di Douglas Valentine
Lunedì 5 aprile, mentre migliaia di marine americani circondavano Fallujah e si preparavano a pacificarla, il Senatore Edward Kennedy ha predetto che l’Iraq sarebbe stato per Bush ciò che il Vietnam fu per Nixon.
Dato che Nixon vinse la rielezione nel 1972, ciò potrebbe significare che Bush sarà rieletto nel 2004. Ecco un pericolo nel fare analogie tra Vietnam e Iraq.
In effetti somiglianze esistono. Per prima cosa, come la violenza si diffonde e il numero dei morti cresce, appare chiaro che il proconsole di Bush a Baghdad, Paul Bremer (ex direttore della Kissinger Associates) ha malamente sottostimato la forza della resistenza irachena, così come Nixon e il suo capo della sicurezza nazionale, Henry Kissinger, malamente sottostimarono il loro nemico nel Vietnam del Sud.
Sottostimare un nemico fa meravigliosamente bene alla propaganda, e, se creduta, la propaganda potrebbe riassicurare la rielezione di Bush. Ma è anche il miglior modo di perdere una guerra – ed è per questo che Rumsfeld sta mandando più truppe in Iraq in quella che rappresenta la prima “escalation” dell’occupazione.
Forse Kennedy ha inteso alludere a queste due similitudini:
1) sottostimare il nemico e
2) silenziosamente intensificare le operazioni belliche, in netta contraddizione con la politica precedentemente stabilita.
Qualunque cosa Kennedy abbia voluto dire, è ovvio che esiste una grossa differenza tra la guerra del Vietnam e l’invasione e l’occupazione illegale dell’Iraq, un’altra ossessione censurata dei media.
Il processo è iniziato molto prima dell’arrivo delle lettere all’antrace ai senatori democratici. E’ iniziato durante il regime di Reagan, quando Reagan cercò di vincere la “Sindrome del Vietnam” – il nome dato al sentimento americano di inadeguatezza e impotenza dopo la sua umiliante sconfitta da parte dei meno-armati vietnamiti.
Reagan riuscì ad imporre il primo blackout sui media in tempo di guerra quando mise l’America sulla strada della guarigione invadendo e conquistando la potente Grenada. Bush il Superiore ha dichiarato apertamente di aver curato l’America dalla Sindrome del Vietnam dopo aver imposto un altro blackout all’informazione mentre sconfiggeva Saddam Hussein nella Prima Guerra del Golfo.
Ora Bush l’Inferiore ha imposto un silenzio dell’informazione su chiunque eccetto che per i suoi ammanigliati mezzi di informazione in Iraq. Dopo 20 anni, i media si sono abituati all’oscurità e contano sui comunicati governativi per la propria sussistenza.
La grossa differenza che c’è tra il Vietnam e l’Iraq è che noi avevamo una stampa ragionevolmente libera in Vietnam che poteva filmare la carneficina in diretta TV, poteva criticare e fare domande all’autorità. Queste furono cose per le quali alcuni giornalisti rischiarono la propria vita! Ma una stampa libera è cosa del passato. La sola informazione che possiamo avere oggi è ciò che Bush, Bremer e il resto dei micro-Kissinger vogliono che noi sentiamo e vediamo e , ancora più importante, pensiamo.
E ciò che vogliono che noi pensiamo è:
1) che essi hanno la situazione sotto controllo, e
2) che essi sono le forze del bene e della luce, e che chiunque essi uccidono è un “criminale”, un “terrorista”, o soltanto un semplice “malfattore”.
La prima grande similitudine che esiste tra guerra del Vietnam e l’invasione e occupazione illegale dell’Iraq è che le forze americane impiegano, in modo indiscriminato, una potenza di fuoco soverchiante per rassicurare l’opinione pubblica americana che essi rappresentano la Forza Superiore. Questo è particolarmente importante in senso spirituale come ne è consapevole l’ex sorridente Bush l’Inferiore; perchè stabilendo che l’America è una Forza Superiore, egli conferisce a se stesso – come capo dell’America – il mantello del regno divino. Non solo superiamo il nostro collettivo senso di colpa e di inadeguatezza ma diveniamo miracolosamente simili a Dio e infallibili.
Ma, l’uso indiscriminato e soverchiante della potenza di fuoco annulla qualunque pretesa che l’amministrazione Bush/Bremer ha (come il regime Nixon/Kissinger aveva in Vietnam) di trasformare i suoi territori occupati in una democrazia sovrana e autonoma. Perché l’uso indiscriminato e soverchiante delle armi sempre uccide e mutila persone innocenti, e distrugge le loro case, le loro attività, servizi e luoghi sacri. Piuttosto che “vincere i loro cuori e le loro menti” (un’altra frase riesumata dal Vietnam per spiegare il comportamento pazzo di Bush in Iraq), l’uso indiscriminato e soverchiante della potenza di fuoco incita all’odio verso gli americani.
