DI PETER SALISBURY
www.theecologist.org
Ad IKEA piace passare per un produttore
di arredamenti sostenibile e dai sani principi. Ma il suo modello di
business basato sul basso costo e sugli alti volumi può aver compromesse
le preoccupazioni ambientali per i soldi? Ne parla Peter Salisbury.
Sono poche le persone che hanno previsto
con partecipazione un viaggio a IKEA, il dettagliante svedese di arredamenti
economici e di stile che, grazie agli introiti di 23,1 miliardi nel
2010 e al personale che ha superato la quota di 127.000, ha raggiunto
le dimensioni di una piccola nazione negli ultimi cinque decenni. Le
visite ai giganteschi magazzini di IKEA nelle zone industriali possono
provocare mal di testa, provocare divorzi, ravvivare lo stress, ma sono
comunque diventati una parte della vita moderna di studenti, giovani
professionisti e famiglie da Dubai a Durham. Dovremmo esserci anche
noi?
Valutando le cose positive, l’azienda
sta facendo tutto il possibile per rendere i prodotti e i magazzini
più efficienti e sostenibili dal punto di vista energetico all’interno
di un programma di “migliorie senza fine”. Gli imballaggi compatti
che rendono così semplice trascinare i mobili a casa? Significano anche
che la compagnia possa trasportare ogni volta più pezzi dalla fabbrica
al magazzino, riducendo il livello delle emissioni generate. I cartoni
marroni, insiste la compagnia, rendono il prodotto più economico e
sono ambientalmente corretti. I progetti minimalisti e essenziali di
cui l’azienda è pioniera comportano meno materiale usato nella fabbricazione
di ogni articolo, riducendo ancora le emissioni collegate al trasporto.
Fare in modo che l’acquirente monti il mobile a casa propria è anch’esso
un taglio di emissioni, riducendo il numero di linee automatizzate di
assemblaggio utilizzate da IKEA – riducendo anche il costo dell’arredamento.
IKEA dice che si sta muovendo per alimentare tutti i suoi magazzini
con energia rinnovabile, e sta lavorando per tagliare i livelli di consumo
dal 2005, anche se ancora deve fissare le scadenze per ogni obbiettivo.
In effetti, c’è una certa ambiguità per molti dei progetti di sostenibilità
più ambiziosi. Prendete il sistema dei segnapunti. Nel 2010, IKEA lanciò
uno strumento interno per misurare la sostenibilità di ogni prodotto
venduto sulla base di 11 parametri. Nel suo report sulla sostenibilità
pubblicato lo stesso anno, la compagnia riferì di volere che tutti
i prodotti da lei venduti siano “più sostenibili” nel 2015, un
concetto abbastanza opaco, anche se ha lo scopo di ridurre la quantità
di energia utilizzata per produrre gli elettrodomestici del 50 per cento
per il 2015, e la quantità di acqua usata per tutti i prodotti per
la stessa data.
Allo stesso modo, le pubblicità
di IKEA sbandierano progetti per installare pannelli solari in 150 magazzini
e centri di distribuzione in tutto il mondo per soddisfare il 10 per
cento dei suoi bisogni energetici, ma al dicembre 2010, sono stati installati
solo sette pannelli su 17 edifici. L’azienda ha pianificato di portare
il numero a 40 per la fine del 2011. A IKEA piace comunicare la propria
etica e, per le informazioni a disposizione, ha lavorato duro per assicurarsi
che i materiali utilizzati, e la forza lavoro per produrli, venga da
una filiera sostenibile e che soddisfi i regolamenti internazionali.
Il “Modo IKEA” è un insieme di regole e regolamenti per i suoi
fornitori, che spera di vedere rafforzato per il 2012. comprendono regole
su dove prendere il legname, e obbliga i fornitori a consegnare resoconti
annuali sull’origine, volume e essenza usati nei loro prodotti. La
Rainbow Alliance, nel frattempo, sottopone a revisione ogni anno
i bilanci dell’azienda. IKEA ha anche rigidi vincoli per il lavoro
minorile, e richiede che tutti i suoi fornitori riconoscano la Convenzione
delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino. Se viene scoperto che un
fornitore utilizza lavoro minorile, IKEA afferma che gli verrà chiesto
di terminare questa condotta, altrimenti il contratto verrà revocato.
Tutto questo è davvero positivo, ma l’argomento cardine con IKEA
da un punto di vista di un’ambientalista è che la compagnia incoraggia
il consumo di massa di merci che generalmente devono essere sostituite
dopo pochi anni, sottoponendo a un maggiore stress le risorse naturali
del pianeta. Nel suo libro del 2009 book, “Cheap: The High Cost
of Discount Culture”, Ellen Ruppel Shell afferma che IKEA –
in base ad alcuni dati il terzo consumatore di legname al mondo –
vende prodotti con una durata limitata e che, affermando che i suoi
prodotti sono “sostenibili” e che vengono da fonti “rinnovabili”,
alla fine incoraggia i consumatori a rimpiazzarli uno con l’altro,
invece di spendere di più su prodotti di più lunga durata. Parlando
dal lato fattuale, chi ha mai visitato IKEA e se ne è uscito solo con
cosa voleva acquistare all’inizio? I magazzini di IKEA sono noti per
esser stati progettati in modo da incoraggiare il visitatore a comprare
un qualsiasi genere di merce che non credono che gli sia necessario,
e che probabilmente non lo è. Nel frattempo, i magazzini fuori città
rendono inevitabile che il cliente tipico di IKEA debba arrivare con
l’auto presso una destinazione che è molto più distante del tragitto
compiuto di solito.
Ovviamente, IKEA sta facendo il suo
per divenire un produttore etico e sostenibile ma alla fine dei conti,
il suo business di basso costo e di alti volumi si affida sul
consumo costante e sulla sostituzione di merci che utilizzano ogni risorsa
naturale che si possa citare, legno, acqua, energia. La difesa di IKEA
– ed è inoppugnabile – sostiene che, dal momento che produce per
le masse beni accessibili e rende queste merci più sostenibili possibile,
sta facendo in modo che un numero enorme di persone stia riducendo l’impatto
ambientale per arredare le proprie abitazioni. Visto che ci sono circa
170 milioni di persone che visitano ogni anno i magazzini della compagnia,
è un’affermazione corretta. IKEA riconosce che se ogni singolo suo
cliente avesse sostituito una lampadina da 60 watt con un’alternativa
che risparmia energia, si sarebbero ridotte le emissioni dell’equivalente
di 750.000 auto.
Ma la compagnia continua a ordinare
le vecchie lampade, e qui c’è il mistero. Come altri produttori di
massa, IKEA potrebbe semplicemente smettere di produrre merci meno efficienti
o più impattanti per l’ambiente, ma facendo così diventerebbero
più care, e ciò potrebbe portare a una perdita di clienti. Per l’azienda
gli affari occupano il primo posto, e per questo deve sempre tenere
un bilanciamento tra la sostenibilità e la redditività. Fare acquisti
da IKEA non salverà il pianeta ma, se hai pochi soldi e devi arredare
la casa, è probabilmente la migliore opzione disponibile.
Fonte: Behind the Brand: IKEA
19.10.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE