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La Redazione

 

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C'ERANO UN ITALIANO, UN AMERICANO E UN ISRAELIANO… OVVERO L'UMORISMO NERO DELLE PSY-OPS

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A cura di Davide
Il 20 Novembre 2006
79 Views

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DI PAOLO JORMI BIANCHI
Megachip

L’altro giorno parlavo con un giovane dirigente di un partito di sinistra, un comunista, per intenderci. Era sera, ci siamo incontrati a San Lorenzo, il quartiere studentesco che lambisce l’Università di Roma La Sapienza. Bevevamo birra e discutevamo della giornata appena trascorsa. Quel pomeriggio c’era stato il corteo di solidarietà con il popolo palestinese organizzato dal Forum Palestina. Per l’ennesima volta erano stati gridati slogan che auspicavano che una strage di nostri connazionali avvenuta in Iraq venisse moltiplicata esponenzialmente per 10. C’era stata anche una novità: una macabra variante del brogliaccio delle famose barzelle con l’italiano, il tedesco e il francese, aveva apparentemente ispirato un gruppo di sedicenti amici dei palestinesi. Erano state bruciate pubblicamente – il più pubblicamente possibile, chiamando tutti i cameraman a raccolta prima di aprire l’accendino, oh si! – le effigi di pezza di un soldato italiano, uno americano e uno israeliano.Ho provato a far presente al giovane dirigente di cui sopra che forse non si trattava semplicemente di imbecilli che avevano rovinato tutto, abbandonandosi all’odio per gli oppressori dei loro amici palestinesi. Ho provato a spiegare che il ruolo mediatico svolto da quelle persone, l’organizzazione della scoppiettante scenetta, probabilmente non erano sufficientemente comprensibili tramite la vecchia logica dei “compagni che sbagliano”. Ho provato a spiegare che, anche se non si può esserne mai del tutto sicuri, siamo forse di fronte ad una tecnica militare, una semplice applicazione di una delle procedure più rodate di operazione psicologica, volta a provocare effetti di massa e condizionare l’opinione pubblica. Una psy-op, appunto, “psycological operation”. Si prendono tre persone, tre “agenti”, e senza necessariamente metterli al corrente di tutti i dettagli, gli si fa dare fuoco a tre fantocci davanti alle telecamere. Le telecamere sono essenziali. Quello che riprendono è la traccia su cui poi vengono improvvisate al volo, come nella commedia dell’arte, le filippiche dei vari esponenti politici di turno, che nel giro di un paio di telegiornali hanno fatto a pezzi e del tutto annichilito il valore di una manifestazione popolare riuscita e sentita.

Ma mi sono sentito dare del complottista e ho preso una pacca sulle spalle.

Ecco un estratto del comunicato del Forum Palestina , uscito il giorno dopo il corteo, che lamenta la distruzione mediatica (per l’ennesima volta) di una democratica manifestazione:

“… infine vorremmo chiedere a chi nella manifestazione di sabato ha bruciato i pupazzi e lanciato slogans inservibili e insulsi (lo stesso era accaduto a febbraio). Se sapevate (e lo sapevate) che era pronta la trappola mediatica che sarebbe servita a manipolare e occultare una manifestazione sulla Palestina, perché vi siete coscientemente e puntualmente prestati alla trappola? O siete stupidi o siete malconsigliati. Nel primo caso ravvedetevi, nel secondo allontanate i cattivi consiglieri. La prossima volta sarà l’intera manifestazione che non permetterà che vi prestiate di nuovo alla trappola. ”

Stolido orgoglio e vergogna, ignoranza delle dinamiche storiche della guerra fredda nel nostro paese, l’incapacità di fare analisi obiettive, la predisposizione all’assorbimento delle parole d’ordine che i media impongono per descriver(ci) la realtà tutt’intorno. È questo che ha impedito forse al mio amico comunista di prendermi sul serio. Così come ha impedito al Forum Palestina, ai partiti e alla società civile di capire che diavolo succede. La storia degli ultimi trent’anni è quasi tutta interamente spiegabile attraverso dinamiche di infiltrazione e manipolazione che vedono “servizi” di paesi occidentali svolgere un ruolo primario.

L’appello del Forum Palestina, mi spiace dirlo, è patetico. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. E non mi riferisco a chi ha di nuovo bruciato i pupazzi, ma a chi continua a dire che “la prossima volta non lo permetteremo”. Non ci si è mai riusciti e non ci si riuscirà. Bisogna scoprire chi è stato e dirlo a tutti. Questo sì che può prevenire il ripetersi del fenomeno.

