Di Jacopo D’Alessio per ComeDonChisciotte.org
“Voglio tentare l’impossibile: far sì che gli italiani siano orgogliosi di esserlo. Far sì che amino il paese più bello del mondo, compresi i loro connazionali, compresi se stessi”.
Si apre così il libro di Kristel Kaaber “Decalogo italiano per i tempi bui”, nel quale la mente dell’autrice viene continuamente assillata da una domanda che la tormenta e verso la quale non riesce mai a trovare una spiegazione che sia veramente esaustiva: com’ è possibile che il nostro paese sia stato penetrato da un sentimento anti-italiano così esacerbato, che trova pochissimi riscontri in altri popoli in generale e ancora di meno fra quelli europei?
Dunque, l’idea alla base di questo saggio parte dall’osservazione lecita di una donna di origini estoni che però, giunta in Italia come turista oltre trent’anni fa, decide di rimanerci a vivere per sempre. Una persona che si è innamorata del nostro paese ma che ad un certo punto ne ha cominciato a scorgere la denigrazione progressiva, rispetto alla quale ha deciso in seguito di contrastarne la derive peggiori. Quanto meno, di proporci un antitodo mediante il potere persuasivo della scrittura. Difatti, come realizzò a suo tempo l’antropologo Ernesto de Martino, in riferimento a popolazioni ancestrali di epoche più remote, siamo di fronte anche oggi ad una “crisi della presenza”, che sta investendo la nostra identità di italiani moderni, incapaci di riconoscersi.
E’ questo d’altronde il destino di un popolo che finisce per tradire se stesso quando non è più in grado di assegnare un significato chiaro alla propria esistenza, ma preferisce piuttosto che siano gli altri ad attribuirgliene uno già confezionato per loro. Occorre dire però che nel libro non emerge mai una denuncia esplicita contro qualcuno. Eppure, mi sembra evidente che in politica estera si possa alludere tranquillamente alla subordinazione schiacciante dell’Italia nei confronti di Washington e di Bruxelles. Così come è molto forte la tendenza degli italiani, negli ultimi trentacinque anni di globalismo sfrenato, di adottare come propria una generica cultura anglosassone e mittle europea che, davvero, hanno niente, o poco a che vedere, con i costumi latini e mediterranei.
Pertanto la Kaaber, nel tentativo appassionato di recuperare la “presenza” perduta di un Sé scisso innanzi a se stesso, comincia a disegnare su di una tela i ritratti di figure italiane eccezionali nei loro ambiti specialistici ma poco note, o per nulla approfondite, al grande pubblico. Si passano in rassegna nove personaggi, fra i quali Ennio Flaiano, Teresa Mattei, Vittorio Arrigone, Marisa Bellisario, Don Lorenzo Milani, e altri ancora. E viene spontaneo domandarsi allora il motivo per cui tali profili di uomini e donne esemplari siano rimasti nascosti nell’ombra a causa di una così grande disattenzione da parte dei media e di una loro pressoché assoluta assenza dalle riviste di storia, nonché di letteratura politica.
Ebbene, la risposta che l’autrice in realtà conosce perfettamente, anche se non smette mai di chiederselo con un sentimento di genuino stupore, è fondamentalmente una sola: la censura. Lo straniero che vuole sottomettere un popolo deve far sì che quest’ultimo demolisca i propri monumenti affinché possa introiettare più facilmente il punto di vista del loro carnefice.
A mio avviso però, un libro che sia interessante sul piano dei contenuti, dovrebbe esserlo anche su quello della forma. E questo qui lo è. Ci ritroviamo in effetti al cospetto di uno stile conciso e serrato, al punto che non riesci più ad interrompere la lettura soltanto per il gusto di sapere come va a finire. Mi ha colpito, ad esempio, la struttura circolare dei capitoli. La narrazione parte ogni volta da un piccolo dettaglio in grado di riassumere l’essenziale di una biografia intellettuale ed umana, per ritornarvi infine con una sapienza maggiore di quella iniziale.
Tuttavia, l’apparente quadretto, lungi dal rimanere prigioniero all’interno di una tessera isolata, viene inserito invece in un decalogo che, mediante i suoi insegnamenti, ha il fine di smontare la vuota denigrazione dominante. Perché, sembra suggerire la scrittrice, se il decimo ed ultimo personaggio (un “noi” futuro e collettivo italiano) entrasse finalmente in possesso di quella regola unica e peculiare, ereditata da ciascun eroe, potrebbe ricominciare a scoprire almeno una parte della sua identità. Non solo per un beneficio nostro, ovviamente, ma anche per venire fuori, appunto, da quel pantano relativista e post-moderno.
Per concludere, vorrei aggiungere che la doppia identità della Kaaber, italiana d’adozione ma estone di origine, assume un peso non affatto trascurabile in questo smascheramento e gioco delle parti. Probabilmente, la diversità dei due paesi conferisce all’intellettuale di frontiera uno sguardo straniato che, nel senso brechtiano, le permette di sentirsi autenticamente parte dell’Italia e contemporaneamente al di fuori. Ovvero, questo sincero amore per la nostra cultura, che traspare in ogni sua riga, continua ad assumere anche un punto di vista inevitabilmente distaccato (quello dell’Altro che alberga nel proprio Io), che la porta a prendere consapevolezza delle contraddizioni interne, altrimenti invisibili per la maggior parte di noi.
Di Jacopo D’Alessio per ComeDonChisciotte.org
27.04.2024
Jacopo D’Alessio. Laureato in lettere moderne, insegna Italiano nelle scuole medie di Roma. Autore di saggi brevi e articoli su politica, economia e cultura cinematografica.