“Dark Winter”- Come con le simulazioni pandemiche ci hanno privato della nostra libertà – Seconda parte

Il giornalista e autore tedesco Paul Schreyer ha prodotto un video di un'ora in cui mostra come una 'guerra al bioterrorismo' stesse prendendo forma già molto prima dell'emergere della Covid-19, prefigurando e forse dettando la risposta internazionale alla pandemia.

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Neville Hodgkinson
conservativewoman.co.uk

Seconda parte

Il giornalista e autore tedesco Paul Schreyer ha prodotto un video di un’ora in cui mostra come una ‘guerra al bioterrorismo’ stesse prendendo forma già molto prima dell’emergere della Covid-19, prefigurando e forse dettando la risposta internazionale alla pandemia. Questa “guerra” si era intensificata negli anni ’90 e nei primi anni 2000 con una serie di esercizi di simulazione pandemica di alto livello condotti tra le nazioni industriali più influenti dell’Occidente, come descritto nella prima parte di questo articolo.

Le preoccupazioni su possibili pandemie erano state brevemente sospese durante la crisi finanziaria del 2007-08, ma erano emerse con maggiore intensità durante il panico per l'”influenza suina” del 2009. L’epidemia aveva spinto l’eminente teorico economico e sociale francese, nonchè visionario networker, Jacques Attali a fare una dichiarazione che Schreyer considera cruciale per aiutarci a capire alcune delle idee e delle forze che stanno dietro l’attuale “psicosi globale,” che circonda il SARS-CoV-2. Dopo l’allarme creato dalla diffusione di questo virus geneticamente modificato i governi di tutto il mondo hanno messo in pratica lockdown estremamente dannosi e trattato intere popolazioni con vaccini sperimentali, per un virus geneticamente modificato che avrebbe dovuto suscitare allarme , ma non dare origine ad una risposta sproporzionata e letale.

Attali è consigliere speciale della politica francese ormai da diversi decenni, al servizio di presidenti come Francois Mitterand, Nicolas Sarkozy e Emmanuel Macron. Aveva previsto la crisi dei mutui subprime iniziata negli Stati Uniti nel 2007 e, nel 2009, era stato acclamato come uno dei 100 migliori “pensatori globali” dalla rivista americana Foreign Policy. È a capo di una società di consulenza internazionale che si occupa di strategia, finanza aziendale e capitale di rischio.

Nel 2009, quando era scoppiata l’influenza suina, aveva scritto: “La storia ci insegna che l’umanità avanza a grandi passi se è spaventata. La pandemia in corso potrebbe innescare una di quelle paure che portano a cambiamenti strutturali. Allora saremo in grado di gettare le basi per un governo mondiale, un qualcosa che potremo realizzare molto più velocemente di quanto sarebbe stato possibile con le sole motivazioni economiche.”

Un anno dopo, nel 2010, era stato pubblicato negli Stati Uniti uno studio basato su analoghe preoccupazioni globaliste, intitolato “Scenarios for the Future of Technology and International Development.” Era stato finanziato dalla Fondazione Rockefeller, una delle più antiche, ricche e potenti fondazioni private del mondo.
Includeva una sezione intitolata “Lock Step,” dove [si ipotizzava uno scenario in cui] il 20% della popolazione mondiale veniva infettato da un nuovo virus e, in sette mesi, otto milioni di persone perdevano la vita. Lo scenario era descritto come segue:

“Una mortale pandemia di influenza si diffonde a livello globale e getta le popolazioni nel panico. La Cina, con il suo approccio restrittivo, è vista come un modello di gestione efficace della crisi e viene ampiamente emulata. Indossare la mascherina diventa obbligatorio ovunque. Viene imposto un controllo autoritario sulla popolazione, che rimane in vigore anche dopo la fine della pandemia. I cittadini rinunciano volentieri alla loro sovranità e alla loro libertà. È solo dopo circa dieci anni di governi autoritari che la gente inizia a ribellarsi.”