Quando Francis Fukuyama parlò di “fine della Storia”, prese un granchio le cui dimensioni è oggi lui stesso a disegnare, ora che sta tornando sui propri passi e facendo autocritica: la storia non era finita, semplicemente i suoi veri protagonisti si erano ancora più camuffati, si erano sottratti allo scomodo controllo dello storico, più di quanto non avessero già fatto durante la Guerra Fredda.

blankFilm come “Piazza delle Cinque Lune” (Italia, 2002, regia di Renzo Martinelli) dovrebbero mostrarlo nelle aule universitarie, nei corsi di Storia Contemporanea, come strumento didattico imprescindibile. Così come dovrebbe essere imparato a memoria il Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli. La storia è letteralmente crivellata di episodi di manipolazione e forzatura di processi democratici ad opera di servizi segreti occidentali. “Il libro nero degli Stati Uniti” di William Blum (editore Fazi 2003) dimostra come tutta la storia dal dopoguerra fino ad oggi è totalmente leggibile attraverso la prospettiva dell’infiltrazione in ogni angolo del mondo dei servizi segreti del blocco occidentale (e non).

Stiamo parlando di fatti documentati, di storia, ma molti di coloro che stanno leggendo queste righe a questo punto già staranno storcendo il naso da un pezzo, sostenendo che siamo alla dietrologia pura, che l’appellativo di “complottista” che mi sono beccato dall’amico comunista è ben meritato. Ma cosa c’entra questa particolare lettura della storia contemporanea con gli individui che hanno bruciato i pupazzi?

È venuto fuori che c’erano giornalisti pagati dal Sismi per scrivere articoli e indirizzare l’opinione pubblica. Già dimenticato?

È venuto fuori che politici e personaggi pubblici venivano spiati e che venivano redatti dossier per poterli ricattare. Già dimenticato?

È venuto fuori che i nostri servizi segreti sono stati “politicizzati” da vertici che per carrierismo hanno deciso di legare le proprie fortune ad un premier e alla sua politica prona agli Stati Uniti (vedere servizi de la Repubblica). Già dimenticato?

Già scordata “la zona grigia?”. È venuto fuori che mancano all’appello 1.200.000 schede bianche dalle nostre ultime elezioni, e il settimanale Diario sta per uscire in edicola con un dvd clamoroso, di cui si è parlato anche su Raitre nello studio di Lucia Annunziata. Non sappiamo se calerà il silenzio su questa particolare vicenda, è presto per dirlo. Ma Deaglio si è fatto un’assicurazione contro le accuse di complottismo a scapito del movimento per la verità sui fatti del 9-11, con grande cinismo, sapendo che stava per uscire con questa sua clamorosa inchiesta. Vedremo se la mossa ha funzionato… ma stiamo divagando, torniamo a noi.

È giunto il momento di smettere di parlare di complottismo. È giunto il momento di aprire gli occhi, e di capire come la vita civile di tutti noi cittadini sia da decenni inquinata da organi che al di fuori di ogni controllo democratico agiscono per conto di potenze straniere e persone non elette dal popolo, contro il popolo. È ora di rileggere la storia sotto la lente d’ingrandimento delle Scienze della Comunicazione, la Massmediologia, e le dinamiche della manipolazione del consenso, il tutto strettamente legato ad un’approfondimento dello sviluppo storico delle tecniche operative di certi apparati militari.

Bisogna smettere di avere paura delle etichette che i manipolatori sono subito pronti ad appiopparti, e rispondere con indagini e prove. È ora di smettere di lamentarsi, ma di indagare, farsi “agente” contro gli “agenti”.

Non è sicuro, per carità, ma episodi come quello del corteo per la Palestina potrebbero essere operazioni psicologiche studiate a tavolino. Non possiamo più permetterci di scartare questa ipotesi a priori, quasi con fastidio. Bisogna farci sopra un dossier. I giornalisti di Repubblica ci hanno insegnato che indagare, piuttosto che lamentarsi senza capire, è un’arma vincente. Una volta capito il concetto di psy-op, e una volta che non si ha più paura di essere chiamato complottista, il più è fatto.

Paolo Jormi Bianchi
Fonte: http://www.megachip.info
Link: http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=2902
20.11.2006

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