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E’ LA SOLITA SPORCA, STORIA
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A cura di Davide
Il 6 Ottobre 2007
69 Views

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DI MASSIMO FINI
Il gazzettino

È la solita, sporca, storia. Il Parlamento, cioè la classe politica, vara delle leggi “buoniste”, per farsi bella, per far vedere che l’Italia è il Paese più “avanzato” del mondo (ma, in genere, dietro questi motivi, già di per sè intollerabili, perché vanesi, ce ne sono altri, inconfessabili: liberare dal carcere alcune tipologie di rei che sono cari all’una o all’altra parte, alla destra o alla sinistra), poi succede qualche inevitabile fattaccio, come il tentativo di rapina compiuto dall’ex brigattista Cristoforo Piancone (sei omicidi, tre ergastoli, in regime di semilibertà nel 2004 grazie ai benefici previsti dalla legge Gozzini del 1986) e la responsabilità non ricade sui politici che hanno fatto quelle legge, e ne hanno menato vanto, ma sui magistrati che quelle leggi hanno applicato.

I primi a scagliarsi contro il Tribunale di sorveglianza di Torino e il giudice Alessandro Marcheselli di Alessandria, cui si deve la concessione della semilibertà a Piancone, sono stati il ministro dell’Interno Giuliano Amato e il Guardasigilli Clemente Mastella, che annuncia le solite ispezioni, cioè i due soggettini cui si deve se è passato quel provvedimento demenziale che è l’indulto (perché è chiaro che l’opposizione del ministro della Giustizia e di quello dell’Interno in una materia del genere è decisiva, invece i due dissero sì, con entusiasmo Mastella, col solito finto, tortuoso e strumentale tormento Amato). Ha detto Amato: “I giudici devono essere consapevoli di esercitare una responsabilità enorme”. Ebbene quella responsabilità bisogna toglierla, perché se si lascia al magistrato un’ampia discrezionalità nel decidere se concedere o meno dei benefici di legge, questi com’è ovvio e giusto che sia, la usa e usandola può sbagliare. Tanto più che se si può avere una ragionevole certezza quando, sulla base di prova, si condanna un individuo, difficilissimo è valutarne la pericolosità quando si deve decidere se rimetterlo in libertà anticipatamente.


Non si tratta, come sostiene Amato, di cambiare le modalità della Legge Gozzini, ma di abrogarla e di sostituirla con un’altra in cui i margini di discrezionalità del giudice siano strettissimi. Vale per la Gozzini lo stesso discorso che riguarda l’indulto.

Le pene non devono essere particolarmente severe, né, tantomeno, esemplari (una pena esemplare è già, di per sè, una pena ingiusta), ma devono essere certe. E, inutile comminare ergastoli a grappoli se poi c’è la possibilità di uscire, grazie a una serie di combinazioni, dopo pochi anni. In questo modo la pena perde ogni capacità deterrente, sia per il reo, sia per chi abbia tendenza a delinquere. Si mitighino quindi, semmai, le pene, ma vadano scontate fino in fondo, in modo che chi viola la legge sappia, con certezza, cosa va incontro.

Tuttavia, poiché il carcere deve tendere anche al reinserimento del condannato nella società, i benefici non vanno esclusi del tutto. Vanno ristretti in una gabbia ferrea di condizioni e di precondizioni dove la discrezionalità del giudice sia minima.

Non vorrei che sull’onda emotiva del caso Piancone si abrogasse la Gozzini solo per i responsabili di reati da strada e di sangue (che sono i reati dei poveri cristi, sia pur delinquenti) e la si mantenesse invece inalterata per i reati finanziari e contro la Pubblica Amministrazione che sono i reati di “lorsignori”, ma pur essi delinquenti. Che Piancone fosse in semilibertà, senza aver mai manifestato alcun pentimento per ciò che aveva commesso, non è più grave del fatto che Cesare Previti, che a sua volta non si è mai pentito, anzi si è sempre arrogantemente scagliato contro i suoi giudici, goda, dopo condanne per complessivi otto anni per reati gravissimi, dello stesso regime di semilibertà. Altrimenti si accentua quella vergognosa tendenza dell’Italia di oggi ad avere due diritti penali: uno, estremamente comprensivo, per la classe dirigente, per la Casta, e uno spietato per tutti gli altri. Che è il feudalesimo che stiamo vivendo.

Massimo Fini
Fonte: www.ilgazzettino.it
5.10.07

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