settore sono altrettanto intense, e il successo della stabilizzazione del fronte ha costretto il comando ucraino a ridurre le proprie riserve in altri settori critici del fronte. Forse ancora più importante, l’afflusso di forze ucraine in questo settore ha cambiato completamente il calcolo della battaglia, con la Russia che ha fatto affluire più armi pesanti e ha creato un’altra fossa mortale.
Il futuro di Ugledar rimane nebuloso. Questa mattina (24 febbraio) sono stati diffusi nuovi filmati che mostrano gli attacchi aerei russi sulle posizioni ucraine intorno alla miniera di carbone, e questo fa capire che potrebbero effettivamente procedere con un tentativo di assalto alla miniera e avvolgere Ugledar da est. È anche possibile che Ugledar diventi l’ennesima battaglia posizionale, che potrebbe essere decisa per gli Ucraini da un’avanzata russa altrove. Se, ad esempio, i Russi sfondassero la linea ucraina a Marinka e avanzassero fino a minacciare Kurakhove, Ugledar potrebbe perdere il vitale ombrello di artiglieria che aveva reso possibile il successo della difesa.
Per ora, questa battaglia è affascinante perché riduce l’intero dramma della guerra a una scala molto piccola. Decine di migliaia di uomini si sono sfidati coraggiosamente in un’arena di non più di quindici miglia quadrate, e in molti casi la vita e la morte sono state decise dal controllo di uno stretto sentiero sterrato sotto una fila di alberi.
In mezzo alle dichiarazioni altisonanti della leadership politica e all’infinito agitarsi per le grandi frecce disegnate sulla mappa, questa battaglia ci rammenta che il destino del mondo è costruito sugli sforzi collettivi da questi coraggiosi soldati. Indifferenti alle infinite chiacchiere sugli obiettivi di guerra e alle inani chiacchiere sull'”ordine internazionale basato sulle regole,” sul multipolarismo e sui banali interessi geopolitici, gli eventi sul campo vengono portati avanti da uomini i cui obiettivi di guerra sono veramente molto semplici. Nelle steppe pontiche innevate intorno a Ugledar, ciò che il guerriero desidera più di ogni altra cosa è non essere colpito.
Le cicatrici dell’Impero: Moldavia e Transnistria
Forse uno degli sviluppi più notevoli delle ultime settimane è stato l’emergere simultaneo di due presunti complotti volti ad allargare il conflitto. Il 21 febbraio, il governo ucraino aveva affermato di essere in possesso di informazioni di intelligence secondo le quali la Russia avrebbe pianificato di perpetrare un “colpo di Stato” in Moldavia, sequestrando l’aeroporto della capitale Chișinău e facendolo presidiare da truppe sbarcate con un ponte aereo. Nel giro di 24 ore, la Russia aveva replicato affermando che l’Ucraina si stava preparando ad invadere il territorio interstiziale e giuridicamente ambiguo noto come Transnistria.
Tutto questo probabilmente confonde gli osservatori occasionali. Se la storia e/o la politica dell’Europa orientale non sono il vostro pane quotidiano, allora probabilmente avrete sentito parlare della Moldavia solo di sfuggita, e forse non avrete mai sentito parlare della Transnistria, quindi potrebbe essere utile una breve digressione nel contesto storico.
La Moldavia è uno di quei piccoli Stati che erano predestinati a diventare una scheggia geopolitica. I Moldavi stessi (come ethnos o popolo) sono in realtà apparentati con i Rumeni – la stragrande maggioranza del Paese parla rumeno e la religione dominante è l’ortodossia orientale in rumeno liturgico. Dal punto di vista genetico, i Moldavi sembrano avere più ascendenze slave dei Rumeni propriamente detti, ma questo forse esula dallo scopo di questo piccolo saggio.
In ogni caso, la domanda che sorge spontanea è: perché la Moldavia è una cosa a sé stante, invece di essere semplicemente una bella provincia costiera della Romania? La risposta, in breve, è che lo Stato si trova contemporaneamente in due importanti punti di convergenza, uno politico e uno geografico.