Sì, ecco perchè ci odiano.
In particolare, quest’uso della forza da parte degli americani ha creato una “legittima” opposizione militare e politica in Iraq, così come successe in Vietnam.
In parole semplici, l’uso indiscriminato della forza fa sentire bene gli americani, ma determina una sottostima del nemico ed è intrinsecamente perdente.
Per un anno si è vista una grande goduria da parte di Bush e Bremer, che sedevano alti in sella e mescolavano il divertente mazzo di carte dei morti fatto dalla CIA, andando a caccia di Saddam e del suo entourage del partito Ba-ath con i loro orribili musi incollati sui poster ‘Wanted Dead Or Alive’ sparsi in tutto il paese. Fu divertente e rassicurante riempire le prigioni di Saddam con suoi sostenitori o sospetti simpatizzanti.
Fu allora che Bush e Bremer fecero il successivo grosso errore. Dopo aver distrutto le ultime vestigia del regime “brutale” di Saddam, misero a tacere un giornale che apparteneva al religioso sciita antiamericano, Sayed Moqtada al-Sadr, e invece di sottomettersi umilmente, Moqtada ha resistito. E ha preso la decisione di averne abbastanza di censura, squadroni della morte e arresti di mezzanotte che avevano portato ad un sovraffollamento delle carceri di Saddam, ora ripiene di sciiti e innocenti passanti.
Moqtada si è eretto in piedi davanti agli americani e il suo esempio ha sprigionato un fervore religioso per la salvezza nazionale perfino tra i secolari iracheni collaborazionisti. Egli ha anche immesso orgoglio nei ranghi crescenti di un fiorente movimento di guerriglia sotterraneo, che, come successe con l’oppressione americana in Vietnam, spara un singolo colpo o lancia la sua granata fatta in casa per poi sparire via prima che i carroarmati e gli elicotteri bombardino tutto ciò che capita per vendetta.
Questo è ciò che sta accadendo ora a Fallujah.
L’emergere di un ‘sotterraneo’ in Iraq è la seconda grossa similitudine con il Vietnam, dove il suo venire allo scoperto psicologicamente determinò una svolta nella guerra durante l’offensiva del febbraio 1968.
D’accordo, il ‘sotterraneo’ iracheno non ha programmato una generale sommossa – ma fino ad una settimana fa gli americani arrogantemente si dicevano sicuri di eliminare la resistenza. Ora, neppure il più ottenebrato dei media americani ne è più tanto sicuro.
Come tutti sanno, il movimento ‘sotterraneo’ iracheno ha annunciato la sua presenza la settimana in cui uccise e mutilò quattro ‘appaltatori’ americani, trascinando il corpo di uno di loro per le strade (così da rendere possibile l’ovvio paragone tra Baghdad e Mogadiscio) e appendendo da un ponte il corpo mutilato di un altro, esponendoli agli urrà di una folla che sembrava uscita dalle pagine del Gobbo di Notre Dame.
Si è trattato di un atto di contro-terrorismo di una guerra psicologica che ha mandato due messaggi subliminali a Bush:
1) in uno si può leggere che i civili americani in Iraq potrebbero, d’ora in avanti, portare il peso di aver sottoscritto il terrorismo israeliano in Palestina – infatti l’evento precipitante dei fatti fu l’atto terroristico di Sharon con cui uccise il leader di Hamas, Yassin;
2) nell’altro si è mandato un segnale che, dopo un anno caratterizzato da tutto eccetto che la liberazione, il “sotterraneo” ha capito l’identità, l’organizzazione e i movimenti della CIA e dei suoi informatori – ed ha deciso di colpirli.
Questo non vuol dire che i quattro ‘appaltatori’ Blackwater uccisi fossero agenti della CIA – anche se va ricordato in ogni caso che i Blackwater sono la Guardia Pretoriana del proconsole Bremer. In pratica questo atto significa che il movimento ‘sommerso’ in Iraq manda un messaggio a tutti gli appaltatori sbruffoni americani – una parte dei quali sono agenti nascosti della CIA addetti al funzionamento delle milizie e delle squadre della morte del Programma Phoenix (*) – che si danno da fare per permettere a quei due di completare felicemente il loro gioco di carte.
Esattamente, con questo atto di contro-terrorismo, il ‘sommerso’ ha iniziato a bersagliare i membri del Programma Phoenix della CIA in Iraq, e i suoi inservienti (interrogatori e carcerieri).
Per coloro che hanno ancora dubbi, è un fatto assodato che Phoenix è in Iraq. Noi lo sappiamo per certi in quanto Seymour Hersh lo ha detto nel dicembre 2003, sebbene abbia dimenticato di menzionare due cose importanti:
1) che Phoenix è stato attivo in Iraq da prima del Giorno Uno dell’occupazione;
2) che essi aspettavano ad annunciare il loro debutto finchè l’esercito, pensando di avere il paese sotto controllo, non ne fosse coinvolto. Ma come in Vietnam nel 1969, la CIA ha cercato anche adesso di sottrarsi alla vista e di mettere l’esercito in primo piano per far ricadere su di lui tutte le accuse se qualcosa fosse andato storto – questo è ciò che è accaduto ora, così come accadde in Vietnam.
