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La Redazione

 

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FERNSEHER MACHT FREI

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A cura di Tonguessy
Il 15 Gennaio 2014
48 Views
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tvTONGUESSY
Voci dalla strada

Classica scena da famiglia bene, in puro stile Mulino Bianco (e multinazionali associate): lei, nel fiore dei suoi trent’anni, se ne sta seduta in salotto a godersi il suo programma preferito. Non ci sono preoccupazioni in vista, la vita scorre liscia e confortevole. Sorride guardando divertita l’episodio che il nuovo tv led da 50” sta portando direttamente a casa sua. E’ un sorriso tutto acqua e sapone, il suo. Viene da chiedersi da quante ore se ne stia imbambolata davanti al dispensatore di liete telenovelas, attorniata da vasi dal design raffinato, lampade che soffondono rassicuranti luci e tavolini con prestigiose riviste in bella mostra.

Ad un tratto l’idillio subisce una brusca interruzione: è arrivato il marito che saluta e sorride davanti a cotanto benessere e casalinga tranquillità. Ma il suo sorriso si smorza appena capisce i contenuti delle lettere che tiene in mano: la prima rata del tv led e la bolletta del canone RAI.

Davanti a quest’ultima la faccia gli si incupisce e con un gesto di stizza appallottola la busta. Per un mistero che sarà argomento di alcune puntate di Voyager, anche la nuovissima (e non ancora pagata) tv led si appallottola. Non fa in tempo ad imprecare davanti a tale (costosa) stranezza il disgraziato marito, perchè colei che fino a due secondi prima era la dolce mogliettina, una volta privata del suo divertimento principale si trasforma in una terribile strega dall’alito pesante che con un urlo lancinante lancia il suo anatema antiappallottolamento canone RAI/tv led.

Il povero marito, già stressato da una dura giornata di lavoro, dalle mille rate di mutui, prestiti, finanziamenti, nonché da tasse e bollette varie, cede di schianto. Cercando di evitare in extremis l’incipiente infarto, rimette in sesto alla bell’e meglio la busta. Lo spot finisce con i fin troppo ovvi consigli a pagare il canone RAI senza fare troppe storie per evitare l’inevitabile Armageddon finale ; del televisore accartocciato, della precaria salute del marito nonché dell’attacco isterico-satanico della moglie non se ne saprà più nulla.[1]

Se l’improbabile trama relativa alla bella vita salottiera di una signora borghese in giovane età mi ha lasciato parecchio perplesso, lo spot sulla vita della famiglia Bianco (Mulino) con tre figli videodipendenti mi ha ricordato ancora una volta quanto siano oggi i figli a dover educare i genitori nell’essere perfetti consumatori.

Salotto diverso ma sempre in linea con le regole di ciò che una volta si chiamava media borghesia: divano piazzato davanti all’immancabile tv led ultima generazione, non un filo di disordine o accenni ad oggetti sparsi (ma cosa fanno quei tre figli tutto il giorno? Solo i miei sono dei generatori di massima entropia?) i tre figli stesi sul tappeto a pochi centimetri dallo schermo a guardare i cartoni animati, lampade che diffondono la solita rassicurante luce in quantità (ne ho contate 6, evidentemente in casa Bianco i consumi energetici non sono un problema), marito e moglie seduti al tavolo a controllare la posta.

Qui si ripete la scena che Giacobbo avrà modo di illustrare nella nuova serie di Voyager: busta contenente il modulo di pagamento del canone RAI accartocciata da una madre insensibile e crudele (Giacobbo: “Le nostre ricerche ci portano a concludere che lei in realtà è la matrigna, non la vera madre”) e successivo accartocciamento del tv led. Inevitabile, come nelle migliori tradizioni stregonesche, la trasformazione dei figli nei luminescenti supereroi paladini della videodipendenza.[2]

Neanche padre Amorth avrebbe potuto esorcizzare quelle demoniache presenze: poco può la fede contro la furia digitale del nuovo millennio. La terribile matrigna, colta in flagrante, si scusa con un sorriso imbarazzato: il videoconsumo ha ancora una volta vinto, sconfiggendo il buon senso che vorrebbe tenere chiunque (ma specialmente i bambini) a distanza di sicurezza dagli schermi televisivi che, senza più controllo alcuno, sanno ammaliare fino a ridurre l’umana volontà a pura espressione teorica, trasformando i rapporti familiari in sataniche quanto disgustose esibizioni di trascendentali poteri nel nome e per conto del pagamento del canone televisivo.

