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DI MARK HAND

Dopo il discorso del segretario di stato Colin Powell che un paio di settimane fa annunciava al mondo intero l’intenzione di George W. Bush di non voler cambiare la politica estera offensiva dopo le elezioni di novembre, chiunque avesse sperato che questa amministrazione a base di fiducia avrebbe adottato un approccio più umile nei confronti del resto del mondo in un secondo momento ha scoperto che le proprie preghiere non sarebbero state esaudite.
Infatti per Bush sarebbe anti-americano non tentare di diventare il “miglior presidente in guerra”. I membri della Casa Bianca, specialmente durante il secolo scorso, hanno portato avanti delle guerre d’oltremare aggressive quasi regolarmente nel corso dei loro incarichi a Washington. George W. Bush non è il solo tra di essi ad avere la fissazione di incutere negli esseri umani delle altre nazioni il terrore per il potenziale bellico americano. Forse lui è un po’ meno timido rispetto ai suoi predecessori nel mettere in atto le proprie vere intenzioni.

Mickey Z., l’autore, saggista e poeta newyorkese, presenta, in molti dei suoi scritti, una cronologia a testimonianza della sete di guerra dell’America. Il suo libro più recente su questo tema “The 7 deadly spins: Exposing the lies behind war propaganda” (“I 7 effetti mortali: le bugie nascoste dietro la propaganda di guerra”) porta il lettore in un viaggio attraverso la propaganda per la guerra statunitense dalla guerra ispanico-americana alle avventure contemporanee dell’amministrazione Bush in Iraq.
La missione di Mickey in “The 7 deadly spins” è quella di presentare la linea del partito per la guerra e giustapporlo coi fatti. Ma come con i suoi saggi basati su temi che vanno dalla riforma del sistema elettorale al vegetarismo, Mickey comprende che il popolo non deve essere portato a credere che la mera presentazione dei fatti basti a cambiare sia l’opinione pubblica che la politica pubblica. “Facendo risalire a galla tutte le bugie dette in tempo di guerra è solo un mezzo per arrivare alla fine” scrive Mickey. Così la gente ha bisogno di agire di conseguenza, facendo uso di tutti gli strumenti che la società mette a disposizione.

Tra gli altri libri di Mickey ci sono: “Saving private power. The hidden history of The Good War”, “The murdering of my years: artists and activists making ends meet” e “A gigantic mistake: articles and essays for your intellecutal self-defense”. Prima di intraprendere la carriera di scrittore, Mickey ha lavorato per un certo tempo come attore in film di arti marziali. Viene citato nel sito www.mickeyz.net.

Ecco un’intervista che ho fatto recentemente a Mickey:

Domanda: I suoi saggi e i suoi libri rivelano un senso di protezione per il perdente, anche se è per i vari punti di vista politici che sono soppressi dai nostri media della classe dirigente o per chi vive ai margini della società. Ha mai avuto tendenze ad assicurarsi che tutte le idee e le persone ricevano dalla società il giusto trattamento?

Mickey Z.: I miei genitori mi hanno trasmesso un senso di giustizia e di libertà. Il mio nonno materno ci ha messo una spruzzatina di cinismo. Tutto l’ambiente in cui vivevo (e l’accento newyorkese) mi hanno portato ad avere dei pregiudizi… e non mi piacevo. Da allora è stato facile capire che se non mi piaceva essere scaricato come qualcosa senza valore, a chi piaceva? Ecco… sto dalla parte del perdente, dell’outsider. Quando lavoravo in una palestra alla moda uscivo con gli addetti alle pulizie. Quando ho cominciato a fare film andavo a pranzo con gli operai e gli assistenti personali. Anche se riuscivo a passare da un gruppo ad un altro abbastanza facilmente, desideravo far sapere al perdente che c’era almeno una persona che non li dava per scontati. Comunque esiste un’eccezione a tutta questa storia del perdente: tifo per i New York Yankees. Tutti noi abbiamo le nostre contraddizioni e spero che ci aspetteranno tante trasformazioni eccitanti e sorprendenti.

D: A volte lei si inserisce tra gli anarchici, o si definisce un anarchico. Chi e quali eventi hanno avuto maggior influenza nello svilupparsi della sua filosofia politica?