Dal punto di vista politico (cioè storico), la Moldavia si trovava in una sorta di tessuto connettivo in cui si erano fronteggiati tre grandi imperi: l’Impero Russo, quello ottomano e quello austriaco. In particolare, per gran parte della storia moderna il territorio dell’attuale Moldavia si è trovato direttamente al confine tra l’Impero Russo e quello ottomano ed era quindi molto ambito. L’appetibilità di questa piccola regione era ulteriormente rafforzata dalle sue qualità geografiche. In sostanza, la Moldavia occupa un territorio storicamente noto come Bessarabia, che comprendeva l’unico passaggio facilmente attraversabile tra i Carpazi e il Mar Nero.
La Bessarabia (la futura Moldavia) era soggetta a continue brame e cambi di mano, con le potenze russa e ottomana che desideravano controllare quel corridoio cruciale tra le montagne e il mare. Nell’Ottocento, l’emergere di uno Stato rumeno indipendente, un altro attore desideroso di questo appezzamento strategico, aveva ulteriormente complicato le cose. Alla fine, la Seconda Guerra Mondiale aveva posto fine alla controversia e la vittoriosa Unione Sovietica aveva piantato la falce e il martello sul Varco di Bessarabia con la creazione della Repubblica Socialista Sovietica Moldava. La questione moldava era stata risolta… per un certo periodo.
Il muro di Berlino era caduto. L’Unione Sovietica aveva iniziato a dissolversi e il futuro politico della Moldavia era nuovamente divenuto una questione aperta. Nel giugno 1990, la Repubblica Moldava era stata una delle tante a voler lasciare l’Unione, ma non tutti erano d’accordo. I lealisti sovietici e i Russi etnici che vivevano in Moldavia si erano ribellati al pensiero di lasciare l’Unione e di rimanere soli in uno Stato a maggioranza rumena e, in risposta, avevano dato vita alla Repubblica Socialista Sovietica Moldava Pridnestroviana, che presto sarebbe stata meglio conosciuta come Transnistria.
Il nome Transnistria è, in realtà, molto utile e descrittivo. Derivato da “Transniester,” si riferisce letteralmente ad una striscia di terra tra il fiume Dniester e il confine moldavo che si era staccata dalla Moldavia nel 1990 e aveva dichiarato un impegno costante nei confronti dell’URSS. Sorge quindi una domanda piuttosto singolare: la Transnistria è un’entità lealista o separatista? Dal punto di vista di Mosca, le autorità della Transnistria sono lealisti che hanno rifiutato di aderire all’uscita della Moldavia dall’URSS. Per i Moldavi, ovviamente, i Transnistriani sono separatisti. Il modo in cui saranno considerati dalla storia sarà quasi certamente determinato da chi vincerà o perderà la lotta per il potere nell’Europa orientale.
Tutto questo per dire che ora ci sono due staterelli sul litorale del Mar Nero che rappresentano dei detriti imperiali. La Moldavia è uno Stato di etnia rumena che occupa la maggior parte dello spazio tra i Carpazi e il Mar Nero, mentre la Transnistria è uno pseudo-Stato filo-russo che si era staccato dalla Moldavia durante il crollo sovietico. Ora, nel febbraio 2023, l’Ucraina e la Russia si accusano a vicenda di complottare per invadere questi piccoli lembi di schegge geopolitiche.
Cominciamo con la questione della Transnistria. Due sono le domande più importanti: perché l’Ucraina dovrebbe voler invadere la Transnistria e cosa succederebbe se tale tentativo dovesse avere successo?
Il motivo di una probabile invasione della Transnistria da parte dell’Ucraina è alquanto confuso. Molti hanno suggerito che l’Ucraina potrebbe essere motivata ad impadronirsi del contenuto del deposito di munizioni di Cobasna, in Transnistria, un tempo supporto logistico per la 14a Armata della Guardia sovietica di stanza nella regione. Oggi, il deposito di Cobasna è una delle più grandi discariche di munizioni in Europa, dove potrebbero essere presenti circa 20.000 tonnellate di munizioni di epoca sovietica. Poiché è stato riferito che l’Ucraina è disperatamente a corto di munizioni, la struttura di Cobasna è forse un bersaglio sufficientemente attraente da eccitare lo stato maggiore ucraino, anche se è improbabile che l’intero contenuto del deposito sia utilizzabile. Molte delle munizioni sono probabilmente obsolete a causa dell’età e dell’incuria, ma è probabile che ci sia ancora una scorta significativa di ordigni utilizzabili. Il fatto che il deposito di munizioni si trovi a meno di tre miglia dal confine ucraino fa salire il fascino a livelli forse irresistibili.
