Coscienze corrotte, maggioranze squalificate

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Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org

Viviamo veramente l’epoca di più basso livello morale di sempre, l’epoca del totalitarismo mercantile, dei rapporti di forza basati unicamente sul denaro, per lo più “rubato”, ottenuto con l’inganno o coi ricatti, praticati da una posizione di forza assoluta, la forza della “grande finanza”.

Cosa s’intenda per “grande finanza” è presto detto: si tratta delle grosse concentrazioni di capitale liquido, dei surplus di ricchezza accumulata e organizzata a fini di lucro speculativo, che diventano centri decisionali per l’allocazione delle risorse, il modo moderno di fare politica.

Ad esempio Blackrock, Vanguard, State Street sono entità finanziarie intrecciate tra loro, che per dimensioni rappresentano un buco nero nella galassia del “risparmio gestito”, in grado di risucchiare gravitazionalmente risorse da tutto il pianeta, di proprietà diffusa (fondi d’investimento) ma concentrate nella gestione, finalizzata a massimizzare i rendimenti minimizzando i rischi. Le dimensioni del capitale investito superano di gran lunga i bilanci statali, consentendo a tali entità di esercitare un potere sistemico sovranazionale, anche politico, culturale, ideologico, in grado di governare i destini del mondo. Non sono certo le uniche, ma ben rappresentano il concetto e la tendenza, frutto avvelenato di quella meccanica monetaria concepita e imposta da un sistema bancario verticalizzato e privatizzante, istituzionalizzato nelle grandi banche centrali nell’era degli imperi unipolari anglosassoni, dominatori della storia negli ultimi secoli ed eredi a loro volta delle più antiche pratiche bancarie europee, quando però il mondo era molto più ristretto di oggi e i rapporti di forza erano ancora fondati sulla primazia del potere politico-militare.

E’ così che i centri bancari-speculativi di Londra e Wall Street hanno progressivamente infiltrato e inquinato la politica classica, quella concepita come esercizio del libero arbitrio politico dall’interno delle Istituzioni, conservandola nella forma e nell’immaginario collettivo, ma riducendola di fatto a meccanica deterministica al servizio dei capricci delle borse valori, divenute sempre più potenti anche in forza di progressive liberalizzazioni sovranazionali delle regole bancarie, cioè della gestione complessiva della moneta nelle sue diverse valute sotto l’imperio del dollaro.

Ma per farlo, o nel farlo, hanno parimenti infiltrato e corrotto tutte le altre forme organizzate del vivere civile, a cominciare da: produzioni industriali, commercio, formazione e cultura, sanità, sicurezza civile e militare, ecc. ecc. Del resto il denaro è diventato capillarmente onnipervasivo nelle moderne economie, e col denaro si può comprare tutto, anche l’anima delle persone che di queste economie sono attori e comparse. Chiamiamola ideologia mercatista, o liberalismo economico come preferiscono i paladini di questo nuovo credo materialistico, che amano ammantarsi di buoni propositi per garantirsi il consenso delle masse governate come obbedienti mandrie al pascolo.

Al fondo di questa profonda trasformazione della società in senso aziendalistico, involutiva delle logiche organizzative sociali, c’è la fragilità della coscienza dell’essere umano, che da un lato non comprende mai a sufficienza il divenire che lo riguarda e lo coinvolge, e dall’altro si lascia facilmente corrompere dalle necessità e dagli agi, branditi a mo’ di bastone e carota dal conducente di turno. Il perché di queste dinamiche, apparentemente di autodifesa e conservazione ma in realtà autolesive e distruttive, lo si è intuito analizzando la realtà dell’io, l’identità corporea e spirituale di ciascuno, costituita principalmente dalla parte inconscia della personalità, sede di traumi, conflitti e compromessi sempre più compromettenti.

Tuttavia anche se le coscienze sono tendenzialmente disposte a vendersi in cambio di altri interessi materiali, l’io personale può sempre opporsi al patto col diavolo, decidendo di non lasciarsi comprare, di non permettere che la propria coscienza unica e privata venga corrotta dal sistema, per quanto potente e oppressivo possa essere. Questo è il punto dirimente, lo spartiacque delle diverse possibilità tra l’essere e il non essere, l’avere o non avere una speranza e un futuro, il sentirsi liberi o schiavi dello status quo.

Vi è quindi una commistione tra deficit di consapevolezza e tenuta della coscienza, la cui forza interiore nasce proprio dal vedere e sentire la realtà per quel che è, nonostante i filtri e le lenti distorsive della propaganda sistemica. Ma quando un sistema e il potere che lo sostiene devono ricorrere alla propaganda per perpetuarsi significa che sono giunti al capolinea, a fine ciclo. In tal caso non possono che tradire le loro responsabilità naturali, inducendo ogni singolo componente a tradire le proprie.