M: Sono allergico alle etichette… ma l’autorità mi ha sempre messo a disagio: i genitori, i professori, i capi, i proprietari terrieri, la polizia, i preti, le sorelle maggiori. Mi sono sentito a lungo così, molto prima di sentire la parola “anarchia” per la prima volta. Saranno stati quei 12 anni passati nella scuola cattolica, credo. Questa è stata la mia inoculazione… rendermi immune dal credere nelle autorità e dall’avere bisogno di un Dio dei Cieli che risolve tutti i miei problemi. Al giorno d’oggi mi sento male fisicamente quando una “figura autoritaria” impone la propria volontà su di me o su qualcuno vicino a me.

In senso più letterale, leggere Guy Debord fu una vera e propria rivelazione… il risveglio del mio spirito innato. Ad alcuni piace Chomsky… e tutti quegli autori che influenzarono il mio passaggio al vegetarismo. Bukowski. Emma Goldman e molti altri… e oggi trovo Arundhati Roy l’unica in grado di trasmettermi gioia quando leggo le sue parole o la sento parlare. Dal lato artistico, Bruce Lee e Marcel Duchamp sono stati anche loro molto influenti. E la lista non è ancora finita. Come qualcuno che non ha frequentato il college, sono un bravo autodidatta. Un libro tira l’altro, e poi si passa ai film o ai programmi radio e così via. Ho capito che la mia visione del mondo che stavo coltivando aveva un nome: anarchia (forse anarco-sindacalismo).

D: Un nome che non ha citato come influente è Howard Zinn, che di fatto ha contribuito all’introduzione di uno dei suoi libri più recenti, “A gigantic mistake” (“Un errore madornale”) e che ha scritto una simpatica critica al suo primo libro, “Saving private power”. Come ha influenzato il libro di Zinn “A people history of the United States” e gli altri suoi lavori la sua visione attuale della storia e degli ultimi trascorsi degli Stati Uniti?

M: Non intendevo omettere Zinn. È stato fondamentale per il mio cambiamento. Mi relaziono col suo stile newyorkese, col suo spirito, con la sua abilità nel raccontare un evento e nel suo modo di riportare i fatti in modo elementare, così da renderli comprensibili a chiunque. Un’altra cosa devo dire: lui mi ha dato un appoggio incredibile nel mio lavoro. La mia idea del suo libro “People’s history” è questa: se dovessi incontrare qualcuno che stesse per partire per questo pazzo viaggio all’insegna dell’indifferenza per le restrizioni propaganda, “People’s history” sarebbe il primo libro che raccomanderei. (Il secondo è “Killing hope” di Blum).

D: Parlando di “Saving private power”, ho saputo che si prospetta di ripubblicarlo nel 2005 ma non con l’editore originale. Può spiegarci come le è venuta in mente l’idea di ripubblicarlo e se pensa che riscuoterà un successo maggiore della prima edizione?

M: Sander Hicks, come fondatore e editore della Soft Skull Press, fu il primo a darmi una possibilità con “Saving private power” nel 2000. Da allora fondò un’altra casa editrice, la Vox Pop, e il mio libro gli ha dato il via. Ho aggiunto una breve prefazione e apportato alcune revisioni ma il grande cambiamento è stato il titolo: “There is no good war” (“Non esiste la guerra buona”). Dato che siamo contro una perpetua guerra ai “malfattori”, le lezioni della “guerra buona” hanno più importanza che mai.

D: Lei ha citato in passato delle interviste su come alcuni lettori di “Saving private power” hanno mostrato un’inaspettata apertura mentale. Sono sicuro che lei è stato anche attaccato per alcune delle conclusioni del libro. Pensa che gli Stati Uniti abbiano avuto il dovere di schiacciare le forze giapponesi e cosa risponde alle persone che giustificano le atrocità di Hiroshima e Nagasaki dicendo che il Giappone non era pronto alla resa?<

M: Non è mai stato che l’America respingesse un aggressore…il fatto era ottenere il controllo sulle risorse che il Giappone dominava. Per mascherare i veri motivi e ottenere così il sostegno pubblico per la guerra, una potente campagna propagandistica ha stregato i giapponesi fino al punto di convincerli che gettare bombe atomiche sulla popolazione civile del Giappone non era un crimine di guerra. Al contrario, veniva applaudito.