La Transnistria, ovviamente, non è esattamente indifesa. Essendo più o meno uno staterello formatosi attorno ai resti dell’Armata Rossa, è molto più militarizzata di quanto ci si aspetterebbe da una regione con meno di mezzo milione di abitanti. In effetti, la Transnistria ha più equipaggiamento pesante della Moldavia e può schierare una manciata di brigate di fanteria motorizzata passabili. In Transnistria è presente anche una guarnigione di soldati russi, anche se questi sono relativamente poco equipaggiati e sono stati dispiegati soprattutto come forza di interdizione in tempo di pace.
La verità sulla Transnistria è che potrebbe essere più forte di quello che sembra e probabilmente è una noce molto più difficile da rompere di quanto si potrebbe pensare, ma è isolata e, in circostanze normali, non sarebbe in grado di resistere ad un attacco ucraino determinato, anche se a questo punto non è chiaro che tipo di risorse Kiev potrebbe dedicare a ciò che equivarrebbe ad una scorribanda armata per rubare un po’ di munizioni.
Detto questo, dobbiamo ricordare che il deposito di munizioni di Cobasna si trova molto vicino al confine ucraino e la sua messa in sicurezza non richiederebbe l’occupazione di tutta la Transnistria. L’esercito ucraino dovrebbe semplicemente proteggere un saliente a pochi chilometri di profondità e schermare il deposito dalla vicina città di Ribnita e nel frattempo trasferire il suo contenuto in Ucraina. Sarebbe difficile per le forze della Transnistria contestare un obiettivo così vicino al confine ucraino, ed è quindi molto probabile che siano già state prese misure per far saltare il deposito di munizioni in caso di incursione ucraina – un atto che potrebbe produrre un’esplosione delle dimensioni della bomba atomica di Hiroshima, anche se senza le fastidiose radiazioni.
Questo suggerisce un paradosso. Il deposito Cobasna è così vulnerabile ad un’incursione ucraina che cessa di diventare un obiettivo realistico, poiché verrebbe semplicemente fatto esplodere nel momento in cui gli Ucraini si avvicinassero. L’Ucraina si troverebbe quindi ad affrontare un nuovo inutile fronte nelle sue retrovie, che quasi certamente richiederebbe unità regolari ucraine (non solo di difesa territoriale) per essere pacificato.
Questo ci riporta alla Moldavia. La questione della Transnistria è delicata per la Moldavia, che vede il piccolo staterello transnistriano come una provincia separatista moldava e tende a considerarla come un cavallo di Troia russo per dispiegare truppe in avanti e fare pressione sul governo moldavo. Non è del tutto corretto considerare la Transnistria come una sorta di complotto russo, semplicemente perché la creazione della Transnistria era stata il risultato di un’azione spontanea nella regione stessa e non diretta centralmente da Mosca, ma per la Moldavia è senza dubbio un punto dolente.
Per questo motivo l’Ucraina ha costantemente inquadrato la questione della Transnistria come “di competenza della Moldavia.” In altre parole, l’Ucraina probabilmente esiterà a muoversi in Transnistria nel solo palese tentativo di rubare le scorte di Cobasna – vorrebbe invece dipingere il suo intervento come una richiesta del governo moldavo – “questa è terra della Moldavia e noi interveniamo su loro richiesta per aiutarli a riprendersela.” Questo è probabilmente il motivo per cui l’Ucraina aveva parlato di un presunto piano russo per rovesciare il governo moldavo – vorrebbe creare un ambiente politico in cui la Moldavia dia il via libera ad un intervento in Transnistria e partecipi con le proprie forze.
