DI ELLEN BROWN
Webofdebt.wordpress.com
“War! Good God, ya’ll. What
is it good for? Absolutely nothin’!”
Così faceva il successo di Bruce Springsteen degli anni ’80, che era già stato registrato nel 1969 come canzone contro la guerra del Vietnam. Questo pezzo rispecchiava un sentimento popolare. La guerra nel Vietnam terminò. E così anche la Guerra Fredda. Ma il settore militare è ancora in cima alla lista della spesa del governo. Quando vengono considerati anche i sussidi ai veterani e gli altri costi militari del passato, metà dei fondi del governo adesso vanno al complesso militare-industriale. I contestatori hanno cercato di fermare questo rullo compressore sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma la macchina della guerra è più potente e influente che mai.Perché? I poteri dietro le quinte che tirano le fila hanno senza dubbio una loro agenda oscura, ma perché il nostro tanto sbandierato sistema democratico non è riuscito
a fermarli?
La risposta potrebbe riguardare il nostro modello individualistico e liberista di capitalismo, che impedisce ai governi di fare concorrenza alle imprese private eccetto i casi di “emergenza nazionale”. Il problema è che le aziende private hanno bisogno di un governo che metta i soldi dalle tasche della gente e che stimoli la domanda. Questo processo da qualche parte deve iniziare
e il governo ha gli strumenti per farlo. Ma nella nostra cultura ogni sentore di “socialismo” è un anatema. Questo ha portato a dichiarare uno stato di “emergenza nazionale” senza soluzione di continuità solo per far veicolare i soldi del governo nell’economia.
Le altre strade sono bloccate, e così l’economia produttiva è stata sistematicamente prosciugata dal settore militare non produttivo, fino al punto che la guerra è oggi la nostra maggiore esportazione. La guerra è il posto in cui sono i soldi e dove c’è il lavoro. Gli Stati Uniti si sono trasformati un’economia di guerra permanente e in uno stato militare.
La guerra come stimolo economico
L’ipotesi che la guerra sia positiva per l’economia risale almeno alla Seconda Guerra Mondiale. I critici del sistema keynesiano di spesa a deficit replicarono che era
la guerra, e non la spesa a deficit, che fece uscire gli Stati Uniti dalla Grande Depressione.
Ma, anche se la guerra può aver avviato la risalita della produttività, la ragione per cui la guerra funzionò è che apri i cancelli al deficit. La guerra
era un’enorme stimolo per la crescita economica, non perché fosse un utilizzo delle risorse dettato dall’analisi costi/benefici, ma perché nessuno si preoccupa del deficit in tempo di guerra.
In tempi di pace, invece, il governo non dovrebbe confrontarsi con l’iniziativa privata. Come ha osservato il vincitore del Premio Nobel Frederick Soddy:
La vecchia politica dell’estremo laissez-faire a favore dell’economia individualistica nega con fervore che lo Stato abbia il diritto di competere in ogni modo con gli individui nella proprietà delle imprese produttive, dalle quali si possono ottenere interessi monetari o profitti.
Negli anni ’30, al governo fu consentito
di investire in imprese nazionale come la Tennessee Valley Authority,
ma ciò avvenne principalmente perché gli investitori privati non crederono
di potere avere un ritorno sufficiente dal progetto stesso. L’esito
fu che gli anni tra il 1933 e il 1937 divennero il più grande boom ciclico della storia degli Stati Uniti. Il PIL aumentò
del 12 per cento e il PIL nominale salì al tasso del 14 per cento.
Ma quando nel 1937 l’economia sembrò essere tornata in salute, Roosevelt
fu pressato per tagliare di nuovo gli investimenti pubblici. Il risultato
fu una crescita della disoccupazione. Il boom economico si arrestò
e l’economia scivolò di nuovo nella recessione.
La Seconda Guerra Mondiale capovolse
la tendenza, riaprendo i rubinetti dei soldi. La “sicurezza nazionale”
ebbe la meglio, mentre il Congresso spendeva senza remore per “preservare
il nostro livello di vita”. La sfida a oltranza della Seconda Guerra
Mondiale consentì al Congresso di finanziare un turbinio di attività
industriali, fino a che il contro per il debito pubblico nazionale raggiunse
il 120% del PIL.
Il governo contrasse il debito più
grande della storia, ma l’iperinflazione, la svalutazione della moneta
e il collasso economico predetto dai falchi del deficit non avvenne.
Piuttosto, i macchinari e le infrastrutture costruite durante il periodo
di espansione permise alla nazione di guidare il mondo nei dati per
la produttività per quasi mezzo secolo. Negli anni ’70 il rapporto
debito-PIL era sceso dal 120% a meno del 40%, non perché le persone
si erano sacrificate per ripagare il debito, ma perché l’economia
era così produttiva che il
PIL salì per colmare la differenza.
Stimolo senza guerra
La Seconda Guerra Mondiale può
aver creato lavoro; ma come tutte le guerre, ha preteso un costo terribile.
L’economista John
Maynard Keynes osservò:
La costruzione delle
piramidi, i terremoti, persino le guerre possono servire per incrementare
la ricchezza, se la formazione dei nostri
uomini di stato, che si basa sui principi dell’economia classica,
la suggerisce al posto di qualcosa di meglio.
