MOON OF ALABAMA
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Dieci droni controllati dalle forze yemenite degli Houthi hanno colpito la scorsa notte due importanti installazioni petrolifere saudite ed hanno causato numerosi incendi (video).
La raffineria petrolifera di Abqaiq (anche Babqaiq) si trova 60 km a sud-ovest del quartier generale dell’Aramco di Dhahran.
L’impianto di lavorazione del petrolio tratta il greggio proveniente dal più grande giacimento tradizionale di petrolio del mondo, il supergigante Ghawar, e lo indirizza per l’esportazione verso i terminali di Ras Tanura (il più grande impianto di carico offshore del mondo) e di Juaymah. Pompa anche verso ovest, attraverso il Regno, fino ai terminali di esportazione del Mar Rosso.
L’impianto di trattamento gas-petrolifero di Abqaiq è il più grande del mondo. Si trova al centro dell’infrastruttura gas-petrolifera dell’Arabia Saudita.
Abqaiq lavora ogni giorno 6,8 milioni di barili di petrolio greggio. Oltre i due terzi di tutta la produzione saudita di petrolio e di gas passano di qui. Non è ancora chiaro quanto dell’intera struttura sia andato distrutto.
Il secondo obiettivo era un impianto di trasformazione vicino a Khurais, 190 km più a sud-ovest. Si trova nel secondo giacimento petrolifero del paese. Entrambe le installazioni distano più di 1.000 km dallo Yemen.
L’Arabia Saudita non ha difese aeree che proteggano le sue strutture petrolifere dagli attacchi provenienti da sud.
Aᴍɪʀ @AmirIGM – 11:34 UTC · Sep 14, 2019
Questa immagine mostra le difese aeree saudite intorno agli impianti petroliferi di Abqaiq che sono stati colpiti nelle prime ore di sabato. I droni erano ben all’interno del raggio d’azione dei PAC-2, ma fuori dalla portata degli Hawk. È possibile che le dimensioni ridotte o i materiali compositi di questi piccoli droni abbiano contribuito a evitare il loro rilevamento.
I PAC-2 sono vecchi sistemi di difesa aerea fabbricati negli Stati Uniti, che non possono “vedere” piccoli droni o missili da crociera.
Le immagini satellitari mostrano una significativa nube di fumo proveniente da Abqaiq.
C’è del fumo proveniente da altri quattro impianti petroliferi, ma potrebbe essere causato dalla combustione programmata del petrolio in eccedenza, resasi necessaria perché gli impianti di lavorazione più a valle sono bloccati o distrutti.
L’Arabia Saudita ha dichiarato che gli incendi sono sotto controllo. Il video girato questa mattina mostra che continuano.
In un video girato ieri sera nelle vicinanze della struttura si può udire il rumore acuto del motore di un drone e poi di un’esplosione. In altri video si possono sentire colpi di armi automatiche. Questi erano probabilmente i tentativi da parte del personale di sorveglianza di abbattere i droni.
Ma i droni potrebbero non essere stati l’unica causa dell’incidente. La notte scorsa, un pescatore kuwaitiano ha registrato il rumore di un missile da crociera o di un aereo a reazione, con o senza pilota, proveniente dall’Iraq. I detriti trovati sul terreno in Arabia Saudita sembrano essere quelli di un missile da crociera KH-55 di epoca sovietica o di un Soumar, una copia iraniana di quel progetto. Gli Houthi avevano mostrato missili da crociera, arrivati probabilmente dall’Iran, con un design simile (vedi sotto). Dopo un attacco alle installazioni petrolifere saudite in agosto, c’erano state accuse secondo cui almeno alcuni degli attacchi provenissero dall’Iraq. L’Iran era stato accusato di essere coinvolto in quell’attacco. Anche se tutto questo sembra improbabile, non è comunque impossibile.
L’attacco di agosto è stata la mossa dello scacco matto nella guerra saudita contro lo Yemen. Come avevamo scritto allora:
L’Arabia Saudita ha, alla fine, perso la guerra contro lo Yemen. Non ha difese contro le nuove armi acquisite dagli Houthi nello Yemen. Queste armi minacciano le stesse strutture portanti dell’economia saudita.