L’Adiconsum sostiene che tale pagamento nulla abbia a che vedere con il regolare funzionamento della tivù, prefigurando così il reato di pubblicità ingannevole: “Il messaggio che viene percepito da chi non è già informato in merito, è che si tratti del pagamento di un canone per la visione dei vari canali Rai”, dice l’associazione dei consumatori.

“Fernsehen uber Alles” potrebbe essere il peana intonato delle masse di famiglie salottiere così come ce le illustra la RAI. Tali famiglie si sono ridotte a semplice corollario della potenza televisiva, ed i loro salotti sono diventati il luogo ideale dove le gerarchie postmoderne mettono in luce il Nomos del nuovo millennio.

“Fernsehen macht frei” è la frase che andrebbe scritta all’ingresso di ogni lager commerciale, moderno tempio innalzato per celebrare la gloria della fede nella reificazione digitale, e tale motto andrebbe adeguatamente riportato anche all’ingresso di ogni salotto che si rispetti.

Ma torniamo al secondo spot: in altri tempi il solo fatto di alzarsi per sgridare un genitore per futili motivi avrebbe causato al bambino impudente un po’ di cinghiate. Oggi quei tempi tristi e cupi sono fortunatamente tramontati, e la RAI sta dicendo a noi genitori che dobbiamo stare attenti, per la nota legge del contrappasso ormai pienamente realizzatasi, ad esprimere in famiglia il nostro dissenso verso tutto ciò che può minare il regolare funzionamento della tivù, canone compreso. E’ in buona sostanza una questione di civiltà: siamo stati traghettati (a nostra insaputa?) da un remoto quanto selvaggio passato per approdare ai tempi televisivi odierni: inutile (perché impossibile) ribellarsi. I veri vati di questa nuova religione, nella mente dei pubblicisti RAI sono, dopo le donne sull’orlo dell’isteria, proprio loro: i bambini, eletti ai più alti ranghi dell’aristocrazia televisiva da tutti i potenti dell’etere in quanto remissivi ma vendicativi al tempo stesso. Consumatori perfetti, e perfetti giustizieri, insomma, che funzionano da perfetti Maestri del Nuovo Televisivo che Avanza. Indigo Children si potrebbero chiamare se vogliamo credere ai guru della New Age: children who are believed to possess special, unusual and sometime supernatura traits or abilities (bambini che si crede possiedano tratti o abilità speciali, insolite o soprannaturali)[3]

Senza dubbio lo spot RAI mette bene in mostra tutto questo.

Certo, come dimenticarsi degli anziani? C’è una differenza abissale però: gli anziani non istruiscono più nessuno. Ormai, avendo tanto questa società quanto essi stessi perso ogni possibile traccia di saggezza, sono solo dei cuscini appoggiati sul divano davanti alla televisione accesa, o poco più.

Viviamo nella Società della Spettacolo, ci ammoniva alcuni decenni or sono Guy Debord e questo genera alienazione da reificazione. Ciò accade nelle società dove le relazioni sociali che hanno accompagnato l’umanità per millenni sono state sostituite da “un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini”. E le immagini hanno bisogno di molta tecnologia televisiva per potersi sviluppare appieno e porre fine all’inutile dominio delle relazioni famigliari così come le abbiamo conosciute.

Se ciò che commise Pietro Maso apparve nel ’91 come un macabro rituale dettato da inspiegabili ragioni di inconcepibile edonismo, oggi la RAI riesce a canonizzare la giustezza dell’odio filiale verso i genitori che si macchiano di peccati digitali.

In fin dei conti è solo tutta una questione di canoni…..

Tonguessy

Fonte: http://vocidallastrada.blogspot.it

Link: http://vocidallastrada.blogspot.it/2014/01/fernseher-macht-frei.html

14.01.2014

[1]https://www.youtube.com/watch?v=vfA92OvNsXg

[2]https://www.youtube.com/watch?v=RaczSD-gPNo

[3]http://en.wikipedia.org/wiki/Indigo_children

Nota (CdC): il titolo significa “La TV ti rende libero”.

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