Phoenix è un’altra di quelle ossessioni auto-distruttive che gli americani hanno, solo che cercano di tenerla segreta, perchè rappresenta in pratica un genocidio. Agenti della CIA ad esempio avevano un programma che prevedeva la neutralizzazione di 1800 civili vietnamiti ogni mese per esaudire le richieste corporative. Essi affrontarono il problema in due modi.
Phoenix in Iraq, come in Vietnam (e in Israele), è infatti un programma a due gradini.
Il gradino superiore è una guerra segreta notturna di assassinii e arresti di intellettuali e leader spirituali ritenuti una minaccia politica al regime fantoccio di Bush/Bremer. Questo aspetto è curato ed eseguito da agenti CIA e da mercenari in abiti civili, spesso nascosti sotto l’immagine di “appaltatori” come quei 4 sfortunati assassinati e mutilati a Fallujah alcuni giorni fa. Questi sono gli assassini di cui i media americani dimenticano di parlare. Questi sono anche quelle persone, che guidate dagli israeliani, felicemente misero le mani sui seguaci sunniti e Ba-athisti di Saddam, e che organizzarono le milizie irachene che invece hanno finito con il fornire al “sommerso” iracheno molti dati importanti. Perché, come noi sappiamo, questo aspetto del programma Phoenix è stato infiltrato, così come successe in Vietnam.
Il gradino inferiore del Programma Phoenix in Iraq, come quello in Vietnam, consiste di agenti CIA e collaborazionisti iracheni che lavorano coperti dalle operazioni tipo “circonda e cerca” condotte dai militari, come succede a Fallujah. In Vietnam, gli agenti della CIA – all’interno delle operazioni militari “circonda e cerca” – entravano nei villaggi ritenuti appoggiare la resistenza, nella speranza di catturare o uccidere leader civili, mentre i militari ripulivano il terreno circostanze dalla forze della guerriglia. Il massacro di My Lai è stato l’esempio ultimo di questa malsana politica in Vietnam; Sabra and Shatilla ne fu l’orrenda versione israeliana in Libano.
Questo aspetto “circonda e cerca” del Phoenix ha aiutato a riempire le note prigioni di Saddam con gente innocente – e questa è l’altra grande storia di cui viene proibito il racconto alle Reti di News da parte dei loro proprietari corporativi.
Tutto questo spiega l’attualità: oggi, si assiste ad una tradizionale operazione Phoenix del tipo “circonda e cerca”, quando i marine circondano e distruggono Falluja per esaudire quell’obbiettivo non dichiarato della cosiddetta “Operazioni Fermezza Vigilante” rappresentato dalla vendetta per le mutilazioni dei giorni scorsi dei quattro pseudo-“appaltatori” americani. La ragione dichiarata, invece, secondo James Vanzant, portavoce dei marine, è una operazione di omicidi mirati stile-Phoenix. Vanzant ha detto alla CNN, “Noi vogliamo prendere gli individui cui diamo la caccia. Non vogliamo andare là a suon di cannoni fumanti”.
Ma i cannoni stanno fumando, e come in Vietnam, la Grossa Bugia prova che le forze americane non hanno la situazione sotto controllo né dal punto di vista militare né da quello politico. La sola domanda che ci rimane è: quando questo straordinario fatto diventerà importante per la Rete delle News?
Traduzione: comedonchisciotte.net (8 aprile 2004)
Fonte: www.DouglasValentine.com and http://members.authorsguild.net/valentine
(*) Creato dalla CIA nel 1067 a Saigon, il Phoenix fu un programma che aveva lo scopo di neutralizzare – attraverso gli omicidi, i sequestri e la tortura sistematica – l’infrastruttura civile che appoggiava la resistenza Vietcong nel Vietnam del Sud. Si trattò di una terribile “soluzione finale” che violava la Convenzione di Ginevra e le idee tradizionali americane. Durante l’evacuazione di Saigon nell’aprile 1975, la CIA distrusse la maggior parte dei documenti mentre quelli conservati a Langley possono essere ottenuti attraverso un Freedom of Information Act. Valentine riesce a scrivere un libro sull’argomento attraverso la raccolta di centinaia di interviste, ma soprattutto attraverso la testimonianza di un ex agente della CIA Nelson Brickham, che fu tra I responsabili della creazione del programma e che aveva conservato tutte le copie dei documenti da lui scritti mentre era nella CIA.
(Per un approfondimento sul programma si consiglia: www.thememoryhole.org/ phoenix/