L’Arabia Saudita non ha nulla che possa fermare gli attacchi di massa di questi droni. Per proteggere le installazioni petrolifere saudite ci vorrebbero centinaia di sistemi di difesa aerea Pantsyr-S1 e BUK di fabbricazione russa. Non c’è però alcuna garanzia che [anche questi] non possano essere sopraffatti.
Il portavoce delle forze armate Houthi ha rivendicato la responsabilità dell’attacco di oggi:
Questa è una delle più grandi operazioni compiute in profondità nell’Arabia Saudita dalle nostre forze ed è arrivata dopo un’accurata analisi di intelligence e un monitoraggio avanzato e con la cooperazione di uomini liberi e di valore nel Regno.
L’affermazione che ci sarebbe stata cooperazione da parte di persone in Arabia Saudita renderà i sovrani sauditi ancora più paranoici di quanto non già non lo siano. È possibile che i droni siano stati lanciati dall’interno dell’Arabia Saudita e che il loro punto di lancio, in realtà, sia molto più vicino agli obiettivi di quanto generalmente ritenuto.
Il portavoce ha continuato:
Promettiamo al regime saudita che le nostre future operazioni si espanderanno ulteriormente e saranno più dolorose che mai, fintanto che continuerà la sua aggressione e il suo assedio.
Affermiamo che il nostro ventaglio di obiettivi si sta espandendo di giorno in giorno e che non esiste soluzione per il regime saudita, se non quella di fermare l’aggressione e l’assedio del nostro paese.
La guerra contro lo Yemen, lanciata dal principe clown saudita Mohammad bin Salman nel 2015, è costata all’Arabia Saudita diversi miliardi di dollari al mese. Il disavanzo del bilancio saudita è aumentato nuovamente e quest’anno dovrebbe raggiungere il 7% del PIL. Il paese ha bisogno di denaro fresco o di prezzi del greggio molto più alti.
L’Arabia Saudita ha recentemente rilanciato i tentativi per la vendita di una quota del suo conglomerato petrolifero di proprietà statale, Aramco. All’inizio di questo mese, il da lungo tempo in carica ministro saudita per l’energia, Kalid al-Falih, è stato prima degradato e poi rimosso dalla sua posizione e sostituito da Abdulaziz bin Salman, fratellastro del principe pagliaccio:
“La lunga tradizione che voleva alla carica di ministro del petrolio un tecnico estraneo alla famiglia reale è stata infranta e la teoria più accreditata è che il ministro uscente, Khalid Al Falih, fosse troppo restio ai cambiamenti voluti dal principe ereditario Mohammed Bin Salman,” ha scritto Paul Sankey, un analista di fonti energetiche di Mizuho.
La rimozione di Kalid al-Falih ha posto fine alla resistenza nazionalista contro la vendita di Aramco e della ricchezza del paese.
Ma chi acquisterà una quota dell’azienda, quando le sue principali installazioni sono insicure e colpite da pesanti attacchi?
Il principe clown saudita dovrà fare la pace con lo Yemen prima di poter vendere le azioni Aramco ad un prezzo decente. Dovrà scucire molti miliardi in fondi di riparazione allo Yemen e alla sua popolazione, prima che gli Houthi siano disposti ad accettare la pace.
I primi tentativi dei Sauditi di chiedere la pace erano stati fatti due settimane fa. Sembra che abbiano chiesto all’amministrazione Trump di studiare un [possibile] accordo con gli Houthi:
L’amministrazione Trump si sta preparando ad avviare negoziati con i ribelli Houthi sostenuti dall’Iran nel tentativo di porre fine all’ormai quadriennale guerra civile nello Yemen, secondo quanto riferito mercoledi scorso dal Wall Street Journal.
Gli sforzi mirerebbero a convincere l’Arabia Saudita a prendere parte a colloqui segreti in Oman con i ribelli, per aiutare a mediare un cessate il fuoco nel conflitto, che si è trasformato in una linea del fronte nella guerra regionale per procura tra Riyadh e Teheran.
Da allora, non si è saputo più nulla dell’iniziativa. I Sauditi devono muoversi velocemente, se vogliono porre fine alla guerra. A meno che ciò non accada presto, possiamo solo aspettarci ulteriori escalation ed altri attacchi come quelli di oggi.
Moon of Alabama
Fonte: moonofalabama.org
Link: https://www.moonofalabama.org/2019/09/attacks-on-major-saudi-oil-installations-show-urgent-need-for-peace-with-yemen.html#more
14.09.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org