La guerra era lo stimolo economico
di ultima istanza quando i politici erano così confusi nella loro
comprensione dell’economia che non avrebbero permesso al governo di
indebitarsi tranne i casi di emergenza nazionale. Ma Keynes disse che
ci erano modi meno distruttivi per far andare i soldi nelle tasche delle
persone e stimolare così l’economia. I lavoratori potevano venir
pagati per scavare fossati e poi riempirli, e anche questo avrebbe stimolato
l’economia. Quello di cui ha bisogno un’economia che va a rilento
è semplicemente la domanda (il potere di acquisto disponibile). La
domanda quindi stimolerebbe le attività per produrre più “offerta”,
creando più posti di lavoro e guidando la produttività. La chiave
di tutto questo era che la domanda (i soldi per spendere) dovevano essere
messi in primo piano.
I cinesi hanno impiegato i lavoratori
a costruire enormi centri commerciali e condomini, molti dei quali sono
vuoti per assenza di clienti e compratori. Potrebbe essere un uso dispendioso
di risorse, ma ciò è riuscito a mettere i soldi nelle tasche del lavoratori,
dando loro il potere di acquisto da spendere in beni e servizi, stimolando
la crescita economica; e diversamente dalla spesa dispendiosa per la
guerra, l’approccio cinese non ha comportato morti e distruzione.
Un’alternativa meno costosa sarebbe
la soluzione ipotetica di Milton Friedman: scaricare i soldi con gli
elicotteri. Tutto questo è stato collegato agli “alleggerimenti quantitativi”
(QE), ma il modo in cui è stato realizzato il QE non
è quello che Friedman ha descritto. I soldi non hanno inondato le persone
e l’economia locale per stimolare la spesa. Sono stati veicolati nelle
riserve delle banche, dove si sono accumulati senza raggiungere l’economia
produttiva. Le riserve
in “eccesso” di 1,6 trilioni di dollari
sono ora fermi nei conti di riserva della Federal Reserve. Non
si è tentata la strada dell’elicottero previsto da Friedman.
Una soluzione migliore
Le guerre, scavare i fossati e far
piovere i soldi con gli elicotteri potrebbe funzionare per stimolare
la domanda e aumentare il potere di acquisto, ma ci sono alternative
migliori. Oggi ci sono grandi bisogni che non vengono soddisfatti: le
infrastrutture cadono a pezzi, le classi sovraffollate, i sistemi energetici
che aspettano di essere sviluppati, i laboratori di ricerca che aspettano
fondi. Oggi la soluzione migliore costi-benefici verrebbe dallo stimolo
del governo se spendesse su attività che veramente migliorano il livello
di vita delle persone.
Questo può essere fatto anche
riducendo il debito nazionale. In un articolo
recente, David Swanson
cita uno
studio di Robert Greenwald
e Derrick Crowe che considera i 60 miliardi di dollari persi dal Pentagono
per lo spreco e la truffa in Iraq e Afghanistan. Hanno calcolato che
questi soldi potrebbero aver creato 193.000 posti di lavoro in più
di quanti ne abbia fatto l’uso a fini militari, se fossero stati destinati
a scopi commerciali interni. Swanson prosegue:
Ci sono altri calcoli
nello stesso studio […] Se avessimo speso quei 60 miliardi di dollari
in energia pulita, avremmo creato (direttamente o indirettamente) 330.000
posti di lavoro in più. Se li avessimo spesi nella cura della salute,
ne avremmo creati 480.000 in più. Se li avessimo spesi nell’educazione,
ne avremmo creati 1,05 in più […]
Diciamo di voler creare
29 milioni di posti di lavoro in dieci anni. Fanno 2,9 milioni ogni
anno. Ecco un modo per farlo. Prendiamo 100 miliardi di dollari dal
Dipartimento della Difesa e spostiamoli nell’educazione. Questo crea
1,75 milioni di posti di lavoro all’anno. Prendiamone altri 50 miliardi
e spostiamoli nella cura della salute. Sono altri 400.000. Prendiamone
altri 100 miliardi e muoviamoli verso l’energia pulita. Sono altri
550.000 posti di lavoro. E altri 62 miliardi per i tagli alle tasse,
che ne generano altri 200.000. Ma la spesa militare per il Dipartimento
dell’Energia, il Dipartimento di Stato, la Homeland Security e così
via non sono stati toccati. E il Dipartimento della Difesa
è stato privato di circa 388 miliardi di dollari, ossia meno di quanto
otteneva dieci anni fa quando il paese divenne folle nella sua totalità.
Il lavoro e le risorse rimangono nell’abulia
mentre lo spaventapasseri del “deficit” priva la popolazione
di merci e servizi che potrebbero riuscire a creare. Deviare una porzione
dell’enorme spesa militare vero usi pacifici potrebbe creare posti
di lavoro, migliorare i livelli di vita e aggiungere infrastrutture,
riducendo contemporaneamente il debito nazionale e mettendo a posto
il budget del governo incrementando il numero dei contribuenti e le
entrate fiscali.
Preparato per “The Military Industrial Complex at 50”, una conferenza tenuta a Charlottesville in Virginia, 16-18 settembre 2011.
Fonte: War–The Fiscal Stimulus of Last Resort
10.09.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE