Gli agenti di influenza di Israele

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PHILIP GIRALDI
unz.com

Alcuni giornalisti dei media ebraici stanno iniziando a lamentarsi del fatto che il presidente Donald Trump stia “amando Israele” forse un po’ troppo, dal momento che continua a descrivere la sua preoccupazione per lo stato ebraico come la forza trainante che sta dietro ad alcuni dei suoi comportamenti erratici. È un punto di vista che sicuramente condivido, anche se descriverei l’apparente innamoramento della Casa Bianca per Israele come “eccessivo.” Quando il presidente degli Stati Uniti definisce una deputata ‘antisemita’ e le chiede di scusarsi con lui personalmente e anche con Israele, questo è decisamente troppo.

Quindi, Israele è sempre sulle prime pagine, o almeno così sembra, anche se spesso non fa notizia quando la storia potrebbe presentare aspetti troppo negativi. La notizia scompare alla vista non appena viene stabilito che Israele potrebbe risultare coinvolto, come è attualmente il caso di Jeffrey Epstein, oppure l’interferenza israeliana viene completamente eliminata, come nel caso dell’indagine Mueller, in cui il Russiagate avrebbe dovuto essere chiamato Israelgate, dal momento che era Israele che cercava favori dalla neo-eletta amministrazione Trump, non certo la Russia. Come aveva detto Noam Chomsky, l’interferenza israeliana nella politica americana “supera di gran lunga” qualsiasi cosa abbia fatto la Russia.

Ho scritto recentemente di come lo stato ebraico lavori duramente per lavare il cervello al popolo americano e limitare le opzioni di politica estera del governo degli Stati Uniti, mettendi in atto sforzi aggressivi per reclutare quelli che le agenzie di intelligence chiamerebbero “agenti di influenza.” Gli agenti di influenza vivono e lavorare in un determinato paese, mentre, allo stesso tempo, perfidamente perseguono gli interessi di un’altra nazione. È ciò di cui George Washington ci aveva avvertito nel suo discorso d’addio, quando aveva detto di stare in guardia “contro le insidiose astuzie dell’influenza straniera (vi scongiuro di credermi, concittadini), la consapevolezza di un popolo libero dovrebbe rimanere costantemente desta, poiché la storia e l’esperienza hanno dimostrato che quell’influenza straniera è uno dei nemici più funesti di un governo repubblicano.

L’influenza straniera, come potenziale minaccia alla sicurezza nazionale, è anche uno status definito in termini legali dal Foreign Agents Registration Act del 1938 (FARA), che richiede a chiunque lavori per conto di un governo straniero di registrarsi e dotarsi di fonti di reddito trasparenti.

Caso unico, nessuna fondazione o individuo che in America lavora alla promozione degli interessi dello stato ebraico è mai stato tenuto a registrarsi ai sensi del FARA, anche se molti enti, come l’odioso American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), si vantano senza ambiguità sui loro siti Web di essere “Lobby americane filo-israeliane.” Molte di queste fondazioni sono considerate no-profit, e quindi esenti da tasse [501 (c) 3], il che significa che il contribuente americano sta contribuendo a sostenere la loro attività. Ma essere un ente di beneficenza senza scopo di lucro non significa necessariamente austerità, dal momento che gli stipendi dei dirigenti di alto livello sono molto generosi. L’Ebreo canadese Mark Dubowitz, della Fondazione per la Difesa delle Democrazie (FDD), una no-profit 501 (c) 3, riceve 560.000 dollari all’anno fra stipendio e benefit. Da molti anni l’FDD invoca la guerra all’Iran.

La fondazione più recente istituita dagli amici di Israele per promuovere gli interessi dello stato ebraico è la Edmund Burke Foundation, che, la scorsa settimana, ha ospitato una conferenza sul “nazionalismo.” La conferenza è stata illuminante, perchè la Burke Foundation è guidata da un Ebreo israelo-americano che precedentemente era stato direttore esecutivo dei Cristiani Uniti per Israele (CUFI). L’evento si è tenuto al Ritz-Carlton di Washington D.C., cosa che ha fatto capire come i Burkeani non siano certo a corto di soldi. I gruppi filo-israeliani sembrano sempre avere molti Benjamin [biglietti da 100 dollari, N.D.T.].

Un certo numero di conservatori tradizionali e persino alcune organizzazioni erano stati ingannati dal materiale promozionale e dall’elenco dei relatori ed indotti a credere che il programma fosse legittimo e che si sarebbe concentrato sul sostegno degli interessi nazionali e sulla moderazione in politica estera, ma qualcuno aveva aperto gli occhi quando John Bolton, in qualità di relatore principale, era stato freneticamente applaudito da almeno metà del pubblico.

Per limitare il dissenso, alcuni potenziali critici dell’agenda non erano stati invitati o addirittura era stata deliberatamente negata loro la possibilità di acquistare i biglietti d’ingresso e diversi partecipanti erano rimasti sconvolti da ciò a cui avevano assistito, in pratica una riaffermazione dello status quo della politica estera, a beneficio dei falchi di Washington e di Israele. Inevitabilmente, alcuni imbecilli fuori dal mondo non erano stati in grado di capire che venivano manipolati ed erano rimasti stranamente incantati da ciò che stavano vedendo e sentendo. E non preoccupatevi se siete tra quelli che hanno perso l’evento. Probabilmente verrà replicato tra qualche mese, con un nome diverso e con un cast di personaggi leggermente differente.

Lo strumento israeliano più visibile per entrare in contatto con gli Americani che potrebbero rivelarsi utili sono i viaggi VIP tutti spesati che vengono organizzati per i membri del Congresso. I nuovi membri del Congresso viaggiano regolarmente in Israele per eventi farsa dopo pochi mesi dalla loro entrata in carica. Una delle principali cheerleader filo-israeliane del Congresso, Steny Hoyer del Maryland, ha visitato lo stato ebraico molte volte e [gli Ebrei] possono far conto su di lei per fare pressioni sui membri neoeletti del Congresso ed indurli ad intraprendere il viaggio. Anche altri Americani che potrebbero in futuro diventare influenti ricevono il trattamento di riguardo dalla macchina dell’ospitalità israeliana. I cadetti militari americani delle accademie e dei college vengono ora portati in Israele ad apprendere una versione di fantasia del conflitto israelo-palestinese. Indubbiamente, alcuni di essi vengono preparati agli approcci dell’intelligence, una volta che saranno entrati in servizio.

Il che ci porta alla storia del pedofilo Jeffrey Epstein e al modo in cui essa è stata gestita dal governo e coperta dai media da quando era esplosa, due settimane fa. Nessuno, al di fuori dei media alternativi, sembra essere interessato alla possibilità, o meglio alla probabilità, che Epstein lavorasse per un servizio di intelligence straniero, molto probabilmente quello israeliano. Sui media ufficiali l’affare Epstein era stato ucciso quasi immediatamente, sommerso dalla storia di Donald Trump che dice ad alcune congressiste di tornare da dove sono venute.

È improbabile che l’aspetto spionistico dei presunti crimini di Epstein possa anche solo essere indagato, da una parte perché coinvolge lo stato ebraico e poi perché sembra comprendere la partecipazione di politici di spicco di entrambi i partiti e di altre figure pubbliche. Lo stato profondo farà morire la storia, cosa che potrebbe anche capitare ad Epstein mentre si trova in carcere.

La prova che Epstein fosse coinvolto in un lavoro dell’intelligence, molto probabilmente corrompendo o ricattando persone importanti, inducendole così a favorire gli interessi di Israele, deriva sia dalla dichiarazione rilasciata dall’ex procuratore americano di Miami, Alexander Acosta, secondo cui “mi era stato detto che Epstein apparteneva all’intelligence e che avrei dovuto lasciarlo in pace” e da altre prove esterne. Epstein filmava i suoi ospiti mentre facevano sesso con le sue giovani ragazze, e questa è la classica tecnica di cooptazione dell’intelligence chiamata “trappola al miele,” che viene utilizzata dalle principali agenzie di spionaggio di tutto il mondo. E la citazione di Acosta, verrà mai indagata a fondo? Chi gli aveva detto che Epstein faceva parte dell’intelligence e in quali circostanze?

Anche le fonti di reddito di Jeffrey sono state messe in discussione. L’unico rapporto d’affari conosciuto di Epstein era con miliardario dell’Ohio Les Wexner, che manteneva legami molto stretti con i vertici dell’establishment diplomatico e dell’intelligence israeliani. Epstein era il fiduciario di Wexner quando quest’ultimo stava formando il Mega Group, creato da Wexner e Edgar Bronfman per generare opinioni positive su Israele, come copertura per la diffusione della propaganda israeliana in America.

La mancanza di un reddito identificabile di Epstein suggerisce piuttosto che avrebbe potuto essere supportato da un’agenzia governativa di qualche tipo. Nella sua casa di Manhattan teneva nascosti molti soldi in contanti, diamanti ed un passaporto austriaco. I diamanti potrebbero essere stati un pagamento in natura da parte di Israele, che è la capitale del commercio mondiale di diamanti, ma l’esistenza del passaporto è intrigante. È stato descritto dai media come “falso,” ma ciò può significare qualsiasi cosa. Il passaporto, risalente agli anni ’80, è apparentemente autentico con una foto di Epstein e un nome falso, ma potrebbe essere con tutta probabilità il prodotto di un laboratorio per la falsificazione di documenti governativi. Perché l’Austria? Perché in quel momento l’Austria era politicamente neutrale e il passaporto sarebbe stato valido per viaggiare ovunque. Sarebbe stato il preferito delle agenzie di spionaggio o degli agenti che avessero voluto viaggiare in modo anonimo.

Il fatto che Epstein fosse legato ad Israele piuttosto che ad altri servizi di intelligence è dovuto al suo rapporto con Ghislaine Maxwell, il cui padre Robert, un Ebreo ceco diventato in seguito cittadino britannico naturalizzato, era stato ritenuto dalla CIA e da altri servizi di intelligence essere un agente di lunga data del Mossad. Dopo la sua morte in circostanze misteriose, in Israele gli erano stati tributati i funerali di stato, a cui avevano partecipato tutti gli attuali ed ex capi del servizio di intelligence dello stato ebraico, nonché l’allora Primo Ministro, Yitzhak Shamir. Secondo quanto riferito, Ghislaine era l’amica intima di Epstein e la reclutatrice delle sue giovanissime vittime.

Dato che la maggior parte degli agenti di influenza israeliani si trovano ora a Martha’s Vineyard, dove si riuniscono a luglio e ad agosto, sarebbe meraviglioso interrompere tutti i trasporti e le comunicazioni con l’isola e lasciarli lì, ma ciò non sarebbe giusto nei confronti dei residenti stanziali. In alternativa, sarei felice anche solo di vedere la terribile influenza di Israele sugli Stati Uniti esposta sui media e discussa in dibattiti pubblici dagli oltre 20 aspiranti presidenziali del Partito Democratico. Dato che è improbabile che ciò accada, mi accontenterei di una indagine, fatta come Dio comanda, su Epstein e su ciò che stava facendo, insieme ad un’azione dei Dipartimenti del Tesoro e della Giustizia contro tutte le centinaia di gruppi pro-Israele che non si sono mai registrati ai sensi del FARA. È un lavoraccio mettere a nudo la sovversione israeliana, ma qualcuno deve pur iniziare a farlo.

Philip Giraldi

Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/pgiraldi/israels-agents-of-influence/
23.07.2019
Scelto e tradotto da markus per comedonchisciotte.org

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