L’obiettivo di fondo dello studio, dice Schreyer, era quello di “seminare una nuova conversazione strategica tra i principali attori pubblici-privati e filantropici” per “ottenere un impatto più efficace” per un futuro designato.

L’antropologa e scrittrice Karen Harradine ha documentato il ruolo della Fondazione Bill e Melinda Gates (GF) nella realizzazione di questo obiettivo come autoproclamato leader della risposta globale alla Covid-19. La GF è co-fondatrice e finanziatrice della CEPI (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations), che investe in vaccini ed è finanziata anche dai governi indiano e norvegese, dal Wellcome Trust con sede in Gran Bretagna e dal World Economic Forum. Sir Jeremy Farrar, direttore del Wellcome Trust e membro del SAGE (Scientific Advisory Group for Emergencies), siede nel consiglio del CEPI.

Nel 2017 Gates aveva detto che il mondo era impreparato per le pandemie e che gli investimenti del CEPI in “vaccini DNA/RNA” avrebbero contribuito a risolvere i l problema.

Secondo la Harradine, “la Fondazione Gates si è trasformata in una macchina da guerra globale con un potere svincolato da ogni forma di regolamentazione. Enormi quantità di denaro vengono incanalate secondo i pensieri, le passioni e i pregiudizi di un uomo dal giudizio discutibile,” scrive. “La spinta megalomane di Gates a vaccinare il mondo, che il mondo lo voglia o no” segue un modello ben noto,” dice la Harradine, modello che era iniziato quando Gates aveva convinto i funzionari della sanità pubblica statunitense a spostare le risorse necessarie al proprio Paese verso il mondo in via di sviluppo.

Nel febbraio 2017, Gates era intervenuto alla Munich Security Conference, il principale forum mondiale per la politica sulla sicurezza internazionale, avvertendo che “ignoriamo il legame tra sicurezza sanitaria e sicurezza internazionale a nostro rischio e pericolo. È solo una questione di tempo prima che un agente patogeno pericoloso si diffonda, per un capriccio della natura o per mano di un terrorista. . . Il mondo deve prepararsi alle epidemie così come i militari si preparano alla guerra.”

Per la prima volta, nel maggio dello stesso anno, i ministri della salute del forum intergovernativo G20, che rappresenta le nazioni industriali più ricche e potenti del mondo, si erano incontrati a Berlino. Erano rappresentati Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea. La Cina aveva partecipato ad un esercizio di simulazione per la messa a punto di una risposta coordinata alla minaccia di una futura pandemia. Invece di SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) il pericoloso virus dava origine ad una patologia denominata MARS (Mountain Associated Respiratory Syndrome), perchè nella simulazione il virus proveniva da una zona di montagna.

Nel suo video, Schreyer ci mostra funzionari della sanità e ministri in carne e ossa mentre osservano con attenzione lo scenario fittizio della pandemia che evolve sullo schermo. “Guardando quell’immagine,” dice, “potremmo capire un po’ meglio perché nella crisi odierna tutti, o almeno la maggior parte dei Paesi, stanno procedendo in modo coordinato e perché in ogni nazione vengono fatte più o meno le stesse cose. Sono state fornite stesse ricette generali e le stesse istruzioni procedurali che ora vengono realizzate in modo sincronizzato. Almeno, così sembra essere.”

Sempre nello stesso anno, nell’agosto 2017, il ruolo di guida nello sviluppo della politica sanitaria globale era stato assegnato alla Germania, che aveva ospitato un altro un incontro di alto livello, questa volta sotto gli auspici del ministro della salute Hermann Gröhe, che aveva inaugurato un comitato consultivo internazionale. Era presente Christian Drosten, il virologo noto per aver introdotto il primo (e molto contestato) test diagnostico al mondo per la Covid-19, così come due figure di alto livello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Questi due personaggi presenti a quell’incontro “erano di un calibro completamente diverso,” dice Schreyer.

Uno era Sir Jeremy Farrar, del consiglio di amministrazione del Wellcome Trust inglese, la quarta fondazione di beneficenza più ricca del mondo, con una base finanziaria di 29 miliardi di sterline, gestita da un team investimenti di grande successo che includeva lo stesso Farrar. L’obiettivo dichiarato del trust, per cui ha costruito un’enorme rete per lo sviluppo della governance sanitaria globale, è “sostenere la scienza per risolvere le sfide urgenti della salute che riguardano tutti.” L’altra personalità presente era il dottor Christopher Elias, il presidente per lo sviluppo globale della Fondazione Gates, che, con un patrimonio di circa 50 miliardi di dollari (36 miliardi di sterline), è in grado di esercitare un’influenza ancora maggiore.

Il successivo esercizio di bioterrorismo, ancora una volta ospitato dal Johns Hopkins Centre for Health Security, si era svolto a Washington, DC, il 15 maggio 2018. Chiamato CLADE X, era focalizzato su una immaginaria risposta del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti ad una pandemia virale globale causata da un virus trafugato da un laboratorio di Zurigo da una setta elitaria con l’obiettivo ridurre la popolazione globale. Vi avevano preso parte anche due noti conduttori televisivi statunitensi. Lo scopo dichiarato era “illustrare le decisioni strategiche di alto livello e le politiche che gli Stati Uniti e il mondo dovranno perseguire per prevenire una pandemia o diminuire le sue conseguenze in caso di fallimento della prevenzione.”

Infine, un esercizio di simulazione chiamato Event 201 si era tenuto nell’ottobre 2019 all’Hotel Pierre di New York, di fronte a Central Park. Schreyer fa notare che il lussuoso hotel era stato costruito dai banchieri di Wall Street nel 1930, durante la Grande Depressione.

Tra i delegati vi erano gli attuali direttori dei centri cinesi e americani per il controllo delle malattie e un ex vice direttore della CIA. Era presente il dottor Elias della Fondazione Gates, insieme al vice presidente per la salute pubblica globale di Johnson & Johnson, la più grande azienda farmaceutica del mondo, e il direttore operativo globale di Edelman, la più grande azienda globale di relazioni pubbliche e comunicazione.

Lo scenario postulava la diffusione di un coronavirus mortale e, questa volta, la simulazione si concentrava sulle relazioni pubbliche. Il copione recitava: “I governi avranno bisogno di collaborare con i media tradizionali e sociali per ricercare e sviluppare approcci agili che contrastino la disinformazione. Questo richiederà lo sviluppo della capacità di saturare i media con informazioni rapide, accurate e coerenti. Da parte loro, i media mainstream dovranno garantire che i messaggi autorevoli siano prioritari e che quelli falsi siano soppressi, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie.

Erano stati presentati grafici, mappe e tabelle che mostravano i Paesi colpiti e in che misura, la crescita del numero di casi e le proiezioni su come il tasso di mortalità si sarebbe sviluppato nei mesi successivi.

Questo è praticamente ciò che sta accadendo in questo momento,” commenta Schreyer. “Questo è esattamente lo stesso tipo di infografica che stiamo ricevendo dalla Johns Hopkins University. Sono le informazioni che ci vengono date da tutti i media tradizionali. E l’attuale censura da parte dei giganti dei social media, come YouTube e Google, era stata espressamente consigliata in Event 201, pochi mesi prima dell’attuale crisi del coronavirus. Ciò che era stato pianificato allora, adesso è realtà.

Chi stava pianificando cosa? Schreyer dice che tutte queste informazioni, viste nel loro insieme, forniscono il contesto perfetto affinchè la gente possa arrivare in modo autonomo a capire ciò che sta succedendo.

Schreyer ci fa capire quale sia il suo punto di vista ricordando una crisi finanziaria quasi inosservata che aveva avuto luogo poco prima della comparsa della Covid-19.