Facciamo il punto della situazione e cerchiamo di capire la vera natura di queste voci. Allargare la guerra alla Moldavia e alla Transnistria non risponde agli interessi russi. Per la Russia, qualsiasi operazione che avvenga sull’asse della Transnistria sarebbe molto difficile da gestire poiché dovrebbe essere sostenuta interamente da trasporti aerei e, ancora più specificamente, da sorvoli del territorio ucraino o moldavo.
Nel frattempo, la Moldavia vuole quasi certamente mantenere la sua neutralità (che è codificata nella costituzione del Paese ed è il motivo per cui il Paese non è membro della NATO) ed è quindi altamente improbabile che dia il via libera ad una mossa ucraina in Transnistria in assenza di una qualche precedente provocazione russa.
In definitiva, l’unica parte che sembrerebbe trarre vantaggio dall’allargamento del conflitto allo spazio moldavo sarebbe l’Ucraina, sia perché brama il deposito di Cobasna, sia perché l’allargamento del conflitto è generalmente un obiettivo degli Ucraini – nel loro calcolo grossolano, qualsiasi escalation che aumenti la probabilità di un intervento occidentale diretto è vantaggiosa. La Moldavia, ovviamente, non è un membro della NATO, ma senza dubbio l’Ucraina vorrebbe innescare un’espansione a spirale del teatro e vedere se, ad esempio, potesse esservi coinvolta la Romania. Detto questo, Kiev dovrebbe probabilmente aspettarsi che il deposito di Cobasna venga semplicemente fatto esplodere nel momento in cui venisse attaccato, rendendo l’intero piano uno spreco di risorse mal concepito.
Nel complesso, sono scettico che si verifichi qualcosa su questo fronte. Il puntare contemporaneamente il dito da parte di Mosca e Kiev ricorda molto il periodo dell’anno scorso in cui entrambe le parti avevano iniziato ad accusarsi simultaneamente di aver complottato per far esplodere una bomba sporca. L’Ucraina cerca di fabbricare una crisi per aumentare l’urgenza in Occidente e fomentare il panico e la distrazione in Russia, e la Russia risponde con controaccuse e la gestione dell’escalation. Soprattutto, questo ci ricorda che per l’Ucraina – che per sostenere la sua attività bellica dipende interamente dai suoi benefattori occidentali – questa guerra si combatte davanti ad un pubblico.
Fin dall’inizio, sono stato abbastanza coerente nel dire che, secondo me, la guerra in Ucraina verrà combattuta fino alla sua conclusione e rimarrà un conflitto convenzionale contenuto – vale a dire, non mi aspetto né l’uso di armi nucleari né l’entrata in guerra di altri belligeranti, siano essi la Bielorussia, la Polonia, la Moldavia o la NATO vera e propria. Credo che abbiamo già visto l’entità qualitativa del coinvolgimento esterno in questa guerra – la NATO che fornisce addestramento, ISR, armi, manutenzione e supporto, la Bielorussia che viene utilizzata per gli schieramenti russi e gli alleati dei Russi come la Cina e l’Iran che forniscono principalmente armi lanciabili a distanza. Per ora, nessuno degli sviluppi intorno alla Transnistria sembra sconvolgere in modo credibile questo calcolo. Per ora, aspettiamo di vedere se la carenza di munizioni degli Ucraini diventerà così grave da obbligarli a fare una puntatina al deposito di Cobasna.
Sommario: vivere nella fossa della morte
Per chi siede al sicuro nella propria casa lontano dal Donbass, è facile banalizzare i combattimenti attualmente in corso come poco importanti, semplicemente perché luoghi come Ugledar, Bakhmut e la fascia forestale a sud di Kreminna non sembrano essere particolarmente importanti. Questo, ovviamente, è piuttosto sciocco. Ciò che rende importante un luogo, in quel contesto unico e nell’ambito della nuova logica strategica della guerra, è il fatto che due corpi ostili di uomini armati vi si scontrano. La storia è piena di ricordi di questo tipo: Gettysburg, Stalingrado e Điện Biên Phủ non erano particolarmente importanti di per sé, ma avevano assunto un’importanza spropositata perché lì si trovava il nemico.