Nel libro “Save private power” sottolineo come i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki abbiano segnato sia l’inizio della guerra fredda che la fine della guerra buona. Le bugie dietro il progetto giapponese di non arrendersi mai rimangono in sospeso oggi e, come ha affermato loquacemente Studs Terkel, se lo dici alla maggior parte degli americani, ti “sputeranno in un occhio”.

D: Prendersi gli sputi in faccia è ciò che molta gente teme nel movimento anti-guerra di oggi. Per questo sentiamo costantemente il ritornello “sostegno per le truppe”. Qual è la sua opinione sul ruolo dei militari nell’America imperialistica e sulla difesa del “contingente della povertà” che molte persone, incluso Noam Chomsky, fa per i soldati?

M: Non è tutto bianco e nero. Conosco personalmente persone che hanno fatto del volontariato per i soldati perché sono attratti dalla cultura e/o sono mossi dagli eventi del mondo, così difendono naturalmente gli Stati Uniti. Non è un segreto che molti volontari sono in uno stato finanziario disastroso, quindi vedono (nel bene o nel male) la carriera militare come un balzo economico nella direzione giusta. La reazione dei soldati una volta che la realtà gli si presenta sul campo di battaglia è pura confusione. Alcuni di loro, di entrambi i gruppi citati sopra, vengono risucchiati dalla mania di protagonismo, dal suono di “noi contro loro” e infine uccidono con fervore e rabbia. Altri si svegliano alle ipocrisie della politica estera degli USA e diventano dissidenti. I proiettili e le bombe dei nemici non hanno differenze come quelli della nostra parte…

Gli oppositori alla guerra devono fare un lavoro enormemente migliore nel diffondere la verità sul perché il governo statunitense intraprende la guerra. Fino ad allora sarebbe stupido aspettarsi che un gruppo di tutti volontari si esaurisca in carne da macello.

D: Il compito di sventare la propaganda militare statunitense, la cui portata viene più volte evidenziata nel suo libro “Seven deadly spins”, sembra esser diventato un’impresa impossibile. Ammessa la nostra impossibilità di cambiare la politica estera degli Stati Uniti, saremmo saggi a concentrarci sull’insidiare le radici del militarismo qui in casa il più possibile, che potrebbe avere in definitiva qualche effetto di sgretolamento sulla politica estera degli USA?

M: Questo dipende da cosa intende per “insidiare”. Di recente ho scritto qualcosa su quello che io chiamo rapporto pazienza/premura. Un movimento sociale di successo deve camminare sulla linea sottile che divide le aspettative irreali e l’essere troppo paziente. Non è un compito facile… ma molto più semplice che subire l’aumento sempre più grande della miseria della vita di tutti i giorni in una società capitalistica. Non possiamo aspettarci che masse di persone abbraccino all’improvviso l’idea del pensiero individuale quando tutto quello che hanno sempre ascoltato ne ha negato l’esistenza. Pinco pallino non spiccherà un salto dal vedere i reality shows allo sfidare la struttura capitalistica da un giorno all’altro….e un’insurrezione spontanea da parte di pochi è destinata a fallire (annientata dal potere dello Stato e derisa pubblicamente dai mass media). Bisogna trovare un equilibrio delicato tra la pazienza e l’avventura prima di poter smantellare un sistema di repressione. Il cambiamento ha bisogno di tempo, di progetti, di provocazione e di volontà sincera… il tutto mescolato ad un senso di premura e solidarietà.

D: Abbiamo visto che gli sforzi della resistenza da parte dei difensori dei diritti degli animali e delle organizzazioni ambientali hanno un impatto, seppur minimo, sui propri campi d’azione. La PETA (Organizzazione per il trattamento etico degli animali) come altre organizzazioni, ad esempio il Fronte di Liberazione degli Animali, sono riusciti a far rivoltare il pubblico contro certi progetti industriali. Non è d’accordo sul fatto che sforzi come questi siano molto più produttivi che il semplice “sostenere” candidati nell’arena elettorale?

