DI ENZO PENNETTA
In questi giorni l’attenzione di molti osservatori è stata rivolta verso il “fenomeno” Facebook, e quello che sta emergendo merita particolare attenzione. L’obiettivo di orientare le masse è compatibile con la democrazia ?
L’attenzione su Facebook è stata richiamata dall’iniziativa dello scorso 26 giugno quando in occasione della sentenza della Corte Suprema degli USA sul riconoscimento dei matrimoni gay la società che fa capo a Mark Zuckerberg ha lanciato un’applicazione che consentiva di colorare la propria immagine di profilo con i colori della bandiera arcobaleno.
Che si trattasse di un esperimento di manipolazione sociale l’hanno pensato tutti quelli che ricordavano un caso avvenuto l’anno scorso, quando Facebook fece un esperimento del quale si ebbe notizia solo perché poi fu pubblicato su PNAS, ce ne occupammo anche qui su CS:
…su un campione di 155.000 utenti ignari di essere sottoposti ad un test per il quale è stato ritenuto sufficiente solo il generico consenso espresso da tutti gli utenti all’atto dell’apertura dell’account. Nulla sarebbe trapelato se lo studio non fosse stato pubblicato il 17 Giugno scorso su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) con il titolo “Experimental evidence of massive-scale emotional contagion through social networks“, dove un grafico mostra l’effetto sugli utenti della manipolazione dei feedback positivi/negativi:
L’attitudine di Facebook a condurre esperimenti di manipolazione sociale è stata notata anche su un grande quotidiano come Repubblica, dove il giornalista Simone Cosimi se ne occupò con un articolo: “Facebook manipola gli algoritmi e prova che le emozioni social sono contagiose“.
Adesso, sempre lo stesso Cosimi e sempre su Repubblica, ha evidenziato il fatto che la colorazione delle immagini di profilo costituisce un nuovo esperimento di condizionamento degli iscritti:
…nella soddisfazione per una tale mobilitazione a supporto di una storica decisione, qualcuno si è domandato, fra il serio e il bizzarro, se anche stavolta non si fosse trattato di un qualche tipo di esperimento socioinformatico.
Ma anche sulla Stampa la cosa non e passata inosservata e in un articolo del giornalista Federico Guerrini è stato fatto notare quanto segue:
Nel marzo di quest’anno, due ricercatori di Facebook, Bogdan State e Lada Adamic hanno pubblicato i risultati di uno studio da loro effettuato su come il sostegno verso argomenti “sensibili” si possa espandere all’interno della rete sociale. A fornire lo spunto, al tempo, era stata un’iniziativa del marzo 2013, anch’essa in supporto della possibilità di sposarsi fra persone dello stesso sesso. In quel caso, 3 milioni avevano sostituito la foto del profilo con il simbolo grafico per “uguale”. La scoperta più interessante di State e Adamic non riguardava tanto il numero di sostenitori, quanto il fatto che più un iscritto a Facebook vedeva crescere il numero di amici che avevano effettuato il cambio di simbolo, più era portato a fare lo stesso.
E in maniera diversa da quanto avviene con le foto virali di gattini e simili. Lì, a una vasta imitazione nel breve periodo, corrisponde un altrettanto rapido sgonfiarsi del fenomeno. Qui, invece, forse perché si tratta di temi più delicati, le persone si prendevano il loro tempo per decidere, ma il sostegno cresceva lento e sicuro nel tempo, via via che sempre più persone, incoraggiate dall’esempio degli amici, decidevano di schierarsi.
Dopo lo studio pubblicato su PNAS nel 2014 ecco dunque un altro del 2015, il condizionamento sociale e in particolare la manipolazione dell’opinione pubblica sono parte degli interessi più profondi di Facebook.
Ma non basta, Zuckerberg si pone obiettivi davvero fantascientifici, intende arrivare fino al punto di suscitare “emozioni”, con tutto quel che una simile possibilità comporterebbe in termini di manipolazione e orientamento sociale. Ancora una volta della cosa si è occupata Repubblica il 1 luglio: “Zuckerberg: “Su Facebook condivideremo emozioni””:
Non è forse un caso che Mark Zuckerberg abbia scelto proprio le giornate successive alla clamorosa operazione Celebrate Pride per rispondere a una serie di domande sul futuro della sua pachidermica piattaforma.
…
Delle polemiche, leggere ma neanche troppo, sul fatto che la possibilità di filtrare la propria fotografia rielaborandola con i colori dell’arcobaleno, della pace e della fratellanza possa aver dato vita all’ennesimo esperimento socioinformatico, Zuck è sembrato non curarsene in modo particolare. Anzi, ha rilanciato dichiarando che “sarete in grado di pensare a qualcosa e i vostri amici potranno subito provare la stessa sensazione”.
…
In termini più prosaici, a leggere fra le righe il messaggio sembra essere più o meno “sì, stiamo conducendo un sacco di test, alcuni palesi altri segreti, come quello saltato fuori l’anno scorso proprio in questo periodo. La cosa non ci preoccupa più di tanto perché vi cambierà la vita”.
Alla luce di questa potenza di orientamento delle opinioni e, in futuro, anche delle emozioni, tanto più preoccupante appare la cristianofobia manifestata da Facebook in questi stessi giorni, stavolta la segnalazione è arrivata da Giuseppe Marino ne il Giornale del 7 luglio “Il Facebook “buonista” che censura tutto tranne le bestemmie“:
Il David di Michelangelo offende la morale di Facebook, la bestemmia no. I bimbi che mimano la crocifissione in una campagna anti abusi sono da «bannare», la pagina che invita a violentare la Madonna è sacra libertà d’espressione.
C’è da impazzire a cercare una logica in queste scelte già (giustamente) al centro di polemiche.
Il puzzle si è complicato ulteriormente ieri, dopo che lo staff del leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha segnalato al social network una pagina intitolata a una bestemmia contro Dio. La risposta di Facebook: «Grazie per la segnalazione, ma la pagina rispetta gli standard della comunità», mancando «discorsi o simboli di incitazione all’odio».
E proprio negli stessi giorni un’analoga segnalazione da me fatta riguardo il gruppo “Gli anticlericalisti” sul quale vengono postate, insieme alle bestemmie, delle immagini e delle frasi che oltraggiano la fede e fortemente lesive della dignità dei cristiani, ha ottenuto la medesima risposta:
Le bestemmie e gli oltraggi ai cristiani non violano gli “standard della comunità”. Questa la posizione di Facebook.
Secondo quanto emerso dagli studi sui meccanismi di orientamento delle masse non è eccessivo dire che Facebook sta promuovendo la discriminazione dei cristiani e sta gettando le basi per farne l’unico gruppo che sarà lecito colpire verbalmente perché questo sarà parte degli “standard” sociali.
Facebook si sta dunque trasformando in uno strumento di formazione e orientamento del consenso, ma ancor di più, come avrebbe detto Guenon, una fonte di “état d’esprit”.
Uno strumento antidemocratico che consegna nelle mani di una sola persona un potere che mina la formazione del giudizio dei cittadini e mette conseguentemente a rischio un’autentica dinamica democratica sostituendola con una parvenza della stessa svuotata di significato, in pratica il social sta diventando lo strumento di un totalitarismo subdolo.
La prima, e per ora unica, vittima delle politiche di orientamento degli stati d’animo operate da Facebook sono i cristiani, il tempo dirà quali saranno le ricadute di una scelta della quale dovranno ritenersi responsabili.
Enzo Pennetta
Fonte: www.enzopennetta.it
11.07.2015