La vittoria in Ucraina sarà conquistata quando l’uno o l’altro esercito avrà perso la capacità di opporre resistenza armata – a causa della rottura della volontà politica, della distruzione degli equipaggiamenti pesanti, della distruzione dei mezzi di sostentamento o delle perdite umane. La parola “logoramento” è diventata piuttosto comune e viene abitualmente usata in riferimento all’attuale approccio russo, ma pochi vogliono contemplare cosa significhi veramente – perché implica, soprattutto, l’uccisione di un gran numero di soldati ucraini, la caccia e la distruzione di sistemi critici come l’artiglieria e la difesa aerea, e la messa fuori uso delle aree posteriori ucraine. Dove combattere meglio che a Bakhmut, dove la fanteria ucraina sopravvive poche ore in prima linea?
Il comando russo potrebbe forse parafrasare il tenente colonnello americano Hal Moore, famoso per aver detto del Vietnam: “Per Dio, ci hanno mandato qui per uccidere i comunisti ed è quello che stiamo facendo.”
Una delle grandi peculiarità di questa guerra è il grado di dipendenza di Kiev dall’aiuto occidentale per sostenere la sua azione bellica. Questo per la Russia è per certi versi sia un vantaggio che uno svantaggio. Gli svantaggi sono evidenti, in quanto mettono la maggior parte dell’ISR, della produzione di armamenti e del sostegno dell’Ucraina al di fuori della portata della Russia. Mosca non può certo iniziare ad abbattere gli aerei AWAC americani o bombardare le strutture della Lockheed Martin, e quindi da questo punto di vista la dinamica della guerra conferisce all’Ucraina una resilienza strategica unica. Ma il rovescio della medaglia è che l’Ucraina non è veramente sovrana, come lo è la Russia con il suo sistema bellico interamente di produzione interna.
Poiché l’Ucraina dipende dall’assistenza straniera per continuare la sua guerra, deve essere costantemente sotto pressione e in modalità performante per ottenere successi visibili. Per questo si prevede che l’Ucraina utilizzerà i veicoli attualmente in consegna per lanciare una controffensiva contro il ponte di terra verso la Crimea. Non ha davvero scelta. Al contrario, la Russia non è sottoposta a pressioni temporali intense, se non quelle che impone a se stessa, e questa libertà d’azione le consente il lusso (fintanto che gli eventi sul campo di battaglia non la interromperanno) di mettere a punto una revisione organizzativa e di resistere alla tentazione di muoversi prematuramente.
Certo, sarebbe molto meglio non avere problemi organizzativi, ma la discrezione resta la parte migliore del valore. E per ora non c’è molta fretta, perché l’intero fronte è diventato una fossa mortale che assorbe uomini ed equipaggiamento e priva gli Ucraini di riserve e di iniziativa.
Il futile mondo in cui viviamo in Occidente viene messo a nudo dalla realtà del vero potere. Dopo l’ennesimo impotente voto di condanna alle Nazioni Unite e la visita a Kiev del gerontocrate preferito dagli Americani, l’interesse dei clericali laici occidentali per la guerra d’Ucraina non mostra segni di cedimento, ma forse stanno gradualmente prendendo coscienza del fatto che si tratta di un piano esistenziale che possono comprendere poco, per non parlare di influenzare. Possono solo osservare.
Nella foresta intorno al Donets, nella steppa di Ugledar e nella trappola mortale di Bakhmut, le parole contano poco. In effetti, il potere distruttivo ora all’opera è così grande che anche le azioni dei singoli possono fare ben poco per modificare il corso della battaglia – eppure, da entrambe le parti, uomini di volontà superiore continuano a svolgere i loro compiti, dimostrando disciplina e coraggio di fronte alla costante possibilità di morire. Questi uomini di ferro sono forse al di là della comprensione delle culture postmoderne, ma sono loro che determineranno il destino dell’Ucraina e della Russia.
Big Serge
Fonte: bigserge.substack.com
Link: https://bigserge.substack.com/p/russo-ukrainian-war-schrodingers
01.03.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org