M: Non deve essere necessariamente o l’uno o l’altro. Le campagne ambientali hanno un apice nei loro argomenti che coinvolge l’appello all’egoismo umano… o forse si dovrebbe chiamare “autoconservazione”. Se a qualcuno si dice che una certa tossina potrebbe uccidere lui o i suoi cari, egli agirebbe prontamente e con decisione. Informate la stessa persona dei crimini di guerra americani fatti in una terra lontana ed ecco che vi arriverà lo sputo in un occhio. Riconoscere certe differenze può permettere agli attivisti di agire direttamente nelle aree in cui hanno più possibilità di successo e contemporaneamente appoggiare candidati alternativi, riforme elettorali etc. Non si escludono a vicenda… è solo una questione di percepire le sottili sfumature che esistono da un argomento all’altro e fissare le priorità.

È importante anche riconoscere che l’ALF (Fronte di Liberazione Animale) e la PETA si sono guadagnati l’etichetta di “terroristi”. Le lezioni del COINTELPRO (acronimo dell’FBI per una serie di programmi contro i gruppi interni di cittadini americani) non possono essere dimenticate. Fu Kenneth Rexroth a scrivere dell’ “auto-nomina dei burocrati della Nuova Sinistra” che “organizzano scontri massicci e contrastano masse di studenti indifesi come fossero le armate di Federico il Grande”. Non abbiamo bisogno di martiri.

D: Capisco perché dovremmo ignorare quelli che vorrebbero trasformarci in martiri. Ma a volte non si sente, da esperto di arti marziali, in collera con la polizia di New York che ha sparato 41 colpi contro Amado Diallo, o con Bill Clinton che ha bombardato la Serbia per 77 giorni consecutivi o con George Bush che ha ucciso più di 100.000 iracheni dal Marzo del 2003? Intendo dire, Bakunin disse che la premura di distruggere è un simbolo di creatività.

M: Ci sarebbero moltissime risposte a questa domanda. Per prima cosa mi lasci chiarire che non intendevo necessariamente insinuare che dovremmo ignorare chi spinge gli attivisti frustrati e ingenui verso il martirio… c’è qualcosa da imparare da ogni esperienza umana, come canta Lou Reed.

Sono d’accordo con Bakunin e credo di essere stato un delinquente da giovane. Comunque, il mio allenamento nelle arti marziali paradossalmente mi rende meno propenso alla violenza. Le situazioni e le atrocità che ha menzionato certamente provocano rabbia e forse se le stranezze non fossero così monumentali, la reazione violenta verrebbe rivendicata. Diventerebbe autodifesa se vista con onestà morale e intellettuale. Alla fine ringrazio la mia abilità nel rimanere calmo anche sotto pressione e nel fare quello che posso e cioè svegliare la gente. Sto rispondendo a questa domanda dopo essere stato a un matrimonio ieri sera. Un collega di mia moglie… la maggior parte della gente mi conosceva come il “marito scrittore” di Michelle. Più di una persona prese il pretesto per iniziare a parlare di politica. Nessuna delle persone presenti (almeno 150/200 persone) ha colto il concetto di rivolta violenta in America. Moltiplichi questo per le decine di milioni delle persone oltreoceano e si renderà conto di aver trovato la ragione per evitare di inveire in faccia alla criminalità sponsorizzata dallo Stato… non importa quanto sarà difficile. Non siamo stati influenzati e indottrinati e programmati per tutti questi decenni per divertimento. Perciò senza neanche un pizzico di appoggio pubblico né tantomeno un sistema statale con la voglia di schiacciare i resistenti, a cosa servirebbe una lotta armata se non ad aumentare il proprio ego? So che non è una risposta soddisfacente…

D: Lei era anche uno degli scrittori di spicco a scagliarsi contro le persone di Sinistra durante la scorsa stagione elettorale che ci dicevano di dover votare per John Kerry perché Bush era il peggior presidente della storia che ci avrebbe portato alla fine del mondo. La strategia però fallì. Rimase sorpreso da quanti comunisti e socialisti uscirono fuori a sostegno di Kerry nel 2004 e crede che ci sia la speranza che essi appoggeranno un candidato non democaratico nel 2008?

M: Potrei parlare per ore dei record di ogni singolo presidente. Diciamocelo, hanno fatto tutti schifo. I fascisti sono sempre al cancello e il cielo sta costantemente cadendo. La Sinistra spaventa a morte gli Americani con orrende storie sul fascismo e la Destra spaventa invece con racconti di mostri di Sinistra. Non restai sorpreso quando pseudo-comunisti come Tim Robbins, Bruce Springsteen e Michael Moore presero parte alla campagna “tutti tranne Bush” (che in realtà era “tutti tranne Kerry”). Ma quando Chomsky, Zinn, Parenti e i membri della destra saltarono sul carro dei vincitori, io inizialmente fui lasciato indietro. Questo fu la miccia che mi fece comprendere quanto fosse minima l’influenza che avevano quei personaggi politici. Uno avrebbe immaginato che una tale coalizione avrebbe potuto mobilitare quei pochi votanti di cui si aveva bisogno per far perdere Bush, ma al contrario i pochi che hanno votato nel 2004 erano repubblicani. Questo concetto mette i brividi perché da tempo avevo capito che la Sinistra aveva bisogno di volti famosi da presentare al mondo… quindi che effetto avrebbero avuto un Bono o un’Oprah, se avessero capito realmente i bisogni del partito?

D: Forse le servirà un altro po’ di tempo per digerire ciò che accadde alle elezioni del 2004 per rispondere alla prossima domanda. Cosa sarebbe successo se avessimo cominciato ad adoperarci per organizzare un partito politico di sinistra atto a servire da contrappeso per i democratici? Tra 4 anni potrebbe diventare la maggioranza e prendere il sopravvento sui vari Chomsky, Zinn e Parenti, non crede?

M: Sono sicuro che la Santissima Trinità (sto scherzando ehy ragazzi) appoggerebbe con piacere un terzo partito “reale” ma sarebbe comunque visto come un timido passettino verso la giusta direzione… ed è complicato discuterne. Abbiamo bisogno di tanti piccoli passi, però cautamente per non sbagliare e andare a causare problemi non tanto piccoli. È un lungo viaggio, come una maratona, non uno sprint. L’attivismo non vuol dire odiare un uomo o un partito… è solistico. I tanti Dick e Bush in giro per il mondo avevano forse degli ideali a 21 anni, che poi col tempo vanno a perdersi. Si comincia ad accettare compromessi e da adulti verso i 40 anni e oltre si resta insoddisfatti. Tutto questo riporta alla mia teoria del rapporto pazienza/premura.

D: Lei contribuisce regolarmente alle pubblicazioni legate alla salute e anche quelle per i vegetariani. Come può il cambiamento nel nostro stile di vita avere un impatto notevole sui nostri animali, sull’ambiente e sulla sostenibilità del mondo quando siamo soltanto singoli individui e tutti gli altri sembrano ignorare i danni causati dalle loro scelte di vita?

M: La gente mi chiede sempre consigli pratici… e a me piacerebbe avere sempre la risposta giusta. Il meglio che posso offrire dalla mia esperienza è questo: ognuno di noi può iniziare a reinventare la propria vita di tutti i giorni, immediatamente e senza esitazione. Abbiamo la possibilità di disobbedire, di non mangiare più il loro cibo, di non adorare più il loro Dio e di non accettare il loro governo. Non dobbiamo nemmeno più farci visitare dai loro dottori o prendere le loro medicine o usare i loro deodoranti, profumi, dentifrici e altri prodotti tossici. Non abbiamo bisogno delle loro macchine o dei loro macchinari. Possiamo iniziare a non consumare tanto, a non produrre rifiuti inutili, a non comprare più prodotti fatti da schiavi o con lo sfruttamento del lavoro. Questa semplice strategia è molto più minacciosa e radicale e tremendamente efficace di qualsiasi altra. Come disse Thich Nhat Hanh: “Non accumulate il benessere mentre milioni di persone muoiono di fame. Vivete semplicemente”.

In un XXI secolo in cui il capitalismo regna sovrano, le scelte di vita sono più potenti e importanti delle scelte elettorali… e sfidare la società in questo modo è un atto rivoluzionario. Che Guevara disse: “Fatemi dire, a rischio di sembrare ridicolo, che il vero rivoluzionario è guidato da un grande sentimento d’amore.” Se avesse ragione, cari amici, è il momento di dimostrare al mondo un po’ di amore.

Mark Hand
Fonte:http://www.onlinejournal.com/Media/011405Hand/011405hand.html
14.01.05

Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Mimosonamia

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