Molte persone, me compreso, non si erano rese conto che, a metà settembre 2019, i mercati azionari erano nel panico,” dice. “Nel 2019 si era verificata una crisi di liquidità chiamata ‘cash crunch’.

Un articolo del settimanale tedesco Zeit Online del 2 ottobre titolava: “Blackout nel sistema finanziario: La Fed cerca di prevenire un crollo del mercato dei contanti iniettando miliardi di dollari nel sistema finanziario. Quanto è allarmante la situazione?

Il rapporto continuava: “La crisi è arrivata all’improvviso. Le banche erano a corto di contanti. La Fed è intervenuta con massicce quantità di dollari per evitare il peggio. Questo ricorda il culmine della crisi finanziaria globale di 11 anni fa [nel 2008], ma, in realtà, sono cose accadute solo l’altro ieri, quando una parte importante del sistema finanziario globale si era trovata sull’orlo del collasso e il grande pubblico non si era accorto praticamente di nulla.”

Schreyer ha controllato il bilancio della Fed e ha scoperto che, nella crisi del 2008, quando le banche avevano bloccato i prestiti interbancari, il patrimonio della Fed era raddoppiato nel giro di poche settimane, da circa un trilione di dollari (1.000 miliardi di dollari) a due trilioni, poiché aveva pompato denaro nel sistema acquistando titoli del tesoro e obbligazioni societarie. Questo processo, che in effetti crea denaro dal nulla, è eufemisticamente noto come quantitative easing.

Le successive iniezioni di denaro avevano portato il totale a quattro trilioni di dollari alla fine del 2017. “Quando la si guarda da una prospettiva odierna ci si rende conto che la bolla era gigantesca, ed era diventato chiaro che quella pratica non poteva essere mantenuta,” dice Schreyer. “Bisognava sgonfiarla o sarebbe scoppiata.”

La Fed aveva cercato di sgonfiarla nei due anni successivi, sottraendo delicatamente denaro dal sistema. Ma una nuova crisi di fiducia, a metà settembre 2019, l’aveva costretta a riprendere ad iniettare liquidità in quantità sempre maggiori.

Queste iniezioni sono continuate anche dopo l’arrivo del nuovo coronavirus, con il pretesto della pandemia. Ma cosa c’era dietro gli interventi precedenti?

Schreyer cita un rapporto del 16 gennaio 2020 di Norbert Häring, un giornalista economico tedesco: “La Fed ha giustificato i suoi interventi con la motivazione, assai poco convincente, di temporanei errori di calcolo, asserendo che era fuori questione che le banche non si fidassero l’una dell’altra. Questi presunti errori di calcolo sembrano però essere piuttosto persistenti. Quattro mesi dopo, la Fed stava ancora concedendo prestiti di emergenza in quantità incontrollate. Non se ne vede la fine… Potrebbe essere che il boom finanziario alimentato dalle banche centrali sia nella sua fase finale, quella prima del crollo.

Come siano collegati la crisi finanziaria, la Covid-19 e il “Grande Reset,”che, com’è noto, era stato anticipato dal World Economic Forum (WEF), rimane ancora da vedere, ma non ci vuole un teorico della cospirazione per capire che sono tutti interconnessi.

Klaus Schwab, che dirige il WEF, il summit annuale a cui partecipano alcune delle personalità più ricche e potenti del mondo, ha detto che la pandemia rappresenta “una rara ma stretta finestra di opportunità per riflettere, reimmaginare e resettare il nostro mondo per creare un futuro più sano, più equo e più prospero.”

Ma se, nel nostro scenario di vita reale, una parte del ruolo della Covid-19 è stato quello di evitare un imminente collasso finanziario, arricchendo ulteriormente pochi e impoverendo molti, quello che prevediamo per il futuro è un percorso molto accidentato.

Neville Hodgkinson

La prima parte è qui.

Fonte: conservativewoman.co.uk
Link: https://www.conservativewoman.co.uk/covids-dark-winter-did-hidden-banking-crisis-spark-global-lockdown/
01.07. 2021

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