La sopravvivenza forzata dei vecchi sistemi non è mai un bene per nessuno. Meglio sarebbe lasciare che la vita si rinnovi a tutti i livelli, permettere alle coscienze di rinascere in una nuova autenticità e di assumersi di conseguenza le responsabilità del caso. Al momento purtroppo questo rimane un semplice auspicio, più che una previsione probabilisticamente fondata. Pertanto è certamente più utile approfondire l’esame di realtà, guardando bene in faccia la situazione presente, rappresentata dai fatti quotidiani ormai descritti per quel che sono solamente dall’informazione alternativa al mainstream, la cui falsità è diventata la regola, con conseguenze imbarazzanti per l’intelligenza stessa di chi ancora si abbevera esclusivamente a queste fonti, rimaste “autorevoli” solo nel ricordo di vecchie convenzioni sociali ormai scadute nel ridicolo, se non fossero altrettanto tragiche le conseguenze che comportano.

S’invoca spesso a spiegazione delle più gravi storture sistemiche il conflitto d’interessi dei decisori protagonisti all’interno delle strutture incriminate, quando invece emerge una inconfutabile coerenza interna delle politiche realizzate nei fatti. Ad esempio come ci si può aspettare che una ipertrofica Bigpharma privata, che a cascata controlla l’intero sistema sanitario, possa realmente prodigarsi per migliorare la salute pubblica, quando i suoi utili sono direttamente proporzionali alla maggior diffusione possibile di patologie d’ogni genere? Eppure lo scopo primario dichiarato di queste aziende è il lucro, il dividendo per gli azionisti, i benefit principeschi per i collaboratori più fedeli ed efficaci nel realizzare le politiche aziendali, e da questo dipende la prosperità e solidità di tali società anonime, ma non certo la salute del gregge dei clienti-pazienti paganti direttamente o tramite soldi pubblici. E’ un fatto palese e dichiarato, perfino statutario, eppure la fiducia in queste imprese non crolla mai del tutto, anche a causa della assoluta necessità del servizio fornito in esclusiva, e così la loro “evoluzione” persevera nella direzione di una privatizzazione sempre più spinta, cioè verso il consolidamento del movente che è alla radice del fallimento sostanziale della loro “missione”, quella di tutelare la salute pubblica, sbandierata a parole ma sempre più subordinata al primo e inscalfibile scopo di lucro privato.

Se questo è vero, come è ovviamente vero, come può una coscienza degna di questo nome non indignarsi e non pretendere una soluzione concreta e urgente, che vada alla radice del problema?

Parlo non solo della coscienza del paziente-cliente vittima di tale sistema, ma anche del medico qualunque, che conosce dall’interno le dinamiche qui solo accennate a grandi linee, dinamiche che lo coinvolgono direttamente nell’esercizio della sua professione, dopo tanti anni di studio e dopo aver fatto proprio il giuramento d’Ippocrate. Un giuramento deontologico così destinato ad un subdolo e perpetuo tradimento.

Ogni mestiere e professione soffre di queste contraddizioni, e milioni di coscienze ne sono investite.

Con quali risultati statistici lo vediamo, se solo vogliamo avere occhi per vedere, per guardarci attorno. Le relative maggioranze professionali preferiscono rispondere ai loro interessi materiali piuttosto che alle loro coscienze, fino ad atrofizzarle del tutto nella consuetudine quotidiana, quella nuova normalità che è meglio non guardare nel dettaglio, altrimenti fa troppo male, fa troppa rabbia e paura. Ricordiamo però le sagge parole del famoso cantore, che suonano più che mai profetiche: “Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”.

Si sono qui solo accennate le ragioni pratiche della acutissima crisi esistenziale, direi anche terminale, dell’occidente, ma che riguardano in diversa misura anche il resto del mondo, quella parte maggioritaria di umanità che sta per succedere all’egoistico unipolarismo anglosassone, con logiche sperabilmente più civili nel rispetto reciproco. Le rivoluzioni tecnologiche impattano enormemente e troppo rapidamente sugli stili di vita e sui modelli di organizzazione sociale in competizione tra loro.

E’ evidente che urge una presa di coscienza della Politica, che riprenda a governare i cambiamenti secondo coscienza diffusa, anziché esserne governata ed esautorata, ridotta a teatrino delle falsità a copertura di un vero potere nascosto, in quanto impresentabile. Ma la coscienza diffusa è fatta di molte responsabilità individuali, sempre più difficili da esercitare nella complessità crescente dei cambiamenti in atto. Perciò queste riflessioni, per quanto modeste e lacunose, sempre passibili di correzioni, anche profonde, vanno meditate, discusse, affinate, per renderci finalmente degni di quest’esperienza esistenziale che ci è stata concessa non si sa bene come e perché, ma che è sicuramente unica e irripetibile per ognuno, comunque vadano le cose.

Ma che l’andamento di questo mondo sia guidato nei limiti del possibile dalla buona volontà dei partecipanti, di ciascuno di noi in prima persona!

Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org

09.07.2023

Alberto Conti. Laureato in Fisica all’Università Statale di Milano, docente matematica e fisica, sviluppatore software gestionale, istruttore SAP, libero pensatore, collaboratore di Giulietto Chiesa, padre di famiglia, appassionato di filosofia, psicologia, economia politica, montagna, fotografia, fai da te creativo, sempre col gusto alla risoluzione dei problemi.

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